Biennale di Venezia 2022| "The Concert" di Latifa Echakhch, porta l'eco dell'Arte fra i fuochi rituali del Padiglione Svizzera

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Scenografico, ma di un simbolismo stringente, dove nulla è lasciato al caso. “The Concert”, Il Padiglione Svizzera di Latifa Echakhch per la 59esima Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia è affasciante e sintetico. Davvero ben riuscito. Non a caso l’artista franco-marocchina residente a Vevey (sul Lago di Ginevra nel Cantone di Vaud), è rappresentata da alcune tra le gallerie più influenti del mondo.

Il visitatore accede al padiglione dal cortile interno: la luce del giorno pervade l’ambiente, calpesta tizzoni ormai spenti ridotti in briciole, vede installazioni di legno intrecciato che intuisce essere state rese informi dal fuoco. Per poi entrare nelle sale, dove la notte cala poco a poco. Con lei tornano gli incendi. Man mano che procede però, le sculture riprendono le loro sembianze: antropomofe e monumentali. Sempre più ricche, mentre le fiamme si spengono e i riverberi del tramonto le lambiscono.

Concepita per essere visitata ascoltando una colonna sonora (da scaricare gratuitamente all’ingresso attraverso un codice a barre), “The Concert” è un viaggio a ritroso attraverso una notte di fuochi rituali. Quelli che in vari paesi e culture scandiscono i cambi di stagione e propiziano il futuro.

Tra loro “il rogo di pupazzi di paglia nella notte di San Giovanni-spiegano gli organizzatori- che dovrebbe proteggere contro i demoni e le malattie nel periodo del solstizio alla fine di giugno, o, in Svizzera, il «Böögg», dato alle fiamme sul Sechseläutenplatz per scacciare l’inverno.” Ma nella stessa notte di capodanno era antica usanza bruciare oggetti per avere un nuovo anno prospero e felice.

Questi riti, catartici e carichi di speranza, sono radicati nel folklore perchè simboleggiano l’esistenza di una fine e quella di un nuovo inizio oltre a sottolineare la ciclicità del tempo. Echakhch li paragona a un grande concerto e attraverso di loro cerca nella Biennale la stessa eco interiore. Una profonda e duratura rinascita ma anche il cristallizzarsi del potere dell’Arte nell’animo di ognuno.

"Vogliamo che il pubblico- ha detto l'artista- lasci l’esposizione con la stessa sensazione di quando si esce da un concerto. Che senta l’eco di questo ritmo, di quei frammenti di memoria. Ogni volta, la Biennale offre un profluvio di eccellenza artistica. Un’onda che culmina in una magnificenza catartica per poi rifluire, lasciando un paesaggio deserto di edifici abbandonati".

Si chiede, insomma, se l’arte, può, come la musica, iniziare a esistere anche quando il silenzio e un senso di vuoto prendono il sopravvento.

The Concert” procede a ritroso sia per esigenze narrative (ci svela i contenuti della storia poco a poco), che per chiudere il cerchio della visita con la parte più positiva del racconto (quella della fervente attesa; una sorta di cortesia verso chi entra). Ma soprattutto per dialogare con l’architettura del padiglione progettato da Bruno Giacometti nel 1951.

L’artista ha creato l’installazione con materiali riciclati da precedenti edizioni de la Biennale. Sempre nell’ottica dell’intervento, legato ai concetti di trasfomazione e permanenza.

Latifa Echakhch ha concepito “The Concert” in collaborazione con il percussionista e compositore svizzero Alexandre Babel e il curatore italiano Francesco Stocchi. L’esposizione sarà accompagnata da un vinile e da un libro "che riflettono le discussioni che hanno guidato il progetto". Il Padiglione Svizzera si potrà visitare per tutta la durata della Biennale d’Arte di Venezia 2022 (fino al 27 novembre).

