Le sculture di ceramica di Kazuhito Kawai, straripanti di vita

“l mall” (2019) – 30×35×29 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

Ironiche, talvolta grottesche ma soprattutto ricche e coloratissime, le sculture di ceramica del giovane artista giapponese Kazuhito Kawai, sono un concentrato di vita contemporanea. Virtuale o reale, immaginaria o trascorsa, ma di sicuro visivamente straripante.

Nato nella prefettura di Ibaraki, sull’Oceano Pacifico a nord-est di Tokyo, dov’è tornato a vivere dopo essersi laureato a Londra e specializzato a Kyoto (nel college che frequentò Yayoi Kusama e che ora porta il suo nome). Kazuhito Kawai, ha finito gli studi solo nel 2018, ma è già un’artista molto apprezzato. A provarlo il fatto che le sue opere siano già state esposte in alcune delle fiere d’arte contemporanea più importanti.

Le foto che compaiono in rete lo ritraggono come un giovane uomo con un bel viso e un’aria piuttosto sicura, circondato da barattoli di colore, polveri, boccette e strumenti vari. Insomma un artista- artigiano fiero del suo mestiere. Non a caso le sue sculture di ceramica si riappropriano della classica forma a vaso. Salvo poi deformarla fino ai limiti estremi dell’astrazione.

Fanno pensare ai manga, alla grafica e alla bellezza virtualmente ritoccata dei social media, ma anche a valanghe di cibo e al centro delle metropoli durante le ore di punta. Le opere di Kawai sono così. Tanto ricche da contenere tanto gli eccessi quanto le contraddizioni e celebrarli.

Lui dice che la stratificata profusione di forme arganiche delle sue sculture è un modo di intrappolare le emozioni. Una specie di caotico e coloratisiimo diario interiore..

"Utilizzando un approccio distintivo alla ceramica- scrive di lui la galleria Sokyo di Lisbona- le sculture di Kawai emergono come castelli o vasi in cui lo smalto estremo trabocca di un'espressione nostalgica che trattiene e intrappola le emozioni e i pensieri dell'artista."

Le opere di Kazuhito Kawai sono attualmente in mostra alla Sokyo Lisbon Gallery in Portogallo. L’esposizione che si intitola “Riding for a Fall”, citando un lavoro dell’artista inglese Tracy Emin, durerà fino al 4 dicembre. Tuttavia per vedere le sorprendenti sculture di ceramica di Kazuhito Kawai è anche possibile dare uno sguardo al sito internet o all’account instagram dell’artista.

‘Aliens’ (2021) – 30x25x25 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

‘Donatella’ (2020) – 33×23.5×28 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

‘it’s a small world’ (2021) - 30x24x24 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

"No name" (2020). Image Courtesy of Sokyo Lisbon

Le eleganti sculture riparate con il kintsugi da Yeesookyung

“Translated Vase” (2018), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 102 × 77 × 77 centimeters. All images by Yang Ian, courtesy of Massimo De Carlo

La Corea del Sud non è solo suspence e cine-crudeltà alla Squid Game. Anzi. Artisticamente molto vivace, spesso si dimostra capace di rileggere la realtà e le sue stesse tradizioni in una chiave innovativa. Ne è un esempio la serie “Translated Vase” di Yeesookyung (ne ho già parlato qui), già inclusa nella Biennale di Venezia, che rimette, letteralmente, insieme i cocci delle porcellane orientali per ricavare delle forme inaspettate. Raffinate e sottilmente inquietanti. Blobbose e apparentemente poco equilibrate ma che alla fin fine stanno in piedi benissimo.

Delle sculture che sono un po’ dei Frankenstein di bell’aspetto, solo apparentemente fragili, saldate come sono con l’oro del kintsugi.

L’artista coreana Yeesookyung, infatti, gioca su questo paradosso, legando i frammenti di splendidi vasi del suo Paese natale con la tecnica giapponese del kintsugi che serve a riparare ed evidenziare la bellezza delle ferite.

Ogni scultura è come un complicatissimo puzzle tridimensionale. Le tessere non combaciano mai perfettamente ma poco importa, è compito dell’artista inventarsi delle nuove corrispondenze e appianare gli stridori dei punti inconciliabili, con resina epossidica e foglia d’oro a 24 carati. Per ironia della sorte dopo questo trattamento quelli che prima erano delicati manufatti diventano resistentissimi. Tanto che Yeesookyung ne ha parlato come di una sorta di autoritratto.

