"Our Glacial Perspectives" di Olafur Eliasson, un magico osservatorio sul cosmo a 3mila metri

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol. Photo: Studio Olafur Eliasson. Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol. Photo: Studio Olafur Eliasson. Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Presentata il 9 ottobre “Our Glacial Perspetives” di Olafur Eliasson è ad un tempo un modo per celebrare la bellezza delle cime ghiacciate e del cielo attraverso una scultura asciutta, ma anche di rivisitare antiche invenzioni. In un ottica dove passato e futuro convivono nell’esprienza del presente.

L’installazione permanente, è stata eretta sulla vetta Grawand (bel 3mila e 212 metri) del Giacciaio di Giogo Alto in Alto Adige. Un paesaggio che sembra fatto solo di rocce, neve e cielo. Aspro e desolato ma reso particolarmente fragile dai cambiamenti del clima.

Eliasson accentua questi aspetti. Dapprima con una serie di porte. Nove soglie, distanziate ad intervalli calibrati proporzionalmente alla durata delle ere glaciali, che accompagnano i visitatori per i 410 metri di montagna lungo la cresta scolpita nei detriti del ghiacciaio. E, via via, lo conducono all’opera vera e propria.

Olafur Eliasson la descrive così: "Sono davvero entusiasta di aver avuto l'opportunità di creare Our glacial perspectives, soprattutto per il Monte Grawand e il ghiacciaio Hochjochferner. L'opera d'arte funge da lente d'ingrandimento per l'esperienza molto particolare del tempo e dello spazio che questo luogo offre: vasto e sconfinato da un lato, locale e specifico dall'altro. È un dispositivo ottico che ci invita a impegnarci, dalla nostra posizione di carne ed ossa, su prospettive planetarie e glaciali. "

Una sorta di osservatorio d’acciaio e vetro, che, dopo aver dato informazioni incontrovertibili al visitatore semplicemente interrogando gli elementi, lo cala in un mondo antico e moderno, fatto di astronomia e minuscole variazioni di colore.

"Lo spettatore può utilizzare il padiglione come uno strumento astronomico- spiegano gli organizzatori- puntando lo sguardo sugli anelli circostanti, che seguono il percorso apparente del sole nel cielo in un dato giorno. Gli anelli dividono l'anno in intervalli di tempo uguali: l'anello superiore segue il percorso del sole nel solstizio d'estate; l'anello centrale segue l'equinozio; e l’ultimo il solstizio d'inverno. Ogni anello è a sua volta suddiviso in lastre di vetro rettangolari che coprono un arco di 15 minuti del movimento del sole attraverso il cielo, consentendo allo spettatore di determinare l'ora del giorno in base alla posizione del sole. All'esterno del padiglione, due anelli paralleli in acciaio incorniciano la linea dell'orizzonte, mentre i semianelli che sostengono la struttura indicano gli assi nord-sud ed est-ovest".

Mentre i vetri colorati sulla falsa riga del cianometro, riflettono e filtrano a luce del sole ma si possono anche cofrontare al tono di blu del cielo.

“Our Glacial Perspectives” di Olafur Eliasson è stato commissionato dalla Fondazione “TalkingWater” (una piattaforma di riflessione e interscambio sul tema dell’acqua). Per vedere altre immagini di questo e atri progetti dell’artista danese-islandese si può sbrciare il suo account Instagram. (via Designboom)

Olafur Eliasson Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol. Photo: Studio Olafur Eliasson. Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol. Photo: Studio Olafur Eliasson. Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives 2020. Steel, coloured glass Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo: David Orru Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives 2020. Steel, coloured glass Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo: David Orru Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo: Studio Olafur Eliasson Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo: Studio Olafur Eliasson Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo: David Orru Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives, 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo: David Orru Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo:Martin Rattini Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo:Martin Rattini Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo:Martin Rattini Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson , Our glacial perspectives 2020. Steel, coloured glass. Installation view:Hochjochferner glacier, South Tyrol Photo:Martin Rattini Commissioned by: Talking Waters Society © 2020 Olafur Eliasson

Etherea| Edoardo Tresoldi porta a Villa Borghese un remoto brivido californiano, in salsa ambientalista

Edoardo Tresoldi, Etherea; Back to Nature. All images © Roberto Conte

Edoardo Tresoldi, Etherea; Back to Nature. All images © Roberto Conte

Etherea , l’installazione in rete metallica creata da Edoardo Tresoldi per il Coachella Valley Music and Art Festival del 2018 (ne ho parlato qui), dopo aver rappresentato un rifugio fluttuante e un evanescente scenario per le canzoni di Beyoncé, Eminem, The Weeknd, David Byrne, alt-J e Fleet Foxes, è tornata in Italia. Ridisegnata dall’artista, è stata allestita a Roma in occasione della mostra a cielo aperto “Back to Nature - Arte Contemporanea a Villa Borghese”.

Decisamente meno monumentale e fiduciosa, l’Etherea di Villa Borghese dialoga con gli alberi e il paesaggio del Parco dei Daini. Sembra essersi trasformata però in un palazzetto fantasma che, come un miraggio, appare per alludere a un tempo e un luogo lontani. Ma scomparirà. Anzichè dare la sensazione di diventare sempre più grande e solida con l’arrivare della notte.

D’altra parte, l’argomento della mostra “Back to Nature” di cui fa parte è diverso. Curata da Costantino D’Orazio, l’esposizione, infatti, "riflette sul futuro- spiega il sito dell'evento- e sulla necessità di costruire un nuovo rapporto con la natura, in questo complicato periodo di cambiamenti climatici e di pandemia."

Ed effettivamete l’opera si fonde al paesaggio che, illuminato dalla calda luce autunnale, si specchia nella rete metallica. Pronta a svanire da un momento all’altro e cotemporaneamente a moltiplicare bagliori e colori della natura che la circonda, in un gioco senza soluzione di continuità di chiaroscuri senape.

“Back to Nature ” intende portare l’arte contemporanea nei parchi storici della capitale. Oltre ad Etherea di Edoardo Tresoldi ci saranno opere di; Andreco, Mario Merz, Davide Rivalta, Grazia Toderi, Nico Vascellari. Divise tra il Parco dei Daini, la Loggia dei Vini e la Meridiana. Partecipano poi il Museo Bilotti con l'esposizione di Benedetto Pietromarchi e il Museo Pietro Canonica con l'installazione di Mimmo Paladino.

Inaugurata il 15 settembre, Etherea di Edoardo Tresoldi (così come le altre opere che compongono “Back to Nature - Arte Contemporanea a Villa Borghese”), si potrà visitare fino al 13 dicembre 2020. L’ingresso è gratuito, permettendo a chi si troverà spesso a Roma. di ammirare la diversa percezione dell’opera con il trascorrere del tempo e il cominciare a mutare della stagione.

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Mimmo Paladino scolpisce 18 cavalli ideali per la piazza principale di Piacenza

Mimmo Paladino, PaladinoPiacenza. Installazione Piazza Cavalli, Piacenza. Images: Lorenzo Palmieri

Mimmo Paladino, PaladinoPiacenza. Installazione Piazza Cavalli, Piacenza. Images: Lorenzo Palmieri

Surreali e placidamente irrequieti, sono i cavalli che compongono l’ultima opera d’arte pubblica di Mimmo Paladino e ci parlano di vita, morte, memoria, forza, dinamismo, celebrazione del potere ma anche dei momenti d’incontro tra culture ed epoche diverse. L’installazione momumentale (“Senza Titolo”), realizzata dall’artista per la piazza principale di Piacenza (l’iniziativa si chiama appunto PaladinoPiacenza), è composta da 18 sculture equestri in vetroresina e dal basamento (acciaio e legno) che ne è parte integrante. Sarà inaugurata domani (10 settembre 2020).

Fatti di curve dolci e linee talvolta inaspettate, i cavalli di Paladino, dialogano con le due sculture equestri di Edoardo Mochi (Montevarchi 1580- Roma 1654) che incorniciano la piazza della città. Tuttavia le opere barocche che ritraggono Alessandro e Ranuccio I Farnese mentre incedono forti e trionfanti, sono profondamente diverse nello spirito dall’installazione contemporanea. Li divide il dubbio. Tanto per cominciare, le forme che emergono, solo apparentemente in modo scomposto, da un sorta di piscina o recinto non solo veri e propri cavalli ma idee di cavallo che si alzano dal brodo primoridiale per scomparire, ritrovare la luce nuovamente, uscire. Dichiarando la loro esistenza al mondo che non sempre le ricompenserà con la memoria.

L’artista, ha detto in un’intervista rilasciata al quotidiano locale Libertà, che quando ha ideato l’opera aveva in testa i cavalli dipinti da Giorgio De Chrico, ma tutto sommato l’installazione, che non smette per un momento di guardare alla pittura, è anche saldamente legata alla Storia dell’Arte italiana primo-novecentesca, compresi i capitoli che si occupano di scultura.

Il cavallo però, che è un elemento ricorrente nel lavoro di Paladino, prende forma da suggestioni molto precedenti. L’artista, infatti, anni fa l’ha ridisegnato a partire da un modello funerario di origine etrusca.

Il progetto PaladinoPiacenza è curato da Flavio Arensi e Eugenio Gazzola che spiega così l’installazione:

L’opera richiama in causa il modello del monumento equestre e la sua adozione simbolica e urbanistica come luogo d’incontro tra culture moderne; tra iconografia occidentale e orientale; tra celebrazione della gloria terrena e ripensamento del rapporto con il passato, i morti, la Storia.”

Da ricordare, infine, che le sculture si torcono in pose (im)possibili), giocando con la prospettiva e il punto d’osservazione, per dirigere lo sguardo dei visitatori verso angoli degli edifici vicini, che appaiono come silenziosi testimoni dello scorrere della Storia, sospesi tra l’agitazione dei cavalli neri di Paladino e il blu impassibile del cielo.

PaladinoPiacenza fa parte del programma di Piacenza 2020/21, promosso da un comitato composto dal Comune di Piacenza, dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, dalla Diocesi Piacenza-Bobbio e dalla Camera di Commercio di Piacenza.

La monumentale installazione equestre di Domenico (Mimmo) Paladino, si potrà ammirare in Piazza Cavalli a Piacenza fino al 28 dicembre 2020.

Mimmo Paladino nel suo studio. Ritratto di Lorenzo Palmieri

Mimmo Paladino nel suo studio. Ritratto di Lorenzo Palmieri