Con "Moon Phases", prima scultura ‘autorizzata’ sulla Luna, Jeff Koons è entrato nella Storia

Le sculture di Jeff Koons posizionate sul lander. Photo: Jeff Koons\X

Sono 125 sfere di acciaio che riproducono in modo meticoloso la superficie lunare, si distinguono l’una dalle altre per il punto di vista da cui sono state originariamente osservate (62 fasi lunari viste dalla terra ed altrettante da altri punti nello spazio, più un’eclissi) e la settimana scorsa sono arrivate sulla Luna. Ognuna misura poco meno di tre centimetri e tutte insieme, impacchettate in un cubo di plexiglass, compongono Moon Phases” di Jeff Koons, la prima opera d’arte ‘autorizzata’ ad occupare il suolo del satellite terrestre. Si tratta di un progetto che molti prima di Koons hanno potuto soltanto sognare e che, comunque la si voglia vedere, segna una tappa nella Storia.

Siamo atterrati!- ha commentato Koons- Congratulazioni a Intuitive Machines e SpaceX per il loro straordinario risultato nel realizzare questa storica missione privata sulla Luna! Sono così onorato che le mie opere d’arte Moon Phases siano parte della missione Odysseus!

Infatti, quando il lander Odysseus (chiamato anche Odi o IM1), partito il 15 febbraio, è allunato con successo giovedì scorso, dopo essersi staccato dal razzo SpaceX Falcon 9 (supervisionato dalla società Intuitive Machines con sede a Houston), era la prima volta che gli Stati Uniti tornavano sulla Luna dopo 50 anni ma si trattava anche della prima missione spaziale privata mai portata a termine. Un progetto, con tanto di sponsors, che ci si aspetta porti ricadute, non solo geopolitiche sulla Terra, ma soprattutto economiche.

Dal canto suo “Moon Phases”, oltre alle piccole lune di metallo luccicante che rimarranno sul suolo del satellite in qualità di primo monumento umano nello Spazio, si compone di una serie di NFT (di cui si occupa la sezione Pace Verso della galleria internazionale Pace Gallery) e di altre 125 sculture più grandi e preziose destinata a rimanere sulla Terra (per essere vendute). Queste ultime, fatte di acciaio inossidabile riflettente a specchio (come “Rabbit” il coniglio record d’asta di Koons), pur se uguali alle altre, misurano 39 centimetri e mezzo di diametro e, nel punto in cui Oddi è allunato portano una pietra preziosa applicata (un diamante bianco, un diamante giallo, uno zaffiro blu, uno smeraldo verde e un rubino rosso).

L’artista si aspettava che la sua opera venisse posizionata sulla Luna già nel 2022 ma il progetto ha avuto diverse battute d’arresto. Secondo la Pace Verso “Jeff Koons ha tratto ispirazione dalla Luna come simbolo di curiosità e determinazione (…)”, spiegando così il motivo per cui ogni scultura dell’artista statunitense porta il nome di una persona il cui nome ha contribuito al progresso dell’umanità (tra loro: Galileo Galilei, Platone, Nefertiti, Leonardo da Vinci, Artemisia Gentileschi, Andy Warhol, Ada Lovelace, David Bowie. Mahatma Gandhi; l’elenco completo è qui). Koons ha, invece, detto a New York Times che l’idea di mandare un’opera sulla Luna gliel’ha data il figlio Sean Koons, che aveva visto una proposta in tal senso. Sean, adesso 22enne, fa a sua volta l’artista, è uno dei sette figli di Koons e in un’intervista ha recentemente dichiarato: “Sarà stucchevole ma uno dei miei eroi è proprio mio padre”.

Si dice che “Moon Phases” sia la prima opera d’arte ‘autorizzata’ ad essere stata posizionata sulla Luna perché già ai tempi dell’Apollo12 (1969) un gruppo di artisti famosi dell’epoca (Andy Warhol, Robert Rauschenberg, John Chamberlain, Claes Oldenburg, Forrest Myers e David Novros) chiese il permesso di inviarne una. Non ricevettero mai risposta ma pare che “The Moon Museum” (così si chiamava la piastrellina su cui ogni artista aveva tracciato un velocissimo disegno) sia stata nascosta in qualche punto del lander e adesso sia ancora lì, benchè occultata. In seguito (1971), gli astronauti dell’Apollo 15, lasciarono una minuscola scultura d’alluminio dell’artista belga Paul Van Hoeydonck sul suolo lunare (in questo caso a memoria dell’impresa restano delle fotografie), oltre ad una targa commemorativa con i nomi dei loro colleghi morti in servizio. Sono molte di più, invece, le opere che nel tentativo di superare l’atmosfera terrestre sono state inghiottite dallo Spazio o andate distrutte prima di raggiungerlo.

Adesso “Moon Phases” di Koons insieme all’intera zona in cui è avvenuto l’allunaggio è tutelata dagli storici accordi di Artemis (firmati nel ’67) che estendono il concetto di siti di interesse storico allo spazio extra-atmosferico.

Le opere di Jeff Koons che nel 2022 sono state esposte a Palazzo Strozzi di Firenze in Italia, nei prossimi mesi saranno incluse in due collettive in Europa (alla Bourse de Commerce di Parigi prima e alla Pinakothek der Moderne di Monaco poi) mentre l’artista statunitense per il momento non ha annunciato l’apertura di nessuna personale.

Jeff Koons con le sue sculture di fronte alla navicella. Photo: Jeff Koons\X

A Lipsia è in mostra l'arte digitale (dal 1859 ad oggi)

Kat MUSTATEA, Voidopolis, 2021 5 Bücher // 5 books 29 x 22 cm Courtesy and © Kat Mustatea

La settimana prossima a Lipsia (in Germania) inaugurerà, “Dimensions”, una grande mostra collettiva dedicata all’arte digitale. Ci sarannno installazioni immersive, realtà aumentata, Nft e creazioni digitali varie, ma soprattutto, l’esposizione permetterà al visitatore, di risalire alle radici di queste opere avveniristiche. A partire dal 1859.

Dimensions”, curata dal francese, Richard Castelli (affiancato dal cino-tedesco, Dan Xu, e dall’austriaco-americana, Clara Blume), si sviluppa su ben 10mila metri quadri di spazio espositivo. L’edificio (si chiama Pittlerwerke, ed è stato una fabbrica di macchine), farà da cornice a 60 opere (spesso grandi) realizzate dal 1859 fino ad oggi.

"La motivazione principale di questa mostra- ha detto Castelli- non è solo quella di esporre le ultime tendenze dell'arte elettronica, ma anche di dare uno sguardo alle loro radici e al loro sviluppo",

Infatti, fra i numerosi artisti che, con la loro opera, comporranno questo evento, c’è il fotografo e scultore francese, François Willème. Nato nel 1830, proprio intorno al 1859 intuì i contemporanei concetti di scansione e stampa 3D. Lo fece scattando simultaneamente varie immagini allo stesso soggetto, riprese da più prospettive, attraverso 24 macchine fotograafiche. Ai tempi, Willème, pesò di aver inventanto soltanto una nuova tecnica per catturare la realtà (l’avrebbe chiamata fotoscultura).

Insieme al lavoro di Willème ce ne saranno molti altri, firmati da artisti provenienti da diverse aree geografiche e attivi in altrettanti periodi.

Per essere precisi, sono stati invitati a partecipare;Peggy Ahwesh (USA), Refik Anadol (Turchia/USA), LaTurbo Avedon, Golnaz Behrouznia & Dominique Peysson (Iran/Francia), Danielle Brathwaite-Shirlei (UK), Jean Michel Bruyère with Matthew Mcginity (Australia), Delphine Varas (Francia ) & Thierry Arredondo (Francia), Emmanuel Carlier (Frrancia), Choe U-Ram (Corea del Sud), Henri-Georges Clouzot con Martina Mrongovius (Francia/Australie), Matt Deslauriers (Canada), Dumb Type (Giappone), Ivana Franke (Croazia/ Germania), Joan Giner (Francia), Granular Synthesis (Austria), Claudia Hart (USA), Kurt Hentschlager (Austria/USA), Hosoo + Shoya Dozono & Ken Furudate (Giappone), HU Jieming (Cina), Ryÿji Ikeda (Giappone), Sarah Kenderdine & Jeffrey Shaw (Nuova Zeanda/Australia), Ryoichi Kurokawa (Giappone), Lfks (Francia), Ulf Langheinrich (Germania/Austria/ Ghana), Alberto Manguel / Robert Lepage / Exmachina (Canada/Argentina ), Lu Yang (Cina), Julien Maire (Francia), Miao Ying (Cina/USA), Kat Mustatea (USA), Nam June Paik (Corea del Sud/USA), Christian Partos (Svezia), Projet Eva (Canada), Ceb Reas (USA), Mika Tajima (USA), Shiro Takatani (Ggiappone), René Viénet (Francia), Susanne Wagner (Germania), François Willème (Francia), Wu Ziyang (Cina/USA).

