Da domani tra paradosso e meraviglia “Oltre la Soglia” la grande mostra di Leandro Erlich a Palazzo Reale di Milano

Leandro Erlich, Changing rooms (2008) Paneling, stools, golden frames, mirrors, curtains, carpet and lights Dimensions variable

Ingannevole, ironica e poetica, l’arte di Leandro Erlich, tramuta l’ordinario in straordinario, inverte il rapporto reale-immaginario e rende il pubblico elemento imprescindibile dell’opera. Dal 22 aprile al centro della mostra “Leandro Erlich Oltre la Soglia” a Palazzo Reale di Milano. La più grande esposizione monografica mai dedicatagli in Europa.

Nato in Argentina nel ’73, Erlich, che adesso vive tra Parigi, Buenos Aires e Montevideo, crea delle installazioni su larga scala capaci di rendere incredibili delle scene di tutti i giorni. Ad esempio, chiude le nuvole in teche di vetro, appende una casa (a grandezza naturale ma con le radici al posto delle fondamenta) a mezz’aria, aggroviglia delle scale mobili tra loro. O ancora, crea code di auto immaginarie sulla spiaggia. Ma ha anche permesso alle persone di camminare tranquillamente sul fondo di una piscina, con tanto di vestiti addosso (“Swimming Pool”, 1999, con cui ha rappresentato l’Argentina alla 49esim Biennale di Venezia). O di arrampicarsi sulla facciata di un palazzo, apparentemente in barba alla legge di gravità (“Bâtiment” 2004).

E proprio il pubblico, nelle opere di Erlich, ha un ruolo molto importante. Se sono tanti gli artisti che vogliono rendere gli spettatori parte delle loro opere, lui lo fa in maniera radicale. Tanto per cominciare, le sue installazioni sono enormi giocattoli, che invitano ad essere provate. E poi le opere di Erlich, senza l’interazione dei visitatori non svelerebbero il loro segreto e rimarrebbero comuni paesaggi architettonici (nuvole a parte, lui rappresenta soprattutto case, palazzi, ascensori e quant’altro costituisca lo spazio urbano).

I lavori dell’artista argentino, con un gusto decisamente scenografico, introducono la magia nella quotidianità e mentre lo fanno, con sensibilità, abbattono l’equazione: realtà uguale percezione. Ci spingono a mettere in discussione la nostra interpretazione del mondo, basata su una lettura delle cose. se non erronea quanto meno parziale.

"L'ordinario è una delle mie principali fonti di ispirazione, ma non sono una persona interessata a dipingere l'ordinario- ha detto tempo fa- Sono qualcuno che è interessato a guardare all'ordinario come ad un modo per mettere in discussione la nostra concezione della – o comprensione della – realtà.”

Leandro Erlich è stato un enfant prodige dell’arte contemporanea (la sua prima mostra l’ha fatta quando aveva 18 anni). Adesso le sue opere sono conservate in importanti collezioni pubbliche e private (tra cui la Tate Modern di Londra, il Musée National d'Art Moderne, Centre Georges Pompidou, di Parigi, il MACRO di Roma e il 21st Century Museum of Art di Kanazawa in Giappone). Ha vinto anche diversi premi ed è particolarmente famoso nei paesi asiatici. Non stupisce, quindi, che la mostra dedicatagli dal MORI Art Museum di Tokyo nel 2017 abbia avuto un importante successo di pubblico (800mila visitatori) e che sia stato il primo artista non cinese ad occupare l’intero spazio espositivo al CAFAM di Pechino(Central Academy of Fine Arts).

Oltre la Soglia” metterà insieme tutte le sue installazioni più importanti create da Leandro Erlich. A curarla sarà Francesco Stocchi (tra le altre cose curatore di arte Moderna e Contemporanea del museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam). Si potrà visitare, a Palazzo Reale di Milano, da domani fino al 4 ottobre 2023.

Leandro Erlich, Bâtiment (2004) A building facade laid flat under a mirror suspended at a 45-degree angle Dimensions variable Fourteen different facades each specific to the city that hosted the temporary installation

Leandro Erlich, Classroom (2017) Two rooms of identical dimensions, wood, windows, desk, chairs, door, glass, lights, blackboard, school supplies and other classroom decorations, and black boxes Dimensions variable

Leandro Erlich, The cloud (2012) Digital ceramic ink printed on ultra-clear glass, wooden case, and LED lights Dimensions variable and different series

I tessuti fatti di mattoni scartati ad Alcova per la Milano Design Week

fotografia dei tessuti via Dezeen

I tessuti, realizzati dai danesi di Natural Material Studio in collaborazione alla designer e ricercatrice polacca Zuzanna Skurka, e presentati allo spazio Alcova in occasione della Miano Design Week, sono fatti di mattoni. Laterizi sovraprodotti o danneggiati, ma soprattutto recuperati da progetti di demolizione, che si sono trasformati in morbidi drappi per l’arredamento della casa. Si chiamano, appunto, “Brick Texiles”.

Il nuovo materiale è impermeabile ed attualmente usato soprattutto come divisorio. Il colore caldo dei mattoni, infatti, se da una parte gli dà una certa monotonia, dall’altra regala atmosfera agli ambienti in cui viene installato. Richiama alla mente tramonti, muffe e piccoli funghi autunnali ma anche terreni e montagne. E poi, forse più per suggestione che per altro, antichi edifici e paesaggi urbani.

Per realizzarlo, oltre ai mattoni polverizzati, è servita una bioplastica creata da Natural Material Studio e composta da proteine, ammorbidente naturale e pigmenti. Quest’ultima, fatta appositamente per i tessuti, è compostabile in casa.

"E' un biotessile- scrivono sul loro sito web i danesi- fatto di ingredienti e pigmenti che si ottengono direttamente dalla natura. È realizzato a mano e sviluppato a Copenaghen da Natural Material Studio. È un materiale vivo: consistenza, colore e forma sono reattivi all'ambiente del materiale e cambiano con la temperatura, l'umidità e il tempo".

Il difetto di questo materiale è la delicatezza: va tenuto lontano da fonti di calore ma soprattutto è nemico giurato dell’acqua. Problema risolto dalla collaborazione con Skurka. I mattoni danno anche corpo e consistenza al tessuto, oltre ad introdurre sfumature e motivi sempre nuovi su ogni drappo.

Nel 2019, Natural Material Studio insieme alla stilista canadese- britannica, Stephanie Moscall-Varey, ha cominciato a elaborare un nuovo tessuto per l’industria della moda (l’obbiettivo è che sia: bello, duratuto e biodegradabile). Lo studio danese si è orientato sulla trasformazione del carbone attivo, perchè è in grando di assorbire le particelle di CO2 dall’atmosfera. Ma ne ha anche studiati altri a base di alghe.

I drappi di tessuto fatti con vecchi mattoni, cioè di “Brick Textiles”, elaborati da Natural Material Studio in collaborazione con Zuzanna Skurka, insieme ad altri progetti, sono esposti nello nello spazio Alcova. Quest’ultimo cambia, ad ogni edizione della settimana del design milanese, e per quella 2023 ha sede in un’edificio a Porta Vittoria. La mostra, insieme a tutti gli altri eventi dentro e fuori salone, si concluderà il prossimo 23 aprile.

fotografia dei tessuti via Dezeen

Daliland, al cinema il glamour e gli eccessi degli ultimi anni di Salvador Dalì

Dal prossimo 25 maggio al cinema uscirà “Daliland”. Un film che, tra glamour, genio e sregolatezza, racconterà gli ultimi anni del famosissimo artista, Salvador Dalì.

Uno dei primi ad aver costruito su se stesso un personaggio, ad aver lavorato non solo con pittura e scultura ma anche con cinema e fotografia, oltre a svariate discipline minori come grafica e pubblicità (disegnerà tra l’altro il logo dei lecca-lecca Chupa Chups). Ammirato, tra gli altri, da un giovanissimo e sconosciuto, Jeff Koons, che dalla Pennsylvania volò a New York, nella speranza di incontrarlo. E da Andy Warhol che riconobbe l’influsso delle sue intuizioni sulla Pop Art.

Daliland”, firmato dalla regista canadese Mary Harron, vedrà il Premio Oscar, Sir Ben Kingsley (“Gandhi”, “Hugo Cabret”), nei panni di Dalì. E già questo basterebbe per prendere in considerazione l’idea di andare a vedere il film. Senza contare che, l’attore indiano-britannico, verrà affiancato da Barbara Sukowa, Ezra Miller e Christopher Briney.

La storia racconta, con attenzione agli aspetti psicologici ed umani della vicenda, la paura del futuro dell’ormai anziano artista, la sua eccentrica quotidianità, i problemi economici (Dalì, ricco fin dalla nascita, aveva guadagnato molto con il suo lavoro ma amava il lusso e spedeva altrettanto) e lo stravagante legame con la moglie Gala.

Questa la trama: "New York 1974, James lavora presso la galleria d’arte che ospiterà la prossima esibizione del genio Salvador Dalí. Quando l’artista in persona gli propone di diventare suo assistente, il ragazzo pensa di coronare il sogno della sua vita, ma presto scopre che non è tutto oro quel che luccica”.

Era proprio il gennaio del ‘74 quando Koons sbarcò nella Grande Mela per incontrare Dalì. E chissà che non sia stato proprio quest’episodio ad aver ispirato l’intreccio di “Daliland”.

“Dietro allo stile di vita sgargiante- continua la trama- al glamour e ai party sontuosi, un grande vuoto consuma l’ormai anziano pittore, divorato dalla paura di invecchiare e dal dolore per il rapporto logoro con la dispotica moglie Gala, un tempo sua musa e ora circondata da giovani amanti e ossessionata dal denaro".

Gala e Dalì, si sposarono due volte (nel ‘34 con rito civile e nel ‘58 con quello cattolico), ma ebbero quasi sempre un rapporto platonico. Infatti, l’artista catalano, aveva letto un opuscolo sulle malattie sessualmente trasmissibili e ne era rimasto traumatizzato.

Daliland” con Ben Kingsley, nei panni di Salvador Dalì, e Barbara Sukowa, in quelli della moglie Gala, è distribuito dalla Plaion Pictures. E' stato presentato al Toronto International Film Festival 2022 e fuori concorso al 40° Torino Film Festival.