Snow Pallet 17 an urban-style: Toshihiko Shibuya fa costruire alla neve un monumento alla mutevole bellezza della natura nel cuore di Sapporo

Toshihiko Shibuya, Snow Pallet 17 an urban-style. All images courtesy Toshihiko Shibuya  © Toshihiko Shibuya

La diciasettesima versione della serie scultorea “Snow Pallet” di Toshihiko Shibuya è stata più breve del solito. I consueti elementi, a forma di tavolino, ombrellino o fungo stilizzato (in sintesi: cerchi e linee perpendicolari gli uni alle altre), dipinti in colori fluorescenti, vivacissimi e briosi, sono rimasti posizionati all’ingresso del campus Maruyama dell'Università di Hokusho meno di un mese: dal 27 dicembre al 5 gennaio. Eppure la neve, anche questa volta, ha saputo trasformarli giorno dopo giorno in maniera sostanziale.

Anche- ha detto Toshihiko Shibuya- se la durata dell'esposizione è stata più breve del solito, si sono potuti vedere ammucchiati (sui supporti ndr) non solo berretti di cotone ma anche cappelli da neve”.

Siamo a Sapporo, capitale della montuosa isola di Hokkaido, nell’estremo nord del Giappone (da Capo Sōya, nella parte più a nord dell’isola, la Russia dista solo 43 chilometri), dove la neve cade copiosa ogni anno (anche se ultimamente meno di prima). Il susseguirsi delle stagioni, lì non ha chiaroscuri, e le persone associano i loro ricordi al mutare del paesaggio più che altrove; anche e soprattutto durante l’inverno con la sua spessa coltre bianca, capace di trasformare ogni scorcio. Ed è qui che Toshihiko Shibuya concepisce un’installazione ricorrente che ripete ogni anno. Più o meno uguale a se stessa, sempre nello stesso periodo, da ben 17 anni ormai.

© Toshihiko Shibuya

Certo cambia il numero degli elementi che Shibuya posiziona, la loro collocazione, l’altezza, le dimensioni e la giustapposizione dei colori, ma alla base di “Snow Pallet” ci sono sempre uno o più gruppi di piedistalli, pensati per sorreggere la neve, mettendone in luce la mutevolezza, la grana e le forme cangianti. In maniera che quest’ultima (vista come parte che riflette il tutto) sia di fatto la scultura. O meglio le sculture. Proprio come un busto capace di cambiare fisionomia da solo a seconda dell’anno, del giorno, dell’ora, del meteo, e di casualità varie (magari il passaggio di un animaletto o la mano di un umano). Un vero e proprio monumento alla bellezza multiforme della natura ed alla transitorietà.

Shibuya, da parte sua, osserva e documenta pazientemente ogni travestimento della materia (persino la sua momentanea assenza). Anche se la neve in mostra sui pedistalli è la metafora di un paesaggio che si estende ben oltre di essa e che andrebbe ammirato dal vivo. Sembra anzi che uno degli scopi del lavoro sia strappare ad una rappresentazione la pienezza della realtà, posizionando l’umanità non più al centro del quadro ma come parte del tutto. Attrice tra gli attori di un armonioso fluire.

© Toshihiko Shibuya

L’elemento rituale dell’opera di Toshihiko Shibuya, infatti, richiama la stagionalità stessa ed evoca anche ancestrali pratiche propiziatorie. Ma è soprattutto un modo per sottolineare la fragilità della natura e preservare la memoria.

Ho iniziato il progetto Snow pallet nel 2011- dice l’artista- Le nevicate sono diminuite di anno in anno. Negli ultimi tempi qui a Hokkaido abbiamo nevicate irregolari, che variano da vere e proprie tormente all’ assenza di neve in un breve ciclo. Penso che il fenomeno sia legato al cambiamento climatico. Le questioni ambientali sono urgenti per tutti gli esseri umani (…) Il progetto Snow Palette consiste nel registrare e memorizzare le nevicate di ogni inverno attraverso l'arte, ma potrebbe esserci una stagione nel prossimo futuro in cui il progetto non sia realizzabile a causa della totale mancanza di neve. Naturalmente non lo desidero. Spero che questo progetto tesserà insieme i bellissimi ricordi di ogni inverno”.

L’artista ha poi l’abitudine di colorare parte dei supporti bianchi con toni fluorescenti che sembrano penetrare nella neve, per generare nell’osservatore un senso di stupore e meraviglia. Immaginando l’effetto finale, si concentra sulla parte superiore o su quella inferiore dei piani, che riflettono, verso l’alto o verso il basso, colori vividi e gioiosi che sembrano rubati all’industria alimentare facendo riferimento all’infanzia e alla giovinezza. Ma anche ai numerosi impieghi della luce nell’arte contemporanea, all’immateriale e al transitorio, senza dimenticare il tema degli inganni percettivi. E ovviamente, quello della bellezza sempre uguale e sempre diversa della natura che si rinnova.

