Il Papa visiterà la Biennale di Venezia. Sarà la prima volta nella storia della manifestazione

Padiglione Centrale ai Giardini della Biennale Photo by Francesco Galli

Ad aprile quando Papa Francesco farà tappa al Padiglione della Santa Sede della 60esima Esposizione Internazionale d’Arte (che quest’anno si terrà alla Casa di reclusione femminile della Giudecca visto che il Vaticano non ha una sede stabile per la manifestazione lagunare) sarà una data storica. E’, infatti, la prima volta in assoluto che un papa visita la Biennale di Venezia. “Accogliamo con gioia la notizia della visita di papa Francesco al Padiglione della Santa Sede alla Biennale presso il carcere femminile della Giudecca, che rispettosamente interpretiamo anche come un gesto di attenzione verso tutta la Biennale di Veneziaha commentato il presidente della Biennale, Roberto Cicutto, cui (il prossimo 2 marzo) succederà Pietrangelo Buttafuoco (ci sarà anche lui, mussulmano per scelta e affinità intellettuale, ad accoglierlo insieme al sindaco Luigi Brugnaro e al presidente della Regione Veneto Luca Zaia). E poi ci sarà pure il curatore di “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”, la sessantesima edizione della Biennale di Venezia, Adriano Pedrosa.

 Nato a Rio de Janeiro in Brasile nel ’65, Pedrosa, che da diversi anni lavora al Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand (per praticità MASP) ed è apprezzato, tra le altre cose, per gli approfonditi e pionieristici studi sull’arte indigena (e non solo quella del sud-america) si definisce “il primo curatore della Biennale che lavora nel sud del mondo”, oltre ad essere il primo curatore queer dichiarato dell’importante manifestazione artistica internazionale, è un intellettuale latino-americano. E il fatto che anche Bergoglio provenga dalla stessa area del pianeta non sembra casuale. Come di certo non lo è il fatto che il Vaticano partecipi nel 2024, dopo una storia di presenze altalenanti, quando il focus è sull’alterità e sul sud del mondo. Questo nonostante il colonialismo sia stato anche un fatto religioso.

Bergoglio, comunque, non sembra avere in programma nemmeno un passaggio veloce ai Giardini della Biennale (sede principale e cuore pulsante della manifestazione) ma solo al Padiglione della Santa Sede alla Giudecca, lontano dal centro della kermesse battuto dai turisti. In questo senso il Papa renderà la location, sulla carta troppo decentrata, appetibile al grande pubblico. Alzando la palla ad una mostra che sembra studiata per fare il pieno di visite ma che avrebbe potuto essere fortemente penalizzata dalla sede. Tutto ciò indica chiaramente che la Chiesa crede profondamente nell’importanza dell’arte contemporanea, come mezzo per veicolare il messaggio pastorale del pontefice.

La partecipazione della Santa Sede alla Biennale d’Arte è recente (una decina d’anni). A promuoverla è stato il cardinale Gianfranco Ravasi, ai tempi presidente del Pontificio consiglio della cultura, ma già Benedetto XVI, durante il suo mandato, aveva incoraggiato un nuovo rapporto tra Chiesa ed arti.

La mostra del padiglione (molto francese nella scelta e nell’equilibrio degli artisti) si intitola “Con i miei occhi” e, a livello concettuale, intende essere un reimpasto del tema proposto da Pedrosa in chiave cattolica. Ma i curatori (la storica dell’arte, Chiara Parisi, attuale direttore del Centre Pompidou-Metz, oltre allo scrittore francese, Bruno Racine, amministratore delegato e direttore di Palazzo Grassi) sono stati abili nella scelta degli artisti, regalando vibrazioni vitali e un alone potenzialmente trasgressivo al progetto. Ci sarà la star indiscussa dell’arte italiana, Maurizio Cattelan, poi la ballerina e coreografa francese, Bintou Dembélé (pioniere della danza hip hop oltralpe, che esplora il tema della memoria del corpo), la scrittrice e artista libanese Simone Fattal (fresca della partecipazione alla mostra principale de “Il Latte dei Sogni”, la Biennale Arte 2022, di Cecilia Alemani), la coppia Marco Perego & Zoe Saldana (regista italiano trapiantato negli States lui, diva figlia di immigrati lei), la pittrice francese Claire Tabouret (tavolozza acquea, spesso animata da sfumature di colore pastello tendenti al fluorescente, che rompono composizioni figurative inquiete), il collettivo parigino Claire Fontaine (quello che creava i neon con la scritta “Stranieri Ovunque”, d’ispirazione per il titolo della Biennale 2024) e l’artista ed educatrice statunitense Suor Corita Kent (mancata nel 1986).

Sono diversi i segni di rinnovamento che si possono intravedere dagli artisti chiamati a rappresentare quest’anno la Santa Sede (il progetto dell’esposizione, come quelli di tutte le altre partecipazioni nazionali, è ancora segreto). E malgrado la stampa per ora si sia soffermata sulla presenza di Maurizio Cattelan, che, proprio alla Biennale nel 2001, aveva suscitato polemiche con “La Nona Ora” (l’opera rappresenta Papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite, e, dietro la patina ironica e neo-pop da cartoon, è, in realtà, una toccante riflessione sul tema della fragilità della vita e sul destino), la presenza più rilevante sembra quella di Suor Mary Corita Kent. Nata Frances Elizabeth Kent, quest’ultima, fu un’artista Pop a lungo dimenticata ma che di recente ha recuperato centralità nella storia dell’arte. Nella sua opera, mischiava immagini di marchi di consumo, a, tra le altre cose, citazioni della Bibbia, di filosofi e di personaggi dei cartoni animati. Prese attivamente parte alle marce degli anni ‘60 per i diritti civili e contro la guerra ma, a causa dei contrasti con il cardinale e l’arcidiocesi di Los Angeles dell’epoca, tornò alla vita secolare già nel ’68. Ai tempi il cardinale aveva definito il suo lavoro “blasfemo”.

Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”, la sessantesima edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia, inaugurerà il 20 aprile insieme a tutti i padiglioni nazionali e rimarrà visitabile fino al 24 novembre. Mentre Papa Bergoglio visiterà il Padiglione della Santa Sede domenica 28 aprile 2024.