I ponti incompiuti sono un simbolo di corruzione. Per questo un artista li ha fotografati tutti

Md Fazla Rabbi Fatiq, Untitled, work in progress (2022-ongoing)

La serie di fotografie “Untitled” dell’artista del Bangladesh, Md Fazla Rabbi Fatiq, condensa in una laconica metafora i problemi del suo paese. Quella dei ponti incompiuti. E lo fa con un linguaggio asciutto da documentario d’altri tempi.

Le immagini che si susseguono, svelando architetture geometriche fatiscenti, spesso solo abbozzate, sono state catturate con rigore quasi scientifico. Non sono omogenee nella scelta della prospettiva, né nella distanza, ma nella piatta rigidità dell’immagine. Le forme sono addolcite solo dal tempo cupo, spesso nebbioso, che costituisce anche un commento. Una delle poche libertà che l’artista si è preso nei confronti di foto che altrimenti vogliono essere obbiettive fino all’impersonalità.

Nato nel ‘95, Md Fazla Rabbi Fatiq, vede nella fotografia il suo linguaggio privilegiato. E il suo stile cambia molto a seconda dell’argomento che decide di trattare. Ad esempio, in “Home”, l’artista esprime l’angoscia del confinamento e la paura della pandemia con immagini dinamiche, molto colorate, al limite dell’astrazione ma anche inquietanti e, a tratti, persino sgradevoli.

Invece, in questa serie dedicata alle infrastrutture di comunicazione, che gli è valsa il premio Samdani Art Award (il principale premio artistico del Bangladesh) e quindi una residenza di studio-lavoro presso la prestiogiosa Delfina Foundation di Londra, usa il gergo del documentario per esprimere quello che considera un dato di fatto.

"Spesso le strade sono crollate- scrive l’artista sul suo sito internet- e in molti casi non ancora costruite ma centinaia di strutture di ponti si, e vengono abbandonate in campi aperti, canali e terreni agricoli. Anche dopo aver stanziato un budget enorme, gli appaltatori si appropriano indebitamente del fondo e lasciano il cantiere incompiuto perchè sono sostenuti dai partiti politici(...) Le persone così devono usare la barca per 10 mesi all'anno(...) D'altra parte, l'età media di questi ponti abbandonati è di quasi due decenni. La maggior parte di loro non è costruita in modo sostenibile e molti, di recente costruzione, stanno crollando dopo anni di lavori. Per le comunità locali, questi ponti sono come sogni abbandonati che non trovano mai la sponda nella realtà.  Pertanto, queste disposizioni simmetriche di ponti disfunzionali rappresentano non solo architetture geometriche ma sono anche simboli della corruzione in Bangladesh".

In questo Md Fazla Rabbi Fatiq vede anche le radici del perpetuarsi della povertà nel suo paese.

"Più la corruzione è pervasiva in una società, maggiore è la disparità di reddito che, a sua volta, porta a un'ulteriore perpetuazione della corruzione. Esiste un'analoga associazione positiva tra corruzione e povertà: maggiore è il livello di corruzione, maggiore è il livello di povertà".

Sullo sfondo la Natura. Distante, silenziosa. Carica le fotografie dell’artista di una poetica malinconia.

Md Fazla Rabbi Fatiq al Samdani Art Award si è guadagnato la vittoria insieme a Purnima Akta che invece usa la pittura attingendo alla mitologia, alle miniature Muhgal (che venivano usate in India per illustrare i manoscritti) e all'arte popolare, per rappresentare imminenti disastri ecologici (Akta però andrà in residenza nel Ghana, dove c’è il Savannah Center for Contemporary Art and Red Clay dell’artista Ibrahim Mahama, anzichè a Londra).

Per farsi un idea più precisa del lavoro Md Fazla Rabbi Fatiq, si può dare uno sguardo alle fotografie sul sito internet del giovane artista bangladese o sull’account instagram.

Md Fazla Rabbi Fatiq, Untitled, work in progress (2022-ongoing)

Md Fazla Rabbi Fatiq, Image by Farhad Rahman. Copyright Dhaka Art Summit 2023.

