Vandalizzate due facciate di Palazzo Strozzi per fare una proposta di matrimonio a Jeff Koons

Nella notte tra martedì e mercoldì scorso due facciate di Palazzo Strozzi sono state vandalizzate con la scritta “Jeff Koons marry me” (“Jeff Koons sposami”). Nell’edificio rinascimentale fiorentino è in corso l’importante mostra “Shine” che ripercorre oltre trent’anni della carriera di Koons.

Jeff Koons è una vera e propria star dell’arte contemporanea. Da anni sulla cresta dell’onda con un’opera apparentemente banale eppure preziosa, che mixa riferimenti alti alle immagini della cultura di massa. Noto a tutti per essere l’artista vivente più pagato al mondo, alla sua fama hanno contribuito anche altre vicende ( azioni legali, la politica, i figli, il matrimonio con l’ex porno diva Cicciolina). Viene da se che quando c’è di mezzo lui l’interesse si polarizzi, accendendo dibattiti e opinioni discordanti. Non a caso la mostra “Jeff Koons: Shine” (ospitata da Palazzo Strozzi dallo scorso 2 ottobre fino al 30 gennaio 2022) ha già superato le 100mila presenze:.”Posizionandosi tra gli eventi espositivi più visitati in Italia”, hanno detto con orgoglio gli organizzatori.

Ma che a qualcuno sia passato per la testa di fare una proposta di matrimonio a Koons (per altro felicemente sposato con l’artista Justine Wheeler Koons, con cui ha avuto ben cinque figli), imbrattando le pareti esterne di uno dei più bei palazzi rinascimentali italiani, riesce difficile da credere.

Anche se Jeff Koons è il primo artista al mondo la cui opera sia stata vandalizzata digitalmente.

“Jeff Koons marry me” è stato scritto con una bomboletta spray bianca. Vergato in bei caratteri, metà in maiuscolo (“Jeff Koons” sulla facciata principale) e metà minuscolo (“marry me” girato l’angolo su una parete laterale). Non proprio un’opera di street art insomma, ma comunque un lavoro eseguito con una certa cura. E fortunatamente con vernice ad acqua, che dovrebbe minimizzare il rischio di antiestetici aloni sul bugnato di Palazzo Strozzi, già ripulito dai tecnici nella mattinata di ieri.

Ovviamente il gesto è stato condannato all’unisono. "Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a un fatto così grave- ha detto Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi- Un atto come questo va contro il decoro della città, il rispetto della sua bellezza e della sua storia e, più in generale, del bene comune che tutti dobbiamo difendere". Mentre il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, in un commento rilasciato al quotidiano La Nazione ha proposto di aumentare le multe per atti vandalici.

Attualmente si stanno visionando le telecamere di sicurezza per stanare il colpevole. Per vedere invece le opere che hanno suscitato a qualcuno l’incontenibile desiderio di fare una proposta di matrimonio a Jeff Koons si può andare a Palazzo Strozzi per godersi la mostra “Shine” o semplicemente per osservare da vicino il “Balloon Monkey Blue” installato nel cortile (e accessibile a tutti gratuitamente).

Jeff Koons a Palazzo Strozzi. Ritratto © Jeff Koons, Photo: Ela Bialkowska OKNOstudio

I bimbi afgani di Aziz Hazara che giocano in balia delle raffiche di vento

Aziz Hazara è un giovane artista afgano e “Bow Echo” (”Eco ad Arco”, cioè una tempesta con forti venti che a volte si può osservare anche in Italia) è la sua opera più famosa. Si tratta di una poetica video installazione, che ritrae dei bimbi mentre cercano di arrampicarsi su una roccia per suonare una trombetta. Ma le cose non sono mai semplici come sembrano.

“Bow Echo”, che aveva già raccolto diversi riconoscimenti, si è recentemente aggiudicato anche il premio internazionale Future Generation Art Prize 2021, rivolto ad artisti under 35, del PinchukArtCentre (fondato dall’uomo d’affari miliardario e oligarca ucraino Victor Pinchuk). Tra i giudici c’era anche Ralph Rugoff (direttore della scorsa edizione della Biennale di Venezia).

Il premio significa prima di tutto 100mila dollari (60mila andranno direttamente ad Hazara, gli altri 40mila serviranno per finanziare la sua pratica artistica) ma anche una partecipazione alla mostra collettiva "Future Generation Art Prize 2019 @ Venice". Senza contare che il solo aggiudicarsi il podio dev’essere una bella soddisfazione, visto che i 21 finalisti sono stati selezionati tra oltre 11.700 persone, provenienti da quasi 200 Paesi.

Nato in Afghanistan vicino a Kabul (nella provincia di Wardak) nel 1992, Aziz Hazara, lavora attraverso vari medium (fotografia, video, suono, linguaggi di programmazione, testo e installazioni multimediali). Adesso vive tra Kabul e Gand (Belgio).

“Bow Echo”, infatti, è stato girato nei pressi di Kabul. La video installazione ritrae cinque bambini ( ognuno appare su uno schermo diverso) che cercano di salire su una roccia per suonare una colorata trombetta. Ma le raffiche di vento, che sferzano il paesaggio arido, rendono il gioco difficilissimo. Quasi impossibile. In sottofondo il suono, abituale in quell’area, di elicotteri e droni militari.