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Annik Wetter

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Annik Wetter

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Annik Wetter

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Samuele Cherubini

Installation view of The Concert by Latifa Echakhch, Swiss Pavilion at the 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist. Photo: Annik Wetter

A Venezia "An Archaeology of Silence" di Kehinde Wiley reinterpreta in chiave black gli antichi dipinti di eroi caduti

Kehinde Wiley ritratto di giovane venzia

“Femme Piquée Par Un Serpent (Mamadou Gueye),” or “Woman Stung By A Snake (Mamadou Gueye),” (2022), oil on canvas, 131 7/8 x 300 inches .All Images © Ugo Carmeni

Dopo un excursus nelle sublimi brume del Romanticismo e nella sua mistica laica alla National Gallery di Londra, l’artista statunitense Kehinde Wiley (conosciuto a livello globale per essere stato il primo artista afro-americano chiamato a ritrarre un presidente a fine mandato), ritorna sul terreno della ritrattistica pre-romantica. Con una serie di opere che traggono ispirazione da “Corpo di Cristo morto nella tomba” di Hans Holbein il Giovane (1521) e, in generale, dai dipinti di antichi maestri con al centro l’immagine di un eroe caduto. Naturalmente Wiley attualizza le composizioni del passato e sostituisce i protagonisti con uomini e donne di colore.

La nuova serie, che amplia il corpus di opere DOWN del 2008, è stata realizzata per l’importante mostra "Kehinde Wiley: An Archaeology of Silence", in corso alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia ed inclusa tra gli eventi collaterali autorizzati alla 59esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale "Il latte dei sogni". A curarla è Christophe Leribault (Presidente del Musée d’Orsay e del Musée de l’Orangerie di Parigi) mentre l’organizzazione la firma il Musée d’Orsay.

Wiley in queste opere (sia grandi dipinti che sculture in bronzo) restituisce dignità fino a proiettare nel mito le immagini di giovani uomini e donne sconosciuti. Le loro pose vulnerabili sono l’emblema di una resa inevitabile, dolorosissima, ma carica d’onore. In questo modo l’artista newyorkese celebra ancora una volta la forza e la resilienza della gente di colore. Oltre a puntare di nuovo l’obbiettivo sul razzismo, la violenza e i preconcetti di cui sono vittima in maniera sistematica e da parte di un sistema intero.

Questa- ha detto- è l’archeologia che sto portando alla luce: lo spettro della violenza della polizia e del controllo dello stato sui corpi di giovani neri in tutto il mondo”.

Lo sfondo dei dipinti sono i soliti motivi floreali che fanno da contrappunto alla semplicità dello streetwear contemporaneo. Le pose abbandonate, poi, permettono all’artista di imporre ai corpi torsioni sensuali, capaci di coprire la tela imprigionando lo sguardo dell’osservatore. Nei bronzi, invece, dove la policromia potrebbe scoraggiare l’attenzione, Wiley usa un vocabolario di particolari che ringiovaniscono il mezzo espressivo e risvegliano la voglia di guardare.

"Kehinde Wiley: An Archaeology of Silence rimarrà alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia fino al 24 luglio 2022 soltanto (anzichè per tutta la durata della Biennale d’Arte “Il latte dei sogni”). L’artista condivide inoltre la sua opera su instagram che permette di farsi per sommi capi un’idea dei vari momenti del suo lavoro.

Kehinde Wiley an archaeology of silence

Front: “The Virgin Martyr Cecilia” (2022), bronze, 251 × 152 3/4 × 70 1/8 inches. Back: “Young Tarentine II (Ndeye Fatou Mbaye)” (2022), oil on canvas, 131 7/8 × 300 inches. Image © Ugo Carmeni

Kehinde Wiley bronzo umo venezia

“Dying Gaul (Roman 1st Century)” (2022), bronze, 21 1/8 × 18 7/8 × 47 inches. Image © Ugo Carmeni

Kehinde Wiley bronzo uomo venezia

Detail of “Dying Gaul (Roman 1st Century)” (2022), bronze, 21 1/8 × 18 7/8 × 47 inches. Image © Ugo Carmeni

Kehinde Wiley dipinto uomo venezia

“The Wounded Achilles (Fillipo Albacini)” (2022), oil on canvas, 70 1/8 × 107 7/8 inches. All images © Templon, Paris –Brussels. Image © Ugo Carmeni

Kehinde Wiley bronzo donna venzia

Image © Ugo Carmeni

Kehinde Wiley bronzo donna venezia

Image © Ugo Carmeni

Biennale di Venezia 2022| We Walked the Earth: la scultura iperrealista di Uffe Isolotto ritrae la tragedia di una famiglia di centauri al Padiglione Danimarca

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Interno giorno: ci accoglie una bella casa, dalla porta rossa, che conduce direttamente ad un atrio di marmo rosa in cui appendere gli abiti. Ma le stanze non sono altrettanto accoglienti, somigliano più a una stalla, perchè la giovane coppia che vi abita è composta da centauti. Strano presupposto, è vero, ma niente di male se i due vivessero d’amore e d’accordo. Invece, la signora centauro sta dando alla luce un piccolo e il suo compagno anzichè gioire del lieto evento si è impiccato nella stanza accanto.

