Nel silenzio dell’Ora Blu: il linguaggio infinito di Giovanni Ozzola

Giovanni Ozzola, Sunset with faith, 2023, stampa giclée su carta cotone, Dibond, cornice nera, 150 x 224 cm, Courtesy: l’ar9sta e GALLERIA CONTINUA

Nel cuore di Roma, a pochi passi da Piazza del Popolo, LCA Studio Legale apre le sue porte nel segno dell’arte e ospita una personale di Giovanni Ozzola, artista visivo di origini fiorentine, in collaborazione con Galleria Continua. La mostra, dal titolo "Ora Blu - l’heure bleue", sarà visitabile fino al 7 Novembre 2025 solo su appuntamento.

L’esposizione si focalizza sul concetto di ‘ora blu’, il fenomeno atmosferico che si verifica due volte nell’arco di una giornata: poco dopo il tramonto e poco prima dell’alba. In quel preciso momento la luce solare è dispersa e diffusa tra le molecole dell’aria per effetto del fenomeno fisico di Rayleigh. Ed è proprio in questa atmosfera sospesa, quasi rarefatta, lenta, silenziosa e sacra, quando il sole è al di sotto dell’orizzonte e la sua luce non è più (o non ancora) diretta, che si genera la riflessione di Ozzola. La sua è un’estetica del limite, un’indagine visiva e concettuale sulla luce, sul tempo e sull’orizzonte. Quando il cielo assume sfumature dal blu cobalto all’indaco, la luce diventa soft, i confini perdono nitidezza, le ombre si ammorbidiscono, i contrasti si attenuano e i contorni si sfumano. È così che l’ora blu diventa un’esperienza introspettiva, carica di attesa, una pausa dal rumore del mondo e dal potere assordante dell’immagine. È il momento in cui tutto tace ma nulla è compiuto.

La mostra invita lo spettatore ad un’esperienza immersiva in cui la visione passa da una chiarezza analitica ad una percezione più intuitiva e sensoriale. La luce illumina e documenta l’infinito, ma è anche ciò che consente di contemplarlo; la luce diventa un elemento rivelatore e trasformativo per l’artista.

Ozzola è un’artista multidisciplinare (il suo è un curriculum importante: vincitore di numerosi premi ha esposto in sedi prestigiose nazionali e internazionali) che lavora con la fotografia, la video-arte, l’installazione e con tecniche più tradizionali come l’incisione su ardesia e la scultura a stampo. La sua ricerca artistica si concentra sull’ unicità di momenti fugaci, di passaggio, di transizione tra il giorno e la notte, in grado di rapire lo sguardo e l’anima. Interni, albe, orizzonti e visioni notturne si intrecciano e conducono oltre il concetto stesso di orizzonte.

L’artista indaga l’Infinito geograficamente e interiormente realizzando installazioni che dialogano con l’ambiente e creando giochi di luce molto evocativi; le sue opere disorientano e contemporaneamente invitano ad una profonda riflessione. Attraverso le sue fotografie, spesso dedicate ad interni simili a bunker che aprono varchi da finestre spalancate verso orizzonti meditativi, l’uomo può ritrovare la propria autenticità sperimentando la delicata verità dell’ora blu.

Il contrasto tra il rigore e la serietà dell’ambiente scelto per la mostra (uno studio legale trasformato in spazio espositivo) amplifica l’esperienza percettiva della visita.

Ora Blu” di Giovanni Ozzola restituisce valore alla pausa, all’attesa, all’oltre, al miracolo quotidiano della luce.

Da non perdere! 

Giovanni Ozzola, Lead me, 2024, stampa giclée su carta cotone, Dibond, cornice nera, 150 x 224 cm, Courtesy: l’ar9sta e GALLERIA CONTINUA

Giovanni Ozzola, Garage – Johannesburg, 2015, stampa giclée su carta cotone, Dibond, cornice nera, 150 x 266 cm, Courtesy: l’ar9sta e GALLERIA CONTINUA

Giovanni Ozzola, Lead me, 2024, stampa giclée su carta cotone, Dibond, cornice nera, 150 x 224 cm, Courtesy: l’ar9sta e GALLERIA CONTINUA

Giovanni Ozzola, With a view - horizon, 2016, stampa giclée su carta cotone, Dibond, cornice nera, 104 x 150 cm, Courtesy: l’ar9sta e GALLERIA CONTINUA

Giovanni Ozzola, Aida, 2017 stampa giclée su carta cotone, Dibond, cornice nera, 224 x 150 cm, Courtesy: l’ar9sta e GALLERIA CONTINUA

