Paul Anthony Smith che ammanta di mistero la cultura delle Indie Occidentali punzecchiando migliaia di volte delle grandi fotografie

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Paul Anthony Smith è un artista di origine giamaicana che si è formato negli Stati Uniti e abita a New York. Le sue opere parlano quasi sempre, in un modo o nell’altro, di colonialismo e migrazioni (intese come perdita di parte del senso d’identità e metamorfosi). Per farlo scatta delle fotografie che stampa in grande formato. E poi, armato di uno strumento acuminato e concavo, le punzecchia migliaia di volte, formando sulla superficie dell’immagine una moltitudine di minuscole orecchie.

Queste armate di pieghe lillipuziane non procedono casuali ma dirette con rigore militare dall’artista, che ne fa motivi decorativi geometrici, che ricordano recinzioni o vetrate. La forza o la quotidianità delle fotografie, così. ne esce annacquata . Astratta. Istillando una nota di mistero e mettendo distanza tra l’osservatore e le scene di vita che rappresentano.

La tecnica di Paul Anthony Smith si chiama picotage e richiede moltissima pazienza ma anche tempo. "A volte ci vuole una settimana perché ne finisca uno", ha detto in un’intervista rilasciata a New York Times Style Magazine.

Attualmente Paul Anthony Smith ha appena concluso Junction, una mostra personale alla Jack Shainman gallery della sua città adottiva. “Junction celebra le ricche e complesse storie dei Caraibi postcoloniali- scrive la galleria sul suo sito web- e del suo popolo, spesso intrappolato nell'intersezione tra politica culturale e identità individuale”. Le opere del laborioso artista di origine giamaicana, tuttavia, di quando in quando si possono vedere anche in Italia dov’è rappresentato dalla Brand New Gallery di Milano.

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23 Likes, 0 Comments - Tanatip Arunanondchai (@poldersofa) on Instagram: "#paulanthonysmith"

Banksy va in laguna travestito da pittore di strada per sbertucciare la Biennale di Venezia

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In un video girato con una telecamera nascosta e pubblicato ieri (lo potete guardare qui sotto), Banksy più o meno travestito e armato di banchetto si finge pittore di strada in Piazza San Marco. Il collage di quadri che mostra parla della fragilità della città lagunare di fronte all’ingresso delle navi da crociera. Ma si capisce subito che non è il vero obbiettivo dello street artist britannico. Perchè a pochi metri si sta svolgendo la Biennale di Venezia 2019, “May you Live Interesting Times”.

E infatti, Banksy, correda il video con questo commento: "Sto allestendo la mia bancarella alla Biennale di Venezia- scrive- Nonostante sia il più grande e prestigioso evento artistico del mondo, per qualche ragione non sono mai stato invitato."

Solo una manciata di giorni addietro, mentre a Venezia si svolgeva la pre-inaugurazione della famosa kermesse e tutti gli addetti ai lavori del mondo erano confluiti nei sestrieri cittadini, aveva fatto la sua comparsa un misterioso murale. Che, sulle prime, non era stato notato da nessuno.

Soprannominata dalla stampa Naufrago Bambino, l’opera non è ancora stata rivendicata. Ma il nuovo intervento conferma che Banksy era in laguna più o meno nello stesso periodo e che aveva nel mirino la Biennale di Venezia. Insomma, restano pochi dubbi sul fatto che sia sua.

D’altra parte quale modo migliore esisterebbe per irridere il mondo dell’arte, se non quello di fare un murale mentre tutti i critici, i galleristi, i direttori di museo e i collezionisti del globo sono riuniti a Venezia senza autenticarlo? Risultato: nonostante il bambino tenesse una torcia in mano (che dal fumo sembrava più un razzo di salvataggio), nessuno, durante i giorni del pre-opening, l’ha notato. E una volta scoperto, neanche uno si è preso la responsabilità di confermarne o negarne la paternità senza ombra di dubbio.

Anche il nuovo intervento in cui Banksy (o chi per lui) appare travestito da artista di strada ha sortito l’effetto desiderato. Infatti, nel video dopo aver osservato il nostro eroe posizionare il suo banchetto, con il volto nascosto da occhiali scuri sciarpa e cappello, e aver sentito i commenti positivi dei passanti (in uno in particolare dicono: “è più bello di quelli che abbiamo visto in Biennale”), vediamo i vigili che lo cacciano via. Perchè sprovvisto di autorizzazione (come, appunto, per esporre in Biennale).

all images courtesy of Banksy. via designboom

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Biennale di Venezia 2019| Il Padiglione Islanda di Shoplifter, tra caverne di capelli dai colori psichedelici e musica metal

image © elisabet davidsdottir

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L’artista Shoplifter, che all’anagrafe fa Hrafnhildur Arnardóttir, ha creato una grande installazione ambientale per il Padiglione islanda della ciquantottesima edizione della Biennale d’arte di Venezia 2019. Realizzata in un magazzino dell’isola della Giudecca, la mostra si intitola Sapiens Chromo e consiste in tre grandi caverne di coloratissimi capelli sintetici.

.”Shoplifter ha sviluppato un modo unico di lavorare con i tessuti (...)- ha detto la curatrice Birta Guðjónsdóttir- È davvero emozionante vedere la nostra continua collaborazione portarci a Venezia dove lei monta la sua più grande installazione fino ad oggi, un'esperienza site-specific emotiva e contemplativa. Si entra nel padiglione come homo sapiens e si esce come chromo sapiens.

Ogni stanza ha un nome. La prima si chiama Opus Primordiali ed è buia. Prevalgono i toni delle terre vulcaniche e la sensazione di attesa è sottolineata dalla musica metal della band islandese HAM. Basta passare alla seconda (Gloria Astrali) però, perchè un’esplosione di colore vivo travolga il visitatore, fino a mandarlo in confusione sensoriale. Secondo la curatrice e l’artista, la ricchezza cromatica della caverna indurrebbe attività ed euforia. L’esposizione si conclude con Opium Natura in cui prevale il bianco, appena ravvivato da lievi toni pastello. Quest’ultima caverna è stata pensata come un ambiente rilassante, capace di rimettere in sesto il visitatore, più o meno consapevolmente turbato, dai capelli psichedelici che fino a poco prima lo avvolgevano.

Shoplifter è islandese ma vive a New York. Sarà possibile vedere l’esposizione Sapiens Chromo del Padiglione Islanda della Biennale di Venezia 2019 fino al 24 novembre.

image © ugo carmeni

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