Lynette Yiadom-Boakye la ritrattista che non fa ritratti

Lynette Yiadom-Boakye, Condor and the Mole 2011 Art Council Collection (London UK) © Lynette Yiadom-Boakye

Lynette Yiadom-Boakye, pittrice inglese di origini ghanesi, attualmente al centro di un’importante mostra della Tate Britain di Londra ("Lynette Yiadom-Boakye: Fly In League With The Night"), è una ritrattista anomala. Perchè non fa ritratti. Lei dipinge solo personaggi che vede con gli occhi della mente.

Stimata a livello internazionale, con quotazioni in asta che vanno dai sei ai nove zeri, Lynette Yiadom-Boakye, nata nel ‘77 a sud di Londra da genitori infermieri, è un’artista che ha lavorato molto per arrivare dov’è ora. Concentrandosi sulla pittura, anche in un periodo (tra gli anni ‘90 e i primi 2000) in cui la parola pittore equivaleva ad un insulto. Ma tanto impegno ha dato i suoi frutti e quando si parla della sua opera, oggi, i riferimenti ai grandi maestri europei del passato si sprecano. Da Goya a Degas fino al post-impressonista inglese Walter Sickert.

Lei, che è anche poetessa, dice di dipingere quello che non può scrivere e di scrivere quello che non può dipingere.

In genererale nel suo lavoro, c’è un alone di mistero che contribuisce a rendere le opere ancora più interessanti. A cominciare dai soggetti, che a volte guardano direttamente lo spettatore, altre abbassano gli occhi pensosi, ma che, in ogni caso, per qualche motivo, lo chiamano in causa. Accendendo in lui domande destinate a rimanere senza risposta. Perchè i personaggi dei ritratti di Yiadom-Boakye sono puramente immaginari.

Rigorosamente immaginari. L’artista non solo fa in modo di accumulare una gran quantità di materiale prima di dipingerli (foto di famiglia, pubblicità, immagini prese da riviste di vario genere ma anche brani e quant’altro) perchè nascano dal mix di innumerevoli suggestioni ma rifiuta anche ogni particolare nella composizione che si riferisca a un certo periodo storico. Per questo sono sempre senza scarpe.

I titoli, che lei definisce un ulteriore marchio ai dipinti, sono altrettanto criptici. In qualche modo effettivamente completano l’opera (di sicuro poetici, a volte scherzosi), ma non si può dire però che aiutino nella sua comprensione. Anzi.

Yiadom-Boakye dipinge in fretta, usa la pittura ad olio e formati importanti. Fino a non molti anni fa la sua tavolozza catturava una sola figura per volta, adesso ritrae anche piccoli gruppi. Dipinge solo persone di colore ma dice di non voler fare politica o critica sociale con le sue opere.

D’altra parte, i personaggi da lei raffigurati, sono colti in pose rilassate ed entrano subito in intimità con lo spettatore. Come se avessero di fronte un amico, un confidente, o comunque qualcuno con cui stanno condividendo un’esperienza piacevole. La luce ne scolpisce i volti, ne definisce i corpi ma è soprattutto la tavolozza, cromaticamente ricca ma raffinata, mai invadente, a coccolarli. Anche se ognuno di loro resta schiavo della pittura. Le pennellate dell’artista, infatti, avvolgenti, decise, si percepiscono e li fanno emergere del magma primoridiale della materia pittorica, strappandoli all’oblio, come visioni di un sogno.

Ed in effetti l’artista ha dichiarato che il più delle volte le appaiono così come li ritrae e chiedono di essere dipinti.

"Fly In League With The Night" rimarrà alla Tate Britain solo fino al 26 febbraio. Lynette Yiadom-Boakye però, è anche una degli artisti che si potranno ammirare a Palazzo Strozzi di Firenze in occasione della mostra "Reaching for the Stars" che celebrerà il trentennale della collezione Sandretto Re Reboudengo di Torino (il cui nome completo è appunto: "Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye").