Giovanni Ozzola, Ora Blue, 2025, Vedute della mostra LCA Studio Legale Roma, Courtesy: the ar9st and GALLERIA CONTINUA 

Giovanni Ozzola, Aida, 2017 stampa giclée su carta cotone, Dibond, cornice nera, 224 x 150 cm, Courtesy: l’ar9sta e GALLERIA CONTINUA

Giovanni Ozzola, Ora Blue, 2025, Vedute della mostra LCA Studio Legale Roma, Courtesy: the ar9st and GALLERIA CONTINUA 

Giuseppe Penone alle Serpentine Galleries: il Respiro della Materia

Giuseppe Penone, Alberi libro (Book Trees), 2017 and Respirare l’ombra (To Breathe the Shadow), 2000, installation view, Serpentine South. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Le Serpentine Galleries di Londra ospitano, fino al 7 Settembre 2025, la più ampia retrospettiva mai dedicata nel Regno Unito a Giuseppe Penone, uno dei maggiori esponenti dell’Arte Povera.

La grande esposizione, dal titolo “Thoughts in the Roots, ripercorre oltre cinquant’anni di carriera dell’artista piemontese, presentando opere dal 1969 ad oggi.

Curata da Claude Adjil, Hans Ulrich Obrist (direttore delle Serpentine che quest’anno sarà anche presidente della giuria alla 19esima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia) e Alexa Chow, l’esposizione si sviluppa sia all’interno della galleria che all’esterno, nei Kensington Gardens, creando un percorso immersivo che riflette la poetica dell’artista, incentrata fortemente sul dialogo tra Uomo e Natura.

La mostra offre un’esperienza sensoriale e meditativa, invitando il visitatore a riflettere sulla sua personale relazione con il mondo naturale.

Penone lavora utilizzando materiali organici come legno, pietra, bronzo, cera, pelle e foglie. Le sue opere rivelano e suggeriscono un’evoluzione, un respiro, una crescita nel tempo della natura, al pari del corpo umano. Ogni opera esprime una trasformazione che si lega al concetto di Memoria, agli alberi e alle radici, in connessione e dialogo con la terra. L’artista non impone la forma alla materia, non la ‘plasma’ nel senso classico del termine, ma la ascolta, la vive nel profondo della sua anima e ne fa emergere il suo universo intrinseco. Il suo è un approccio filosofico, capace di innescare una riflessione attenta nell’essere umano sul suo legame con il paesaggio. L’artista diventa il gancio tra umano e vegetale, fino a dissolvere i confini tra il corpo umano e l’elemento naturale.

Le installazioni di Penone sono tra le espressioni più potenti della sua arte; si fondono nel paesaggio, quasi fino a diventarne parte integrante. In mostra spiccano Respirare l’ombra (2000) che presenta pareti rivestite di foglie di alloro, e Soffio di foglie che cattura l’Impronta del respiro dell’artista su un letto di foglie.

All’esterno sculture in bronzo come Albero folgorato (2012) esprimono tutta la vitalità della natura. 

Giuseppe Penone, Idee di pietra (Ideas of Stone), 2010 - 2024. Bronze and river stones. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, Idee di pietra (Ideas of Stone), 2010 - 2024. Bronze and river stones. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, Respirare l’ombra (To Breathe the Shadow), 2000. Metal grids, laurel leaves, and bronze. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, Respirare l’ombra (To Breathe the Shadow), 2000. Metal grids, laurel leaves, and bronze. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine

Giuseppe Penone, Albero folgorato (Thunderstruck Tree), 2012. Bronze and gold. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, Albero folgorato (Thunderstruck Tree), 2012. Bronze and gold. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, Alberi libro (Book Trees), 2017. White fir wood, cedar wood, and larch wood. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, A occhi chiusi (With Eyes Closed), 2009. Acrylic, glass microspheres, acacia thorns on canvas, and white Carrara marble. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, A occhi chiusi (With Eyes Closed), 2009. Acrylic, glass microspheres, acacia thorns on canvas, and white Carrara marble. Photo © Archivio Penone. Courtesy Giuseppe Penone.

Giuseppe Penone, Thoughts in the Roots, 2025. Installation view, Serpentine South. © Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, Verde del bosco (Forest Green), 1986 and Verde del bosco – estate 2017 (Forest Green – Summer 2017), 2017, installation view, Serpentine South. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Giuseppe Penone, Sguardo vegetale (Vegetal Gaze), 1995. Photo ceramic. ©Photo: George Darrell. Courtesy Giuseppe Penone and Serpentine.

