A Katharina Fritsch e Cecilia Vicuña vanno i Leoni d'oro alla carriera della Biennale Arte 2022

Katharina Fritsch, Rattenkönig / Rat King 1993, Resina poliestere, vernice, 110¼ × 511¾ × 511¾ pollici ; 280 × 1300 × 1300 cm. Image: Matthew Marks Gallery

La Biennale Arte 2022, che quest’anno sarà curata da Cecilia Alemani e si intitolerà Il Latte dei Sogni, con l’attribuzione dei Leoni d’oro alla carriera si conferma sempre più al femminile. I due importanti riconoscimenti, infatti, sono stati attribuiti all’artista tedesca Katharina Fritsch e alla cilena Cecilia Vicuña.

Classe ‘56, Katharina Fritsch vive e lavora tra Wuppertal e Düsseldorf. Conosciuta per le sue grandi e coloratissime sculture, figurative, riconoscibilissime ma anche stranianti e misteriose. Iperrealiste eppure surreali. Vuoi per la grande scala, vuoi per il luogo in cui le colloca o i colori. Le sue opere più famose riproducono animali, conchiglie, statuaria devozionale, oggetti di uso comune e figure umane. Ma nelle mani di Fritch ognuno di questi soggetti perde parte del proprio significato per assumerne uno nuovo e non del tutto chiaro.

Cecilia Alemani di lei ha detto: “La prima volta in cui ho visto un’opera di Katharina Fritsch di persona è stato proprio alla Biennale di Venezia, nell’edizione del 1999, curata da Harald Szeemann, la prima Biennale che ho visitato. L’imponente opera che occupava il salone principale del Padiglione Centrale si intitolava Rattenkönig, il re dei topi, una scultura inquietante in cui un gruppo di topi giganteschi è disposto in cerchio, le code annodate, come in uno strano rituale magico. Da quel momento in poi, a ogni incontro con una scultura di Fritsch, ho provato lo stesso senso di stupore e di attrazione vertiginosa. Il contributo di Fritsch nel campo dell’arte contemporanea e, in particolare, in quello della scultura non ha paragoni. Il suo lavoro si distingue per opere figurative al contempo iperrealistiche e fantastiche: copie di oggetti, animali e persone rese nei più minuscoli dettagli ma trasformate in apparizioni perturbanti. Spesso Fritsch modifica le dimensioni e la scala dei suoi soggetti, miniaturizzandoli o ingigantendoli e avvolgendoli in campiture di colori stranianti: è come trovarsi al cospetto di monumenti di civiltà aliene, o di fronte a reperti esposti in uno strano museo postumano.”

Del tutto diversa l’opera di Cecilia Vicuña, nata nel ‘48 a Santiago (attualmente vive tra New York e la capitale cilena). Centrata sulla precarietà e su un sovrapporsi di vari medium espressivi con il costante obbiettivo di omaggiare la storia e la cultura degli indigeni cileni. Lei oltre a essere un’artista è anche poetessa, cineasta e attvista.

Vicuña è un’artista e poetessa- ha detto Alemani- e ha dedicato anni a preservare le opere letterarie di molti scrittori e scrittrici dell’America Latina, svolgendo un encomiabile lavoro di traduzione e redazione di antologie di poesie sudamericane che, senza il suo intervento, sarebbero andate perdute. Vicuña è anche un’attivista che da anni lotta per i diritti delle popolazioni indigene in America Latina e in Cile. Nel campo delle arti visive si è distinta per un’opera che spazia dalla pittura alla performance, fino alla realizzazione di assemblage complessi. Al centro del suo linguaggio artistico c’è una forte fascinazione per le tradizioni indigene e per le epistemologie non occidentali. Per decenni ha lavorato in disparte, con precisione, umiltà e ostinazione, anticipando molti dibattiti recenti sull’ecologia e il femminismo e immaginando nuove mitologie personali e collettive. La maestria di Vicuña consiste nel trasformare gli oggetti più modesti in snodi di tensioni e forze. Molte delle sue installazioni sono realizzate con materiali trovati e detriti abbandonati che l’artista intesse in delicate composizioni, nelle quali il microscopico e il monumentale sembrano trovare un fragile equilibrio: un’arte precaria, al contempo intima e potente”.

La cerimonia di premiazione si svolgerà il 23 aprile , durante l’inaugurazione della Biennale Arte di Venezia Il Latte dei Sogni.

Hahn/Cock (2013) by Katharina Fritsch on the National Gallery of Art's East Building Roof Terrace; glass fiber reinforced polyester resin fixed on stainless steel supporting structure National Gallery of Art, Washington Gift of Glenstone Foundation Image: National Gallery of Art

Cecilia Vicuña, Skyscraper Quipu (2006), New York, NY image: Cecilia Vicuña

L'arte colorata e fantasiosa di Maria Prymachenko tanto amata da essere salvata da un museo ucraino in fiamme

“Ivan Gave the Landlord a Ride in his Gig and Fell Inside” (1983), gouache on paper, 61.5 x 86.3 cm

La settimana scorsa sembrava certo che 25 opere della celebrata artista folk Maria Prymachenko fossero andate distrutte durante l’incendio al Museo Storico di Ivankiv in Ucraina. Col passare dei giorni però si è diffusa la notizia che i dipinti siano stati salvati da un abitante della zona prima di essere avvolti dalle fiamme.