Lynette Yiadom-Boakye, To Improvise a Mountain 2011 Oil paint on linen © Lynette Yiadom-Boakye, courtesy the artist, Corvi-Mora, London and Jack Shainman Gallery, New York

Lynette Yiadom-Boakye,In Lieu of Keen Virtue 2017 © Lynette Yiadom-Boakye, courtesy the artist, Corvi-Mora, London and Jack Shainman Gallery, New York

Lynette Yiadom-Boakye, The Cream and the Taste 2013 Private Collection © Lynette Yiadom-Boakye

Lynette Yiadom-Boakye, Solitaire 2015 © Lynette Yiadom-Boakye, courtesy the artist, Corvi-Mora, London and Jack Shainman Gallery, New York

Per comperare il cagnolino di Jeff Koons andato in frantumi c'è già la fila

Durante il fine settimana una piccola scultura del famosissimo artista statunitense Jeff Koons è andata in frantumi a Miami (Florida). Per aggiudicarsi i pezzi si sono già candidati in molti.

L’opera faceva parte delle serie Editions, nate per soddisfare la richiesta del piccolo (si fa per dire) collezionismo, e riproponeva in scala ridotta l’iconico “Balloon Dog di Koons. A differenza dell’originale versione oversize (tra il 1994-2000), però, la scultura distrutta nello stand delle Bel-Air Fine Art Galleries della fiera Art Wynwood di Miami, è stata realizzata di recente in ben 799 pezzi. E il prezzo di ognuno, anzichè avvicinarsi ai 58 milioni del “Balloon Dog (Orange)” venduto da Christie's nel 2013, si aggira intorno ai 42mila dollari.

Per quanto i media di tutto il mondo abbiano diffuso la notizia che a rompere l’opera sia stata una donna che la toccava insistentemente, incapace di capire se si fosse trovata di fronte un palloncino o una sua rappresentazione, il gallerista Cédric Boero (direttore distrettuale di Bel-Air Fine Art, che gestiva lo stand ad Art Wynwood), raggiunto da Cnn, ha negato. La verità sarebbe molto più prevedibile e prosaica. Il piedistallo del Ballon Dog di Koons, sarebbe stato colpito inavvertitamente. Un incidente. Nient’altro.

C’è da dire che, rispetto alle grandi opere riflettenti che hanno contribuito a rendere planetaria la fama di Koons, il piccolo "Balloon Dog (Blue)" che era esposto nello spazio delle Bel-Air Fine Art Galleries, non aveva dalla sua la forza del materiale. Se le sculture di cagnoni degli anni ‘90, infatti, sono fatte di solido acciaio, la recente serie di cuccioli, è stata realizzata con tecniche artigianali in porcellana di Limoges. dallo storico marchio francese Bernardaud ed è delicata per definizione.

Ad ogni modo, l’incidente sarà coperto dall’assicurazione. In attesa dei cui periti i frammenti sono stati posti in una scatola.

Va anche aggiunto che non tutto il male è venuto per nuocere. Infatti, numerosi osservatori hanno segnalato l’aumentato flusso di pubblico alla Art Wynwood dopo la notizia dell’accaduto (un po’ com’era successo tempo fa, quando la banana appesa col nastro adesivo da Maurizio Cattelan all’Art Basel di Miami, era diventata virale).

Senza contare che i frantumi del "Balloon Dog (Blue)" in porcellana sarebbero già stati richiesti da diversi collezionisti. Lo fa sapere sempre Boero. Anche se, in questo caso, assicurazione permettendo, l’ultima parola spetterebbe a Jeff Koons (se l’opera di un artista contemporaneo viene danneggiata quest’ultimo può decidere di disconoscerne la paternità).

La serie Celebration, di cui i “Balloon Dog” fanno parte, è dedicata ai simboli di felicità famigliare negli Stati Uniti (e per estensione in tutto l’Occidente). Come, appunto, i palloncini annodati a rappresentare un bassotto da parte di un clown durante una festicciola di bambini.

"Floating Flower Garden": il giardino fluttuante di orchidee TeamLab

Teamlab, Floating Flower Garden: Flowers and I are of the Same Root, the Garden and I are One, Teamlab Planets. Interactive Kinetic Installation, Endless, Sound: Hideaki Takahashi Orchids(except Vanda and Renanthera): Haruyuki Kato(Zama Orchids Center) Vanda and Renancera: Kazuki Kaneta(moku), Yoshinobu Ueda(ACRE8) , teamLab. All images courtesy Teamlab

Trecimila orchidee per sentirsi tutt’uno con i fiori. Ecco il "Floating Flower Garden", aperta durante la pandemia, è già una delle opere più amate del museo di Teamlab a Tokio (Teamlab Planets). Un installazione che è anche un giardino. Fluttuante.

