Con Webs of Life di Tomás Saraceno puoi portare un ragno gigante (in AR) a vivere con te

Tomás Saraceno, Maratus speciosus, Augmented Reality, 2021. Courtesy Tomás Saraceno and Acute Art

La scorsa estate l’artista di origini argentine Tomás Saraceno ha realizzato Webs of Life: uno dei suoi primi lavori in Realtà Aumentata (AR). L’opera consisteva nelle meticolose riproduzioni di due ragni (il Maratus speciosus e il Bagheera kiplingi). Ma in versione gigantesca.

Le sculture digitali sono state presentate all’ingresso della Sepentine South Gallery di Londra e a New York, nella mostra interamente dedicata alle opere in AR "The Looking Glass” (curata dal critico italiano, Cecilia Alemani). E si affiancavano a un ragno un po’ più piccolo e semplice, che però chiunque, da qualsiasi parte del mondo, poteva portarsi a casa. Un capolavoro digitale da collezionare gratuitamente, come già le colorate creazioni di Olafur Eliasson prima di lui.

AR & VR:

Anche se si prevede che entro il 2025 verranno venduti 71 milioni di dispositivi per la Realtà Virtuale (VR), la Realtà Aumentata (AR), che si limita a sovrapporre al mondo delle immagini digitali attraverso il telefonino, resta la scelta più apprezzata dagli artisti. Anzi si può dire che la pandemia, con la chiusura dei musei, abbia reso più veloce un processo di crescita già in corso. E, a momenti, di democratizzazione di un prodotto artistico ancora in parte elitario.

D’altronde già la 58esima Biennale d’Arte di Venezia sottolineava l’importanza del lavoro di artisti specializzati nel digitale e, visto che Cecilia Alemani curerà l’edizione 2022 (Il Latte dei Sogni) si prevede analoga attenzione. Tuttavia, da una parte il mercato resta legato (almeno per ora) ad altri mezzi espressivi, mentre dall’altra lo spettatore si trova ancora a combattere con incompatibilità tecnologiche varie. Acute Art, ad esempio, che fornisce agli artisti i mezzi per realizzare le loro idee sia in AR che in VR, e agli utenti una app per vedere le opere, continua ad avere problemi su molti smartphone (anche di fascia medio- alta).

ACUTE ART:

Finanziata dal ricco uomo d’affari svedese Gerard De Geer e da suo figlio Jacob, Acute Art, ha sede a Londra e con lei hanno già lavorato molti grandi nomi dell’arte contemporanea (a cominciare da Jeff Koons). Adesso è la volta di Saraceno, che con i suoi ragni giganti vuole sensibilizzare il pubblico verso le battaglie ecologiste della contemporaneità e indurlo a rispettare le altre specie animali. Soprattutto i ragni, per cui ha un’accesa passione fin dall’infanzia.

"Gli piace l'aspetto del ragno AR- ha detto il noto curatore Daniel Birnbaum (adesso direttore di Acute Art), al New York Times tempo fa- ma gli importa di più che tu presti attenzione ai ragni veri."

I RAGNI:

I ragni sono un pilastro del lavoro di Tomás Saraceno. Che, oltre a fondare L’organizzazione di ricerca Arachnophilia a loro dedicata, crea splendide sculture di ragnatele (a volte simili a fragili palazzi translucidi sospesi nell’oscurità) con l’aiuto dei piccoli aracnidi. Per non parlare di quando li chiama a predire il futuro (com’è successo alla Biennale di Venezia 2019).

WEBS OF LIFE:

Webs of Life, ha un impatto molto cinematografico, in bilico tra King Kong e Jurassic Park, ma è in realtà un’opera sobria (si limita a riprodurre il più possibile fedelmente i soggetti). A fare la differenza è la grande scala delle impalpabili sculture ma anche le specie di ragni ritratte. Saraceno, infatti, sceglie il Maratus speciosus, chiamato anche Ragno pavone, per i suoi colori intensi e il Bagheera kiplingi che è l’unico tra le oltre 50mila specie di ragni note alla scienza a mangiare prevalentemente vegetali (nemmeno lui però è completamente vegetariano: ruba occasionalmente larve di formica ma soprattutto, all’occorrenza, si nutre dei suoi simili). Le opere, ideali per fotografie e selfie, inducono chi guarda a prendere confidenza con gli aracnidi e lo abituano al loro aspetto. In questo modo l’artista spera che le persone imparino a trattare con rispetto i ragni veri.

A questo proposito Saraceno pubblica sul suo sito una “Lettera aperta per i diritti degli invertebrati. Verso reti di vita: per una vera realtà aumentata, che dice: “Cari abitanti dei mondi, Vorremmo iniziare ringraziandoti per il tuo tempo (…) e per non averci etichettato come "parassiti urbani" come fanno molti altri. (…) Abbiamo vissuto sulla terra per più di 380 milioni di anni, mentre alcuni di voi umani, solo 200 mila anni. La minoranza può imparare a convivere con la maggioranza di noi? Siamo il 95% di tutti gli animali sul pianeta terra che chiedono il diritto di tessere reti di vita, eppure siamo minacciati di estinzione da un numero così esiguo di individui. Non avere paura. Passiamo dall'aracnofobia all'aracnofilia (…)

Va in questa direzione anche la versione più piccola e semplice del Ragno pavone in AR, che chiunque può osservare muoversi in casa propria. Solo dopo aver condiviso però, la foto di un ragno scattata per l’occasione (attraverso l’app di Acute Art).

Tomás Saraceno, ha la capacità pressochè unica di far coincidere precisione scientifica e meraviglia, in opere a tratti molto poetiche e impregnate di commovente candore. Webs of Life non fa eccezione. Per vedere altri suoi lavori, sia in Realtà Aumentata che non, oltre al sito internet c’è anche l’account instagram. L’artista, inoltre, è attualmente in mostra al The Shed di New York (importante centro culturale situato a Manhattan), con una mega ragnatela di 30 metri di diametro dotata di sensori (l’installazione si chiama Free the Air: How to listen the universe in a spider/web mentre l’esposizione è intitolata Tomás Saraceno: Particular Matter(s) , fino al 17 aprile).

Tomás Saraceno, Maratus speciosus, Augmented Reality, 2021. Courtesy Tomás Saraceno and Acute Art

Tomás Saraceno, Maratus speciosus, Augmented Reality, 2021. Courtesy Tomás Saraceno and Acute Art

Tomás Saraceno, Bagheera kiplingi, 2021, augmented reality. Courtesy Tomás Saraceno and Acute Art.

Tomás Saraceno, Maratus speciosus, Augmented Reality, 2021. Courtesy Tomás Saraceno and Acute Art

Tomás Saraceno, Maratus speciosus, Augmented Reality, 2021. Courtesy Tomás Saraceno and Acute Art

Tomás Saraceno, Maratus speciosus, Augmented Reality, 2021. Courtesy Tomás Saraceno and Acute Art

I paesaggi virtuali di Jakob Kudsk Steensen, romantici e high tech

Jakob Kudsk Steensen, Catharsis (2019-20) © 2020 courtesy of the artist

L’artista di origine danese Jakob Kudsk Steensen ricostruisce ambienti naturali incontaminati e fiabeschi usando le tecnologie più all’avanguardia, Realtà virtuale compresa. Premiato alla scorsa edizione della Biennale di Venezia per un’opera dedicata all’ultimo Kaua’i ʻōʻō (un uccello hawaiano morto nell’87), e al suo straziante canto d’accoppiamento solitario. Ha fatto notizia durante la pandemia con Catharsis, una fitta foresta capace di tramettere pace, che però nella realtà non esiste perché Kudsk Steensen l’ha completamente ricostruita, suoni compresi. La scorsa estate con Berl-Berl, si è dedicato alle zone umide di Berlino, sovrapponendo filmati d’archivio, paesaggi digitali, macrofotografie e quant’altro in un affresco paesaggistico multischermo esposto alla discussa e iconica Halle am Berghain (discoteca simbolo della trasgressione). Da allora, ovvimante, più nulla, dato che impiega molti mesi di lavoro per dar vita ad un progetto.

L’opera di Jakob Kudsk Steensen mette insieme le sue più grandi passioni: la natura, l’arte e i videogiochi. Risultato diretto della sua infanzia: “Sono cresciuto in una piccola città della Danimarca vicino all'oceano, in campagna- ha detto al magazine Lampoon- e ho frequentato una scuola Steiner “ . Lezioni all’aperto, insomma e videogiochi nel tempo libero: “Sono rimasto affascinato dai paesaggi virtuali in giovane età “. Tant’è vero che i suoi eroi artistici sono lo sviluppatore di giochi giapponese Hideo Kojima e il pittore tedesco del XIX secolo Caspar David Friedrich.

I suoi paesaggi virtuali, infatti, sono proprio in bilico tra i videogiochi, i grandi dipinti del romanticismo tedesco e il cinema fantasy. Ma senza streghe e maghi. Anzi la presenza dei mammiferi, umani e non umani, è bandita, a vantaggio di creature meno agitate e più silenziose, come alberi e funghi, in una festa di tessiture che rendono ogni angolo della composizione una scoperta.

Per arrivare a questi risultati il giovane artista (è nato nell’87) passa settimane, se non mesi, nel paesaggio da cui prende spunto (nel caso di Berl-Berl, ad esempio, è andato a lungo in canoa nelle paludi del Brandeburgo). Tuttavia il prodotto finale è invenzione. Non solo nella disposizione ma anche negli elementi che compongono il quadro: “Manipolo come si muove il sole nel paesaggio virtuale, le ombre e come le piante stanno intorno a te”. Così facendo gli piace pensare di rendere la realtà più vera.

L’uso della tecnologia e della fantasia per creare ambienti verosimiglianti ma irreali non deve però ingannare: Jakob Kudsk Steensen è un fanatico del rigore scientifico: fa ricerche d’archivio, va nei musei e collabora con una varietà di esperti (biologi, storici, scrittori ecc). Senza parlare della musica, per cui non si accontenta di contributi e si affianca a uno o più musicisti. Che, spesso, progettano vere e proprie installazioni sonore capaci di dare fluidità al racconto e riempire gli spazi liberi dai monitor.

Al centro delle sue opere c’è l’ambiente, certo. Ma le preoccupazioni ecologiste non sono il vero fulcro del racconto. A Jakob Kudsk Steensen interessa dimostrare che l’arte digitale sa essere colta ed arrivare al cuore di chi guarda.

Come ha detto lui stesso al periodico Wall Paper: “Non mi considero esplicitamente un artista attivista, anche se lavoro su temi come l'estinzione e la conservazione delle zone umide. Per me, il vero senso dell'attivismo qui è usare la tecnologia per qualcosa di molto emotivo, intuitivo, quasi rituale o spirituale; dimostrando che la tecnologia è qualcosa che puoi usare per immaginare, esprimere e sentire e stare con l'ambiente. Questa non è una narrazione che sentiamo spesso, e penso che sia la sua forza. Sono qui per questo: voglio più poesia nella tecnologia”.

Jakob Kudsk Steensen, Berl-Berl (2021). Live simulation (still). Courtesy of the artist.

Jakob Kudsk Steensen, Berl-Berl (2021). Live simulation (still). Courtesy of the artist.

Jakob Kudsk Steensen, 'Berl-Berl' , Halle am Berghain, 2021. © Timo Ohler

Daniel Steegmann Mangrané porta la foresta pluviale brasiliana all' Hangar Bicocca

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17; Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Veduta dell’installazione: Fundação de Serralves, Porto, 2017. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Ber…

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17; Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Veduta dell’installazione: Fundação de Serralves, Porto, 2017. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlin. Foto: Andrea Rossetti

Nato a Barcellona, Daniel Steegmann Mangrané vive in Brasile dal 2004. L’insetto stecco è il suo motivo ricorrente. E la foresta pluviale è il suo strumento di lavoro, il suo studio, il suo fornitore di materiale, la sua musa ispiratrice e la sua ossessione. Al centro dell’opera dell’artista spagnolo per la concentrazione di biodiversità e per l’impressionante ridimensionamento a cui è stata costretta (ad oggi resta solo il 7% dell’originale!).

Steegmann Mangrané la rievoca in tutte le mostre, sia portando piante tropicali autoctone negli spazi espositivi, sia ricreandola con la realtà virtuale o attraverso degli ologrammi.