Md Fazla Rabbi Fatiq, Image by Farhad Rahman. Copyright Dhaka Art Summit 2023.

Purnima Aktar, Image by Farhad Rahman. Copyright Dhaka Art Summit 2023.

Purnima Aktar, Image by Farhad Rahman. Copyright Dhaka Art Summit 2023.

Lynette Yiadom-Boakye la ritrattista che non fa ritratti

Lynette Yiadom-Boakye, Condor and the Mole 2011 Art Council Collection (London UK) © Lynette Yiadom-Boakye

Lynette Yiadom-Boakye, pittrice inglese di origini ghanesi, attualmente al centro di un’importante mostra della Tate Britain di Londra ("Lynette Yiadom-Boakye: Fly In League With The Night"), è una ritrattista anomala. Perchè non fa ritratti. Lei dipinge solo personaggi che vede con gli occhi della mente.

Stimata a livello internazionale, con quotazioni in asta che vanno dai sei ai nove zeri, Lynette Yiadom-Boakye, nata nel ‘77 a sud di Londra da genitori infermieri, è un’artista che ha lavorato molto per arrivare dov’è ora. Concentrandosi sulla pittura, anche in un periodo (tra gli anni ‘90 e i primi 2000) in cui la parola pittore equivaleva ad un insulto. Ma tanto impegno ha dato i suoi frutti e quando si parla della sua opera, oggi, i riferimenti ai grandi maestri europei del passato si sprecano. Da Goya a Degas fino al post-impressonista inglese Walter Sickert.

Lei, che è anche poetessa, dice di dipingere quello che non può scrivere e di scrivere quello che non può dipingere.

In genererale nel suo lavoro, c’è un alone di mistero che contribuisce a rendere le opere ancora più interessanti. A cominciare dai soggetti, che a volte guardano direttamente lo spettatore, altre abbassano gli occhi pensosi, ma che, in ogni caso, per qualche motivo, lo chiamano in causa. Accendendo in lui domande destinate a rimanere senza risposta. Perchè i personaggi dei ritratti di Yiadom-Boakye sono puramente immaginari.

Rigorosamente immaginari. L’artista non solo fa in modo di accumulare una gran quantità di materiale prima di dipingerli (foto di famiglia, pubblicità, immagini prese da riviste di vario genere ma anche brani e quant’altro) perchè nascano dal mix di innumerevoli suggestioni ma rifiuta anche ogni particolare nella composizione che si riferisca a un certo periodo storico. Per questo sono sempre senza scarpe.

I titoli, che lei definisce un ulteriore marchio ai dipinti, sono altrettanto criptici. In qualche modo effettivamente completano l’opera (di sicuro poetici, a volte scherzosi), ma non si può dire però che aiutino nella sua comprensione. Anzi.

Yiadom-Boakye dipinge in fretta, usa la pittura ad olio e formati importanti. Fino a non molti anni fa la sua tavolozza catturava una sola figura per volta, adesso ritrae anche piccoli gruppi. Dipinge solo persone di colore ma dice di non voler fare politica o critica sociale con le sue opere.

D’altra parte, i personaggi da lei raffigurati, sono colti in pose rilassate ed entrano subito in intimità con lo spettatore. Come se avessero di fronte un amico, un confidente, o comunque qualcuno con cui stanno condividendo un’esperienza piacevole. La luce ne scolpisce i volti, ne definisce i corpi ma è soprattutto la tavolozza, cromaticamente ricca ma raffinata, mai invadente, a coccolarli. Anche se ognuno di loro resta schiavo della pittura. Le pennellate dell’artista, infatti, avvolgenti, decise, si percepiscono e li fanno emergere del magma primoridiale della materia pittorica, strappandoli all’oblio, come visioni di un sogno.

Ed in effetti l’artista ha dichiarato che il più delle volte le appaiono così come li ritrae e chiedono di essere dipinti.

"Fly In League With The Night" rimarrà alla Tate Britain solo fino al 26 febbraio. Lynette Yiadom-Boakye però, è anche una degli artisti che si potranno ammirare a Palazzo Strozzi di Firenze in occasione della mostra "Reaching for the Stars" che celebrerà il trentennale della collezione Sandretto Re Reboudengo di Torino (il cui nome completo è appunto: "Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye").

