La pittura figurativa e astratta di Li Songsong che racconta momenti di Storia con pennellate tanto spesse da sembrare scultura

“I Am What I Am” (2020), 120 x 100 centimeters. All images © Li Songsong

Se da una parte la pittura di Li Song Song, salva e reinterpreta dei frammenti di Storia (cinese ma non solo) dall’altra è quasi un diario emotivo. Divisa com’è tra oggettività e partecipazione. E, in fondo, difficilmente potrebbe essere in altro modo, partendo dal paradosso di essere figurativa e astratta allo stesso tempo.

Classe ‘73, residente a Beijing, Li Songsong, è diventato famoso per le spesse e stratificate pennellate di colore ad olio, che applica sulla tela come fossero tessere di un mosaico. Talmente materiche da somigliare più a parti di una scultura che ai momenti dell’opera di un pittore. Strenuo sostenitore del mestiere e dell’impegno profuso nel proprio lavoro. Le immagini che dipinge solitamente le prende da internet: menù di ristoranti, riviste. Fonti aperte, insomma. Non sempre di buona qualità. Anzi. All’artista non interessa. Quel che conta per lui, di volta in volta, è la relazione tra i personaggi, il senso d’identità, la soggettività della meomoria collettiva e il modo in cui distorciamo i ricordi.

Allo stesso modo Li Songsong deforma tutte le immagini che riproduce. Talvolta poco. Altre talmente tanto da farne dei veri e propri dipinti astratti.

Nemmeno i titoli aiutano chi guarda a ritrovare la bussola della realtà, tra toni e spessori, ombre e luci. L’artista li basa su fatti estemporanei e, quasi sempre, estranei al soggetto ritratto (la musica che stava ascoltando mentre dipingeva, il titolo di testa della rivista da cui ha tratto l’immagine poi riprodotta ecc.)

In genere però, nelle opere di Li Songsong, da vicino prevale decisamente l’astrazione, mentre se ci si allontana si colgono forme facilmente decodificabili. A volte paesaggi, più spesso persone.

Dei dipinti più recenti fa parte la commovente immagine di un ufficiale con il suo cane (in cui i punti in bianco e nero, uniti a quelli di vivo colore, innescano la partecipazione dell’osservatore), un infilata di centinaia di volti anonimi, il viso fiducioso di un giovane militare asiatico.

La pittura figurativa e astratta di Li Songsong tocca l’astrazione assoluta solo quando descrive gli stati d’animo provati leggendo le poesie cinesi tradizionali (da notare che non mette il colore a casaccio ma con matematica precisione per riprodurre la metrica di ogni componimeto). I dipinti recenti, oltre a queste ed altre opere, si possono vedere sul suo sito internet. (via Colossal)

“Three Decades” (2019), 210 x 420 centimeters

“Blondi” (2019), 210 x 180 centimeters

“You Haven’t Looked at Me that Way in Years” (2020), 170 x 280 centimeters

“Tea for Two” (2020), 210 x 210 centimeters

L'iperrealismo trasognato e amaro delle incredibili sculture di Hans Op De Beeck

The Boatman 2020 poliestere, acciaio, legno, MDF, resina epossidica, fibra di vetro, poliammide, gessosintetico, rivestimento, canna, vetro, PA, gomma, bambù 180 x 400 x 400 cm Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by : Ela Bialkowska, OKNO Studio

Iperrealiste fino a riprodurre il dettaglio più minuto, le sculture di Hans Op De Beeck (ho parlato recentemente della sua Danza Macabra), trasmettono senso di transitorietà e meraviglia. Raccontando storie dolci amare. Ne è un esempio “The Boatman” (Il Barcaiolo), in cui un uomo, presumibilmente un agricoltore rimasto senza tetto, impacchettati tutti i suoi miseri averi, li carica sulla barca, insieme al cane e ad una gallina, e prende il largo tra canneti e ninfee.

The Boatman”, come in genere tutte le sculture di Op De Beeck, racconta una storia di cui conosciamo solo un atto. Sta a chi guarda completarla. Tuttavia l’artista belga ci da dei suggerimenti e ci immerge nell’atmosfera del racconto.

Non a caso quest’opera, attualmente in mostra alla Galleria Continua di San Gimignano (a nord ovest di Firenze), è l’incipit della vasta personale dedicatagli. E intitolata, appunto: “The Boatman and Other Stories”.

L’esposizione è zeppa di riferimenti alla Storia dell’Arte, che l’eclettico autore (oltre a dedicarsi alle arti visive, Hans Op De Beeck, è regista teatrale, scrittore, scenografo e compositore!) rilegge in chiave contemporanea. E carica di tensione narrativa, ça va sans dire. La Natura Morta è il suo tema iconografico preferito, ma c’è anche la Vanitas, il Memento Mori, la Wunderkammer (il Gabinetto delle Curiosità).

Malgrado in mostra, e in generale nel lavoro dell’artista di Bruxelles, ci siano numerose figure (umani ma anche cani e altri animali), con lui non si può parlare di ritratti. Ma di personaggi, come quelli di un film, di una piece teatrale o di un libro.

