I fiori di vetro e le creature marine dei Blaschka, ancora oggi indistinguibili dagli originali

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College. via Artsy

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College. via Artsy

Quella di Leopold e Rudolf Blaschka sarebbe una bella storia per un film. Padre e figlio, vissuti a Dresda tra la seconda metà dell’800 e i primi decenni dell’900, crearono sculture in vetro lavorato a lume per i musei di storia naturale di tutto il mondo. 
Oltre 10mila modelli di creature marine e piante talmente accurati da essere indistinguibili dagli originali.

Molto conosciuti all’inizio della carriera per le riproduzioni di animali dei fondali, i Blaschka vennero consegnati alla Storia dalla monumentale collezione di fiori di vetro conosciuta come ‘Ware Collection’ del Museo di Storia Naturale della Harvard University, che impegnò, prima entrambi poi il solo Rudolf, dal 1887 al 1936. 

Il problema con i fiori di vetro di Leopold e Rudolf Blaschka, spiega il professore di botanica Donald H. Pfister della Harvard University, è che sono troppo realistici.
"Una volta fotografati, sembrano solo piante", dice ad Artsy "Allora, come fai a fare un libro fotografico che permette alle persone di sapere che questi sono in realtà modelli di vetro?"

Pare che anche il primo direttore del Museo Botanico di Harvard, George Lincoln Goodale, si sia lasciato ingannare dall’abilità artigianale dei Blaschka e arrivato a casa loro abbia scambiato un mazzo di orchidee di vetro per dei veri rami recisi. 

Vista oggi la specializzazione dei Blaschka può sembrare strana, ma all’epoca conservare invertebrati marini e piante era un cruccio per le università e i musei. Così quando i Blaschka cominciarono a produrre i primi modelli in vetro tutti facevano a gara per accaparrarseli. Tanto più che le loro abilità era leggendaria.
Ad oggi anzi la sensibilità creativa di Leopold e Rudolf Blaschka resta imbattuta secondo il manager della Ware Collection, Jennifer Brown, che spiega (sempre ad Artsy) come nessun concorso in ricordo dei maestri di Dresda abbia portato ad un manufatto degno degli originali. "Alcuni hanno più successo di altri. Ma non è lo stesso"

Le sale che ospitano la Ware Collection, fresche di una recente ristrutturazione, in questo periodo focalizzano l’attenzione degli spettatori sulle mele (con la mostra "Rotten Apples: Botanical Models of Diversity and Disease’). Partendo dai modelli di mele che Rudolf Blaschka inviò, ormai ottantenne, nella sua ultima cassa di modelli.

I fiori di vetro della 'Ware Collection' di Harvard sono indubbiamente  il progetto più noto dei Blaschka ma anche alcune delle loro creature marine sono di straordinaria verosimiglianza. E hanno il vantaggio di poter essere osservate dal vivo senza spingersi fino negli Stati Uniti. Visto che Il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa possiede ben 51 modelli di invertebrati marini anatomicamente perfetti firmati da Leopold e Rudolf Blaschka. 

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Toshihiko Shibuya ha creato un mosaico drammatico ed evocativo con i fiori e le piante raccolti nella selvaggia natura di Hokkaido

New White Collection- Black Boxes series; All photo Courtesy Toshihiko Shibuya

New White Collection- Black Boxes series; All photo Courtesy Toshihiko Shibuya

Durante l’estate l’artista giapponese Toshihiko Shibuya (di cui ho parlato qui, qui e qui) ha raccolto fragili fiori, foglie e soffioni per farli seccare. Poi, senza modificarli in alcun modo, li ha messi in tante piccole teche nere. Formando una sorta di erbario drammatico ed evocativo. 
Un mosaico dedicato alla selvaggia natura dell’isola di Hokkaido.

Toshihiko Shibuya vive a Sapporo ma per realizzare le sue installazioni si sposta spesso nelle aree più incontaminate e ricche di biodiversità dell’estremo nord del Giappone. Quest’anno ha vinto il premio ‘Hokkaido Culture Encouragement Prize’.