Lynette Yiadom-Boakye, To Improvise a Mountain 2011 Oil paint on linen © Lynette Yiadom-Boakye, courtesy the artist, Corvi-Mora, London and Jack Shainman Gallery, New York

Lynette Yiadom-Boakye,In Lieu of Keen Virtue 2017 © Lynette Yiadom-Boakye, courtesy the artist, Corvi-Mora, London and Jack Shainman Gallery, New York

Lynette Yiadom-Boakye, The Cream and the Taste 2013 Private Collection © Lynette Yiadom-Boakye

Lynette Yiadom-Boakye, Solitaire 2015 © Lynette Yiadom-Boakye, courtesy the artist, Corvi-Mora, London and Jack Shainman Gallery, New York

Per comperare il cagnolino di Jeff Koons andato in frantumi c'è già la fila

Durante il fine settimana una piccola scultura del famosissimo artista statunitense Jeff Koons è andata in frantumi a Miami (Florida). Per aggiudicarsi i pezzi si sono già candidati in molti.

L’opera faceva parte delle serie Editions, nate per soddisfare la richiesta del piccolo (si fa per dire) collezionismo, e riproponeva in scala ridotta l’iconico “Balloon Dog di Koons. A differenza dell’originale versione oversize (tra il 1994-2000), però, la scultura distrutta nello stand delle Bel-Air Fine Art Galleries della fiera Art Wynwood di Miami, è stata realizzata di recente in ben 799 pezzi. E il prezzo di ognuno, anzichè avvicinarsi ai 58 milioni del “Balloon Dog (Orange)” venduto da Christie's nel 2013, si aggira intorno ai 42mila dollari.

Per quanto i media di tutto il mondo abbiano diffuso la notizia che a rompere l’opera sia stata una donna che la toccava insistentemente, incapace di capire se si fosse trovata di fronte un palloncino o una sua rappresentazione, il gallerista Cédric Boero (direttore distrettuale di Bel-Air Fine Art, che gestiva lo stand ad Art Wynwood), raggiunto da Cnn, ha negato. La verità sarebbe molto più prevedibile e prosaica. Il piedistallo del Ballon Dog di Koons, sarebbe stato colpito inavvertitamente. Un incidente. Nient’altro.

C’è da dire che, rispetto alle grandi opere riflettenti che hanno contribuito a rendere planetaria la fama di Koons, il piccolo "Balloon Dog (Blue)" che era esposto nello spazio delle Bel-Air Fine Art Galleries, non aveva dalla sua la forza del materiale. Se le sculture di cagnoni degli anni ‘90, infatti, sono fatte di solido acciaio, la recente serie di cuccioli, è stata realizzata con tecniche artigianali in porcellana di Limoges. dallo storico marchio francese Bernardaud ed è delicata per definizione.

Ad ogni modo, l’incidente sarà coperto dall’assicurazione. In attesa dei cui periti i frammenti sono stati posti in una scatola.

Va anche aggiunto che non tutto il male è venuto per nuocere. Infatti, numerosi osservatori hanno segnalato l’aumentato flusso di pubblico alla Art Wynwood dopo la notizia dell’accaduto (un po’ com’era successo tempo fa, quando la banana appesa col nastro adesivo da Maurizio Cattelan all’Art Basel di Miami, era diventata virale).

Senza contare che i frantumi del "Balloon Dog (Blue)" in porcellana sarebbero già stati richiesti da diversi collezionisti. Lo fa sapere sempre Boero. Anche se, in questo caso, assicurazione permettendo, l’ultima parola spetterebbe a Jeff Koons (se l’opera di un artista contemporaneo viene danneggiata quest’ultimo può decidere di disconoscerne la paternità).

La serie Celebration, di cui i “Balloon Dog” fanno parte, è dedicata ai simboli di felicità famigliare negli Stati Uniti (e per estensione in tutto l’Occidente). Come, appunto, i palloncini annodati a rappresentare un bassotto da parte di un clown durante una festicciola di bambini.