Petrit Halilaj si ispira all'uccello giardiniere per costruire un gigantesco nido di fiori al Palacio del Cristal del Reina Sofia

"A un corvo e uragani che da luoghi sconosciuti riportano odori di esseri umani innamorati", 2020. Veduta della mostra al Palacio de Cristal. Tutte le foto per gentile concessione di Petrit Halilaj e © Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madr…

"A un corvo e uragani che da luoghi sconosciuti riportano odori di esseri umani innamorati", 2020. Veduta della mostra al Palacio de Cristal. Tutte le foto per gentile concessione di Petrit Halilaj e © Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid. Foto di ImagenSubliminal (Miguel de Guzmán e Rocío Romero).

L’artista kosovaro Petrit Halilaj, nella sua ultima installazione realizzata al Palacio de Cristal del Reina Sofia a Madrid, ha virato il timone e invece di parlare della sua patria e di se stesso come parte di essa, ha navigato in uno spazio personale. Un’area sospesa tra passato e presente, tra sogno e realtà. Ma anche tra umano e… volatile.

L’opera, infatti, si intitola “A un cuervo y los huracanes que, desde lugares desconocidos, traen de vuelta olores de humanos enamorados” (che in italiano significa: "A un corvo e agli uragani che, da luoghi sconosciuti, riportano odori di esseri umani innamorati"), e per idearla Petrit Halilaj si è ispirato agli incredibili nidi che gli uccelli giardinieri costruiscono per attirare le femmine (che a loro volta ne edificano di propri quando nascono i pulcini)..

E così percorsi di rami accatastati, uguali agli originali ma molto più grandi, si affiancano a fiori giganteschi ma anche a mangiatoie e strutture per attirare all’interno del palazzo i numerosi uccellini che vivono o passano per il Parco el Retiro. Rendendo il confine tra interno ed esterno vago.

Questo nido poetico, che allontana l’eccesso di intimità con tratti di sottile ironia (vedi la storia del padre dell’artista che nell’opera compare in versione “corvo bianco”), Petrit Halilaj, l’ha costruito insieme al suo compagno, Álvaro Urbano (artista a sua volta). Rendendo ancora più personale il dialogo con il visitatore.

"A un corvo e agli uragani che, da luoghi sconosciuti, riportano odori di esseri umani innamorati", tuttavia è soprattutto un modo per mostrare come la centralità dell’uomo nell’univers,o sia un abbaglio, un pensiero narcisista che non tiene conto della grandezzae della complessità di ciò che lo circonda.

C'è qualcosa di strano e sproporzionato nelle dimensioni di questo nido, nelle dimensioni gigantesche dei suoi fiori e nel comfort e nella centralità che offre agli uccelli. L'artista sospende così la prospettiva logo-centrica che ci fa credere di essere il centro e la misura di tutte le cose, incoraggiandoci a riconoscerci come un elemento in più tra i tanti. Il nido si rivela così l'ambientazione di un rito che attende incontri, alleanze e unioni tra i suoi diversi visitatori, mutando e mutando con lo spazio.”

Petrit Halilaj è un artista famoso che ha partecipato a molte importanti mostre, tra cui la 57esima edizione della Biennale d’Arte di Venezia (“Viva Arte Viva”). L’installazione “A un cuervo y los huracanes que, desde lugares desconocidos, traen de vuelta olores de humanos enamorados” è la prima realizzata nello splendido Palacio de Cristal di Madrid dopo la chiusura per la pandemia di COVID 19. E si potrà visitare fino al 28 febbraio 2021 pandemia permetttendo. (via Colossal)

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Chen Zhen, l'artista che trasformava in vibranti poesie sedie e vasi da notte. Da non perdere all'Hangar Bicocca

Chen Zhen Jue Chang, Dancing Body – Drumming Mind (The Last Song), 2000 Veduta dell’installazione, Kunsthalle Wien, Vienna, 2007 Collezione Pinault Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Ela Bialkowska

Chen Zhen Jue Chang, Dancing Body – Drumming Mind (The Last Song), 2000 Veduta dell’installazione, Kunsthalle Wien, Vienna, 2007 Collezione Pinault Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Ela Bialkowska

Morto a soli 45 anni per uno scherzo del destino (le conseguenze di un banale intervento chirurgico), l’artista cinese Chen Zhen, con l’idea di malattia e lo spettro della fine aveva convissuto tutta la vita. Era malato di anemia emolitica. E questa consapevolezza si ritrova nelle sue opere. Come d’altra parte tutte le altre esperienze cardine della sua esistenza. Perché quando si guarda una scultura di Chen Zhen, sembra di sentire parlare Chen Zhen.

A ottobre l’Hangar Bicocca gli dedicherà la mostra “Short Circuits” (“Cortocircuiti” a cura di Vicente Todoli ). In cui riunirà alcune tra le sue opere più significative realizzate tra il 1991 e il 2000. Insomma più o meno da quando abbandona la pittura fino alla sua scomparsa.

Nato a Shangai, Chen Zhen abbandona la Cina nell’86 per trasferirsi a Parigi. Dove il suo lavoro si evolverà abbracciando le 3 dimensioni. Ma l’animo da pittore un po’ gli resta, per esempio nell’amore per l’equilibrio un tantino civettuolo delle composizioni, o nel moltiplicarsi delle linee che si riversano come ornamenti indisciplinati alla base delle sculture.

Ma che cosa si deve aspettare chi il lavoro di Chen Zhen non l’ha mai visto? Sculture monumentali, grandi nelle dimensioni, potenti nello sviluppo e affilate nel massaggio. Fatte con oggetti d’uso quotidiano. Come sedie, tavoli, letti e persino vasi da notte. Colorati con lacche rosse e nere o lasciati del colore naturale del legno. Infatti, gli oggetti d’uso quotidiano di Chen Zhen in linea di massima non sono quelli che si trovano nelle case contemporanee. Vengono da Oriente e da Occidente e sono spesso antichi. Ma tanto diffusi in un luogo o nell’altro, in un periodo o nell’altro, da diventare simboli di purificazione del popolo di un continente o addirittura di un Paese. Ma anche metafore ed elementi compositivi.

Gli argomenti ricorrenti (tutt’oggi molto attuali) sono: il potere di guarigione dell’arte, la globalizzazione, la sintesi tra pensiero orientale e pensiero occidentale, il consumismo. La spiritualità e una buona dose di biografia dell’artista si insinuano in ognuna di queste riflessioni.

Chen Zhen è celebrato come uno dei più importanti artisti della contemporaneità. Le sue opere sono state esposte alla Biennale di Venezia per 3 volte. Diverse sono conservate in importanti musei come il Centre Pompidou, la Pinault Collection o il MAXXI di Roma.

Chen Zhen Short-Circuits” al Pirelli Hangar Bicocca di Milano inaugurerà il prossimo dal 15 ottobre (2020) e si chiuderà al 21 febbraio 2021. Un appuntamento assolutamente da non perdere.

Chen Zhen Le Rite suspendu / mouillé, 1991 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Ela Bialkowska

Chen Zhen Le Rite suspendu / mouillé, 1991 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Ela Bialkowska

Chen Zhen Jue Chang, Dancing Body – Drumming Mind (The Last Song), 2000 Veduta dell’installazione, Kunsthalle Wien, Vienna, 2007 Collezione Pinault Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Ela Bialkowska

Chen Zhen Jue Chang, Dancing Body – Drumming Mind (The Last Song), 2000 Veduta dell’installazione, Kunsthalle Wien, Vienna, 2007 Collezione Pinault Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Ela Bialkowska

Chen Zhen Round Table, 1995 Veduta dell’installazione, Palazzo delle Nazioni , Ginevra, 1995 Centre national des arts plastiques, inv.: FNAC 02-532 entrusted to Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de Création industrielle, 2003 Co…

Chen Zhen Round Table, 1995 Veduta dell’installazione, Palazzo delle Nazioni , Ginevra, 1995 Centre national des arts plastiques, inv.: FNAC 02-532 entrusted to Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de Création industrielle, 2003 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Chen Zhen

Chen Zhen Daily Incantations, 1996 Veduta dell’installazione, Deitch Projects, New York, 1996 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Tom Powell

Chen Zhen Daily Incantations, 1996 Veduta dell’installazione, Deitch Projects, New York, 1996 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Tom Powell

Chen Zhen Fu Dao / Fu Dao, Upside-down Buddha / Arrival at Good Fortune, 1997 Veduta dell’installazione, CCA – Center for Contemporary Art, Kitakyushu, , 1997 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Chen Zhen

Chen Zhen Fu Dao / Fu Dao, Upside-down Buddha / Arrival at Good Fortune, 1997 Veduta dell’installazione, CCA – Center for Contemporary Art, Kitakyushu, , 1997 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Chen Zhen

Chen Zhen Prayer Wheel – “Money makes the Mare Go” (Chinese slang), 1997 (dettaglio)  Veduta dell’installazione, P.S.1 Contemporary Art Center, New York, 1997-1998 Collezione PinaultCourtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Chen Zhen

Chen Zhen Prayer Wheel – “Money makes the Mare Go” (Chinese slang), 1997 (dettaglio) Veduta dell’installazione, P.S.1 Contemporary Art Center, New York, 1997-1998 Collezione PinaultCourtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Chen Zhen

Chen Zhen Purification Room, 2000 (dettaglio) Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Sebastiano Pellion di Persano

Chen Zhen Purification Room, 2000 (dettaglio) Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Sebastiano Pellion di Persano

Chen Zhen Jardin-Lavoir, 2000 (dettaglio) Veduta dell’installazione, Galleria Continua, Boissy-le Châtel, 2016 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Oak Taylor-Smith

Chen Zhen Jardin-Lavoir, 2000 (dettaglio) Veduta dell’installazione, Galleria Continua, Boissy-le Châtel, 2016 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Oak Taylor-Smith

Chen Zhen Jardin-Lavoir, 2000 Veduta dell’installazione, Galleria Continua, L'Avana, 2017-2018 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Nestor Kim

Chen Zhen Jardin-Lavoir, 2000 Veduta dell’installazione, Galleria Continua, L'Avana, 2017-2018 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Nestor Kim

Chen Zhen Jardin-Lavoir, 2000 (dettaglio) Veduta dell’installazione, Galleria Continua, L'Avana, 2017-2018 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Nestor Kim

Chen Zhen Jardin-Lavoir, 2000 (dettaglio) Veduta dell’installazione, Galleria Continua, L'Avana, 2017-2018 Courtesy GALLERIA CONTINUA © ADAGP, Parigi Foto: Nestor Kim

Niente diario per Toshihiko Shibuya, che in quarantena ha costruito un intero ecosistema

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L'opera “Generation 7 origin-birth /symbiosis-coexistence” di Toshihiko Shibuya (altre notizie su di lui qui), attualmente in mostra alla Web Gallery Monma Annex di Sapporo, è un ecosistema complesso in continuo divenire, che l'artista giapponese ha cominciato a creare all'inizio della pandemia e che ancora muta. Come la sintesi di un'esperienza collettiva trasfigurata della bellezza della natura e raccontata attraverso il cambiare delle stagioni.

Molti sono gli artisti nel mondo che confinati nelle loro case durante l’emergenza sanitaria hanno creato un vero e proprio diario per immagini della loro esperienza (per esempio qui). Non in Giappone però dove non c’è stato il lockdown e la necessità di fuggire da una quotidianità distopica è venuta meno.

Toshihiko Shibuya, infatti, non ha creato una serie di opere ispirate ai giorni trascorsi, ma un solo lavoro che riunisce tutte le fasi del periodo anomalo che ancora stimo vivendo.

Generation 7 è un vero e proprio ecosistema che comincia a prendere forma il marzo scoro, quando l’artista di Sapporo (isola di Hokkaido) va a raccogliere dei rami modellati dal mare nella costa più vicina. Poco dopo è la volta del muschio, che Shibuya prende in montagna. In Aprile fissa il muschio ai rami e comincia ad annaffiare la sua creazione mattina e sera. A giugno, proprio mentre il coronavirus molla la presa nella gran parte dei paesi dell’emisfero settentrionale, il muschio di Generation7 prende a crescere e con lui anche altre piccole piante.

Quando ho visto crescere il muschio - spiega- ho installato 1500 puntine da disegno con la testa sferica!”

Le puntine da disegno, che l’artista usa sempre per tratteggiare con elementi artificiali un paesaggio naturale, sottolinenado la forma e la grana della superficie, sono state scelte per confondersi con l’opera. Osservatrici sileziose, che ad uno sguardo poco attento posono sembrare funghi, spore o uova, a seconda del punto in cui sono state collocate.

"Ho evocato immagini di vita riproduttiva- continua Toshihiko Shibuya- Le puntine dovrebbero essere viste come una massa di uova depositate da pesci, anfibi, molluschi, o spore o funghi oppure muffe melmose."

Generation7, che in qualche modo ricorda l’arte del giardino giapponese, tuttavia è un vero e proprio micro-ecosistema sospeso in una vita propria ma allo stesso tempo contaminato dall’ambiente che lo ospita.

Durante l’esposizione- racconta-le due porte della galleria erano aperte per proteggere il pubblico dal coronavirus attraverso la ventilazione. Un giorno, un ape è volata all’interno della stanza e si è posata sulla scultura. Ci è rimasta per 15 minuti. Può essere che il colore rosa delle puntine l’abbia confusa scambiandole per fiori. Ad ogni modo due tipi diversi di funghi sono nati durante l’esposizione. L’oggetto cambia e cresce giorno dopo giorno”.

Generation 7 di Toshihiko Shibuya nasce per mostrare la resilienza della natura e la sua capacità d’adattamento ai cambiamenti più impensati. E quindi per rendere plastica la difficoltà della lotta al coronavirus

Batteri e virus sono forme di vita sulla Terra- conclude- Non c’è niente che possiamo fare per fermare Madre Natura. Quand lavoro io non cerco mai di controllare la natura, ma le stò vicino e cerco di usarla intelligentemente”.

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