Man mano che la temperatura aumenta- spiega l’artista- la neve accumulata diventa simile a un sorbetto e si può vedere il colore fluorescente trasmesso dalla luce riflessa sulla parte superiore del tavolo macchiarsi come lo sciroppo su un ghiaccio tritato. Inoltre, i cappelli (masse) di neve che si sciolgono creano formazioni naturali uniche”.

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Snow Pallet 17” (a differenza di gran parte delle passate versioni) è stata concepita per lo spazio urbano (non a caso si chiama: “Snow Pallet 17 an urban-style”) a cui si sposa con grazia. Composta da un totale di 18 piedistalli (16 alti e 2, grandi, bassi) per accogliere la neve, concentrati intorno a due panchine all’esterno dell’università.

Interessante dal punto di vista del design, la scelta di coprire le panchine di cemento, in quel momento inutilizzate, proteggendole, e sviluppando l’installazione intorno e sopra di esse. Le linee che si ripetono nella struttura protettiva sono omogenee ai supporti, agli elementi architettonici vicini e si mimetizzano nell’ambiente cittadino ma soprattutto sono anonime quel tanto che basta per mettere in evidenza i volumi curvilinei e inaspettati costruiti dalla neve.

Questa volta abbiamo tentato di realizzare un'installazione in stile urbano nel centro della città come recinzione protettiva per le sedie in marmo. Il terreno della sede era riscaldato dalla strada, quindi non c'era neve. Anche se la durata dell'esposizione è stata più breve del solito, si sono potuti vedere ammucchiati non solo berretti di cotone ma anche berretti da neve”.

Il gioco di riflessi dei colori sulla neve che si scioglie durante una giornata di sole, pronti ad espandersi in toni inaspettati sulla base protettiva bagnata, mentre i ventri del campus rispecchiano gli alberi circostanti, mostrano quanto la bellezza, a volte, nella propria umiltà, possa nascondersi sotto il nostro naso. E, mentre i rigori dell’inverno sono ancora tutti da superare, anticipano il risveglio primaverile della vita.

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La silenziosa foresta di Toshihiko Shibuya, intessuta con muschio e migliaia di puntine da disegno

Toshihiko Shibuya, Black Dragon. All images Courtesy Toshihiko Shibuya

Parte del ciclo scultoreo “Generation”, la nuova serie di opere "Generation - Origin /Occurrence " di Toshihiko Sibuya, celebra la poesia di una foresta avvolta dal silenzio invernale e la bellezza mutevole della natura. Lo fa accostando l’uno all’altro lavori strettamente minimali, seppur ricchissimi nella tessitura. Ed interamente costellati di spilli.

Per realizzarli l’artista di Sapporo (isola di Okkaido, Giappone) si è limitato a dipingere, più spesso di bianco ma anche di nero, dei rami ricoperti di muschio. E ad applicare sulla corteccia migliaia di puntine da disegno a testa sferica, dello stesso colore scelto per l’opera.

I rami, Shibuya, li ha prelevati dalla foresta così com’erano. Non li ha tagliati o modellati. E persino il muschio di alcune opere, nato a seguito delle cure dell’artista nel 2020, si è limitato a non riformarsi dopo essere seccato. Creando una base scultorea piena di sollecitazioni tattili, micro-motivi e forme imprevedibili, senza alterare il soggetto.

Per restituire la magia del paesaggio, l’artista ben deciso a non modificare il creato, oltre a sottolineare la tessitura dei pezzi con la monocromia e ad applicare centinaia di puntine da disegno su ognuno, si è concentrato sulla distribuzione degli elementi nello spazio.

Le opere, infatti, sono state tutte esposte all’Istituto d'Arte Contemporanea di Sapporo CAI03/CAI durante la mostra “Forest of the Silence” che si è recentemente conclusa (il 18 febbraio). E si sono dovute confrontare con le luci artificiali e l’architettura asciutta e razionale della galleria. Uno scenario inadatto a restituire l’immagine di una foresta innevata. Eppure, talvolta adagiate su leggeri piedistalli altre sistemate direttamente a terra, le sculture, se la sono cavata egregiamente. Merito, almeno in parte, dell’illuminazione che l’artista ha studiato per essere drammatica ma anche avvolgente. In equilibrio tra il mistero (che dà il senso della scoperta) e l’atemporalità (attraverso la quale lo spettatore cammina senza avere la sensazione di andare incontro a dei pericoli).

