Le Gazing Balls di Jeff Koons: Una su 350 ce la fa

Jeff Koons, Gazing Ball (Rubens Tiger Hunt), 2015, olio su tela, vetro e alluminio; cm 163,8 x 211,1 x 37,5 Collezione dell’artista. © Jeff Koons Photo: Tom Powel Imaging, Courtesy Gagosian Serie Gazing Ball Paintings – Sala 6

Tutte di recente creazione, le opere della serie Gazing Ball di Jeff Koons, fanno da ponte tra passato e futuro e meravigliano per la loro monumentale e raffinata bellezza. Perfette in ogni minimo particolare. Sia dipinti che sculture, mentre riproducono i capolavori degli antichi maestri, portano su di se questi luccicanti globi di vetro soffiato blu: le gazing balls, appunto. Fragili e leggere ma all’apparenza simili al pesantissimo Balloon Monkey (Blue). A testimonianza di quanto l’opera di Koons sia un universo che si finge immediato e un tantino superficiale, pur non essendolo affatto.

Ad ispirare la serie Gazing Ball (inclusa nella grande mostra “Shine”, in corso a Palazzo Strozzi di Firenze), sono delle colorate sfere riflettenti da mettere in giardino. Oggetti da due soldi e dubbio gusto, che spopolavano negli Stati Uniti degli anni ’50 ma che tutt’ora si possono recuperare per poche decine di euro. Nell’immaginario di Koons sono l’emblema della generosità e uno stratagemma per includere chi guarda e la vita in generale, all’interno dell’opera.

Quando ero piccolo- ha spiegato Jeff Koons- le persone mettevano come ornamento da giardino delle sfere decorative (gazing balls). E quando passavi a piedi o in macchina c’era un senso di generosità, la sensazione che lo avessero fatto per te (…) Sono sempre stato attratto da quell’aspetto della generosità, dal fatto che la sfera sarebbe stata lì in un cortile”.

Ma l’artista statunitense non si limita a prelevare le sfere decorative e a collocarle sulle riproduzioni delle opere degli antichi (che in vero riproduzioni non sono). Lasciandoci a bocca aperta, con giochi d’abilità nella realizzazione al limite del possibile. Per prima cosa, sembra inverosimile che quei globi blu perfettamente sferci siano fatti di vetro soffiato. La creazione delle gazing balls, infatti, è affidata a una selezionata cerchia di artigiani in Pennsylvania (proprio lo Stato in cui Koons è nato), che l’artista fa parecchio penare prima di usare uno dei loro manufatti. Mediamente “ne accetta circa uno su trecentocinquanta ultimatiha scritto il co-curatore della mostra Shine e direttore di Palazzo Strozzi, Arturo Galasino.

Modellate dal respiro umano, queste sfere, tratteggiano raffinati riferimenti alla Storia dell’Arte, mentre con ottimismo assorbono e distorcono il mondo che le circonda.

La gazing ball riflette il qui e ora- ha detto l’artista- riflette te, lo spettatore. Quindi affermala tua presenza mentre rispecchia anche le opere d’arte, e in qualche modo questo ti permette di viaggiare nel tempo”.

Se poi ci fossero ancora dubbi sul maniacale perfezionismo di Jeff Koons è ancora Gazing Ball a venirci in soccorso. Nella serie scultorea, dove le sfere appaiono in uno sfavillante contrasto con la lattea epidermide dei busti, il materiale bianco a base di gesso è stato appositamente perfezionato nello studio Koons. Per non parlare della versione pittorica, dove i colori tutti preparati e confezionati a mano, entrano poi a far parte della biblioteca cromatica dell’artista, organizzata per valore RGB e archiviata digitalmente.

Ogni dipinto è composto da più di 3000 colori e reinterpreta le opere dei grandi maestri del passato. “Il punto di partenza- spiega Galasino sul catalogo della mostra Shine, edito da Marsilio- è una riproduzione dei quadri, ovvero una stampa digitale ad altissima risoluzione che viene meticolosamente dipinta su tela, millimetro per millimetro, da una schiera di pittori impiegati nello studio. Non si tratta quindi di copie, anche perché, oltre a presentare infinite differenze di tonalità e materia pittorica, vengono drasticamente cambiate le dimensioni rispetto agli originali

I Gazing ball Paintings prendono a modello numerosi maestri del passato, con una predilezione per alcune epoche (come il Cinquecento veneziano) e per gli artisti francesi che Koons ama tanto da esserne un collezionista (possiede opere di: Poussin, Fragonard, Courbet, Manet e Monet). Nel bel mezzo delle tele, comunque, si trova sempre un supporto che sorregge una sfera di vetro. Ognuno di questi è dipinto su tutti e quattro i lati, senza che la riproduzione, o meglio rilettura del modello si interrompa per un istante.

