Tra natura e storia dell’arte la “Foresta del Silenzio” di Toshihiko Shibuya si è fermata a Kyoto:

Toshihiko Shibuya, Forest of Silence- Between Art and Nature. All images courtesy Toshihiko Shibuya © Toshihiko Shibuya

L’artista giapponese Toshihiko Shibuya ha concentrato il suo impegno in un lavoro meditativo e minimale fatto di nevicate invernali, proliferare di muschi, uova primaverili e funghi autunnali, voli ineffabili di semi trasportati dal vento durante l’estate e di fiori gentili sbocciati da rustiche erbacce tra l’asfalto di ogni dove. Un’opera che, metodicamente, ogni anno, segue il succedersi delle stagioni. Al centro della quale la contemplazione della natura ha un ruolo quasi sacrale ma che l’artista usa anche per trasmettere una sorta di messaggio politico: “La natura non si può controllare. Invece di cercare di dominarla, credo che dovremmo usarla abilmente a nostro vantaggio senza allontanarci mai da lei.”

Per dirlo con il suo lavoro Shibuya, cerca di intervenire il meno possibile sull’oggetto della sua opera: il paesaggio. Così, capita che per rappresentare la rinascita della vita durante la primavera esponga un vaso pieno di muschio che, annaffiato con costanza, fa da substrato a semi sconosciuti all’autore, germinati in tanto graziose quanto minuscole piantine. Un fragile ecosistema che fa pensare al bosco ed evoca urgenze ambientali. Tuttavia l’artista preleva il muschio sempre in prossimità del luogo in cui espone (come farebbe uno scienziato con dei campioni) aggiungendo inaspettate volute concettuali all’opera. Di muschio, infatti, esistono migliaia di varietà diverse, accomunate dal fatto di non avere radici e dalle origini antichissime della specie (si stima che risalga a 460milioni di anni fa). Noi però tendiamo a utilizzare il termine muschio al singolare, esprimendo in questo modo sia la nostra disattenzione verso le forme di vita minuscole, sia l’incapacità di coglierne l’importanza nel contesto di provenienza, ma soprattutto la nostra inadeguatezza percettiva di fronte al pullulare di forme di vita diverse da noi. L’assenza di radici, i semi portati dal vento, spingono poi a riflettere su quanto siano relative le etichette di immobile o stanziale affibbiate alle piante.

Toshihiko Shibuya, di solito, ricopre il muschio con una moltitudine di puntine a testa sferica (a volte bianche altre colorate) per sottolineare il proliferare della vita e far pensare a cellule, spore, uova e funghi (ma anche a costellazioni). Lo ha fatto anche nelle opere più recenti presentate durante la sua mostra personale a Kyoto.

Toshihiko Shibuya, Forest of Silence- Between Art and Nature. All images courtesy Toshihiko Shibuya © Toshihiko Shibuya

L’esposizione intitolata “Forest of Silence- Between Art and Nature” si è tenuta a marzo alla Art Spot Korin una piccolissima galleria (composta da sue sole stanzette di pochi metri quadrati per una, su due piani) nei vicoli del centro storico di quella che fu la capitale del Giappone (fino al 1869). “Volevo spazi piccoli- ha detto- Ad esempio, le dimensioni sono quelle di una sala da tè giapponese”.

Dove ha presentato una coppia di riuscitissime installazioni che, in effetti, hanno tratto giovamento dall’ambiente raccolto della sede espositiva. In entrambe c’erano tronchi di legno (quattro in tutto, trovati nella foresta e prelevati così com’erano) dipinti di bianco e ricoperti da centinaia di candide puntine a testa sferica. La scultura più grande era posizionata in orizzontale nella stanza al secondo piano, insieme a lei, a parete, una grafica astratta del 2005 intitolata “Change of season” (che sembrava citare i dipinti della serie dedicata alle ninfee da Claude Monet attualmente conservati all’Orangerie di Parigi), ne sottolineava la forma, turbandone, contemporaneamente, il sonno: “Ho espresso un senso di quiete e tensione allo stesso tempo”:

Al piano terra Shibuya ha invece instellato tre sculture in legno verticali e due ciotole di muschio (prelevato a Kyoto, naturalmente). L’opera era raccolta, ma animata da una sorta di scambio dinamico tra gli elementi della composizione e per quanto possa sembrare strano richiamava alla mente i giardini zen ma anche certi gruppi di figure dipinte dagli antichi maestri. Interessante è pure il fatto che, ridotta all’osso, l’installazione si reggesse sul dialogo tra linee bianche verticali e cerchi verdi orizzontali (tutte forme pure inventante dall’uomo).