I lavori di volta in volta rievocano codici iconografici diversi. Il quadro d’insieme richiama alla mente il bosco, nel quale le persone si muovono in simbiosi con la natura. La sensazione prevalente è quella della pace interiore; il linguaggio artistico il paesaggio. Ma, mentre lo sguardo si sofferma sulle singole opere e il punto di vista cambia, si fanno strada associazioni diverse. Così i tronchi spezzati e dipinti di bianco, messi in fila su dei piedistalli, a un primo sguardo si trasformano in stele abbondantemente decorate. Affiorano immagini di alfabeti primordiali. Mentre i rami si fanno vere e proprie sculture.

E’ il caso dell’opera dipinta di nero “Black Dragon”, che con il suo corpo serpeggiante e un estremità simile ad un abbozzo di testa con un corno in cima, ha fatto esclamare a molti visitatori: “Questo sembra un drago nero"! Le circa 800 puntine da disegno, eburnee, luminose come scaglie, completano il pezzo.

"Il drago nero è un dio- drago che protegge- ha spiegato Toshihiko Shibuya- l'acqua, il nord e l'inverno nella Teoria dei cinque elementi. La Teoria dei cinque elementi è un pensiero filosofico naturale che ha avuto origine nell'antica Cina".

Nel pensiero orientale, il drago nero, oltre ad essere un simbolo benaugurante, è una divinità vendicatrice.

"Si dice che porti cose buone con la sua energia positiva, ma anche che possa manipolare il tempo per punire coloro che danneggiano inutilmente la natura. Trovo che questo aspetto sia molto interessante."

Al centro della poetica di Shibuya, infatti, c’è la dinamica bellezza della natura proiettata nel tempo ciclico delle stagioni. Con i suoi cantici circolari di vita, morte e rinascita.

Non a caso, un posto d’onore nella “Forest of the Silence” ce l’aveva un’altra opera di grandi dimensioni: “White Reborn”. Legno di ciliegio (parte di un ramo o di un tronco) che era già stato oggetto di un’installazione dell’artista direttamente nella foresta. La scultura, nella sua sua posa rilassata, quasi di riposo, nell’ambito dell’esposizione spiccava: "L’illuminazione è stata pensata affinché questo oggetto diventi una presenza simbolica nello spazio . La parete frontale esprime una tenue e delicata luminosità con la luce riflessa che illumina l'oggetto".

In occasione di “Forest of the Silence”, Toshihiko Shibuya, ha installato all’esterno dell’Istituto d'Arte Contemporanea di Sapporo CAI03/CAI anche “Snow Pallet 16”, l’ultimo capitolo della sua annuale opera dedicata al paesaggio innevato. Shinbuya, però, condivide il suo lavoro anche attraverso l’account instagram e il sito internet.

Toshihiko Shibuya, White Reborn. All images Courtesy Toshihiko Shibuya

Con "Snow Pallet 16" Toshihiko Shibuya trasforma la neve in una festa di forme inattese e colori vibranti

Toshihiko Shibuya, Snow Pallet 16, Snow Pallet Project 2022-23. All Images Courtesy: Toshihiko Shibuya

La saga scultorea “Snow Pallet” dell’artista giapponese Toshihiko Shibuya, ha raggiunto quest’anno il suo16esimo capitolo. E l’ha fatto con un’installazione site-specific meno estesa ma posizionata in una location prestigiosa. L'ingresso dell'Istituto di ricerca per l'arte contemporanea, CAI 03. Come sempre (o quasi) a Sapporo, sull'Isola di Hokkaido, nell'estremo nord del Giappone. Dove la neve d'inverno cade copiosa.

Snow Pallet 16” segue il consueto copione: l’artista posiziona dei supporti, simili a tavolini in metallo, dove la neve si posa cadendo. Le forme che si creano con il depositarsi della coltre bianca, cambiano costantemente, modificate dagli agenti atmosferici, dal passare del tempo (in certi momenti persino da un attimo all’altro), dalle ore del giorno, dal trascorrere delle stagioni. Un monumento al carattere effimero della bellezza. Per sottolineare questo continuo mutare, nonchè lo splendido paesaggio nordico reso irriconoscibile dalle nevicate invernali, Shibuya, dipinge gli elementi delle installazioni con colori fluoerescenti. Che proiettano una moltidudine di sfumature sia sulla neve che sul metallo stesso.

Normalmente, l’artista destina al colore la parte inferiore dei piani d’appoggio, ma in “Snow Pallet 16”, per massimizzare l’impatto dell’installazione sulla superficie di terreno occupato, ha usato quella superiore. L’effetto, è teatrale e informale al tempo stesso, per via dei toni scelti, vividi e pastello, a loro modo artificiali, legati ai processi produttivi e al paesaggio urbano in Giappone, eppure simili a quelli di caramelle, ghiaccioli e bibite.