"Un'installazione multicanale eccezionale e sofisticata- ha commentato la giuria- Bow Echo si erge come un monumento effimero e avvincente nel nostro momento presente(...) Il pezzo racchiude molti paradossi in una scena semplice: la giocosità dell'infanzia, l'illimitatezza del dolore, la conquista della terra e del territorio e la precarietà del futuro."

Aziz Hazara, ha detto invece: “Il lavoro è stato ispirato dalla mia esperienza degli orrori ricorrenti degli attentati suicidi che hanno sconvolto la città di Kabul. Sono una sorta di 'gioco dell'orrore' e, dal 2001, si sono svolti in diverse parti della città, diventando parte integrante della sua storia recente. La domanda su come rappresentare al meglio questa storia e il suo effetto sulla vita degli individui è stata una delle domande più persistenti durante la realizzazione di questo lavoro. Molto spesso, l'idea della rappresentazione diventa un dilemma”.

La mostra "Future Generation Art Prize 2019 @ Venice", in cui sarà presentata anche l’opera di Aziz Hazara, si terrà alla Scuola Grande della Misericordia di Venezia tra la primavera e l’estate 2022 in contemporanea alla 59esima Biennale di Venezia. Fino ad allora per seguire il lavoro dell’artista afgano c’è il suo account instagram.

Aziz Hazara, Bow Echo (2019). Immagine per gentile concessione dell'artista e PinchukArtCentre © 2021. Fotografato da Maksim Belousov

Aziz Hazara, Bow Echo (2019). Immagine per gentile concessione dell'artista e PinchukArtCentre © 2021. Fotografato da Maksim Belousov

Aziz Hazara. Fotografato da Maksim Belousov

"Over the Continents"di Chiharu Shiota ha legato con km di filo rosso centinaia di scarpe a Palazzo Reale

CorpusDomini, Foto Allestimento SunYuan&PengYu Shiota EdoardoValle

L’installazione “Over the Continents” dell’artista giapponese Chiharu Shiota, realizzata per la prima volta nel 2011 e passata negli anni per i più importanti musei del mondo, è attualmente in mostra a Palazzo Reale di Milano. Inserita nell’esposizione “Corpus Domini”, l’opera è composta da sole scarpe (centinaia di pezzi singoli, per lo più usati) e chilomentri di filo rosso.

Chiharu Shiota, che nel 2015 ha rappresentato il Giappone alla Biennale di Venezia, crea sculture effimere e laboriose, mettendo insieme pochissimi elementi (in genere 2 o 3 al massimo). Il filo, più spesso rosso ma anche bianco o nero, è sempre presente come gli oggetti della quotidianità.

Ogni volta ne usa chilometri e spesso lo lega in modo complesso, fino a farne una sorta di ragnatela. Come ha detto lei stessa il suo colore rappresenta in maniera semplice e immediata il carattere dell’opera, l’emozione che più delle altre la contraddistingue. L’ombra, la luce, o il rosso che evoca una sorta di legame viscerale. Perchè i lavori della Shiota sono sensibili, partecipati e persino pittorici.

Poi ci sono gli oggetti di uso quotidiano: capi d’abbigliamento, lettere, note scritte a mano, chiavi, sedie oppure barche. Il più delle volte si tratta di cose usate che l’artista recupera in diversi modi. E che rappresentano la memoria, la vita, il legame tra le persone, il passato, il destino, le speranze e i ricordi.

In altre installazioni di “Over the Continents”, Chiharu Shiota, ha annodato ad ogni scarpa un biglietto scritto dalla persona che gliel’aveva donata. Rendendo l’opera ancora più personale e toccante. Il magazine dello Smithsonian di Washington (l’artista ha esposto lì nel 2015) riporta questa: "Quando ho portato mio padre in ospedale indossava queste scarpe. Dopo essere andato in ospedale ha perso conoscenza. Non si è più svegliato". E questa (tradotta dal giapponese): "Queste sono scarpe con le quali mi sono felicemente sostenuto lavorando su un piccolo appezzamento di terra e producendo molte verdure".

Nella versione in mostra a Milano mancano i biglietti ma lo spirito resta lo stesso. Le scarpe rappresentano il viaggio di ognuno di noi e le similitudini tra nostri destini a prescindere dal sesso, dal ceto sociale, dalla religione o dal Paese in cui si vive.

Chiharu Shiota con “Over the Continents” in “Corpus Domini Dal Corpo Glorioso alle Rovine dell’Anima” (a cura di Francesca Alfano Miglietti; a Palazzo Reale fino al 30 gennaio 2022), tratteggia l’anima, appunto. Intensa in senso laico. Una serie di domande e considerazioni senza tempo che Shiota cala nella contemporaneità con garbo pur suscitando emozioni intense nell’osservatore.

“Over the Continents”ed altre opere di Chiharu Shiota si possono vedere sul suo sito internet o seguendo la pagina Instagram dell’artista originaria di Osaka.

CorpusDomini, Foto Allestimento SunYuan&PengYu Shiota EdoardoValle (particolare dell’immagine)

Chiharu Shiota, Over the Continents, Arthur M. Sackler Gallery, Smithsonian. Photo by John Tsantes

Chiharu Shiota, Over the Continents, Smithsonian, Photo: John Tsantes

Chiharu Shiota, Over the Continents, Arthur M. Sackler Gallery, Smithsonian. Photo by John Tsantes