Chi è Yuko Mohri che rappresenterà il Giappone alla Biennale di Venezia

Yuko Mohri, Decomposition, 2022 Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, Taipei and mother’s tankstation limited, Dublin/London and Yutaka Kikutake Gallery, Tokyo Photo: kugeyasuhide

Yuko Mohri mescola sculture cinetiche complesse ed ironiche alimentate dal caso (che sono state anche definite “ecosistemi” per lo stretto legame che intercorre tra gli oggetti trovati utilizzati dall’artista), con riferimenti alla storia dell’arte e, non di rado, al passato dei luoghi in cui espone, rappresenterà il Giappone alla Biennale Arte di Venezia del 2024.

Il progetto naturalmente verrà svelato solo al momento dell’inaugurazione. Tuttavia l’artista ha introdotto l’opera con una lunga premessa in cui anticipa i capisaldi da cui è partita. In realtà si tratta di fatti disomogenei che Mohri lega l’uno all’altro come farebbe con gli oggetti che prendono vita nelle sue installazioni. Così, passando per le proteste degli attivisti del clima, le catastrofi ambientali, la pandemia e l’alluvione di Venezia del 2019, lei cercherà di far riflettere i visitatori sulla domanda: "che cosa ha più valore, l'arte o la vita?" La risposta per quanto sembri scontata non lo è affatto.

Ciò che mi interessa- ha detto- è come una crisi, paradossalmente, scateni i più alti livelli di creatività nelle persone. (…) Anche Venezia ha vissuto un’alluvione catastrofica, che si verifica una volta ogni 50 anni nel 2019. Percependo l’inizio di una nuova era di risposta alle sfide globali, voglio presentare una visione innovativa che apre un nuovo percorso verso il futuro”.

Nata nell’80 a Kanagawa, Yuko Mohri, che adesso vive a Tokyo, ha fatto parte di una band quando era all’università (si chiamava Sisforsound) e collabora con musicisti piuttosto famosi (come Seiichi Yamamoto dei Boredoms e il compositore Otomo Yoshihide). Nonostante questo, il suono è solo una parte delle sue complesse installazioni, che, se da una parte danno l’impressione di voler catalizzare lo spirito vitale degli oggetti silenti ed immobili (fin quando lei non li usa nelle sue opere naturalmente), dall’altra fanno emergere la creatività e la poesia che si nascondono nel caos. Ad esempio, in “Moré Moré (Leaky): Variations” (2022) presentata alla Biennale di Sidney (ma anche al PAC di Milano, in occasione della mostra collettiva “JAPAN. BODY_PERFORM_LIVE”, in corso fino al 12 febbraio), Mohri ha costruito un elaborato sistema di secchi, tubi, ombrelli, teli di plastica, bottiglie, pompe, vetrine e mobili domestici per catturare, reindirizza e riciclare l'acqua mentre cade dal soffitto. L’installazione trae ispirazione dai rattoppi ai guasti del sistema idrico che l’artista aveva osservato in vari punti della metropolitana di Tokyo. Invece in “I/O (2011–23)” (presentata alla Biennale di Gwangju del 2023) una grande onda di carta per stampante (che sembra evocare tra le atre cose “The Great Wave off Kanagawa” di Hokusai) cade dal soffitto fin quasi a raggiungere terra, tutti gli agenti invisibili ma comunque presenti nella stanza (l’umidità, la polvere ecc.) che ne fanno variare il peso attraverso una serie di sensori mandano messaggi, a degli spazzolini che saltano, ad uno strumento musicale che suona, mentre delle luci si accendono, delle tapparelle si alzano o abbassano e così via. Oltre a essere ingegnosa, divertente ed eterea, “I/O (2011–23)”, fa pensare alla Città Incantata di Miyazaki per l’atmosfera magica che riesce a creare.

Nelle opere di Mohri poi, gli oggetti oltre a diventare dinamici, suonano pure. Un esempio di questa bizzarra caratteristica dei suoi lavori la dà “Decomposition” (2022), in cui un cesto di frutta (qui l’artista fa riferimento al tema della natura morta) è collegato a dei circuiti elettronici che misurano l’umidità di mele, uva o arance, producendo suoni diversi per ognuno, ma anche man mano che il tempo passa.