A riguardo lo stesso artista ha commentato: "Ho dipinto la superficie superiore degli oggetti con un colore fluorescente. Quando le condizioni della neve cambiano, a causa della luce riflessa e dei fenomeni di trasmissionine, in modo simile a un sorbetto, le masse di neve mostrano vividi rosa, gialli, arancioni e blu. Così la neve sull'oggetto a momenti sembra ghiaccio tritato".

Per “Snow Pallet 16” poi, Shibuya, ha privilegiato supporti alti (da 1 metro e 80 ai 2 metri e 20), con un piano d’appoggio, più spesso, stretto. Orchestrando così, la nascita di una foresta di forme inaspettate e fragili. Pronte a consegnare spesso al colore il loro cambio di stato (dal solido al liquido e viceversa).

"L'inverno scorso- ha spiegato- c'è stata una forte nevicata a Sapporo. Per quuesto ho scelto elementi alti. Anche se la neve si accumulasse come la scorsa stagione, sono sagomati in modo da non essere sepolti. Le temperature saliranno più volte durante l' inverno. Quindi ci saranno spesso anche parentesi in cui gli spettatori potranno godersi liberamente lo spettacolo delle masse di neve colorate sugli oggetti".

Essenziale e vibrante, il lavoro di Toshihiko Shibuya, ha regole ferree. Prima tra tutte: l’anima poetica ed effimera della Natura deve sempre prevalere sull’opera. Mentre l’artista, umilmente, deve lasciare che la bellezza imprevedibile del Creato imponga le sue, talvolta apparentarentemente minute, rivoluzioni di ora in ora. Fino a mostrasi nella propria piena gradezza.

La serie “Snow Pallet” che Shibuya rimette in scena tenacemente tutti gli anni, sempre nello stesso periodo dell’anno, dal 2011, esemplifica chiaramente queste convinzioni.

Legata a filo stretto al design (per l’essenziale linearità dei supporti che l’artista posiziona), “Snow Pallet” ha anche a che fare con l’architettura (sia per come si inserisce negli spazi verdi all’interno delle aree urbane sia per i materiali e i colori utilizzati). Oltre che con la filosofia, la poesia, l’ecologia. E la memoria.

"Mi sforzo di creare opere d'arte che risuonino con la natura. La mia land-art simboleggia l'unicità del clima settentrionale di Hokkaido, con le sue abbondanti nevicate. L'arte nel contesto naturale dipende tutta dal tempo, ma penso che sia così che dovrebbe essere. Non c'è niente che possiamo fare per domare Madre Natura. Non miro a controllare la natura, ma ad annidarmi vicino ad essa, a usarla con intelligenza. La land art invernale 'Snow Pallet' è stata installata principalmente nella grande città di Sapporo. Dove la neve si accumula di circa 6 metri ogni inverno. La mia arte è site-specific perché trasmette anche 'ricordi dell'inverno'. "

Quest’ultima dichiarazione dell’artista è particolarmente interessante, perchè consegna la serie scultorea ad una dimensione intima, profondamente personale. Quasi collocando il suo ciclico ripetersi in uno spazio astratto, psicologico. Come se ogni spettatore, rivedendo di anno in anno i gruppi scultorei, possa usarli per evocare (attraverso la Natura e gli agenti atmosferici delle edizioni precedenti), i ricordi perduti e, allo stesso tempo, mantenere viva la memoria collettiva.

Un aspetto che ha a che fare con la documentazione necessaria per apprezzare i mutamenti del paesaggio durante il periodo in cui l’opera rimane installata. E che, con il passare del tempo, diventa testimonianza dei cambiamenti climatici e, in qualche modo, delle trasformazioni urbane.

"Le questioni ambientali- ha concluso l’artista- sono urgenti per tutti gli esseri umani. Lo scopo di Snow Pallet Project è quello di registrare e memorizzare le nevicate di ogni inverno attraverso l'arte, ma potrebbe esserci una stagione nel prossimo futuro in cui il progetto non sarà possibile a causa della totale mancanza di neve. Ovviamente non lo desidero. Spero che questo progetto continuerà intrecciare i bei ricordi di ogni inverno."

Snow Pallet 16” di Toshihiko Shibuya rimarrà all’ingresso esterno del CAI 03 di Sapporo (dietro il Santuario Gokoku e vicino al Parco Nakajima) fino al 18 febbraio 2023. L’artista, in ogni caso, condivide fotografie e video delle sue fugaci installazioni sia sul sito internet che sull’account instagram.