Le barriere delle nuove tecnologie a cui l’arte guarda con attrazione e repulsione da parecchi anni a questa parte, ultimamente infatti, sembrano essesi rotte. Così visori, schermi, insieme a proiezioni pixelate di vario genere si sono riversate alla Biennale di Venezia 2019 e nei musei.

Dal 12 settembre tocca al Pirelli HangarBicocca di Milano, con "A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand" (a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli) prima personale, appunto, di Daniel Steegmann Mangrané in Italia.

La mostra, definita dallo stesso artista come il “il mio più grande spettacolo fino ad oggi", si preannuncia ad alto tasso tecnologico. Basti pensare che per l’occasione Steegmann Mangrané ha realizzato un’installazione site-specific per sottolineare il passaggio da esperienze materiali (ad esempio, "A Transparent Leaf Instead Of The Mouth", che poi è un terrario con tanto di piante e insetti stecco) a situazioni immateriali (tra le altre: a ricostruzione della giungla in realtà virtuale di "Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name)".

Guardando le opere dell’artista non bisogna, tuttavia, fare l’errore di pensare alle sue installazioni simulate come a una forma d’intrattenimento. Per Steegmann Mangrané, infatti, realtà vituale e ologrammi sono un mezzo per conciliare la sua passione per le geometrie rigorose con il caotico disordine della natura, ma soprattutto il sistema per farci mettere in discussione il modo in cui percepiamo il mondo e il nostro rapporto con lo spazio ( nella già citata “Phantom”, ad esempio, il visitatore si sente immerso nella foresta ma non può vedere le sue mani , i suoi piedi, se stesso che cerca di muoversi e interagire con l’ambiente).

"A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand" di Daniel Steegmann Mangrané permetterà di visitare angoli di vera foresta pluviale e interi scorci della sua versione virtuale senza uscire dal Pirelli HangarBicocca fino al 12 gennaio 2020.

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, Orange Oranges 2 (Medium Lemon/ Summer Blue), 2004; Struttura modulare in acciaio, filtro fotografico, tessuto di seta indiana, sgabelli, tavolo, coltelli, spremiagrumi, bicchieri, arance fresche. Veduta dell’ installazion…

Daniel Steegmann Mangrané, Orange Oranges 2 (Medium Lemon/ Summer Blue), 2004; Struttura modulare in acciaio, filtro fotografico, tessuto di seta indiana, sgabelli, tavolo, coltelli, spremiagrumi, bicchieri, arance fresche. Veduta dell’ installazione: CRAC Alsace Centre Rhénan d'Art Contemporain, Altkirch, 2014. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive. sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Veduta dell’ installazione: Nottingham Contemporary, 2019. Cou…

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive. sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Veduta dell’ installazione: Nottingham Contemporary, 2019. Courtesy dell’artista. Foto: Stuart Whipps

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive, sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Courtesy dell’artista. Photo: ScanLab projects, Londra

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive, sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Courtesy dell’artista. Photo: ScanLab projects, Londra

Daniel Steegmann Mangrané, Spiral Forest (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name) 2013-15. Film 16mm, colore, silenzioso; 11 min 4 sec. Veduta dell’installazione: CCS Bard Hessel Museum, 2018. Courtesy dell’artista. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, Spiral Forest (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name) 2013-15. Film 16mm, colore, silenzioso; 11 min 4 sec. Veduta dell’installazione: CCS Bard Hessel Museum, 2018. Courtesy dell’artista. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, Elegancia y renuncia, 2011; Foglia essiccata (ficus elastica japonicum), supporto in metallo, proiezione di diapositive. Veduta dell’installazione: CRAC Alsace Centre Rhénan d'Art Contemporain, Altkirch, 2014. Courtesy del…

Daniel Steegmann Mangrané, Elegancia y renuncia, 2011; Foglia essiccata (ficus elastica japonicum), supporto in metallo, proiezione di diapositive. Veduta dell’installazione: CRAC Alsace Centre Rhénan d'Art Contemporain, Altkirch, 2014. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti

Daniel Steegmann Mangrané, Mano con hojas, 2013; Ologramma. Courtesy dell’artista, KADIST collection

Daniel Steegmann Mangrané, Mano con hojas, 2013; Ologramma. Courtesy dell’artista, KADIST collection

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané Ritratto. Courtesy Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti

Daniel Steegmann Mangrané Ritratto. Courtesy Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti