L'installazione immersiva di Motoi Yamamoto fatta solo di sale e vernice blu

Motoi Yamamoto, A Path of Memories (2021). All images Courtesy Motoi Yamamoto

Motoi Yamamoto crea installazioni artistiche effimere, rigorosamente site-specific, con il sale marino. Nel caso di quella creata per la Triennale di Oku-Noto a Suzu, l’opera era anche immersiva. Per farla la tecnologia non è stata necessaria. In compenso gli ci sono voluti 5 mesi di lavoro, tanta idropittura blu e 7 tonnellate di sale.

“A Path of Memories” realizzata dall’astista giapponese Motoi Yamamoto (ne ho parlato spesso) nella ex scuola materna Kodomari a Suzu (una cittadina nella prefettura di Ishikawa, più o meno al centro del Giappone) è stata visibile fino a pochi giorni fa (5 novembre 2021). Creata in occasione della Triennale di Oku-Noto, l’opera è rimasta esposta per due mesi. Un periodo insolitamente lungo per le installazioni, spesso grandi e sempre laboriosissime, dell’artista originario di Hiroshima, che durante l’ultimo giorno di mostra vengono quasi sempre smantellate dal pubblico, invitato a buttare il sale di cui sono composte in mare o in un corso d’acqua.

D’altra parte quest’installazione, costituita solo parzialmente di sale, ha richiesto ben 5 mesi di lavoro. L’artista insieme al suo team ha, infatti, ridipinto completamente (dal pavimento al soffitto) le pareti dell’asilo con della vernice lavabile blu. Su cui poi hanno tracciato degli intricati labirinti bianchi.

Un lavoro stupefacente per pazienza e precisione che faceva da scenografia a una strettissima scala composta interamente di sale e posizionata su un pavimento di sale. La struttura sembrava costruita con vecchi mattoni, lavorati in maniera da apparire segnati dal tempo e scrostati. Per erigerla sono servite 7 tonnellate di cristalli di cloruro di sodio.

Simboleggiava i ricordi e la memoria. Un tema caro all’artista, che muove la sua pratica fin dai primi tempi.

"Continuo a creare per non dimenticare i ricordi della mia famiglia- ha scritto tempo fa Motoi Yamamoto- Il sale è sempre stato profondamente legato alla vita delle persone in Oriente e in Occidente. In Giappone è una sostanza indispensabile per usanze come i funerali."

“A Path of Memories”, oltre a contenere un riferimento al futuro attraverso il colore blu scelto dalla figlia, aveva la caratteristica di calare lo spettatore in un mondo parallelo. Di immergerlo in un paesaggio interiore.

Le opere di Motoi Yamamoto stanno per essere esposte alla galleria en-arts di Kyoto (dal 12 novembre al 12 dicembre). Ma per vedere le sue installazioni immersive e non, si può semplicemente dare uno sguardo al sito internet o all’account instagram dell’artista.

"Danse Macabre" di Hans Op de Beeck riproduce una giostra d'epoca a grandezza naturale con tanto di scheletri vestiti ammodino

Hans Op de Beck, Danse Macabre, Sculptural Installation, 2021. 950 × 650 × 950 cm. steel, aluminum, wood, polyester, polyamide, polyurethane, PVC coated nylon, plaster, coating. All images Courtesy Studio Hans Op de Beeck, Triennale Brugge

“Danse Macabre” (“Danza Macabra”) dell’artista belga Hans Op de Beck (altri articoli su di lui qui) è una scultura stupefacente. Per dimensioni innanzitutto (12 metri di larghezza per 4 d’altezza) e maniacale copia dei dettagli. Iperrealista e surreale. Riproduce una giostra d’epoca, a grandezza naturale, popolata di scheletri vestiti secondo la moda dell’800.

Artista poliedrico, Hans Op de Beck, è sempre in grando di stupire per la complessità dei suoi gruppi scultorei. Grigi, quasi senza eccezione, e fatti di materiali vari. Ma “Danse Macabre”, presentata alla Triennale di Bruges in Belgio la scorsa estate (si è conclusa alla fine di ottobre 2021), se possibile, lo fa di più.

L’opera è una rilettura contemporanea del tema della Natura Morta. Sviscerato in tutte le sue varianti e simbolismi possibili, inzuppato in salsa gotica e condito con un filo di umorismo nero.