Giovani, vecchi o di mezza età, a volte dormono, altre si rilassano pensosi, altre ancora si spostano travolti dagli eventi e guidati da un destino incerto. Tutti, dalla ballerina brasiliana che fuma una sigaretta, al cane addormentato, fino alle galline affamate e agli scheletri chiacchieroni, sono grigi. Solo i minuti fiori di ciliegio rosa, che si intravedono nella vetrina di un gabinetto delle curiosità, rompono il senso di sospensione della monocromia. Lasciando filtrare tra le persiane la luce del sogno.

The Boatman and Other Stories” resterà a Galleria Continua fino al 6 gennaio 2022. Per vedere altre sculture di Hans Op De Beeck, ripercorrendo magari la sua importante carriera a ritroso, dal suo Boatman alla partecipazione alla Biennale di Venezia, andando in giù fino agli esordi, ci sono il sito internet e l’account instagram dell’artista belga.

Vanitas XL 2021 poliestere, poliuretano, metallo, poliammide, rivestimento 290 x 250 x 250 cm (circa) Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio

The Boatman 2020 poliestere, acciaio, legno, MDF, resina epossidica, fibra di vetro, poliammide, gessosintetico, rivestimento, canna, vetro, PA, gomma, bambù 180 x 400 x 400 cm Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by : Ela Bialkowska, OKNO Studio

The Boatman 2020 poliestere, acciaio, legno, MDF, resina epossidica, fibra di vetro, poliammide, gessosintetico, rivestimento, canna, vetro, PA, gomma, bambù 180 x 400 x 400 cm Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by : Ela Bialkowska, OKNO Studio

“Dancer” (2021)

Wunderkammer (12) 2020 legno, vetro, acciaio, poliammide, rivestimento, materiali vari 216,5 x 120 x 41 cmCourtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio

Wunderkammer (12) 2020 (particolare) Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio

The Boatman and Other Stories 2021 vedute della mostra Galleria Continua, San Gimignano Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska OKNO STUDIO

The Boatman and Other Stories 2021 vedute della mostra Galleria Continua, San Gimignano Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska OKNO STUDIO

The Boatman and Other Stories 2021 vedute della mostra Galleria Continua, San Gimignano Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska OKNO STUDIO

"Frida Kahlo" di Ali Ray. Al cinema la vita, l'arte e gli amori della vera Frida in un film imperdibile

Probabilmente Frida Kahlo si contende con Andy Warhol e Pablo Picasso il podio dell’artista più conosciuto del ‘900. D’altra parte se la pittrice messicana non fosse una star, Google, lo scorso anno in piena pandemia, non le avrebbe dedicato la grande mostra digitale Faces of Frida.

Ma fuori dal mito, chi era davvero? A questa domanda cerca di rispondere il film-documentario Frida Kahlo, della regista britannica Ali Ray.

Al cinema solo per tre giorni (il 22, 23 e 24 Novembre 2021), è un lungometraggio imperdibile. Non tanto perchè girato quasi interamente nella Casa Azul, la Casa Blu di Coyoacán (sobborgo di Città del Messico) dove Frida viveva, ma perchè è stato creato in collaborazione con esperti di fama mondiale che conoscevano personalmente Frida Kahlo. E dato che la sfortunata artista è mancata nel’54, non era tuttto sommato impresa facilissima.

"Dirigere questo film ha cambiato totalmente la mia visione di Frida Kahlo come artista- spiega la regista Ali Ray- Prima non le avevo prestato molta attenzione, sentendomi un po' scoraggiata dall'onnipresenza della sua immagine come icona sulle copertine di cuscini e magliette. Ora, avendo studiato le sue opere più da vicino e comprendendo il loro contesto di tempo e luogo, ne sono completamente affascinata. Avere accesso alle sue lettere personali è stata una parte fondamentale della realizzazione del film e nella mia comprensione del suo lavoro”.

Per Ali Ray "Frida Kahlo"è il primo lungometraggio come regista. Ma ha già diretto opere più brevi e ha all’attivo un bel curriculum. Nel Regno Unito ha lavorato per reti televisive importanti come BBC e Discovery ma anche per testate arcinote come The Guardian o Sunday Telegraph. Dove associa la specializzazione nelle arti visive (per i prodotti video), all'attività di saggista nel settore foood-travel (per i quotidiani).

Il film-documentario Frida Kahlo sarà al cinema da lunedì a mercoledì della settimana prossima. E’ il primo film della trilogia Art Icons portata sul grande schermo dalla casa di distribuzione Adler Entertainment e dedicata ad altrettante "autentiche icone pop del mondo dell’arte". Per conoscere meglio il lavoro della regista, scrittrice e produttrice, Ali Ray si può dare uno sguardo al suo sito internet o seguire il suo account Istagram.

The Two Fridas, 1939, Frida Kahlo, Museo de Arte Moderno, Photo © Bridgeman Images

Frida Kahlo, Self-Portrait with Small Monkey, 1945 (2) © EXHIBITION ON SCREEN

Frida Kahlo, Self Portrait with Thorn Necklace and Hummingbird, 1940, Photo © Bridgeman Images

La Regista Ali Ray © EXHIBITION ON SCREEN