Ma con questa serie di opere (‘New white collection’, ‘Black boxe series’) Shibuya non vuole attirare la nostra attenzione su piante rare o esotiche ma sulle specie più semplici e rustiche che vivono intorno a noi. E crescono silenziose persino nelle nostre città (in molti casi a oriente come ad occidente).

“I temi del mio lavoro- dice- sono le simbiosi, la coesistenza e la circolazione della vita. Penso che questo sia il mezzo per far riscoprire alle persone la piccola natura che sta sotto i nostri piedi”.

Il lavoro di Toshihiko Shibuya si può collocare nel solco della ‘Land art’ ma il suo approccio alla natura, al contrario di molti artisti che hanno fatto parte dello storico movimento o che ad essi si sono ispirati, è rivolto verso ciò che è piccolo e potrebbe passare inosservato: i fiori più comuni, il muschio di un ruscello, la neve che si scioglie o aumenta di volume modificando il paesaggio. In questo senso il lavoro dell’artista è una ricerca sulla nostra percezione. Un invito alla lentezza e all’attenzione.

Nella ‘New white collection’, l’artista non modifica in alcun modo le piante. Si limita a fissarle, con infinita cura, ben attento a non rovinarle, a tante piccole teche. Il fondo nero, tuttavia, le rende drammatiche come fotografie di posa. E ci invita a riflettere, mentre catturiamo immagini con i nostri smartphone e postiamo tutto sui social, sulla differenza che passa tra oggettività e punto di vista. 

Fino al 29 ottobre la 'White Collection-Black box series' di Toshihiko Shibuya sarà in mostra al 'TO OV café gallery', ma per seguire il lavoro dell'artista giapponese non serve andare così lontano perchè oltre al suo sito internet ci sono gli account Facebook ed Instagram.

toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-01
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-02
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-11
Beehives(1000).jpg
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-05
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-06
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-07
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-07
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-08
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-09
toshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-10
IMG_20171021_005121_867(1000).jpgtoshihiko-shibuya-white-collection-black-boxes-12

Il magico mini-film animato di Azuma Makoto nato per spiegare alla figlia la vita dei fiori

Tempo fa l'artista Azuma Makoto ha cercato di spiegare alla figlia di 5 anni il ciclo di vita delle piante. Ma, ne le parole, ne il disegno, erano adatti a far cogliere completamente il concetto alla bambina.

Così nasce il mini-film d'animazione "Story of flowers" (Storia dei fiori).

Un gioiello di appena 3 minuti e mezzo, diretto da Azuma Makoto, illustrato da Katie Scott e animato da James Paulley.

Il video, poetico senza dimenticare la sintesi, descrive in modo veloce e circolare la vta dei fiori: lo svilupparsi del seme, la fioritura, il ruolo degli insetti nella riproduzione, gli eventi metereologici, lo spargeri dei semi e il ricominciare del ciclo.

L'illustratrice inglese Katie Scott, che già si era cimentata in progetti simili (come il libro "Botanicum") per "Story of flowers" ha, a tratti, abbandonato il suo stile bidimensionale per intervallare la narrazione con immagini profonde e composite. Il risultato è poetico e delicato.

James Paulley ha fatto perfettamente la sua parte. D'altronde aveva già lavorato con la Scott e proprio per preparare una "carta da parati animata" partendo dai disegnii a tema botanico dell'illustratrice inglese.

Azuma Makoto, ben conosciuto per le sue performance ed installazioni in cui riscrive l'antica arte giapponese dell'ikebana con ironia e gusto cinematografico, in "Story of flowers" si è abbandonato al piacere della narrazione e a una delicatezza che di solito non è proprio la sua cifra distintiva.

story-of-flowers-azuma-makoto
azuma-makoto-mini-film
azuma-makoto-storia-dei-fiori
sxuma-makoto-katie-scott