Ammiro il lavoro di Yuko da qualche tempo- ha detto Sook-Kyung Lee che ha curato la Biennale di Gwanju e adesso curerà il padiglione Giappone alla Biennale di Venezia- trovando molto interessante la sua scelta di usare materiali quotidiani e banali e la loro configurazione spaziale. Il suono e la musica sembrano quasi parte integrante degli spazi (…) Il suo lavoro ci fa vedere non solo gli oggetti ma il loro ambiente e ci fa ascoltare non solo il suono previsto, ma anche la sua atmosfera e i suoi vuoti. Sono fiduciosa che Yuko creerà un’opera stimolante per il Padiglione del Giappone a Venezia nel 2024”.

Il Padiglione Giappone di Yuko Mohri per la sessantesima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, inaugurerà, come gli altri spazi espositivi nazionali e la mostra principale “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere” di Adriano Pedrosa, il 20 aprile (fino al 24 novembre 2024). Poi bisognerà attendere fino a settembre 2025 quando l’artista tornerà di nuovo in Italia per una personale al Pirelli Hangar Bicocca di Milano.

Yuko Mohri, Decomposition, 2022 Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, Taipei and mother’s tankstation limited, Dublin/London and Yutaka Kikutake Gallery, Tokyo Photo: kugeyasuhide

Yuko Mohri, Moré Moré Tokyo (Leaky Tokyo) 2011–2021 Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, Taipei and mother’s tankstation limited, Dublin/London

Yuko Mohri, I/O, 2011–2023 The 14th Gwangju Biennale installation view Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, Taipei, mother’s tankstation limited, Dublin/London and Yutaka Kikutake Gallery, Tokyo Commissioned by the Gwangju Biennale Photo: kugeyasuhide

Yuko Mohri, Moré Moré Tokyo (Leaky Tokyo) 2011–2021 Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, Taipei and mother’s tankstation limited, Dublin/London

Yuko Mohri, Decomposition, 2022 Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, Taipei and mother’s tankstation limited, Dublin/London and Yutaka Kikutake Gallery, Tokyo Photo: kugeyasuhide

Yuko Mohri. Photo: kugeyasuhide

Biennale di Venezia 2019| 'Cosmo-Eggs' il Padiglione Giappone che parla d'ecologia. Tra tsunamiishi, racconti di antichi miti e flauti che suonano da soli

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Come una partitura a quattro mani in cui le immagini dell’artista Motoyuki Shitamichi si confondono con le parole dell’antropologo Toshiaki Ishikura e con la musica del compositore Taro Yasuno. Mentre lo spazio espositivo, ridisegnato dall’architetto Fuminori Nosaku, contribuisce a far convivere in modo armonico le opere tra loro. In sintesi la mostra Cosmo-Eggs, presentata dal Padiglione Giappone per la Biennale di Venezia 2019., è una riflessione corale sul rapporto che lega uomo e ambiente.

Al centro della riflessione, ovviamente c’è il cambiamento climatico e le ricadute che l’opera dell’uomo può avere sul pianeta e sulle altre creature che lo abitano. Ma il Giappone sceglie di declinare il tema in chiave locale, lasciandosi ispirare dalla forza devastante dello tsunami. O meglio da quello che ne resta: le tsunamiishi (letteralmente rocce dello tsunami).

Usate dalle comunità costiere come confine invalicabile oltre il quale costruire sarebbe pericoloso, le tsunamiishi, più spesso sono opera dell’uomo ma a volte vengono spinte sulla costa dalla profondità dell’oceano dallo tsunami stesso. L’artista Motoyuki Shitamichi ha fotografato queste rocce, che appaiono ad un tempo simbolo e ammonimento. Luogo di memoria collettiva dove speranza e tragedia si confondono. Shitamichi fa prevalere la prima raccontandoci attraverso le immagini come la natura se ne sia riappropriata. E di come adesso, ospitino piante e colonie di uccelli migratori.

Al centro del padiglione c’è un divano gonfiabile arancione che si estende fino al piano terra. Ad entrambi i livelli è possibile sedersi, o coricarsi. Ma anche questo momento di riposo ha una sua conseguenza sull’ecosistema dello spazio espositivo. Il divano, infatti, è stato immaginato come un polmone che, collegato con dei tubicini ai flauti dolci appesi al soffitto, gli da fiato, producendo dei suoni. Il compositore Taro Yasuno ha chiamato la melodia che ne viene fuori Zombie Music e ha fatto in modo che richiami il canto degli uccelli.

