Tutte le sculture iperrealiste iconiche. Dalla sexy bambolona di John DeAndrea al terrorista di Sun Yuan e Peng Yu

Sun Yuan e Peng Yu I am here, 2006-2010 Vetroresina, gel di silice / Fiberglass, silice gel, 200 x 130 cm Edizione 3 di 3 / Edition 3 of 3 Collezione privata / Private collection

Ci sono proprio tutte le opere iconiche della scultura iperrealista. Dalla sexy “Kathy Hague” (1971) di John DeAndrea (la donna nuda in vetroresina che compare ne “Le Vacanze Intelligenti” con Alberto Sordi, per intenderci) ai turisti in sovrappeso di Duane Hanson, alle ballerine e nuotatrici di Carole Feuerman. Fino a nuove interpretazioni, come quella di Sun Yuan e Peng Yu (che con “I am here” ci propongono un mediorientale che spia dal buco della serratura armato di tutto punto). Vengono da tutto il mondo. Alcune non erano mai state esposte in Italia. E per tre mesi soltanto, giorno più giorno meno, saranno insieme a Palazzo Reale di Milano.

La mostra “Corpus Domini Dal Corpo Glorioso alle Rovine dell’Anima (curata da Francesca Alfano Miglietti in ricordo dei suoi dialoghi con la scomparsa critica d’arte Lea Vergine e inaugurata lo scorso 27 ottobre), in realtà non è un’esposizione dedicata all’Iperrealismo, e men che meno alla scultura iperrealista, ma, centrata com’è sul tema del corpo e raccogliendo ben 111 opere di 34 famosi artisti, non si può negare che ne presenti una bella fetta.

D’altra parte “Corpus Domini” è un evento piuttosto complesso che prende però l’avvio da un’idea semplice: c’è un corpo vero che ci portiamo in giro ogni giorno e uno finto che vediamo e condividiamo. La scultura iperrealista, tanto mimetica da non capire se ci si trova davanti a una persona o a un’opera d’arte, li rappresenta un po’ tutti e due.

Lo ‘spostamento’ di Corpus Domini segna due direzioni- scrive in catalogo la curatrice, Francesca Alfano Miglietti- la prima è il passaggio di orizzonte teorico dalla Body Art all’Iperrealismo; la seconda è la consapevolezza che il tempo storico, in cui stiamo vivendo, dichiara e fa emergere due tipi di corpi, quello prodotto dallo spettacolo, perfetto, giovane, snello, sano, non fumatore e senza rughe e peli, e quello invisibile delle persone fuori dallo spettacolo, la cui immagine è spesso relegata a valigie, abiti, biciclette, strumenti di lavoro, o a una rappresentazione di masse(…). E nel frattempo, mentre Corpus Domini si stava costruendo, il mondo è stato colpito da una pandemia, e la mostra ha assunto, inevitabilmente, anche un altro significato, si è spontaneamente spostata ancora e ha rimesso al centro un altro tipo di corpo: il corpo umano, fragile e indifeso, attaccato da piccole particelle invisibili infettive.”

Com’è noto, per scultura iperrealista si intende una rappresentazione scultorea talmente dettagliata e mimetica da superare il realismo. Il soggetto, che si tratti di una persona o di un’automobile (o di una barca come quella del Boatman” di Hans Op De Beeck, di cui ho parlato recentemente e che non è in mostra) è più vero che nella realtà si potrebbe dire.

Ma si tratta pur sempre di un’etichetta che mette insieme artisti dalle poetiche molto diverse, che si sono formati in periodi storici differenti. E per questo le tecniche utilizzate cambiano parecchio: la già citata sexy bambolona di DeAndrea, realizzata nel 1971, è pionieristica nell’uso della vetroresina policroma (con il problema della chioma risolto applicando capelli e peli veri), mentre Marc Quinn con il suo uomo incinto, che tanto scalpore fece in Regno Unito nella prima metà del primo decennio degli anni 2000 (Thomas Beatie, 2008, rappresenta una donna operata e diventata uomo che, avendo scelto di mantenere gli organi riproduttivi femminili, ebbe più di un figlio), se l’è cavata citando gli antichi con il marmo bianco e facendosi aiutare dalle nuove tecnologie per la resa mimetica del ritratto.

Anche per osservare dal vivo queste differenze “Corpus Domini” è una buona scelta.

Tuttavia le rappresentazioni del corpo in mostra lungi dal fermarsi all’Iperrealismo sono numerosissime (per esempio l’installazione della giapponese Chiharu Shiota, fatta di scarpe e filo rosso, ne mette al centro l’assenza).

Con opere di: AES+F, Janine Antoni, Yael Bartana, Zharko Basheski, Joseph Beuys, Christian Boltanski, Vlassis Caniaris, Chen Zhen, John DeAndrea, Gino de Dominicis, Carole A. Feuerman, Franko B, Robert Gober, Antony Gormley, Duane Hanson, Alfredo Jaar, Kimsooja, Joseph Kosuth, Charles LeDray, Robert Longo, Urs Lüthi, Ibrahim Mahama, Fabio Mauri, Oscar Muñoz, Gina Pane, Marc Quinn, Carol Rama, Michal Rovner, Andres Serrano, Chiharu Shiota, Marc Sijan, Dayanita Singh, Sun Yuan & Peng Yu, Gavin Turk. Disposte su circa 1000 metri quadri di superficie. “Corpus Domini Dal Corpo Glorioso alle Rovine dell’Anima”, sarà a Palazzo Reale di Milano fino al 30 gennaio 2022.

Corpus Domini Foto Allestimento Basheski EdoardoValle

John DeAndrea Kathy Hague, 1971 Vetroresina / Fiberglass, 165 x 46 x 36 cm Hall Collection Courtesy Hall Art Foundation

Corpus Domini Foto Allestimento AES+F Sijan EdoardoValle

Corpus Domini Foto Allestimento Hanson Edoardo Valle

Marc Quinn Thomas Beatie, 2008 Marmo / Marble, 179 x 63 x 53 cm Courtesy Marc Quinn Studio

Corpus Domini Foto Allestimento Feurman Edoardo Valle

Corpus Domini Foto Allestimento Mauri Luthi Edoardo Valle

Corpus Domini Foto Allestimento Turk Edoardo Valle

Corpus Domini Foto Allestimento Longo Deandrea Bartana Edoardo Valle