Con Ankersentrum, Natascha Sadr Haghighian, mette in mostra le rovine al Padiglione Germania della Biennale (che riapre oggi senza danni)

Pavilion of GERMANY . Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of GERMANY . Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Entrando nel Padiglione Germania della Biennale di Venezia si potrebbe avere l’impressione di trovarsi in uno spazio in costruzione. O, più probabilmente, in decostruzione. I muri sono bucati, apparentemente per permettere agli operai di lavorare sui tubi. Ci sono massi, perdite, impalcature, materiale edilizio imballato in ogni dove. Chi dovesse visitarlo in questi giorni, potrebbe pensare che l’acqua alta che ha colpito Venezia, abbia lasciato proprio sul paese che celebra il crollo del muro di Berlino, il segno più profondo.

In realtà i Giardini della Biennale (come l’Arsenale del resto) non hanno riportato danni, consentendo alla "58. Esposizione Internazionale d'Arte Della Biennale di Venezia" di avviarsi al rush finale (già oggi gli orari d’apertura sono tornati alla normalità).

Il Padiglione Germania, però, con la mostra Ankersentrum (Surviving in the ruinous ruin) di Natascha Süder Happelmann (alias dell’artista iraniano- tedesca Natascha Sadr Haghighian che ama assumere identità fittizie) sembra ugualmente in pieni lavori in corso. In realtà si tratta di un’installazione immersiva che comprende interventi scultorei, architettonici e sonori. L’idea è quella di mettere in mostra le rovine e la precarietà, invitando contemporaneamente il visitatore a prenderne possesso.

Alcuni spazi nascono già come rovine e sono pertanto irreparabili. Ma le rovine possono provocare danni permanenti e restare rovinose per sempre? (...) Alla ricerca di forme in continuo mutamento e di possibilità di sopravvivenza, resistenza e solidarietà, le rovine sono occupate, riadattate, ricostruite, abitate. Perdono d’importanza, mentre la loro appropriazione si rende più urgente.

L’intero intervento è pervaso da una vibrante ironia ad un passo dallo sfottò, che nell’installazione sonora Tribute to Whistle si fa leggera, giocosa e vagamente poetica. L’opera, che è stata realizzata con il contributo di sei musicisti, è composta da una stanza invasa dalle impalcature, alla cui base è possibile sedersi. Ma i movimenti e le interazioni dei visitatori, fanno emettere dei suoni (fischi ovviamente), sempre diversi, ai 48 altoparlanti montati in alto. I musicisti hanno lavorato con il fischietto, il cui suono penetrante è stato rielaborato in vari ritmi e suoni. Ciascun contributo sonoro è stato poi registrato su otto canali e viene riprodotto in maniera unica ogni volta.

Natascha Sadr Haghighian con il suo lavoro indaga sui rapporti e le interazioni tra politica, economia, industria, e il modo in cui influenzano la struttura della vita. Nella mostra Ankersentrum (Surviving in the ruinous ruin) si è concentrata sui concetti di contenimento, isolamento e accumulazione, chiedendosi contemporaneamente come affrontarli.

Per questo intervento l’artista è stata premiata con Hannah Höch Förderpreis 2020 della città di Berlino.

Il Padiglione Germania della Biennale di Venezia 2019 sarà visitabile fino al 24 novembre.

Pavilion of GERMANY . Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

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