Con dei robot fluttuanti e 53 litri di profumo Anicka Yi ha trasformato la Tate in uno stravagante acquario

Hyundai, Tate Modern, Anicka Yi, In love with the world. Veduta dell'installazione

Da ottobre Anicka Yi ha occupato la Tate Modern di Londra con l’opera “In Love with the world”. L’installazione, costituita da due serie di robot fluttuanti progettati dall’artista, ha trasformato l’enorme spazio della Turbine Hall in un acquario sospeso. Ma senz’ acqua.

I robot, ispirati a meduse varie forme di vita marina e funghi, ampliano il discorso già affrontato da Yi in Biologizing the Machine alla Biennale di Venezia. E si comportano in modo diverso a seconda del profumo diffuso nell’ambiente. Anicka Yi, infatti, ha anche creato dei “paesaggi olfattivi” (non sempre gradevoli) . E per farlo userà circa 53 litri di oli dall’inaugurazione alla conclusione dell’evento.

Nata in Corea ma vissuta negli Stati Uniti fin da bambina, Anicka, Yi, mixa scienza, arte e talvolta cucina nelle sue intelligenti ed affascinanti installazioni. Per fare scultura ha usato di tutto: dalla ghiaia dell'acquario ai biscotti delle Girl Scout, dagli antidepressivi ai fiori fritti in tempura. Ma ha un debole per i batteri e gli odori curiosi se non sgradevoli. Il New York Times, anni fa, ha scritto che lei “sta inventando un nuovo tipo di arte concettuale”.

I robot biomorfi di “In Love with the world” sono leggeri e si muovono nell’aria con scioltezza, come fossero esseri viventi. Composti di pochi elementi. sono dotati di sensori che individuano il calore corporeo dei visitatori. A cui si avvicinano senza strafare (sono stati programmati per tenersi a una distanza di due metri) come incuriositi. L’artista li ha creati per riflettere sulla convivenza tra umani e macchine.

"Volevo espandere le idee di Venezia- ha spiegato Anicka Yi su Instagram -esplorare il potenziale poetico e filosofico delle macchine. Come possono esseri umani e macchine essere compagni e parenti l'uno dell'altro, non soddisfare questo binario padrone-schiavo, con macchine o umani come signori supremi l'uno dell'altro".

I robot si comportano, inoltre, in modo diverso a seconda dell’essenza diffusa nell’aria. Anicka Yi, infatti, ha creato anche quelli che definisce “paesaggi olfattivi”. Cioè odori che ripercorrono la storia dell’area su cui sorge il quartiere londinese di Bankside, dalla preistoria fino all’”era delle macchine”. Tra questi ci sono il carbone e l'ozono della rivoluzione industriale e le spezie usate per allontanare la peste bubbonica durante l'epidemia. Ogni settimana questa impalpabile installazione cambia.

Del resto Yi ha sempre dato molta importanza all’olfatto (un senso, secondo lei, femminile) rispetto alla vista, che ritiene invece sopravvalutata.

"La nostra esperienza sensoriale dell'aria è troppo facilmente data per scontata- ha scritto in un altro post- e stiamo solo iniziando a capire come i composti volatili ambientali influenzino i nostri stati fisici, cognitivi ed emotivi. Questo è cambiato radicalmente durante il Covid con persone che si sentivano come "in guerra con l'aria" o perdevano l'olfatto e diventavano depresse. Stiamo iniziando a prendere atto della 'politica dell'aria', sia attraverso tossine, feromoni o microbi come i virus. L'aria è un mezzo molecolare infuso di rischio biologico e sociale."

L’opera “In Love with the world” di Anicka Yi (commissionata da Hyundai Motor) resterà alla Turbine Hall della Tate Modern fino al 16 gennaio 2022. L’artista newyorkese ha un sito internet e un account Instagram.

Hyundai, Tate Modern, Anicka Yi, In love with the world. Veduta dell'installazione

Hyundai, Tate Modern, Anicka Yi, In love with the world. Veduta dell'installazione

Hyundai, Tate Modern, Anicka Yi, In love with the world. Veduta dell'installazione

Hyundai, Tate Modern, Anicka Yi, In love with the world. Veduta dell'installazione

Biennale di Venezia 2019| I robot mattacchioni e feroci di Sun Yuan & Peng Yu che monopolizzano l'attenzione dei visitatori di "May you Live in Interesting Times"

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Le installazioni feroci e ironiche del duo di artisti cinesi Sun Yuan & Peng Yu sono uno dei poli d’attrazione della Biennale di Venezia 2019, “May you Live in Interesting Times”, curata da Ralph Rugoff. Dai titoli colloquiali e un tantino criptici (“Dear” l’una e “Can’t help myself” l’altra) sono pensate “per suscitare meraviglia e tensione nel pubblico”, come recita la guida alla kermesse inaugurata lo scorso sabato. Ma anche per generare smarrimento.