E’ comunque impossibile sentire la strana musica di Yasuno senza ascoltare i racconti dell’antropologo Toshiaki Ishikura che parla di miti e credenze relativi allo tsunami in varie regioni asiatiche.

"Le immagini delle rocce, in ciclo distinto e continuo- spiega il curatore Hiroyuki Hattori- mentre la musica Zombie autogenerata cambia costantemente ritmo e timbro causano intrecci differenti di coesistenza che pervadono spazi molteplici A tratti video, musica, testo e spazio costituiscono un unicum armonioso ; di contro, si avvertono momenti di dissonanza in cui gli elementi confligg ono e si ergono l’uno a contrastare l’altro."

La mostra Cosmo-Eggs del Padiglione Giappone si discosta da quella messa in scena nella precedente edizione della Biennale senza dimenticare, tuttavia, di riflettere sul rapporto che lega uomo e ambiente, insediamenti abitativi e spazi naturali. Si può vederla ai Giardini.

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: artbooms

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: artbooms

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: artbooms

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: artbooms

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: artbooms

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: artbooms

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of JAPAN, Cosmo-Eggs. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Biennale di Venezia 2017| Il Padiglione Giappone di Takahiro Iwasaki dove i fili degli asciugamani si trasformano in gru e tralicci

Out of Disorder (Mountains and Sea), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

Out of Disorder (Mountains and Sea), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

E’ un mondo lillipuziano quello raccontato dal Padiglione del Giappone di Takahiro Iwasaki (di cui ho già parlato qui) per la Biennale di Venezia 2017.

Ci sono minuscole aree industriali fatte di fili, colline di strofinacci e piattaforme petrolifere ottenute con cannucce e altri piccoli rifiuti plastici. Si può persino guardare il paesaggio in miniatura da un buco nel pavimento.
Tutto è sospeso e fantastico nelle opere dell‘artista originario di Hiroshima. Come fossero un cartone animato di Hayao Miyazaki ma in 3d.

Persino il titolo della mostra personale di Takahiro Iwasaki (che costituisce il Padiglione giapponese della biennale di Venezia), Turned upside down, It’s a forest” (“Capovolta è una foresta”), ha un sapore di favola e poesia.

Allude, infatti, alle centinaia di pali su cui si regge Venezia e a una frase di Tiziano Scarpa (“Stai camminando sopra una sterminata foresta capovolta, stai passeggiando sopra un incredibile bosco alla rovescia” da “Venezia è un pesce”)

image © artbooms

image © artbooms

Ma quello che fa notare e amare il lavoro di Takahiro Iwasaki, è la capacità di creare paesaggi architettonici in miniatura da cose improbabili, come i fili degli asciugamani o le setole delle scope e degli spazzolini da denti. Nell’opera “Tectonic model (flow)” ha sfilato i segnalibri in tessuto per tramutarli in gru. Mentre in “Out of disorder (offshore model)”, si è servito di piccoli rifiuti in plastica nera per creare una piattaforma petrolifera con tanto di mare inquinato. Ovviamente questa, come molte altre opere, è una riflessione sull’ambiente e gli interventi dell’uomo.
Dal soffitto del Padiglione Giappone, infine, pendono dei modelli di templi in legno di cipresso che si specchiano in una superficie d’acqua inesistente: “Il riflesso in realtà è tremulo - spiega il curatore della mostra Meruro Washida- ma nell’opera le parti sopra e sotto la superficie dell’acqua sono del tutto uguali; ne nasce una prodigiosa e trascendente sensazione spazio-temporale”.

image © artbooms

image © artbooms

Le poetiche e incredibili sculture di Takahiro Iwasaki si potranno ammirare per tutta la durata della Biennale di Venezia 2017.

Per dare uno sguardo dal pavimento dovrete probabilmente fare un po’ di fila ma ne vale la pena (anche se è un’esperienza breve e non si possono scattare foto). Non dimenticate poi di aguzzare la vista fino al nome del padiglione, a cui è appesa una calza, i cui fili sono stati usati per creare una pagoda. O almeno così dovrebbe essere, perché è così piccola che io non sono riuscita a vederla.

image © artbooms

image © artbooms

Tectonic Model (Flow), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

Tectonic Model (Flow), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

image © artbooms

image © artbooms

image © artbooms

image © artbooms

image © artbooms

image © artbooms

Reflection Model (Ship of Theseus), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

Reflection Model (Ship of Theseus), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

image © artbooms

image © artbooms

image © artbooms

image © artbooms