”No Memory without Loss” di Arcangelo Sassolino: un'opera cinetica in bilico tra pittura e scultura

Arcangelo Sassolino No memory without loss 2023 Olio, acciaio, sistema elettrico 330 x 330 x 40 cm Courtesy Arcangelo Sassolino ©

Scenografica e densa di riferimenti agli antichi maestri della storia dell’arte, l’opera di Arcangelo Sassolino, dietro il sentimento di curiosità misto ad ironia suscitato dai marchingegni di cui l’artista si serve, nasconde un’anima tragica. Un’intensa amarezza, che emerge anche dalla sua ultima fatica. L’installazione cinetica ”No Memory without Loss” (2023), infatti, recentemente esposta nella Basilica Palladiana di Vicenza (città d’origine di Sassolino) insieme al “San Girolamo” di Caravaggio e a “Le quattro età dell’uomo” di Antoon Van Dyck, parla dell’ineludibilità della perdita, attraverso un disco rotante ricoperto di pittura ad olio industriale ad alta viscosità in perenne movimento e caduta.

Questo però non ha dissuaso il pubblico che si è riversato numeroso nella sede espositiva. Tanto che “Caravaggio - Van Dyck – Sassolino Tre Capolavori a Vicenza” è arrivata a totalizzare 62 mila visitatori in sole sette settimane (che nei mesi più freddi dell’anno in una città di provincia sono davvero tanti).

Ci teniamo- ha commentato lo Studio Sassolino- a ringraziare l'intero team organizzativo e l'amministrazione (…).Un ringraziamento particolare va al curatore, Guido Beltramini, Direttore del Palladio Museum, e alla curatrice Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese, che con la loro competenza e dedizione hanno creato un legame unico tra le opere d'arte e l'architettura della Basilica Palladiana. Mentre si chiude il sipario, siamo entusiasti di annunciare che altri eventi sono in programma per i prossimi mesi”.

Nato nel ’67 a Vicenza. Arcangelo Sassolino, poco più che ventenne crea un gioco simile al cubo di Rubik attirando l’attenzione di Robert Fuhrer e della Nextoy, che ai tempi rappresentavano la Casio Creative Products. Assunto dalla società per l’ideazione e la produzione di prodotti elettronici si trasferisce a New York, dove rimane per sei anni e dove si avvicina all’arte. Una volta tornato in Italia ricomincia dalla lavorazione del marmo (va a perfezionarsi a Pietrasanta in Toscana), fino a quando non elabora il suo stile distintivo in cui le macchine spinte fino al loro estremo limite, si sposano alle tecniche artistiche più antiche per esprimere concetti di perdita, caducità, imprevedibilità, pericolo, fallimento, violenza. Da allora ha esposto in sedi prestigiose come il Palays de Tokyo di Parigi, o la Biennale di Venezia (ha rappresentato la Repubblica di Malta nel 2022, durante la 59esima edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte).

Rigorosamente analogici ma complessi, i macchinari di Sassolino, richiedono spesso la consulenza di un team di ingegneri ed esperti per suscitare sentimenti viscerali nell’osservatore. Un mix d’arte e fisica, che, oltre ai molteplici riferimenti ai maestri del passato, citando, tra le altre cose, le esperienze dell’arte cinetica europea fino a ricongiungersi agli interrogativi e alle ricerche di artisti contemporanei (ad esempio, in modi diversi, Sun Yuan & Peng Yu e Anish Kapoor).

Il mio obiettivo- ha detto in diverse occasioni- è liberare la scultura dal problema della forma”.

Un concetto che ritorna in ”No Memory without Loss”. L’opera è, infattti, composta da un grande disco, apparentemente collocato in modo precario a parete, ricoperto di colore ad olio ad alta densità di un rosso intenso e profondo (simile nel tono, sia al drappo che copre il San Girolamo di Caravaggio, che al sangue). Il disco ruota su se stesso impedendo al colore, liquido ma vischioso, di colare direttamente a terra. Non prima almeno di aver compiuto varie, e potenzialmente infinite, circonvoluzioni sulla superficie del supporto.

Il disco- ha spiegato lo Studio Sassolino- è un organismo che deve essere ricaricato, riportandovi l’olio colato al suolo. Da un lato è soggetto all’implacabilità del divenire, che conduce alla consumazione della sostanza. Dall’altro resiste alla caduta, a ciò che deve necessariamente accadere”.