Shibuya ha detto a proposito di quest’opera: “Lo scopo era portare nello spazio il respiro del muschio vivo”.

Toshihiko Shibuya, Forest of Silence- Between Art and Nature. All images courtesy Toshihiko Shibuya © Toshihiko Shibuya

L’essenzialità delle composizioni, pur nella selva di forme biomorfe evocate, richiamava l’universo delle idee e momenti della storia dell’arte, in teoria, ben distanti dal lavoro dell’artista (ad esempio, il Rinascimento e l’Astrattismo geometrico). Mentre i campioni di muschio erano un riferimento esplicito ai musei di storia naturale, con le scoperte e gli enigmi irrisolti lì conservati.

Toshihiko Shibuya vive e lavora a Sapporo (sull’isola di Hokkaido, nella parte settentrionale del Giappone), le opere esposte a Kyoto fanno parte della serie “Generation”. Il suo nome è particolarmente noto per lo Snow Pallet Project che lo scorso inverno ha raggiunto la sua diciasettesima edizione.

Toshihiko Shibuya, Forest of Silence- Between Art and Nature (detail). All images courtesy Toshihiko Shibuya © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, Forest of Silence- Between Art and Nature. All images courtesy Toshihiko Shibuya © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, Forest of Silence- Between Art and Nature. All images courtesy Toshihiko Shibuya © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, Forest of Silence- Between Art and Nature. All images courtesy Toshihiko Shibuya © Toshihiko Shibuya

Il paesaggio minuscolo e fuggente delle nuove opere di Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

E’ il principio dell’estate sull’Isola di Hokkaido (a nord del Giappone): i piedistalli dalle forme minimali dell’installazione ricorrente “Snow Pallet”, che Toshihiko Shibuya usa per monitorare l’accumularsi della neve durante la stagione fredda (sottolineando così il mutare del paesaggio a seconda del mese, del giorno, e persino dell’ora), sono ancora in mezzo alla natura. I semi bianchi e lanugginosi di un gruppo di piante li ha ricoperti, persino i colori vividi, che l’artista applica alla base delle scarne sculture, si proiettano su di loro come farebbero con la neve. Un piccolo miracolo che Shibuya non manca di ammirare e pubblicare su Instagram:

La lanugine dei salici si accumula come neve- scrive- Il carico di neve estiva è un carico semplicemente soffice”.

Queste minuscole ed inaspettate modifiche dell’ambiente naturale che ci circonda e che si fa sentire sia in città che in campagna, sono per lui fonte di continuo stupore. Oltre a costituire momenti di trasformazione della sua opera.

Quasi leggendario per rigore e cautela, Toshihiko Shibuya, infatti, da anni ormai basa la sua pratica, su due serie scultoree che documentano lo svolgersi e il succedersi delle stagioni piene (“Snow Pallet” in inverno, “Generation” in estate). Lavori minimali, pensati per mettere al centro la natura, intervenendo il meno possibile su di essa (supporti per sostenere le nevicate d’inverno, puntine a testa sferica da posizionare direttamente nei boschi sul finire dell’estate). Preferendo una scarna forma di scultura, mutevole ed effimera, alle opere ideate come commento o interpretazione.

Tuttavia, l’artista originario di Sapporo, oltre a rileggere il classico tema del paesaggio in chiave contemporanea e a rinfrescare il canovaccio ormai datato della Land Art introducendo elementi nuovi (manufatti di derivazione industriale e colori ‘kawaii’), gioca gran parte del suo lavoro sulla memoria. Si fanno sentire sia l’idea di celebrare e preservare la vibrante bellezza della vita che quella di mappare i cambiamenti del clima (e di conseguenza dell’ambiente) nel corso del tempo.

La legge dei cicli naturali-ha affermato più volte - ha cominciato a perdersi a poco a poco”.