“D’accordo sono solo sculture ma non ci sarà pericolo?” ci si scopre a pensare mentre si osserva con preoccupazione il tubo che si contorce e sbatte con violenza sulle pareti della teca o i flessuosi movimenti della pala robotica. Sembrano vive.

D’altra parte a “Can’t help Myself”, esposta al centro della prima sala dello spazio espositivo dei Giardini, sono stati insegnati ben trentadue movimenti diversi che spaziano dalla stretta di mano con inchino, ai passi di danza, al grattarsi e perfino al dimenare il sedere. Per realizzare questa scultura Sun Yuan e Peng Yu hanno lavorato con un robot industriale, sensori di riconoscimento visivo e sistemi software. Nell’opera un braccio robotico, di quelli comunemente impiegati nelle catene di montaggio, ha il compito di contenere l’espandersi di un liquido rosso vischioso simile al sangue. Ovviamente lo fa con malagrazia, mandando schizzi qua e la. Tra un’azione e l’altra esegue alcuni dei movimenti che ha imparato.

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Collocata all’Arsenale, “Dear”, invece, si compone di una seduta di silicio bianco (liberamente ispirata a quella del Lincoln Memorial di Washington DC) e di un tubo di gomma, separati dall’ambiente circostante da una teca in plexiglass. A tratti il tubo comincia a sbuffare aria altamente pressurizzata e a contorcersi con violenza, danneggiando sia la teca che la seduta. “Tra un’aggressione e l’altra, la poltrona risulta, inerte quasi invitante… fino all’attacco seguente

Se per l’opera collocata ai Giardini il riferimento ai pericoli insiti nell’automazione risulta automatico, Dear sembra riflettere sull’esercizio del potere e sulla democrazia. Tuttavia le opere del duo di artisti cinesi si prestano sempre a diverse chiavi di lettura contemporaneamente (ad esempio sociale, politica, psicologica e artistica).

Entrambe le sculture di Sun Yuan & Peng Yu saranno visibili per tutta la durata della Biennale di Venezia 2019 (fino al 24 novembre).

Sun Yuan and Peng Yu, Can’t Help Myself, 2016, Mixed media. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu, Can’t Help Myself, 2016, Mixed media. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu, Dear, 2015, Air pump, air tank, hose, sofa. Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu, Dear, 2015, Air pump, air tank, hose, sofa. Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu, Can’t Help Myself, 2016, Mixed media. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu, Can’t Help Myself, 2016, Mixed media. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu, Dear, 2015, Air pump, air tank, hose, sofa. Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu, Dear, 2015, Air pump, air tank, hose, sofa. Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Sun Yuan and Peng Yu. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Nasce Scribit il robot disegnatore per rifare il look di casa tutti i giorni

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Ad inventarlo è stato l’architetto torinese Carlo Ratti, Scribit è un robot disegnatore. E’ piccolo, circolare, si appende a parte con due chiodi, si collega alla presa di corrente e via: Scribit disegna o scrive qualsiasi cosa. E, appena gli si chiede di farlo, cancella tutto e ricomincia da capo.

Continua a collezionare progetti innovativi e destinati al successo Carlo Ratti. Dopo Nino robotic, il bartender automatico in grado di preparare “Quasi drink in pochi secondi’ è la volta di Scribit. E se il primo è costoso, pesante, destinato a un mercato professionale insomma, il secondo si rivolge praticamente a chiunque. 

Per disegnare il piccolo robot usa quattro pennarelli ad inchiostro rimovibile che si possono trovare facilmente in commercio. In teoria può lavorare su qualsiasi superficie verticale, anche se le migliori prestazioni le raggiunge su muri, vetri e plastica. Il repertorio di immagini che riproduce, invece, è pressochè infinito: il menù di un ristorante, una frase di benvenuto nell’ingresso di casa, disegni di ogni tipo e persino opere d’arte. Scribit traccia velocemente tutto quello che si trova su internet (ma anche progetti elaborati al computer dal proprietario).

Scribit è stato presentato da Carlo Ratti al Milan Design Week di quest’anno ed è attualmente in fase di crowdfunding su Kickstarter. Dovrebbe essere in commercio entro la fine del 2018. (via Colossal)

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Nino Robotic, il bartender robot di Calo Ratti

Nino Robotic, il bartender robot di Calo Ratti

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