“Sono attratta dalle cose fallite, rotte o effimere- ha dichiarato in un’intervista- Gli oggetti che si sono spezzati mi danno la possibilità di intervenire. Non si tratta di riparare o curare, ma di celebrare la vulnerabilità dell'oggetto e in definitiva me stessa”.

Nella serie “Translated Vase”, Yeesookyung, cita il perfezionismo dei ceramisti coreani che hanno l’abitudine di gettare tutti i pezzi che hanno un minimo difetto. E ironizza su questo vizio usando il kintsugi. In coreano infatti sia per la parola crepa (un difetto) che per la parola oro (un materiale nobile) si usa il termine Geum.

“Per me- ha dichiarato- un pezzo di ceramica rotta trova un altro pezzo, e si affidano l'uno all'altro. L'uso dell'oro nelle fessure tra di loro è legato alla lingua coreana”.

Le sculture riparate con il kintsugi da Yeesookyung nella serie “Translated Vase”, compaiono, nelle loro centinaia di varianti, sia sul sito internet dell’artista che sul suo account instagram.

“Translated vase” (2020), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 70 × 54 × 55 centimeters. All images by Yang Ian, courtesy of Massimo De Carlo

“Translated Vase” (2018), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 102 × 77 × 77 centimeters

“Translated vase” (2020), ceramic shards, epoxy, and 24K gold leaf, 22 × 22 × 20 centimeters

MSCHF ha venduto per 250 dollari un'opera di Andy Warhol pagata 20mila

Il collettivo di artisti e designers newyorkesi MSCHF ha messo in vendita “Fairies”, un disegno di Andy Warhol, pagnato 20 mila dollari solo poco tempo fa, per 250. L’hanno nascosto in mezzo a 999 copie identiche. E la provocatoria performance, intitolata, “Museum of Forgeries”, ha avuto un gran successo. Ogni pezzo (vero o falso che fosse) è stato venduto. Anche se nessuno saprà mai di possedere l’originale.

L’idea del collettivo era quella di denunciare i meccanismi che stanno alla base del mercato dell’Arte e mettere in dubbio il concetto di autenticità. Per farlo, prima di tutto sono andati nella galleria di Los Angeles specializzata in Pop Art, Hamilton-Selway Fine Art, e si sono comperati un lavoro di Warhol. Un piccolo disgno a inchiostro, un bozzetto completato dall’iconico artista statunitense nel ‘54, che rappresenta tre fatine stilizzate intente a saltare la corda. L’hanno pagato 20mila dollari. Un buon prezzo visto l’autore.

Poi hanno progettato e costruito un robot in grando di copiare con precisione millimetrica “Fairies”. Hanno invecchiato i fogli di carta. Creato 999 falsi. E mischiato l’originale in mezzo ad essi.

Infine hanno messo in vendita i mille pezzi per 250 dollari l’uno.

Tutti si chiamano "Possibly Real Copy Of 'Fairies' by Andy Warhol" (“Possibile vera copia di Fairies di Andy Warhol”) ,sono firmati e autenticati da MSCHF. Anzi hanno ben due certificati di autenticità: uno per Fairies di Andy Warhol e un altro per “Possibly Real Copy of ‘Fairies’ by Andy Warhol” di MSCHF, ma rilasciati entrambi dal collettivo stesso.

"Distruggendo ogni futura fiducia nella veridicità dell'opera- hanno dichiarato MSCHF- seppellendo un ago in una pila di aghi, rendiamo l'originale un falso tanto quanto qualsiasi nostra replica.'

Ogni acquirente ha avuto lo 0,1% di possibilità di ottenere l’opera originale di Warhol. Tuttavia anche il fortunato compratore, senza il certificato di autenticità della Warhol Foundation e senza essere in grado di distinguere il vero dal falso, è nella stessa condizione degli altri.

Il sito creato dal collettivo per promuovere il progetto “Museum of Forgeries” e vendere le opere, annuncia che non ci sono più pezzi disponibili. Quindi MSCHF si è messo in tasca circa 250mila dollari. E qualcuno si è portato a casa un disegno di Andy Warhol senza saperlo.

il robot costruito dal collettivo per riprodurre il bozzetto di Warhol

Possibly Real Copy Of 'Fairies' by Andy Warhol

Diverse copie dell’opera di MSCHF