Campioni indiscussi delle mostre immersive, imbattibili nel costruire scenari magici in cui il pubblico si muove come in sogno, attraverso giochi di specchi, video e tecnologia digitale, il collettivo giapponese composto da artisti e scienziati, Teamlab, ha da qualche anno più di un museo. Di quello di Shangai abbiamo già parlato ma il più importante è a Tokio. Si chiama Teamlab Planets ed è attualmente ubicato nell’isola artificiale di Toyosu (dove rimarrà fino alla fine del 2023).

Lo spazio espositivo ha un successone tra i turisti, che costituiscono più della metà dei loro visitatori. Un pubblico di stranieri che individua nel museo del collettivo nipponico un ingresso privilegiato al cuore del Giappone. Anzi per molti di loro Teamlab Planets è il motivo principale del viaggio nel paese del Sol Levante. Con ricadute economiche importanti per l’intera isola. Perchè stiamo parlando di oltre 3milioni di visitatori dall’inaugurazione nel 2018 allo scorso anno.

Numeri sgonfiati dalle restrizioni all’ingresso degli stranieri durante la pandemia. Che su Teamlab Planets hanno avuto un peso determinante. Come dimostra l’aumento del 136 per cento nella vendita di biglietti, che lo spazio espositivo ha toccato quando sono state abbandonate.

Oltre ad aver cambiato sede (in origine era ad Odaiba), il museo, dalla sua inaugurazione, ha subito ampliamenti e aggiustamenti. Attualmente è composto da 4 installazioni su larga scala e due giardini. Non è rimasto immutato nemmeno durante la pandemia quando ha, ad esempio. aperto il ristorante di ramen vegano. Ma anche il "Floating Flower Garden".

Il giardino delle orchidee sospese, il cui nome completo è "Floating Flower Garden: Flowers and I are of the Same Root, the Garden and I are One", è composto da una massa di piante in fioritura senza apparente soluzione di continuità. 13mila epifite, in alcuni casi profumate, di vari generi (dalla comune Phalaenopsis fino a Vanda e Renanthera) appese a varie altezze. Che, per via della luce (in questo caso naturale) e degli specchi, danno la sensazione di essere infinite.

"I fiori- spiega Teamlab sul proprio sito web- di questa opera d'arte sono orchidee. La maggior parte delle orchidee è in grado di crescere senza terra assorbendo l'acqua dall'aria. I fiori di questa opera d'arte sono vivi, crescono e sbocciano ogni giorno che passa. Si potrebbe dire che stanno crescendo a mezz'aria".

Tuttavia, per garantire la perfezione multicolore di questa spettacolare opera-giardino, le orchidee vengono spesso sostituite e gli spettatori, facendo un salto al negozio di fiori del museo, possono portarsene a casa una. Cioè un pezzettino di questa grande scultura vivente.

D’altra parte lo scopo del lavoro, come dice il titolo stesso , è proprio quello di dare al pubblico l’impressione di essere tutt’uno con questa foresta tropicale. Condividendo con le piante lo spazio vitale, l’aria e la luce. Inoltre, i visitatori, messi nelle condizioni di passeggiare nelle aree in cui le piante sono più in alto sono spinti a contemplarle nella loro stupefacente bellezza.

"Quando qualcuno continua a guardare un fiore da vicino, il fiore guarda indietro e in quel momento diventa tutt'uno con il fiore e può davvero vedere i fiori per la prima volta".

Secondo il collettivo, l’opera è un monumento alla bellezza della Natura ma anche alla ricchezza della biodiversità. Di cui le orchidee costituiscono un esempio lampante.

"Le piante da fiore sono state le ultime specie vegetali ad apparire sulla terra. E le orchidee sono state gli ultimi fiori ad apparire, il che significa che sono le piante più evolute (...)  Si dice che circa il 10% di tutte le specie vegetali terrestri appartenga alla famiglia delle orchidee (...)"

"Floating Flower Garden" di Teamlab cambia anche costantemente odore (e un po’, visto che è viva, anche aspetto). Perchè a seconda del momento in cui viene osservata (mattina, pomeriggio, sera), alcune specie fanno sentire più intensamente il loro profumo o lo modificano.