Ottchil, la lacca tradizionale coreana sposa design modernista e sfacciate nuances di colore per Milano Design Week

Design Beyond East and West. All images © SpaceStudio, Photographer TaeHoJeong

Tra poco a Milano si potranno ammirare tavoli ma anche paraventi, sgabelli e scale dalle linee semplici, quasi moderniste, ma dai colori sgargianti. Tutti laccati secondo un metodo millenario. Tutti Ottchil.

Per celebrare i 140 anni di relazioni diplomatiche tra Corea e Italia, infatti, l’ADI Design Museum di Milano presenterà un’infilata di grandi oggetti laccati secondo la tecnica tradizionale coreana, l’Ottchil, appunto. I mobili sono stati realizzati apposta per la mostra e non si è trattato di cosa facile, visto che fino ad oggi così si erano fatte solo cose piccole, seguendo un copione antico e prettamente artigianale.

Gli scrigni laccati sono un classico oggetto del desiderio che richiama alla mente l’estetica orientale del passato. Non a caso i giapponesi già secoli fa ne producevano specificamente per esportarli in Europa (lacca Nanban). Diffusi soprattutto in Cina, Corea e Giappone si potevano trovare anche nelle case del Sud-Est Asiatico e si distinguevano per il tipo di intarsi. Il principio tuttavia era lo stesso: rendere durevole ciò che non lo era, proteggere i cibi o le cose dal deperimento e dagli insetti. Una volta applicata la lucida pellicola, difatti, materiali come legno, pelle e persino carta, si stabilizzavano e diventavano impermeabili. Oltre a guadagnare in bellezza.

In Corea si usava la finitura Ottchil, che consisteva nell’estrarre la linfa dagli alberi di rhus (si pratica un taglio nel tronco ma ne produzione è scarsa) per poi purificarla e concentrarla gradualmente. Questa lavorazione è sopravvissuta ma di solito serve a produrre la lacca sufficiente per coprire piccoli oggetti perchè richiede molto tempo e altrettanta mano d’opera.

Non è il caso degli elementi d’arredo creati per essere esposti al museo del design.

I mobili- hanno spiegato gli organizzatori- appositamente progettati per la mostra rappresentano uno sforzo pionieristico per fondere le moderne tecniche di produzione con i metodi tradizionali, ampliando in modo significativo l'uso di Ottchil da piccoli manufatti a mobili di considerevoli dimensioni (…) la mostra diffonde il valore del design contemporaneo che trascende tempo e spazio apportando un modello sostenibile.

Organizzata dal Centro di Cultura Orientale e Design e dall'ADI Design Museum, in collaborazione con le ambasciate di Italia e Corea, la mostra si intitola "Design Beyond East and West" ed è focalizzata sull’applicazione della laccatura tradizionale Ottchil ai mobili contemporanei. Si terrà all’ADI Design Museum dal 16 aprile al 5 maggio in modo da aggiungersi agli eventi previsti dalla Milano Design Week 2024 (dal 15 al 21 aprile).

“We” di Maurizio Cattelan procede ma al Leeum Museum of Art di Seul il clima si è fatto teso

La notizia di uno studente (Noh Huyn-soo della Seoul National University, dove sta approfondendo Estetica e Religione), che è riuscito ad eguagliare l’impresa dell’artista David Datuna, mangiandosi “Comedian” di Maurizio Cattelan perché “aveva fame”, ha fatto il giro del mondo. Un contrattempo da poco per il Leeum Museum of Art dov’è in corso l’importante retrospettiva “We” dedicata al famoso artista di origine italiana, che ha prontamente rimpiazzato il frutto. E una bella pubblicità.