"Op de Beeck- spiega il sito dell'artista- considera la giostra come una messa in scena di intrattenimento tipicamente umana, un po' tragicomica. È anche un oggetto piuttosto assurdo: solleviamo i nostri bambini e li mettiamo su cavalli di legno e poi li lasciamo girare in tondo senza meta. Tali oggetti di divertimento o costruzioni che non sono o non sono più in uso diventano malinconici. L'allegria tacitata o passata dona a quegli oggetti, che sono fatti principalmente per essere in movimento e affollati di gente, una cupezza, come il vuoto dopo una festa".

Il soggetti riprodotti in “Danse Macabre” non sono tuttavia nuovi all’artista di Bruxelles. Dalla giostra, per la sua ambivalenza, agli scheletri, fino ai piccoli oggetti della vita quotidiana riuniti in complesse composizioni (che rappresentano il nostro ancorarci a loro per sfuggire lo scorrere del tempo).

L’opera, installata nello splendido nucleo storico di Bruges, era fruibile da tutti gratuitamente. Concepita per essere in armonia con l’eleganza dell’architettura delle Fiandre ma anche per scontrarsi con il clima di spensieratezza estivo e la vivacità del centro cittadino. Era, in ultima analisi, un Memento Mori (altro tema iconografico caro all’artista, scelto facendo riferimento all’epoca di costruzione degli edifici circostanti come, per altro, il titolo Danza Macabra rende evidente .

Da pochi giorni non è più possibile vedere “Dance Macabre” a Bruges ma una selezione piuttosto consistente di sculture di Hans Op de Beck è attualmente in mostra alla Galleria Continua di San Gimignano. Inoltre il sito internet e l’account instagram dell’artista presentano con puntualità le sue colte e scenografiche creazioni.

Le sculture di ceramica di Kazuhito Kawai, straripanti di vita

“l mall” (2019) – 30×35×29 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

Ironiche, talvolta grottesche ma soprattutto ricche e coloratissime, le sculture di ceramica del giovane artista giapponese Kazuhito Kawai, sono un concentrato di vita contemporanea. Virtuale o reale, immaginaria o trascorsa, ma di sicuro visivamente straripante.

Nato nella prefettura di Ibaraki, sull’Oceano Pacifico a nord-est di Tokyo, dov’è tornato a vivere dopo essersi laureato a Londra e specializzato a Kyoto (nel college che frequentò Yayoi Kusama e che ora porta il suo nome). Kazuhito Kawai, ha finito gli studi solo nel 2018, ma è già un’artista molto apprezzato. A provarlo il fatto che le sue opere siano già state esposte in alcune delle fiere d’arte contemporanea più importanti.

Le foto che compaiono in rete lo ritraggono come un giovane uomo con un bel viso e un’aria piuttosto sicura, circondato da barattoli di colore, polveri, boccette e strumenti vari. Insomma un artista- artigiano fiero del suo mestiere. Non a caso le sue sculture di ceramica si riappropriano della classica forma a vaso. Salvo poi deformarla fino ai limiti estremi dell’astrazione.

Fanno pensare ai manga, alla grafica e alla bellezza virtualmente ritoccata dei social media, ma anche a valanghe di cibo e al centro delle metropoli durante le ore di punta. Le opere di Kawai sono così. Tanto ricche da contenere tanto gli eccessi quanto le contraddizioni e celebrarli.

Lui dice che la stratificata profusione di forme arganiche delle sue sculture è un modo di intrappolare le emozioni. Una specie di caotico e coloratisiimo diario interiore..

"Utilizzando un approccio distintivo alla ceramica- scrive di lui la galleria Sokyo di Lisbona- le sculture di Kawai emergono come castelli o vasi in cui lo smalto estremo trabocca di un'espressione nostalgica che trattiene e intrappola le emozioni e i pensieri dell'artista."

Le opere di Kazuhito Kawai sono attualmente in mostra alla Sokyo Lisbon Gallery in Portogallo. L’esposizione che si intitola “Riding for a Fall”, citando un lavoro dell’artista inglese Tracy Emin, durerà fino al 4 dicembre. Tuttavia per vedere le sorprendenti sculture di ceramica di Kazuhito Kawai è anche possibile dare uno sguardo al sito internet o all’account instagram dell’artista.

‘Aliens’ (2021) – 30x25x25 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

‘Donatella’ (2020) – 33×23.5×28 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

‘it’s a small world’ (2021) - 30x24x24 cm. Image Courtesy of Sokyo Lisbon

"No name" (2020). Image Courtesy of Sokyo Lisbon