Seguiamo Toshihiko Shibuya in giro per la costa oceanica del Giappone palcoscenico mozzafiato di due sue mostre

L’interno dell’ex-scuola di Mururan con le pareti dai colori pastello e le note musicali in carta appese alle pareti incorniciano una nuova installazione di Toshihiko Shibuya All images Couresy the artist ©Toshihiko Shibuya

La cittadina portuale di Muroran, nella parte sud-orientale dell’isola di Hokkaido (quella più a nord dell’arcipelago giapponese), è anche un piccolo polo industriale che conta stabilimenti chimici e siderurgici, stretti tra l’oceano e le alte montagne, posti a volte direttamente a picco sul mare. I panorami tuttavia non sono stati irrimediabilmente rovinati dalle fabbriche, che di notte, insieme al porto, emettono centinaia di luci colorate e meravigliano i turisti. Mentre piattaforme d’osservazione incastonate tra le rocce regalano scorci incontaminati della costa. Un riflesso di quei chiarori variopinti, di quel tentativo di trovare un equilibrio tra l’opera dell’uomo e la natura, si può vedere ancora adesso nel lavoro di Toshihiko Shibuya, che a Muroran ci è nato.

Desidero fortemente che la città torni a splendere in futuroha affermato in un’intervista che Artbooms pubblicherà per intero nelle prossime settimane.

L’edificio circolare che un tempo ospitava la scuola Etomo di Mururan illuminato in occasione della mostra

L’artista, che da tempo vive a Sapporo, scandisce la sua produzione secondo i ritmi delle stagioni e il più delle volte realizza installazioni minimali nel cuore della foresta o di un parco cittadino cercando di intervenire il meno possibile sulla bellezza del paesaggio e di fare della scultura un’estensione di quest’ultimo. La sua opera parla di memoria, identità ed ecologia. E’ anche un cocktail di influssi provenienti dal settore delle arti visive, del design e dell’architettura.

La scorsa estate l’artista giapponese ha partecipato a due esposizioni collettive nello stesso tratto di costa a sud di Sapporo. Una a Muroran appunto ("Steel and Light Art Festival 2024"), e una nella non lontana Tomakomai ("Ikoro Forest Meets Art 2024"). In entrambe queste mostre il suo lavoro è apparso un po’ diverso dal solito. Forse impegnato in una lenta e impercettibile metamorfosi.

D’altra parte al centro degli interessi del Signor Shibuya ci sono proprio la transitorietà circolare dell’esistenza e l’instancabile rinascita di forme di vita simili ma multiformi in un costante processo di mutamento, in cui tutto, gattopardescamente, cambia per rimanere sempre lo stesso. E in questo quadro, parlare di metamorfosi può essere ingannevole. Di sicuro però, a Mururan l’artista ha realizzato un’installazione intima, misurata, nostalgica e vibrante, che si discosta dalla solita retorica, riutilizzando soltanto i supporti della sua famosa “Snow Pallet”.

Un particolare dell’installazione “Illusion of Color”

Toshihiko Shibuya, infatti, tutti gli inverni da oltre 15 anni, installa opere pubbliche temporanee destinate ad intercettare le nevicate (ad Hokkaido, non lontano dalla Russia, sono abbondanti) ed a sottolineare il cambiamento del paesaggio fino al disgelo primaverile. Il titolo di queste sculture site specific (“Snow Pallet”) allude ai supporti utilizzati. Minimali, e colorati in sezioni non visibili, questi piccoli bancali, non dissimili da eleganti tavolini, oltre ad accogliere la neve la rendono variopinta con i riflessi dei toni vivaci, a momenti fluorescenti, di cui sono parzialmente rivestiti. In genere, proprio per questo effetto scenografico, garantito dall’incontro dei fiocchi di neve con le vernici usate dall’artista, gli elementi che compongono “Snow Pallet” negli altri periodi dell’anno finiscono in magazzino (qualche volta sono stati usati anche su specchi d’acqua, senza raggiungere i risultati drammatici dell’inverno e in contesti differenti ma di rado).

Non è andata così nel particolare edificio circolare che ospitava la scuola elementare Etomo a Mururan. Lì Shibuya ha usato molti supporti di altezze diverse, concentrandoli nel centro dell’aula di musica (con le note musicali in carta ancora appese alle pareti dai colori pastello, malgrado la scuola abbia chiuso i battenti nel 2015) per sfruttare la luce delle ampie vetrate ed è riuscito a proiettare sfumature intense da un elemento dell’opera all’altro.

Ho utilizzato- ha spiegato- come sede l'aula di musica a forma di ventaglio al secondo piano di questo edificio scolastico e ho riutilizzato i pezzi di "Snow Pallet", che presentano principalmente colori in ombra che appaiono grazie al riflesso della luce solare come energia naturale”.

A vederli fanno pensare a grandi paillettes scintillanti, ai motivi che i designers imprimono nelle facciate o nelle vetrine dei flagship stores di Tokio, a schermi elettronici, alle luci delle industrie cittadine ma anche a un arcipelago stilizzato. Alla neve naturalmente (ma forse questa è solo una suggestione). E, in effetti, i piccoli bancali sono stati disposti per simulare porzioni di territorio viste dall’alto.

Sovrapponendo- ha detto- la forma del pavimento del locale su una mappa del distretto di Muroran West, ho immaginato l'oggetto come un monte chiamato "Sokuryozan" e ho espresso le sei torri televisive che si ergono sulla cima,i luoghi caratteristici della penisola, le stazioni e gli altri nodi cittadini attraverso una disposizione di oggetti astratti. Si è cercato di creare uno spazio che affidasse a sé il futuro della città”.

Il tentativo di dare corpo alla luce naturale, modificandola semplicemente in base alle regole della rifrazione e della percezione, su una mappa immaginaria, nel bel mezzo di uno spazio apparentemente destinato all’infanzia, rendono "Illusion of Color" (così si chiama l’installazione) vagamente visionaria e venata di nostalgia. Parlando di Mururan Shibuya ha raccontato: “In passato era una vivace città portuale, nota per la produzione di acciaio e per il porto commerciale che movimentava ferro e carbone, ma la popolazione della città è diminuita e adesso non è che lo spettro ciò che era un tempo. Ma si dà da fare e sta cercando di passare dai combustibili fossili alla neutralità carbonica”.

Sfere artificiali e uova deposte da un animaletto indistinguibili nell’istallazione di Toshihiko Shibuya nella foresta Ikoro

Non c’è traccia di questi sentimenti nell’opera da lui creata per “Ikoro Forest Meets Art 2024” (a cui aveva già partecipato altre volte) anche se i piccoli bancali di “Snow Pallet” li ha usati pure in quest’occasione.

Durante la manifestazione, gli artisti espongono direttamente nella foresta non lontana da Tomakomai, instaurando un dialogo frontale con la natura incontaminata e alludendo alla pratica tradizionale giapponese dello ‘Shinrin yoku’ (森林浴 o ‘bagno nella foresta’, cioè passeggiare nei boschi per recuperare l’equilibrio psico-fisico). La scultura del Signor Shibuya tra gli alberi secolari di Ikoro era anzi particolarmente allegra e vitale. Un vero e proprio proliferare di piccole sfere che oltre a ricordare girini, funghi, grappoli di minuscole uova, mucillaggini e quant’altro, come fa sempre, questa volta evocava pure voli di lucciole e candide farfalle. Merito dei bastoni metallici laccati di bianco (che combinati con altre componenti danno vita ai supporti per la neve), su cui l’artista di Sapporo ha posizionato delle sferette Mentre a filo terra, tra le puntine da disegno globose, i piccoli bancali per intero sono diventati un comodo riparo per gli animaletti (o meglio una nursey dato che qualcuno di loro vi ha deposto le uova).

Sarei molto felice- ha commentato- se gli oggetti potessero diventare un luogo in cui gli animali possano crescere i loro cuccioli”.

Un particolare della scultura

Parlando dei supporti ha invece detto: “Questi oggetti servono come maschera contro l'accumulo di neve in inverno, ma se arriva la primavera e vengono installati ripetutamente nel corso degli anni, alla fine verranno assorbiti dalla natura”. Un’affermazione simile a quelle di alcuni architetti a proposito di immobili, che spiega l’approccio alla scultura dell’artista, così come la sua particolare sensibilità verso l’ambiente. Ma anche lo spirito di celebrazione della vita, di attenta osservazione e gioia nella costante scoperta che anima questi interventi.

Toshihiko Shibuya, però, con la sua opera afferma anche un messaggio radicale.E’ come se ci dicesse, infatti, che la creatività umana è ben poca cosa di fronte all’imprevedibile e costante rinnovarsi del creato e che a questo dato di fatto ci si deve adattare.