Le sculture bronzee con cristalli di Daniel Arsham luccicano tra il fogliame autunnale dello Yorkshire Sculpture Park

“Unearthed Bronze Eroded Melpomene” (2021). All images courtesy of Yorkshire Sculpture Park

Anche l’artista statunitense Daniel Arsham (alcuni articoli su di lui qui) ha deciso di affrontare il bronzo. Materiale utilizzato fin dall’antichità (uno dei primi esempi di scultura bronzea risale al 460 Avanti Cristo) e proprio per questo quasi completamente abbandonato dagli artisti contemporei. Lo fa nel corso della mostra “Daniel Arsham: Relics in the Landscape” allo Yorkshire Sculpture Park.

Arsham, che, nel vasto e antico parco nei pressi del villaggio inglese di West Bretton, ha esposto sei grandi opere, usa il bronzo per praticità, certo. Ma naturalmente non è l’usura degli elementi il principale motivo a spingerlo. Gioca infatti con la sua patina verde, che insieme al foliage autunnale si riflette nei cristalli fusi direttamente nel corpo dei soggetti. Ma cita anche la storia dell’arte e la scultura classica.

Senza contare che il materiale di antichissima memoria ben si adatta alla sua poetica, dove gli oggetti della cultura pop di oggi (da quelli di uso comune come un tostapane fino ai personaggi dei cartoni come Pikachu) diventano "reliquie future".

"Con il progredire della storia- ha detto- tutti gli oggetti si fanno antiquati e, in qualche modo, diventano tutti rovine o reliquie, in disuso o sepolti."

Tra i soggetti in mostra nella campagna inglese ci sono Neil Armstrong che sbarca sulla luna nel ‘69 (Bronze Eroded Astronaut ), il personaggio dei Pokemon Pikachu, crato in Giappone alla metà degli anni ‘90 (Bronze Crystallized Seated Pikachu), ma anche una statua di Afrodite del I secolo A.C. ( Bronze Eroded Venus of Arles). Isieme le opere creano una cronologia caotica che trova pace e ordine nelle conoscene condivise di oggi destinate a diventare testimonianze del passato domani (il fatto che alcune lo siano già non vuol dire che non avranno un futuro).

Recentemente l’artista che vive e lavora a New York "ha avuto accesso-spiega il sito dello Yorkshire Sculpture Park- agli stampi originali della fonderia di alcune delle sculture classiche più iconiche della Francia esposte al Louvre, tra cui una figura femminile alta 3,9 metri che è stata scolpita intorno al 50 a.C. La statua è stata portata alla luce nel XV secolo e negli ultimi 500 anni circa è stata pensata come Melpomene, la musa greca della tragedia. Dallo stampo di questa scultura Arsham ha creato Unearthed Bronze Eroded Melpomene (2021), che in questo paesaggio collega il passato con il presente".

I cristalli che compaiono in tutte le crepe create nelle opere sono il segno del tempo trascorso. Perchè Arsham le immagina così in un futuro remoto. Ma sono simboleggiano anche un processo di progressione. Di muglioramento.

Daniel Arsham, una cui opera digitale è stata esposta a Palazzo Strozzi di Firenze nel corso della mostra sugli NFT, con le sue sculture bronzee non è il solo artista famoso attualmente esposto allo Yorkshire Sculpture Park. Dopo, per esempio Chiharu Shiota o Kimsooja, adesso tra gli altri c’è’ anche Damien Hirst. (via Colossal)

“Unearthed Bronze Eroded Melpomene” (2021, detail)

“Bronze Eroded Venus of Arles” (2022)

In primo piano: “Bronze Eroded Astronaut” (2022). Sullo sfondo: “Bronze Eroded Bunny” (2022)

“Bronze Eroded Astronaut” (2022)

“Bronze Extraterrestrial Bicycle” (2022)

Mimmo Paladino scolpisce 18 cavalli ideali per la piazza principale di Piacenza

Mimmo Paladino, PaladinoPiacenza. Installazione Piazza Cavalli, Piacenza. Images: Lorenzo Palmieri

Mimmo Paladino, PaladinoPiacenza. Installazione Piazza Cavalli, Piacenza. Images: Lorenzo Palmieri

Surreali e placidamente irrequieti, sono i cavalli che compongono l’ultima opera d’arte pubblica di Mimmo Paladino e ci parlano di vita, morte, memoria, forza, dinamismo, celebrazione del potere ma anche dei momenti d’incontro tra culture ed epoche diverse. L’installazione momumentale (“Senza Titolo”), realizzata dall’artista per la piazza principale di Piacenza (l’iniziativa si chiama appunto PaladinoPiacenza), è composta da 18 sculture equestri in vetroresina e dal basamento (acciaio e legno) che ne è parte integrante. Sarà inaugurata domani (10 settembre 2020).

Fatti di curve dolci e linee talvolta inaspettate, i cavalli di Paladino, dialogano con le due sculture equestri di Edoardo Mochi (Montevarchi 1580- Roma 1654) che incorniciano la piazza della città. Tuttavia le opere barocche che ritraggono Alessandro e Ranuccio I Farnese mentre incedono forti e trionfanti, sono profondamente diverse nello spirito dall’installazione contemporanea. Li divide il dubbio. Tanto per cominciare, le forme che emergono, solo apparentemente in modo scomposto, da un sorta di piscina o recinto non solo veri e propri cavalli ma idee di cavallo che si alzano dal brodo primoridiale per scomparire, ritrovare la luce nuovamente, uscire. Dichiarando la loro esistenza al mondo che non sempre le ricompenserà con la memoria.

L’artista, ha detto in un’intervista rilasciata al quotidiano locale Libertà, che quando ha ideato l’opera aveva in testa i cavalli dipinti da Giorgio De Chrico, ma tutto sommato l’installazione, che non smette per un momento di guardare alla pittura, è anche saldamente legata alla Storia dell’Arte italiana primo-novecentesca, compresi i capitoli che si occupano di scultura.

Il cavallo però, che è un elemento ricorrente nel lavoro di Paladino, prende forma da suggestioni molto precedenti. L’artista, infatti, anni fa l’ha ridisegnato a partire da un modello funerario di origine etrusca.

Il progetto PaladinoPiacenza è curato da Flavio Arensi e Eugenio Gazzola che spiega così l’installazione:

L’opera richiama in causa il modello del monumento equestre e la sua adozione simbolica e urbanistica come luogo d’incontro tra culture moderne; tra iconografia occidentale e orientale; tra celebrazione della gloria terrena e ripensamento del rapporto con il passato, i morti, la Storia.”

Da ricordare, infine, che le sculture si torcono in pose (im)possibili), giocando con la prospettiva e il punto d’osservazione, per dirigere lo sguardo dei visitatori verso angoli degli edifici vicini, che appaiono come silenziosi testimoni dello scorrere della Storia, sospesi tra l’agitazione dei cavalli neri di Paladino e il blu impassibile del cielo.

PaladinoPiacenza fa parte del programma di Piacenza 2020/21, promosso da un comitato composto dal Comune di Piacenza, dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, dalla Diocesi Piacenza-Bobbio e dalla Camera di Commercio di Piacenza.

La monumentale installazione equestre di Domenico (Mimmo) Paladino, si potrà ammirare in Piazza Cavalli a Piacenza fino al 28 dicembre 2020.

Mimmo Paladino nel suo studio. Ritratto di Lorenzo Palmieri

Mimmo Paladino nel suo studio. Ritratto di Lorenzo Palmieri