Con "Snow Pallet 16" Toshihiko Shibuya trasforma la neve in una festa di forme inattese e colori vibranti

Toshihiko Shibuya, Snow Pallet 16, Snow Pallet Project 2022-23. All Images Courtesy: Toshihiko Shibuya

La saga scultorea “Snow Pallet” dell’artista giapponese Toshihiko Shibuya, ha raggiunto quest’anno il suo16esimo capitolo. E l’ha fatto con un’installazione site-specific meno estesa ma posizionata in una location prestigiosa. L'ingresso dell'Istituto di ricerca per l'arte contemporanea, CAI 03. Come sempre (o quasi) a Sapporo, sull'Isola di Hokkaido, nell'estremo nord del Giappone. Dove la neve d'inverno cade copiosa.

Snow Pallet 16” segue il consueto copione: l’artista posiziona dei supporti, simili a tavolini in metallo, dove la neve si posa cadendo. Le forme che si creano con il depositarsi della coltre bianca, cambiano costantemente, modificate dagli agenti atmosferici, dal passare del tempo (in certi momenti persino da un attimo all’altro), dalle ore del giorno, dal trascorrere delle stagioni. Un monumento al carattere effimero della bellezza. Per sottolineare questo continuo mutare, nonchè lo splendido paesaggio nordico reso irriconoscibile dalle nevicate invernali, Shibuya, dipinge gli elementi delle installazioni con colori fluoerescenti. Che proiettano una moltidudine di sfumature sia sulla neve che sul metallo stesso.

Normalmente, l’artista destina al colore la parte inferiore dei piani d’appoggio, ma in “Snow Pallet 16”, per massimizzare l’impatto dell’installazione sulla superficie di terreno occupato, ha usato quella superiore. L’effetto, è teatrale e informale al tempo stesso, per via dei toni scelti, vividi e pastello, a loro modo artificiali, legati ai processi produttivi e al paesaggio urbano in Giappone, eppure simili a quelli di caramelle, ghiaccioli e bibite.

A riguardo lo stesso artista ha commentato: "Ho dipinto la superficie superiore degli oggetti con un colore fluorescente. Quando le condizioni della neve cambiano, a causa della luce riflessa e dei fenomeni di trasmissionine, in modo simile a un sorbetto, le masse di neve mostrano vividi rosa, gialli, arancioni e blu. Così la neve sull'oggetto a momenti sembra ghiaccio tritato".

Per “Snow Pallet 16” poi, Shibuya, ha privilegiato supporti alti (da 1 metro e 80 ai 2 metri e 20), con un piano d’appoggio, più spesso, stretto. Orchestrando così, la nascita di una foresta di forme inaspettate e fragili. Pronte a consegnare spesso al colore il loro cambio di stato (dal solido al liquido e viceversa).

"L'inverno scorso- ha spiegato- c'è stata una forte nevicata a Sapporo. Per quuesto ho scelto elementi alti. Anche se la neve si accumulasse come la scorsa stagione, sono sagomati in modo da non essere sepolti. Le temperature saliranno più volte durante l' inverno. Quindi ci saranno spesso anche parentesi in cui gli spettatori potranno godersi liberamente lo spettacolo delle masse di neve colorate sugli oggetti".

Essenziale e vibrante, il lavoro di Toshihiko Shibuya, ha regole ferree. Prima tra tutte: l’anima poetica ed effimera della Natura deve sempre prevalere sull’opera. Mentre l’artista, umilmente, deve lasciare che la bellezza imprevedibile del Creato imponga le sue, talvolta apparentarentemente minute, rivoluzioni di ora in ora. Fino a mostrasi nella propria piena gradezza.

La serie “Snow Pallet” che Shibuya rimette in scena tenacemente tutti gli anni, sempre nello stesso periodo dell’anno, dal 2011, esemplifica chiaramente queste convinzioni.