Ma chi era l’artista? Quella di Maria Prymachenko è la tipica storia triste di un’outsider artist. Nata nel 1909 in Ucraina, a Bolotnya, un paesino a soli 30 chilometri da Chernobyl, ha avuto una vita piena di tribolazioni ma non ha mai smesso di dipingere. Anzi la sua produzione è piuttosto vasta. Da bambina si è ammalata di poliomelite ed è rimasta menomata, più tardi ha perso marito e fratello in guerra. Da Bolotnya si è spostata solo per un breve periodo quando un’altra artista la chiamò a partecipare al Laboratorio Sperimentale Centrale del Museo di Arte Ucraina di Kiev. Da allora in avanti ha lavorato in una fattoria collettiva senza spostari mai più. Si è però guadagnata qualche premio e in alcune occasioni i suoi dipinti sono stati esposti all’estero. Pare che anche Picasso e Chagall abbiano lodato la sua opera. Soddisfazioni, che, tuttavia, non hanno migliorato la sua esistenza.

Ovviamente autodidatta, raccontava così i suoi primi esperimenti artistici "Una volta, da ragazzina, stavo accudendo un branco di oche. Quando sono arrivata con loro su una spiaggia, sulla sponda del fiume, dopo aver attraversato un campo costellato di fiori, ho cominciato a disegnare fiori veri e immaginari con un bastoncino sulla sabbia (… )In seguito ho deciso di dipingere le pareti di casa mia usando pigmenti naturali. Dopo di che non ho mai smesso di disegnare e dipingere."

Il suo lavoro si basa sull’arte popolare ucraina. I motivi tradizionali del ricamo e della ceramica ma anche le fiabe che faceva propri, rieaborandoli. Per ironia della sorte le opere, che rappressentano fiori e animali stilizzati, spesso (comprensibilmente vista l’epoca) fanno riferimento alla propaganda sovietica. I messaggi ingenui e positivi, la semplicità dell’iconografia, ma anche la fantasia e la vitalità non scontata della tavolozza, la fluidità del racconto, ne fanno una sorta di eroina per la popolazione ucraina.

Non a caso sarebbero stati proprio gli abitanti del luogo in cui ha sede il museo a salvare la collezione di opere di Maria Prymachenko dal rogo. Nonostante gli attacchi dei militari russi. La pronipote della pittrice, Anastasiia Prymachenko, infatti, oltre a confermare che i dipinti sono stati messi al sicuro ha raccontato a The Times che la coraggiosa impresa è opera di un uomo della zona che si è introdotto nel Museo di Ivankiv mentre l’edificio era già in fiamme.

“May That Nuclear War Be Cursed!” (1978), gouache on paper, 61.5 x 86.3 cm

“Our Army, Our Protectors” (1978), gouache on paper, 61 x 86 cm

“Red Poppies” (1982), gouache and paper, 85.7 x 61.4 cm

Il tutorial di cucina di Andrea Love insegnano a fare la pizza con ingredienti di feltro lavorati ad ago

La giovane statunitense Andrea Love realizza piccoli film d’animazione in stop motion che hanno fatto il giro del suo Paese. Usa il feltro per dare vita a personaggi pacifici e positivi sospesi tra un passato prossimo e un mondo di fiaba remoto. Sono stati proiettati anche al Tribecca Film Festival e al Festival dei Corti di Los Angeles. Lei abita a Washington e lavora nel suo seminterrato.

Ogni tanto si diverte anche a creare degli spassosi tutorial di cucina. Ha preparato limonate ghiacciate, banana split, waffle e colazioni a base di pancake e bagel tostati con arance e caffe. Ha perfino lavato i piatti sporchi nel lavello. E naturalmente non poteva mancare la preparazione della pizza. La cosa particolare è che nei video di Andrea Love ogni ingrediente, particolare d’arredo, stoviaglia o attrezzo da cucina è fatto di feltro lavorato ad ago, Persino il getto d’acqua, la salsa di pomodoro o il detersivo.

Nel caso di Cooking with Wool: Pizza poi, ci sono decine di minuscoli particolari da notare: le olive, i funghi (interi e tagliati), il formaggio sciolto, persino la brunitura della crosta. Come la pazienza necessaria a far sembrare naturale tutto il procedimento.

Per farsi un idea di come ha fatto Andrea Love a realizzare Cooking with Wool: Pizza trovate un video a seguire. Altri divertenti tutorial di cucina in feltro lavorato ad ago sono sul suo account instagram. I corti d’animazione in stop motion strutturati come vere e proprie storie sono invece sulla sua pagina Vimeo.