Proprio per questo alle sue installazioni affianca anche degli oggetti volti a preservare l’ineffabile bellezza del paesaggio estivo o invernale. Più spesso si tratta di tronchi ricoperti di muschio. prelevati direttamente dal sottobosco, su cui l’artista interviene con puntine da disegno colorate che simulano la vita minuscola di funghi, mucillaggini e insetti.

E’successo pure nella sua ultima infornata di opere, intitolata “Between Art and nature” (parte della serie “Birth-Origin"). Ci sono, appunto, cortecce punteggiate da elementi bianchi (pochissimi) e tramutate in giardini mobili su cui continuano a prosperare fili d’erba e piante selvatiche. Ma anche oggetti trovati, accostati tra loro (come un lapislazzulo grezzo, messo accanto al corallo e ad pezzo di legno macchiato di blu dal fungo Chlorosplenium aeruginosum), che ricordano le collezioni botaniche di un museo di storia naturale, così come quelle di un Gabinetto delle Curiosità. Di diametralmente opposto rispetto ad una Wunderkammer c’è la ricerca della quotidianità su cui l’artista orienta ogni sua scelta: quelle che ritroviamo al centro del suo lavoro sono specie botaniche o di funghi comunissime. Talmente diffuse da comparire, a prima vista, inalterate, da una parte all’altra del Pianeta; forme di vita semi- apolidi, cui siamo tutti talmente abituati da rivolger loro raramente lo sguardo. Eppure antichissime e che restano in gran parte territorio inesplorato dal sapere umano (la maggior parte dei muschi, per esempio, sono dei veri e propri fossili viventi: esistono da almeno 200miioni di anni).

L’artista ha anche sistemato un tipo particolarmente armonioso di muschio in un vaso da bonsai e ha usato delle puntine a testa sferica rosa corallo per sottolinearne la bellezza:

Raffigura- ha spiegato- lo sviluppo della formazione del corpo fruttifero della muffa melmosa (fungo deformato) Lycogala epidendrum. Quando l'epidendro è giovane è rosa e piccolo con un diametro di circa 5 mm”.

Questo interesse per l’ecosistema del sottobosco nella sua declinazione più minuscola, allude ai nostri limiti sensoriali e all’inarrestabilità del ciclo vitale. In qualche modo suggerisce che il vuoto non esiste. Ma cerca anche di porre rimedio alla miopia umana, congelando i piccoli-grandi miracoli che si consumano ogni giorno, talmente in fretta, da non riuscire a coglierli. Così, le fotografie del momento in cui i semi dei soffioni prendono il volo (ingranditi e in bianco e nero), diventano poetici giochi di ombre e luci, un elegante proliferare di segni, in bilico tra rappresentazione e trasfigurazione della realtà. Che in un momento sovrappongono registri comunicativi diversi, quasi indecise se raccontare una storia, documentare un fenomeno, citare la Storia dell’Arte o permettere alla mente di disegnare una propria, intima, cosmogonia del quotidiano.

Toshihiko Shibuya ha un sito internet che tiene sempre aggiornato e, in genere, condivide sia su Facebook che su Instagram le evoluzioni della sua opera.

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

Toshihiko Shibuya, “Between Art and nature” 2023 (Birth-Origin; Generation serie). Images © Toshihiko Shibuya

La silenziosa foresta di Toshihiko Shibuya, intessuta con muschio e migliaia di puntine da disegno

Toshihiko Shibuya, Black Dragon. All images Courtesy Toshihiko Shibuya

Parte del ciclo scultoreo “Generation”, la nuova serie di opere "Generation - Origin /Occurrence " di Toshihiko Sibuya, celebra la poesia di una foresta avvolta dal silenzio invernale e la bellezza mutevole della natura. Lo fa accostando l’uno all’altro lavori strettamente minimali, seppur ricchissimi nella tessitura. Ed interamente costellati di spilli.

Per realizzarli l’artista di Sapporo (isola di Okkaido, Giappone) si è limitato a dipingere, più spesso di bianco ma anche di nero, dei rami ricoperti di muschio. E ad applicare sulla corteccia migliaia di puntine da disegno a testa sferica, dello stesso colore scelto per l’opera.