 Il giovane, che non è stato denunciato, c’ha guadagnato un video (girato da un suo amico e poi rimbalzato sui media globali) e persino qualche intervista, il museo ha di sicuro massimizzato gli ingressi alla mostra che già prima procedeva col vento in poppa (anche perchè oltre ad essere un’indagine davvero esaustiva sull’opera di Cattelan, è ad ingresso gratuito). Tuttavia, come già riportava il Washiton Post giorni fa, sui tre piani del moderno edificio nell’elegante quartiere di Hannam dove si svolge l’evento, il clima si è fatto teso. Gli addetti alla vigilanza delle sale adesso sanno di dover intervenire se qualcuno si avvicinasse con aria decisa al frutto appiccicato col nastro adesivo alla parete. O, peggio, agli altri lavori. Dopo tutto recentemente anche “L.O.V.E.”, l’enorme dito medio in piazza della Borsa a Milano, è stata vandalizzata (in questo caso dagli attivisti del clima).

Già quando l’opera venne presentata ad Art Basel Miami Beach 2019 e poi mangiata dallo scomparso David Datuna (l’artista statunitense è mancato l’anno scorso), la fiera aveva dovuto combattere con la calca di curiosi che si erano assiepati intorno allo stand della Galleria Perrotin dov’era stata esposta l’appetitosa opera, fino a dichiarare persa la partita. Rimetterla in visione avrebbe potuto diventare pericoloso. La fiera arrivò a dire che sarebbe stato “un serio rischio per la salute e la pubblica sicurezza

Apparentemente scultura deperibile, “Comedian”, è un’opera concettuale di Maurizio Cattelan, di cui esistono 3 esemplari più due prove d’artista. I tre lavori sono stati tutti vendute nel corso della fiera di Miami nel 2019 (i primi due per 120 mila dollari mentre l’ultimo per 150). Le prove d’artista invece, nonostante le numerose richieste (tra cui quella di Damien Hirst), sono rimaste alla Galleria Perrotin. I proprietari di quest’opera devono farsi carico dell’acquisto dei frutti (durante una mostra è tassativo sostituirli ogni due o tre giorni) e del nastro adesivo, ma ricevono un certificato di proprietà del lavoro e un dettagliato manuale di istruzioni (pare di 14 pagine) con le specifiche sulla maniera corretta di installarlo (l’altezza da terra e l’angolazione del nastro, per esempio, sono chiaramente codificati).

Per questo Cattelan, avvertito del siparietto verificatosi a Seul, è rimasto imperturbabile.

Ma perché “Comedian” è quello che è? Maurizio Cattelan crea lavori iperrealisti, più spesso sculture, immediatamente riconoscibili dal pubblico, che come le cipolle nascondono più strati di significato, via via sempre più profondi. “Comedian” prende spunto dai ready-made duchampiani (oggetti trovati trasformanti in opere d’arte perché collocati in un museo da un artista) ed è contemporaneamente un’autocitazione. In “A Perfect Day” del ’99, infatti, Cattelan aveva appeso a una parete con il nastro adesivo, il suo gallerista milanese e amico Massimo De Carlo. L’opera, poi, fa riferimento a “Banana 10” di Andy Warhol (ideata come la cover di un album dei Velvet Underground la rappresentazione serigrafica della buccia del frutto poteva essere staccata) e ad altre immagini simili del pioniere della Pop Art. Il significato più evidente del lavoro è contenuto nel titolo: la banana, con una sintesi disarmante, riporta alla mente una grande quantità di pièce comiche, facendo un salto nei cartoni animati e attingendo a piene mani dai film muti. L’altro importante indizio per interpretarla è il contesto: una fiera d’arte. Cattelan non presentava più opere in fiera da 15 anni ed è ritornato a farlo con una critica graffiante ed umoristica al mercato dell’arte e dei rischi che cela. Il gallerista Emmanuel Perrotin, ai tempi, descrisse così l’opera: "un simbolo del commercio globale, un doppio senso, nonché un classico oggetto di humor".