Questa è in sintesi la storia raccontata dall’installazione “We Walked the Earth”, in scena al Padiglione Danimarca, durante la 59esima Esposizione Internazionale d’Arte, “Il Latte dei Sogni”. A raccontarcela con una scultura iperrealista al limite del maniacale, è l’artista di Copenhagen, Uffe Isolotto.

E, come favola nera che si rispetti, è densa di mistero. Particolari che l’occhio del visitatore coglie pian-piano. Oggetti strani, distorti, come fossero usciti da un’esperienza di realtà virturale, il volto segnato di lei, la strana creatura che nasce, fino al suicidio di lui. Passando dalla calma, all’apprensione, fino allo sgomento. E trovarsi catapultati da un passato idilliaco, mitico, ad un futuro distopico.

Ho trasformato l'intero Padiglione- ha spiegato Uffe isolotto- Quando i visitatori entreranno, incontreranno un'apparentemente idilliaca fattoria danese, dove troveranno un inquietante dramma di vita e di morte. C'è una profonda incertezza nel capire cosa sia successo ai centauri e al mondo in cui vivono".

Tutto è stato costruito con una cura degna delle grandi produzioni cinematografiche. La porta è quella di una fattoria tradizionale danese. All'interno del padiglione, mucchi di zostera marina, un tempo comunemente usata per costruire i tetti delle fattorie sull'isola di Læsø. E attrezzi che ricordano quelli comunemente usati nell’agricoltura e nella pesca dello stato scandinavo. Oltre, naturalmente ai personaggi.

Per farlo Isolotto ha lavorato con un collettivo di specialisti. Oltre che con il curatore del padiglione, Jacob Lillemose. Che ha detto: "Sempre più persone in Danimarca si trasferiscono in campagna per vivere una vita più semplice e autosufficiente. Allo stesso tempo, i media, i politici e le imprese capitalistiche celebrano quotidianamente le promesse delle nuove tecnologie. In questo contesto, We Walked the Earth ci interroga se dobbiamo guardare indietro o avanti per trovare soluzioni ai problemi del mondo".

Gli elementi dell’installazione e le sculture sono stati disposti con attenzione per permettere allo spettatore di scoprire pian piano nuovi particolari che gli permettano di svelare il mistero: i centauri cui si trova davanti non sono esseri mitici ma creature mutanti. In questo senso l’opera di Isolotto ci ammonisce.

"Anche se i centauri potrebbero non essere reali- ha continuato l'artista- percepiamo la loro lotta. Il tempo presente in cui viviamo sta diventando sempre più complesso e imprevedibile nel modo in cui affrontiamo molte realtà impegnative, siano esse ecologiche, politiche o esistenziali. C'è al tempo stesso molta speranza e disperazione nell'aria, e voglio rendere questa percezione in una realtà fisica attraverso questa installazione".

We Walked the Earth” è al tempo stesso un racconto fantascientifico, un’allucinazione tridimensionale, una favola nera e un dramma in senso più ampio come ha dichiarato lo stesso Isolotto: "Attinge anche dalle esperienze della mia vita personale che in senso metaforico risuonano nei sentimenti e pensieri più universali sulla vita e la morte".

il racconto visivo “We Walked the Earth”, retto dalla calibratissima scultura iperrealista di Uffe Isolotto, riempirà il Padiglione Danimarca ai Giardini della Biennnale di Venezia, per tutta la durata della 59esima Esposizione Internazionale d’Arte (fino al 27 novembre 2022).

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine

Uffe Isolotto, We Walked the Earth, Pavilion of Denmark, Biennale Arte, 2022. Credit Ugo Carmine