I rami, Shibuya, li ha prelevati dalla foresta così com’erano. Non li ha tagliati o modellati. E persino il muschio di alcune opere, nato a seguito delle cure dell’artista nel 2020, si è limitato a non riformarsi dopo essere seccato. Creando una base scultorea piena di sollecitazioni tattili, micro-motivi e forme imprevedibili, senza alterare il soggetto.

Per restituire la magia del paesaggio, l’artista ben deciso a non modificare il creato, oltre a sottolineare la tessitura dei pezzi con la monocromia e ad applicare centinaia di puntine da disegno su ognuno, si è concentrato sulla distribuzione degli elementi nello spazio.

Le opere, infatti, sono state tutte esposte all’Istituto d'Arte Contemporanea di Sapporo CAI03/CAI durante la mostra “Forest of the Silence” che si è recentemente conclusa (il 18 febbraio). E si sono dovute confrontare con le luci artificiali e l’architettura asciutta e razionale della galleria. Uno scenario inadatto a restituire l’immagine di una foresta innevata. Eppure, talvolta adagiate su leggeri piedistalli altre sistemate direttamente a terra, le sculture, se la sono cavata egregiamente. Merito, almeno in parte, dell’illuminazione che l’artista ha studiato per essere drammatica ma anche avvolgente. In equilibrio tra il mistero (che dà il senso della scoperta) e l’atemporalità (attraverso la quale lo spettatore cammina senza avere la sensazione di andare incontro a dei pericoli).

I lavori di volta in volta rievocano codici iconografici diversi. Il quadro d’insieme richiama alla mente il bosco, nel quale le persone si muovono in simbiosi con la natura. La sensazione prevalente è quella della pace interiore; il linguaggio artistico il paesaggio. Ma, mentre lo sguardo si sofferma sulle singole opere e il punto di vista cambia, si fanno strada associazioni diverse. Così i tronchi spezzati e dipinti di bianco, messi in fila su dei piedistalli, a un primo sguardo si trasformano in stele abbondantemente decorate. Affiorano immagini di alfabeti primordiali. Mentre i rami si fanno vere e proprie sculture.

E’ il caso dell’opera dipinta di nero “Black Dragon”, che con il suo corpo serpeggiante e un estremità simile ad un abbozzo di testa con un corno in cima, ha fatto esclamare a molti visitatori: “Questo sembra un drago nero"! Le circa 800 puntine da disegno, eburnee, luminose come scaglie, completano il pezzo.

"Il drago nero è un dio- drago che protegge- ha spiegato Toshihiko Shibuya- l'acqua, il nord e l'inverno nella Teoria dei cinque elementi. La Teoria dei cinque elementi è un pensiero filosofico naturale che ha avuto origine nell'antica Cina".

Nel pensiero orientale, il drago nero, oltre ad essere un simbolo benaugurante, è una divinità vendicatrice.

"Si dice che porti cose buone con la sua energia positiva, ma anche che possa manipolare il tempo per punire coloro che danneggiano inutilmente la natura. Trovo che questo aspetto sia molto interessante."

Al centro della poetica di Shibuya, infatti, c’è la dinamica bellezza della natura proiettata nel tempo ciclico delle stagioni. Con i suoi cantici circolari di vita, morte e rinascita.

Non a caso, un posto d’onore nella “Forest of the Silence” ce l’aveva un’altra opera di grandi dimensioni: “White Reborn”. Legno di ciliegio (parte di un ramo o di un tronco) che era già stato oggetto di un’installazione dell’artista direttamente nella foresta. La scultura, nella sua sua posa rilassata, quasi di riposo, nell’ambito dell’esposizione spiccava: "L’illuminazione è stata pensata affinché questo oggetto diventi una presenza simbolica nello spazio . La parete frontale esprime una tenue e delicata luminosità con la luce riflessa che illumina l'oggetto".

In occasione di “Forest of the Silence”, Toshihiko Shibuya, ha installato all’esterno dell’Istituto d'Arte Contemporanea di Sapporo CAI03/CAI anche “Snow Pallet 16”, l’ultimo capitolo della sua annuale opera dedicata al paesaggio innevato. Shinbuya, però, condivide il suo lavoro anche attraverso l’account instagram e il sito internet.

Toshihiko Shibuya, White Reborn. All images Courtesy Toshihiko Shibuya