Legata a filo stretto al design (per l’essenziale linearità dei supporti che l’artista posiziona), “Snow Pallet” ha anche a che fare con l’architettura (sia per come si inserisce negli spazi verdi all’interno delle aree urbane sia per i materiali e i colori utilizzati). Oltre che con la filosofia, la poesia, l’ecologia. E la memoria.

"Mi sforzo di creare opere d'arte che risuonino con la natura. La mia land-art simboleggia l'unicità del clima settentrionale di Hokkaido, con le sue abbondanti nevicate. L'arte nel contesto naturale dipende tutta dal tempo, ma penso che sia così che dovrebbe essere. Non c'è niente che possiamo fare per domare Madre Natura. Non miro a controllare la natura, ma ad annidarmi vicino ad essa, a usarla con intelligenza. La land art invernale 'Snow Pallet' è stata installata principalmente nella grande città di Sapporo. Dove la neve si accumula di circa 6 metri ogni inverno. La mia arte è site-specific perché trasmette anche 'ricordi dell'inverno'. "

Quest’ultima dichiarazione dell’artista è particolarmente interessante, perchè consegna la serie scultorea ad una dimensione intima, profondamente personale. Quasi collocando il suo ciclico ripetersi in uno spazio astratto, psicologico. Come se ogni spettatore, rivedendo di anno in anno i gruppi scultorei, possa usarli per evocare (attraverso la Natura e gli agenti atmosferici delle edizioni precedenti), i ricordi perduti e, allo stesso tempo, mantenere viva la memoria collettiva.

Un aspetto che ha a che fare con la documentazione necessaria per apprezzare i mutamenti del paesaggio durante il periodo in cui l’opera rimane installata. E che, con il passare del tempo, diventa testimonianza dei cambiamenti climatici e, in qualche modo, delle trasformazioni urbane.

"Le questioni ambientali- ha concluso l’artista- sono urgenti per tutti gli esseri umani. Lo scopo di Snow Pallet Project è quello di registrare e memorizzare le nevicate di ogni inverno attraverso l'arte, ma potrebbe esserci una stagione nel prossimo futuro in cui il progetto non sarà possibile a causa della totale mancanza di neve. Ovviamente non lo desidero. Spero che questo progetto continuerà intrecciare i bei ricordi di ogni inverno."

Snow Pallet 16” di Toshihiko Shibuya rimarrà all’ingresso esterno del CAI 03 di Sapporo (dietro il Santuario Gokoku e vicino al Parco Nakajima) fino al 18 febbraio 2023. L’artista, in ogni caso, condivide fotografie e video delle sue fugaci installazioni sia sul sito internet che sull’account instagram.

Con un progetto di fotogrammetria durato anni, l'artista Caterina Erica Shanta fa rivivere il carro trionfale della Festa della Bruna di Matera

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

Perso in uno spazio grigio tra rituale e attuale, concreto e astratto, autografo e condiviso, storico e contemporaneo, il progetto “Il Cielo Stellato”, della giovane artista di origine tedesca, Caterina Erica Shanta, mette al centro la Festa della Madonna della Bruna di Matera. E, in particolare, il suo carro, ricostruito da Shanta con un progetto di fotogrammetria durato anni.

Nata nell’86, Caterina Erica Shanta, si è formata a Venezia ma vive a Pordenone. Artista e regista, in genere ricorre al video e al linguaggio del cinema documentario per investigare le immagini prodotte da altri. Secondo lei, infatti, il continuo uso dello smartphone per immortalare la realtà, distorce il presente in un coro polifonico privo di concretezza, nel momento stesso in cui gli eventi si verificano. Rendendoli, di fatto, impalpabili ed astratti. Oltre che un’importante testimonianza di cambiamenti: sociali, culturali, tecnologici.