La lotta tra la forza di gravità e la resistenza del colore rappresenta quella per la vita, la superficie circolare evoca una cupa cosmogonia. Ma l’opera, che fa anche riferimento all’Informale e all’Espressionismo Astratto, non respinge, è anzi piacevole da guardare; dotata di fascino tattile, ha un ché di ipnotico. In perfetto equilibrio tra pittura e scultura, lascia al caso il compito di scegliere i motivi in aggetto dallo spazio bidimensionale. Mentre il fatto che questi ultimi mutino continuamente mette in discussione l’immutabilità delle opere d’arte nello scorrere del tempo (malleabili alle diverse interpretazioni che segnano i periodi storici). Il colore industriale come la precisione ingegneristica indirizzano, infine, il pensiero verso le innovazioni tecnologiche, il mondo del design e della produzione industriale.

Arcangelo Sassolino ha un sito internet e un account instagram, che permettono di vedere diverse immagini di “No Memory without Loss” ma anche di altre sue opere, per farsi un’idea del loro complesso funzionamento e dell’energia che sprigionano.

Caravaggio - Van Dyck – Sassolino Tre Capolavori a Vicenza, Basilica Palladiana di Vicenza, veduta dell'installazione. Fotografia: Lorenzo Ceretta

Arcangelo Sassolino No memory without loss (particolare) 2023 Olio, acciaio, sistema elettrico 330 x 330 x 40 cm Courtesy Arcangelo Sassolino ©

Caravaggio - Van Dyck – Sassolino Tre Capolavori a Vicenza, Basilica Palladiana di Vicenza, veduta dell'installazione. Fotografia: Lorenzo Ceretta

I tessuti fatti di mattoni scartati ad Alcova per la Milano Design Week

fotografia dei tessuti via Dezeen

I tessuti, realizzati dai danesi di Natural Material Studio in collaborazione alla designer e ricercatrice polacca Zuzanna Skurka, e presentati allo spazio Alcova in occasione della Miano Design Week, sono fatti di mattoni. Laterizi sovraprodotti o danneggiati, ma soprattutto recuperati da progetti di demolizione, che si sono trasformati in morbidi drappi per l’arredamento della casa. Si chiamano, appunto, “Brick Texiles”.

Il nuovo materiale è impermeabile ed attualmente usato soprattutto come divisorio. Il colore caldo dei mattoni, infatti, se da una parte gli dà una certa monotonia, dall’altra regala atmosfera agli ambienti in cui viene installato. Richiama alla mente tramonti, muffe e piccoli funghi autunnali ma anche terreni e montagne. E poi, forse più per suggestione che per altro, antichi edifici e paesaggi urbani.

Per realizzarlo, oltre ai mattoni polverizzati, è servita una bioplastica creata da Natural Material Studio e composta da proteine, ammorbidente naturale e pigmenti. Quest’ultima, fatta appositamente per i tessuti, è compostabile in casa.

"E' un biotessile- scrivono sul loro sito web i danesi- fatto di ingredienti e pigmenti che si ottengono direttamente dalla natura. È realizzato a mano e sviluppato a Copenaghen da Natural Material Studio. È un materiale vivo: consistenza, colore e forma sono reattivi all'ambiente del materiale e cambiano con la temperatura, l'umidità e il tempo".

Il difetto di questo materiale è la delicatezza: va tenuto lontano da fonti di calore ma soprattutto è nemico giurato dell’acqua. Problema risolto dalla collaborazione con Skurka. I mattoni danno anche corpo e consistenza al tessuto, oltre ad introdurre sfumature e motivi sempre nuovi su ogni drappo.

Nel 2019, Natural Material Studio insieme alla stilista canadese- britannica, Stephanie Moscall-Varey, ha cominciato a elaborare un nuovo tessuto per l’industria della moda (l’obbiettivo è che sia: bello, duratuto e biodegradabile). Lo studio danese si è orientato sulla trasformazione del carbone attivo, perchè è in grando di assorbire le particelle di CO2 dall’atmosfera. Ma ne ha anche studiati altri a base di alghe.

I drappi di tessuto fatti con vecchi mattoni, cioè di “Brick Textiles”, elaborati da Natural Material Studio in collaborazione con Zuzanna Skurka, insieme ad altri progetti, sono esposti nello nello spazio Alcova. Quest’ultimo cambia, ad ogni edizione della settimana del design milanese, e per quella 2023 ha sede in un’edificio a Porta Vittoria. La mostra, insieme a tutti gli altri eventi dentro e fuori salone, si concluderà il prossimo 23 aprile.

fotografia dei tessuti via Dezeen

"Over the Continents"di Chiharu Shiota ha legato con km di filo rosso centinaia di scarpe a Palazzo Reale

CorpusDomini, Foto Allestimento SunYuan&PengYu Shiota EdoardoValle

L’installazione “Over the Continents” dell’artista giapponese Chiharu Shiota, realizzata per la prima volta nel 2011 e passata negli anni per i più importanti musei del mondo, è attualmente in mostra a Palazzo Reale di Milano. Inserita nell’esposizione “Corpus Domini”, l’opera è composta da sole scarpe (centinaia di pezzi singoli, per lo più usati) e chilomentri di filo rosso.

Chiharu Shiota, che nel 2015 ha rappresentato il Giappone alla Biennale di Venezia, crea sculture effimere e laboriose, mettendo insieme pochissimi elementi (in genere 2 o 3 al massimo). Il filo, più spesso rosso ma anche bianco o nero, è sempre presente come gli oggetti della quotidianità.

Ogni volta ne usa chilometri e spesso lo lega in modo complesso, fino a farne una sorta di ragnatela. Come ha detto lei stessa il suo colore rappresenta in maniera semplice e immediata il carattere dell’opera, l’emozione che più delle altre la contraddistingue. L’ombra, la luce, o il rosso che evoca una sorta di legame viscerale. Perchè i lavori della Shiota sono sensibili, partecipati e persino pittorici.

Poi ci sono gli oggetti di uso quotidiano: capi d’abbigliamento, lettere, note scritte a mano, chiavi, sedie oppure barche. Il più delle volte si tratta di cose usate che l’artista recupera in diversi modi. E che rappresentano la memoria, la vita, il legame tra le persone, il passato, il destino, le speranze e i ricordi.

In altre installazioni di “Over the Continents”, Chiharu Shiota, ha annodato ad ogni scarpa un biglietto scritto dalla persona che gliel’aveva donata. Rendendo l’opera ancora più personale e toccante. Il magazine dello Smithsonian di Washington (l’artista ha esposto lì nel 2015) riporta questa: "Quando ho portato mio padre in ospedale indossava queste scarpe. Dopo essere andato in ospedale ha perso conoscenza. Non si è più svegliato". E questa (tradotta dal giapponese): "Queste sono scarpe con le quali mi sono felicemente sostenuto lavorando su un piccolo appezzamento di terra e producendo molte verdure".

Nella versione in mostra a Milano mancano i biglietti ma lo spirito resta lo stesso. Le scarpe rappresentano il viaggio di ognuno di noi e le similitudini tra nostri destini a prescindere dal sesso, dal ceto sociale, dalla religione o dal Paese in cui si vive.

Chiharu Shiota con “Over the Continents” in “Corpus Domini Dal Corpo Glorioso alle Rovine dell’Anima” (a cura di Francesca Alfano Miglietti; a Palazzo Reale fino al 30 gennaio 2022), tratteggia l’anima, appunto. Intensa in senso laico. Una serie di domande e considerazioni senza tempo che Shiota cala nella contemporaneità con garbo pur suscitando emozioni intense nell’osservatore.

“Over the Continents”ed altre opere di Chiharu Shiota si possono vedere sul suo sito internet o seguendo la pagina Instagram dell’artista originaria di Osaka.

CorpusDomini, Foto Allestimento SunYuan&PengYu Shiota EdoardoValle (particolare dell’immagine)

Chiharu Shiota, Over the Continents, Arthur M. Sackler Gallery, Smithsonian. Photo by John Tsantes

Chiharu Shiota, Over the Continents, Smithsonian, Photo: John Tsantes

Chiharu Shiota, Over the Continents, Arthur M. Sackler Gallery, Smithsonian. Photo by John Tsantes