We”, da gennaio in corso al Leeum Museum of Art, con 38 opere che vanno dagli anni ’90 fino ai giorni nostri, è la più grande retrospettiva mai dedicata all’artista nato a Padova dopo quella del Guggenheim di New York nel 2011. E la prima in Corea. In mostra quasi tutte le opere iconiche di Cattelan, come la “La Nona Ora” (il papa colpito da un meteorite), “All” (le salme coperte da un sudario in marmo bianco), “Him” (Hitler inginocchiato con aria contrita e completo grigio). Ma anche tante altre, a cominciare da “We” che dà anche il titolo alla mostra (doppio autoritratto a grandezza naturale di Cattelan sdraiato su un letto). C’è persino lo scoiattolino suicida di “Bibidibobidiboo” (quest’ultimo è attualmente in mostra anche a Palazzo Strozzi di Firenze, incluso insieme ad altre quattro opere di Maurizio Cattelan nella splendida collettiva “Reaching for the stars”).

Le eleganti sculture riparate con il kintsugi da Yeesookyung

“Translated Vase” (2018), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 102 × 77 × 77 centimeters. All images by Yang Ian, courtesy of Massimo De Carlo

La Corea del Sud non è solo suspence e cine-crudeltà alla Squid Game. Anzi. Artisticamente molto vivace, spesso si dimostra capace di rileggere la realtà e le sue stesse tradizioni in una chiave innovativa. Ne è un esempio la serie “Translated Vase” di Yeesookyung (ne ho già parlato qui), già inclusa nella Biennale di Venezia, che rimette, letteralmente, insieme i cocci delle porcellane orientali per ricavare delle forme inaspettate. Raffinate e sottilmente inquietanti. Blobbose e apparentemente poco equilibrate ma che alla fin fine stanno in piedi benissimo.

Delle sculture che sono un po’ dei Frankenstein di bell’aspetto, solo apparentemente fragili, saldate come sono con l’oro del kintsugi.

L’artista coreana Yeesookyung, infatti, gioca su questo paradosso, legando i frammenti di splendidi vasi del suo Paese natale con la tecnica giapponese del kintsugi che serve a riparare ed evidenziare la bellezza delle ferite.

Ogni scultura è come un complicatissimo puzzle tridimensionale. Le tessere non combaciano mai perfettamente ma poco importa, è compito dell’artista inventarsi delle nuove corrispondenze e appianare gli stridori dei punti inconciliabili, con resina epossidica e foglia d’oro a 24 carati. Per ironia della sorte dopo questo trattamento quelli che prima erano delicati manufatti diventano resistentissimi. Tanto che Yeesookyung ne ha parlato come di una sorta di autoritratto.

“Sono attratta dalle cose fallite, rotte o effimere- ha dichiarato in un’intervista- Gli oggetti che si sono spezzati mi danno la possibilità di intervenire. Non si tratta di riparare o curare, ma di celebrare la vulnerabilità dell'oggetto e in definitiva me stessa”.

Nella serie “Translated Vase”, Yeesookyung, cita il perfezionismo dei ceramisti coreani che hanno l’abitudine di gettare tutti i pezzi che hanno un minimo difetto. E ironizza su questo vizio usando il kintsugi. In coreano infatti sia per la parola crepa (un difetto) che per la parola oro (un materiale nobile) si usa il termine Geum.

“Per me- ha dichiarato- un pezzo di ceramica rotta trova un altro pezzo, e si affidano l'uno all'altro. L'uso dell'oro nelle fessure tra di loro è legato alla lingua coreana”.

Le sculture riparate con il kintsugi da Yeesookyung nella serie “Translated Vase”, compaiono, nelle loro centinaia di varianti, sia sul sito internet dell’artista che sul suo account instagram.

“Translated vase” (2020), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 70 × 54 × 55 centimeters. All images by Yang Ian, courtesy of Massimo De Carlo

“Translated Vase” (2018), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 102 × 77 × 77 centimeters

“Translated vase” (2020), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 22 × 22 × 20 centimeters