A questi artisti e collettivi, si aggiungono quelli che parteciperanno a mostre virtuali.

L’esposizione è suddivisa in capitoli: media e video arte, arte immersiva, arte robotica, arte algoritmico- generativa, realtà virtuale e aumentata.

"La mostra- ha spiegato, Castelli- presenta l'arte elettronica e digitale in un contesto più ampio del solito. Ad esempio, il capitolo ‘Immersion’ non si limita alla realtà virtuale, ma abbraccia anche ambienti fisico-immersivi, sia attraverso proiezioni 3D o stimolazione diretta del cervello dello spettatore." 

Tra gli artisti contemporanei in mostra, una parola in più la meritano, per esempio: Refik Anadol (di cui ho parlato spesso), l’ormai storico e famosissimo, Nam June Paik, i Dumb Type (che hanno rappresentato il Giappone proprio alla Biennale di Venezia dello scorso anno). Poi il co-fondatore dei Dumb Type, Shiro Takatani, qui presente anche da solo, o meglio in coppia con Christian Partos (i due hanno creato sculture ed animazioni d’acqua, "in cui la gravità delle gocce d'acqua viene rallentata, sospesa o addirittura invertita"). Senza dimenticare le sculture luminose e mobili di Choe U-Ram, le due monumentali opere audio-video 3D e stereoscopiche di Ulf Langheinrich. E l’installazione site-specific di Ivana Franke, che, attingendo alle neuroscienze e all’architettura , sfiderà la percezione dello spettatore.

In breve: se tra il 19 aprile e il 9 luglio 2023, vi troverete in Sassonia, non perdetevi “Dimensions” (al Pittlerwerke di Lipsia), una grande mostra per capire il passato, ammirare il presente e immaginare il futuro dell’arte digitale.

François WILLÈME, Selbstbildnis (selfportrait), um 1860- 1865 Fotoskulptur, Gips // photosculpture, gypsum ca. 36 x 14,5 x 14,5 cm © ALBERTINA, Wien, Dauerleihgabe der Höheren Graphischen Bundes-Lehr- und Versuchsanstalt Foto: Bruno Klomfar, Vienna // Photo: Bruno Klomfar, Vienna

LU Yang Doku – Digital Alaya, 2022 Courtesy of the artist & Jane Lombard Gallery © Yang Lu Foto: Arturo Sanchez // Photo: Arturo Sanchez

Shiro TAKATANI, ST\LL for the 3D Water Matrix, 2014 © Shiro Takatani Foto: Patrik Alac // Photo: Patrik Alac

Kurt HENTSCHLÄGER, ZEE, 2008 Audio-visuelle Umgebung: künstlicher Nebel, Stroboskope, Pulslicht, Surround-Sound // Audio-visual environment: artificial fog, stroboscopes, pulse lights, surround sound Courtesy and © Kurt Hentschläger 2008–2023

Emmanuel CARLIER, The man with red hair, 1993  50 Synchronisierte Kameras // 50 synchronized cameras 40 Sekunden // 40 seconds © Emmanuel Carlier

WU Ziyang, Where Did Macy Go?, 2020 Digitales Farbvideo mit Sound // Color digital video with sound 8 Min., 53 Sek. © Ziyang Wu Foto: Digital Art Festival Taipei // Photo: Digital Art Festival Taipei

Ivana FRANKE, Center, 2004 Installationsansicht: Lauba, Zagreb // Installation view: Lauba, Zagreb 320 x 320 x 320 cm Konstruktion aus rostfreiem Stahl, Stahldraht, Monofilament, zwölf Spotlights // Stainless steel construction, steel wire, monofilament, twelve spotlights Courtesy LAUBA © Ivana Franke/VG Bild-Kunst, Bonn 2023

