Le fotografie dei rari funghi della foresta pluviale ecuadoriana che sembrano organismi alieni o opere d’arte

Tutte le foto © Danny Newman e Roo Vandegrift

Tutte le foto © Danny Newman e Roo Vandegrift

Molte specie fino ad oggi erano sconosciute, altre sono rare, la maggior parte, con ogni probabilità, sta per estinguersi. Si tratta di funghi insoliti che sembrano usciti dalla fantasiosa immaginazione di un illustratore o dalle mani di un artista, organismi di cui non si conoscono le proprietà, che nel giro di qualche anno forse non esisteranno più. 
Se non nelle fotografie scattate dai micologi Danny Newman e Roo Vandegrift che per studiarli si sono spinti a Reserva Los Cedros, nella foresta pluviale ecuadoriana.

Quello dei funghi è un mondo a parte, in gran parte inesplorato. Basti pensare che i biologi stimano che sulla terra ne esistano 3 milioni e 200 mila specie ma solo 120 mila sono note alla scienza. La maggior parte di questo patrimonio si trova ai tropici dove Newman e Vandegrift hanno viaggiato spesso (alcune fotografie pubblicate in questo post sono state scattate in altre zone visitate dai due micologi).

A minacciare i funghi come le altre forme di vita sono il cambiamento climatico e lo sviluppo. Ma le specie di Riserva Los Cedros hanno una storia a se. 
L’area è uno degli ultimi bacini imbriferi alle pendici delle Ande e quando gli studiosi l’hanno visitata era del tutto incontaminata ma recentemente il governo dell’Ecuador ha autorizzato il settore minerario a sfruttare la zona. Destinando l’habitat di questi funghi, così strani e colorati, alla distruzione.

"L'identificazione e la descrizione di specie rare o endemiche provenienti dalla riserva- ha spiegato Newman- contribuiranno a dimostrare il valore di questi habitat e l'importanza della loro conservazione"

La coppia di micologi sta attualmente cercando sostegno per sequenziare il DNA di 350 campioni di funghi scoperti in Ecuador. Per saperne di più di funghi e scienza si può consultare il sito dell‘associazione micologica italiana o la rivista Mushroom Observer. (via Colossal)

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I fiori di vetro e le creature marine dei Blaschka, ancora oggi indistinguibili dagli originali

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College. via Artsy

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College. via Artsy

Quella di Leopold e Rudolf Blaschka sarebbe una bella storia per un film. Padre e figlio, vissuti a Dresda tra la seconda metà dell’800 e i primi decenni dell’900, crearono sculture in vetro lavorato a lume per i musei di storia naturale di tutto il mondo. 
Oltre 10mila modelli di creature marine e piante talmente accurati da essere indistinguibili dagli originali.

Molto conosciuti all’inizio della carriera per le riproduzioni di animali dei fondali, i Blaschka vennero consegnati alla Storia dalla monumentale collezione di fiori di vetro conosciuta come ‘Ware Collection’ del Museo di Storia Naturale della Harvard University, che impegnò, prima entrambi poi il solo Rudolf, dal 1887 al 1936. 

Il problema con i fiori di vetro di Leopold e Rudolf Blaschka, spiega il professore di botanica Donald H. Pfister della Harvard University, è che sono troppo realistici.
"Una volta fotografati, sembrano solo piante", dice ad Artsy "Allora, come fai a fare un libro fotografico che permette alle persone di sapere che questi sono in realtà modelli di vetro?"

Pare che anche il primo direttore del Museo Botanico di Harvard, George Lincoln Goodale, si sia lasciato ingannare dall’abilità artigianale dei Blaschka e arrivato a casa loro abbia scambiato un mazzo di orchidee di vetro per dei veri rami recisi. 

Vista oggi la specializzazione dei Blaschka può sembrare strana, ma all’epoca conservare invertebrati marini e piante era un cruccio per le università e i musei. Così quando i Blaschka cominciarono a produrre i primi modelli in vetro tutti facevano a gara per accaparrarseli. Tanto più che le loro abilità era leggendaria.
Ad oggi anzi la sensibilità creativa di Leopold e Rudolf Blaschka resta imbattuta secondo il manager della Ware Collection, Jennifer Brown, che spiega (sempre ad Artsy) come nessun concorso in ricordo dei maestri di Dresda abbia portato ad un manufatto degno degli originali. "Alcuni hanno più successo di altri. Ma non è lo stesso"

Le sale che ospitano la Ware Collection, fresche di una recente ristrutturazione, in questo periodo focalizzano l’attenzione degli spettatori sulle mele (con la mostra "Rotten Apples: Botanical Models of Diversity and Disease’). Partendo dai modelli di mele che Rudolf Blaschka inviò, ormai ottantenne, nella sua ultima cassa di modelli.

I fiori di vetro della 'Ware Collection' di Harvard sono indubbiamente  il progetto più noto dei Blaschka ma anche alcune delle loro creature marine sono di straordinaria verosimiglianza. E hanno il vantaggio di poter essere osservate dal vivo senza spingersi fino negli Stati Uniti. Visto che Il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa possiede ben 51 modelli di invertebrati marini anatomicamente perfetti firmati da Leopold e Rudolf Blaschka. 

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

Courtesy Harvard University Herbaria. © President & Fellows Harvard College.

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Alle Isole Vergini la barriera corallina avrà la forma di un Kraken e altre bizzarre creature gigantesche

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Un kraken, ovvero un gigantesco polpo in rete metallica avvinghiato a una vera petroliera, lo scorso aprile ha inaugurato un parco scultoreo sottomarino alle Isole Vergini Britanniche. 
Sul poroso mostro marino e sulle statue che lo seguiranno verrà coltivato il corallo cosi che la barriera nel tempo assumerà la forma di una sequenza di bizzarre creature. 
Il progetto si chiama ‘BVI Art Reef’, e può sembrare fantasioso, ma in un colpo solo si propone di incrementare il turismo e riportare equilibrio nell’ecosistema della barriera corallina. Oltre a fornire un centro di istruzione all’avanguardia per i ricercatori.

‘BVI Art Reef’ nasce quando il fotografo Owen Buggy vede una vecchia nave per il trasporto di combustibile sull’Isola di Tortola. Decide di salvarla dalla rottamazione. E in collaborazione con Sir Richard Branson, la noprofit Unite BVI, al gruppo di artisti e scienziati Secret Samurai Prodution, al network americano a supporto dell’innovazione sostenibile Maverick 1000 e all’associazione senza scopo di lucro per l’educazione oceanica Beneath the waves, la restaura, la rimette in mare con la grande piovra metallica che la cinge e la affonda.

Quest’ultimo passaggio ha richiesto il lavoro della Commercial Dive Services (l’azienda delle Isole Vergini è incredibilmente attrezzata per risolvere i più svariati problemi di sicurezza sottomarini) ma alla fine la barca e la scultura sono state sommerse sulla costa dell’isola Virgin Gorda.

"È previsto che entro un breve lasso di tempo la nave e l’opera d’arte attireranno una miriade di creature marine", ha detto Clive Petrovic che si occupa dell'impatto ambientale per la BVI Art Reef. "Tutto, da coralli a spugne marine, squali e tartarughe, vivrà in, e intorno al relitto. La nave diventerà preziosa per la futura ricerca da parte degli scienziati e degli studenti locali ".

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La costruzione del kraken e l’affondamento della nave sono al centro del documentario del giovane film maker Robert Sorrenti attualmente in post-produzione (sotto un estratto in inglese). Per informazioni su come visitare il BVI Art Reef e le sue sculture sottomarine ci sono il sito del progetto e l’account Facebook. (via Colossal)