Ed è in questa prospettiva che si è interessata alla Festa della Madonna della Bruna di Matera. Un rito antico, che coniuga una parte religiosa e una pagana. Ogni anno, infatti, gli artigiani sulla base di un brano del Vangelo indicato dall’Arcivescovo, creano un carro triofale in cartapesta per comunicare il carattere effimero della vita. Naturalmente, quest’ultimo sfila per un lungo percorso, finchè non arriva nella piazza della cittadina, dove i fedeli lo distruggono, per portarsi a casa una reliquia benedetta ed ingraziarsi la buona sorte.

Oggi quello è anche il momento in cui tutti alzano il telefonino per catturare immagini e video.

Nell’affollatissima piazza principale- racconta l'artista- smartphone e macchine fotografiche sopra le teste del pubblico sono puntate sull’imminente ‘strazzo’ del Carro Trionfale. L’aria è elettrica, nell’attesa del momento cruciale della festa.

Caterina Erica Shanta su quel momento topico ha girato un film di media lunghezza, raccolto materiale d’archivio e realizzato una serie d’immagini con la tecnica della fotogrammetria. Cioè, quella tecnologia capace di generare modelli tridimensionali, a partire da una serie di fotografie scattate attorno ad un soggetto centrale. Una pratica resa spesso difficile dal numero di immagini necessarie.

Non nel caso della Festa della Madonna della Bruna, però.

"Il Carro in cartapesta sopraggiunge trainato da muli in corsa-continua Shanta- La piazza si contrae e si lancia, il gigante scompare sotto gli occhi di tutti, diviso in migliaia di frammenti. Nell’attimo prima della sua evanescenza, la piazza costellata di dispositivi ha inconsapevolmente astratto e duplicato il grande artefatto. È una nube di punti, una fotogrammetria composta da vettori luminosi nello spazio nero virtuale: il terzo cielo stellato”.

Il film, il materiale d’archivio e le immagini in fotogrammetria sono diventate anche una mostra che si intitola, appunto “Il cielo stellato”. E che, si è appena inaugurata alla Fabbrica del Vapore di Milano.

Shanta si preparava alla realizzazione di questo progetto da anni. Con ogni probabilità non a questa mostra (che avrà preventivato in tempi relativamente recenti), ma le immagini in fotogrammetria sono il risultato di un impengno durato molto a lungo. L’artista, infatti, raccoglieva le fotografie (scattate da altri) della distruzione del carro trionfale di Matera, da diverse edizioni della manifestazione, ormai. E aveva materiale per realizzazioni tridimensionali perfette. Colte da ogni angolo di visuale possibile.

Il cielo stellato” di Caterina Erica Shanta è a cura di Marta Cereda, e si tiene nello spazio Careof della Fabbrica del Vapore di Milano (dal 24 gennaio fino al 17 marzo 2023). Per chi è lontano dalla Lombardia, l’artista ha condiviso alcune delle immagini in fotogrammetria sul suo account instagram.

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, backstage

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, dettaglio

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

La teatrale e sospesa "The Quiet Parade" di Hans Op de Beeck all'Amox Rex di Helsinki

Hans Op de Beeck, The Quiet Parade, Amos Rex 2022 Photo: Mika Huisman

Lo scultore Hans Op de Beeck, che è anche scenografo e regista (oltre a compositore), ci ha ormai abituati alle atmosfere teatrali che spesso permeano le sue opere e le sue mostre. Ma forse mai come in “The Quiet Parade”, personale in corso al museo Amos Rex, quest’aspetto era stato così evidente.

Sarà il dipanarsi circolare dell’esposizione, o il buio caravaggesco che la avvolge. Se non, ancora, i faretti a soffitto che, mentre sottraggono le opere all’oscurità, sembrano proprio un cielo stellato, ma la mostra che il museo di Helsinki (in Finlandia) ha dedicato all’artista belga, dà davvero l’impressione di essere un corpo unico. E il racconto, sospeso certo, forse non è mai apparso pure così lineare e drammatico.

The Quiet Parade”, curata da Terhi Tuomi, presenta 24 sculture create tra il 2015 e il 2022. Cui si aggiungono un video e un’installazione sonora, "Staging Silence (3)" (del 2019). Ed è la prima personale finlandese di Op de Beeck.

Un appuntamento importante cui il belga si è presentato con l’intero armamentario di temi iconografici, rubati alla storia dell’arte e reinterpretati in chiave contemporanea, che gli sono cari: dalla Natura Morta al Paesaggio, dalla Vanitas al Memento Mori, fino alla Wunderkammer (il Gabinetto delle Curiosità). E di opere che ne hanno scandito il successo nel tempo. Anche quello più recente, con sculture come “The Horseman”, "My bed a raft, the room the sea and then I laughed some gloom in me",  “The Boatman”, o ancora “Danse Macabre”.

Hans Op de Beeck, che lavora con vari materiali, come poliestere o legno rivestito e intonaco pigmentato, presenta singole sculture o gruppi scultorei, profondamente evocativi. Indecisi tra una metaforica ma profondamente verosimile, persino iperrealista, rappresentazione della realtà, e surreale. Dove tutto è monocromo (grigio) come fosse congelato o pietrificato, in attesa di essere risvegliato dall’immaginazione del visitatore, il solo capace di rimettere in moto i racconti, immaginando un prima e un dopo, alle sue narrazioni sospese.

Riguardo il continuo costruire storie, Hans Op de Beeck, ha spiegato: “Sento il bisogno di creare degli ambienti, personaggi e situazioni fittizie nelle quali si respira una forma di alienazione e latente deragliamento per offrire allo spettatore un momento di consolazione e calma riflessione, come beh, se stessi condividendo l'idea che noi tutti abbiamo degli ostacoli da superare e non quella che siamo solo in balia dell'assurda condizione umana."

Mentre l’atmosfera di sospensione la spiega così: “In  un'opera d'arte mi piace sempre mettere in scena una certa tranquillità, perchè aiuta ad entrare in ciò che raffiguro , e a partire da lì qualunque sia il contenuto vero e proprio, sia esso rassicurante o crudele, facilmente accettabile e bello, o ruvido, oscuro e piuttosto difficile da digerire ”.

Hans Op de Beeck, che in Italia ha partecipato ad importanti esposizioni nel corso degli anni (per esempio alla Biennale di Venezia, o al Pirelli Hangar Bicocca), è attualmente ospite di Galleria Continua, con la mostra “Sognare”, nella hall dell’Hotel St Regis di Roma. In cui, tra conversazioni di strani personaggi, fanciulle addormentate e delicati insetti (come farfalle e libellule), mette in scena l’aspetto onirico della sua opera (fino al 31 gennaio 2023).

Hans Op de Beeck: The Quiet Parade” all’Amox Rex di Helsinki, proseguirà invece fino al 26 febbraio 2023.

Hans Op de Beeck, The Quiet Parade, Amos Rex 2022 Photo: Mika Huisman

Hans Op de Beeck, The Quiet Parade, Amos Rex 2022 Photo: Mika Huisman

Hans Op de Beeck, The Quiet Parade, Amos Rex 2022 Photo: Mika Huisman

Hans Op de Beeck, The Quiet Parade, Amos Rex 2022 Photo: Mika Huisman

Hans Op de Beeck, The Quiet Parade, Amos Rex 2022 Photo: Mika Huisman

Hans Op de Beeck, TATIANA (soap bubble) Photo: Stella Ojala

Hans Op de Beeck, The Settlement Photo: Stella Ojala

Hans Op de Beeck, The Workshop Photo: Stella Ojala

Hans Op de Beeck. My bed a raft, the room the sea, and then I laughed some gloom in me Photo: Stella Ojala

Hans Op de Beeck, Danse Macabre Photo: Stella Ojala

Hans Op de Beeck, Danse Macabre Photo: Stella Ojala

Hans Op de Beeck, Vanitas XL Photo: Stella Ojala