Con un progetto di fotogrammetria durato anni, l'artista Caterina Erica Shanta fa rivivere il carro trionfale della Festa della Bruna di Matera

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

Perso in uno spazio grigio tra rituale e attuale, concreto e astratto, autografo e condiviso, storico e contemporaneo, il progetto “Il Cielo Stellato”, della giovane artista di origine tedesca, Caterina Erica Shanta, mette al centro la Festa della Madonna della Bruna di Matera. E, in particolare, il suo carro, ricostruito da Shanta con un progetto di fotogrammetria durato anni.

Nata nell’86, Caterina Erica Shanta, si è formata a Venezia ma vive a Pordenone. Artista e regista, in genere ricorre al video e al linguaggio del cinema documentario per investigare le immagini prodotte da altri. Secondo lei, infatti, il continuo uso dello smartphone per immortalare la realtà, distorce il presente in un coro polifonico privo di concretezza, nel momento stesso in cui gli eventi si verificano. Rendendoli, di fatto, impalpabili ed astratti. Oltre che un’importante testimonianza di cambiamenti: sociali, culturali, tecnologici.

Ed è in questa prospettiva che si è interessata alla Festa della Madonna della Bruna di Matera. Un rito antico, che coniuga una parte religiosa e una pagana. Ogni anno, infatti, gli artigiani sulla base di un brano del Vangelo indicato dall’Arcivescovo, creano un carro triofale in cartapesta per comunicare il carattere effimero della vita. Naturalmente, quest’ultimo sfila per un lungo percorso, finchè non arriva nella piazza della cittadina, dove i fedeli lo distruggono, per portarsi a casa una reliquia benedetta ed ingraziarsi la buona sorte.

Oggi quello è anche il momento in cui tutti alzano il telefonino per catturare immagini e video.

Nell’affollatissima piazza principale- racconta l'artista- smartphone e macchine fotografiche sopra le teste del pubblico sono puntate sull’imminente ‘strazzo’ del Carro Trionfale. L’aria è elettrica, nell’attesa del momento cruciale della festa.

Caterina Erica Shanta su quel momento topico ha girato un film di media lunghezza, raccolto materiale d’archivio e realizzato una serie d’immagini con la tecnica della fotogrammetria. Cioè, quella tecnologia capace di generare modelli tridimensionali, a partire da una serie di fotografie scattate attorno ad un soggetto centrale. Una pratica resa spesso difficile dal numero di immagini necessarie.

Non nel caso della Festa della Madonna della Bruna, però.

"Il Carro in cartapesta sopraggiunge trainato da muli in corsa-continua Shanta- La piazza si contrae e si lancia, il gigante scompare sotto gli occhi di tutti, diviso in migliaia di frammenti. Nell’attimo prima della sua evanescenza, la piazza costellata di dispositivi ha inconsapevolmente astratto e duplicato il grande artefatto. È una nube di punti, una fotogrammetria composta da vettori luminosi nello spazio nero virtuale: il terzo cielo stellato”.

Il film, il materiale d’archivio e le immagini in fotogrammetria sono diventate anche una mostra che si intitola, appunto “Il cielo stellato”. E che, si è appena inaugurata alla Fabbrica del Vapore di Milano.

Shanta si preparava alla realizzazione di questo progetto da anni. Con ogni probabilità non a questa mostra (che avrà preventivato in tempi relativamente recenti), ma le immagini in fotogrammetria sono il risultato di un impengno durato molto a lungo. L’artista, infatti, raccoglieva le fotografie (scattate da altri) della distruzione del carro trionfale di Matera, da diverse edizioni della manifestazione, ormai. E aveva materiale per realizzazioni tridimensionali perfette. Colte da ogni angolo di visuale possibile.

Il cielo stellato” di Caterina Erica Shanta è a cura di Marta Cereda, e si tiene nello spazio Careof della Fabbrica del Vapore di Milano (dal 24 gennaio fino al 17 marzo 2023). Per chi è lontano dalla Lombardia, l’artista ha condiviso alcune delle immagini in fotogrammetria sul suo account instagram.

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, backstage

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, dettaglio

Caterina Erica Shanta, Il Cielo Stellato, videostill

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