Se contiamo che la forma finale delle Gazing ball Sculptures è una sintesi dei numerosi calchi in gesso che hanno fatto conoscere gli originali in tutto il mondo, capiamo che queste opere sono molto più elaborate (anche concettualmente) di quanto possano sembrare. E che sono frutto di uno sforzo mastodontico, compiuto allo scopo di elevare a monumento alla contemporaneità una decorazione da giardino, decisamente kitsch.

La serie Gazing Ball si potrà vedere dal vivo a Palazzo Strozzi fino al 30 gennaio, quando l’imperdibile mostra “Jeff Koons Shine”, che ha già raggiunto quota 140mila visitatori (un successo), lascerà il posto a Donatello prima (dal 19 marzo al 31 luglio 2022) e Olafur Eliasson poi (dal 22 settembre 2022 al 29 gennaio 2023). Oggi alle 19, invece, sui canali Youtube e Facebook di Palazzo Strozzi sarà possibile approfondire l’argomento ascoltando in diretta una conversazione tra Arturo Galasino e Massimiliano Gioni, autore del libro Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons. Per altre notizie su Jeff Koons (che a breve tra l’altro presenterà la sua seconda BMW Art Car) continuate a seguire Artbooms.

Jeff Koons, Gazing Ball (Apollo Lykeios), 2013 gesso e vetro; cm 239,4 x 94,3 x 87,6 Edizione 2 di un’edizione di 3 più 1 PA Prova d’artista di un’edizione di 3 più 1 PA Collezione dell’artista. © Jeff Koons Photo: Tom Powel Imaging Serie Gazing Ball Sculptures – Sala 6

"A spring in your step", la surreale (e monumentale) scala di Alex Chinneck a Brighton

A spring in your step, Alexander Chinneck. Tutte le immagini © Alex Chinneck, di Marc Wilmont

Conosciuto per le sculture che reinventano la quotidianità in chiave spettacolare e giocosa, l’artista inglese Alexander Chinneck (o Alex Chinneck), ha recentemente completato “A spring in your step”. L’opera è una scala alta 25 metri, che alla sommità si divide in tre ellissi, simili a stelle filanti o a nastro da pacchi.

Flessuosa, la scultura, fa da contraltare ai lineari e pesanti edifici che popolano Circus Street a Brighton (nella costa sud dell’Inghilterra). Sembra anche leggera ma è una questione di sola apparenza perchè , realizzata in acciaio zincato,. pesa 4 tonnelate e ha richiesto tre anni di lavoro.

Alex Chinneck mixa varie discipline nelle sue opere, dalla scenografia al design, ma l’interesse per il paesaggio urbano resta costante. “A spring in your step” tuttavia non è un elemento architettonico, infatti, come “Rock and roll” a Milano o le cassette postali annodate in “Alphabetti Spaghetti”, non ha nessuno scopo pratico.

Il fine di Chinneck, in questo intervento e in generale nel suo lavoro, è aprire un’inaspettta finesta su un mondo di fantasia all’interno della quotidianità. Rubando un sorriso ai passanti.

“'A Spring in Your Step' ha richiesto tre anni per essere completata-ha spiegato Chinneck in un post- pesa quattro tonnellate, è alta 25 metri e segue una forma elicoidale non ripetitiva, in espansione e in contrazione, rendendola la mia scultura più complessa ad oggi."

Su Instagram, Alex Chinneck, ha condiviso diverse immagini del laborioso processo di realizzazione di “A spring in your step. (via Colossal)

I dipinti più belli di Monet dal Musée Marmottan di Parigi da vedere ancora per un mese a Milano

Claude Monet (1840-1926) Passeggiata vicino ad Argenteuil, 1875 Olio su tela, 61x81,4 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, dono Nelly Sergeant-Duhem, 1985 Inv. 5332 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

Le mostre dedicate agli Impressionisti restano tra gli eventi più amati dal grande pubblico, tanto da essere diventate, nel tempo, una sorta di clichè. Spesso vuoto. Non è il caso della grande esposizione centrata sull’opera di Claude Monet in corso a Palazzo Reale, che riunisce ben 57 dipinti dai quali lo stesso artista francese non si era mai voluto separare e che teneva appesi alle pareti della sua dimora di Giverny in Normandia (quella del giardino famoso per le ninfee e tutt’ora visitabile). Dei capolavori insomma, adesso conservati al Musée Marmottan di Parigi.

Che li ha spediti in blocco a Milano, dove rimarranno ancora per circa un mese

La mostra, curata da Marianne Mathieu e realizzata in collaborazione con il Musée Marmottan e l’Académie Des Beaux Arts – Institut de France, si intitola appunto:Dal Musée Marmottan Monet, Parigi”. Ed è uno di quegli eventi che mettono d’accordo tutti a prescindere dalla conoscenza dell’argomento e dall’età. Ovviamente è immersiva, con stagni virtuali e cascate di fiori luminosi, sia per coinvolgere maggiormente il visitatore dando dinamismo al percorso, che per abbattere la barriera della pittura tra l’opera e chi osserva. Ma “Dal Musée Marmottan Monet, Parigi” non si limita a questo e chiama in causa lo spettatore appena possibile, con giochi e semplici divertenti esercizi che rendono l’esperienza piacevole. A misura di famiglia o di pomeriggio tra amici. Ma non per questo meno appagante dal punto di vista culturale vero e proprio, perché le opere ci sono: da Ninfee (1916-1919) a Le rose (1925-1926), da Sulla spiaggia di Trouville (1870) a Passeggiata ad Argenteuil (1875) fino a Charing Cross (1899‐1901).

Si parte dagli arredi in stile Impero e dai dipinti neoclassici tanto cari al fondatore del Musée Marmottan Monet, Paul Marmottan, per muoversi nella ricerca artistica e nella vita di Claude Monet attraverso altri sei gruppi di opere. La prima sezione tratteggia le origini del Musée Marmottan Monet (Paul Marmottan, in realtà, non era un fan degli impressionisti e le opere di Monet, il museo se l’è accaparrate grazie al lascito del figlio minore di Claude, Michel Monet) e nel contempo ci spiega il passaggio dallo Stile Impero all'Impressionismo. La seconda sezione ci immerge nella a pittura en plein air, tra trasporti rivoluzionati dalle nuove reti ferroviarie e pittori liberi di approvvigionarsi di colori meno costosi e finalmente conservati in un comodo tubetto. La terza si intitola “La luce Impressionista” ed entra nel cuore della ricerca degli Impressionisti e di Monet in particolare. Nella quarta si va dalle opere del periodo londinese fino all’abitudine di ritrarre particolari del giardino di Giverny. La quinta è dedicata ai grandi pannelli come le Ninfee. La sesta si focalizza sulle opere che si avviano verso l’astrazione e che influenzeranno molti artisti negli anni successivi. Per concludere con la settima sezione interamente dedicata ai fiori si intitola Le rose come l’ultima tela che l’artista francese dipinse nel 1926, a 85, prima di morire.

In breve la mostra ci fa incontrare il giovane Claude, innovatore e irrequieto ricercatore della luce, completamente calato nell’atmosfera di novità della seconda metà dell’800, per condurci gradatamente fino alla pittura ancora più innovativa ma anche meditativa della maturità avanzata che vira verso l’astrazione, fatta di tagli audaci (quasi fotografici,) colori riflessi, forme rarefatte e bidimensionalità. Senza trascurare la vita privata: dalla morte della prima moglie Camille alla progressiva perdita della vista del pittore.

A seguire le fotografie di alcune opere esposte a Palazzo Reale, oltre alle immagini del suggestivo allestimento e a un raro filmato del Giardino di Giverny in cui compare Claude Monet. Per vedere “Dal Musée Marmottan Monet, Parigi” (che fa parte del progetto “Musei del mondo a Palazzo Reale” e che mira a portare nello spazio espositivo milanese intere collezioni conservate all’estero) c’è tempo fino al 30 gennaio 2022 dopodichè le opere torneranno al Musée Marmottan Monet di Parigi.

Claude Monet (1840-1926) Lo stagno delle ninfee, 1917-1919 circa Olio su tela, 130x120 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5165 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

"Dal Musée Marmottan Monet, Parigi", Palazzo Reale. Veduta dell'allestimento

Claude Monet (1840-1926) Vétheuil nella nebbia, 1879 Olio su tela, 60x71 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5024 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

"Dal Musée Marmottan Monet, Parigi", Palazzo Reale. Veduta dell'allestimento

Claude Monet (1840-1926) Ninfee, 1916-1919 circa Olio su tela, 130x152 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5098 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

"Dal Musée Marmottan Monet, Parigi", Palazzo Reale. Veduta dell'allestimento

Claude Monet (1840-1926) Iris, 1924-1925 circa Olio su tela, 105x73 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5076 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

"Dal Musée Marmottan Monet, Parigi", Palazzo Reale. Veduta dell'allestimento (particolare)

Claude Monet (1840-1926) Falesia e porta d’Amont. Effetto del mattino, 1885 Olio su tela, 50x61 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5010 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

"Dal Musée Marmottan Monet, Parigi", Palazzo Reale. Veduta dell'allestimento (particolare)

Claude Monet (1840-1926) Il ponte giapponese, 1918-1919 circa Olio su tela, 74x92 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5177 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

"Dal Musée Marmottan Monet, Parigi", Palazzo Reale. Veduta dell'allestimento

Claude Monet (1840-1926) Ninfee, 1916-1919 circa Olio su tela, 200x180 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5119 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

"Dal Musée Marmottan Monet, Parigi", Palazzo Reale. Veduta dell'allestimento

Claude Monet (1840-1926) Le rose, 1925-1926 Olio su tela, 130x200 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5096 © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris