Mimmo Paladino scolpisce 18 cavalli ideali per la piazza principale di Piacenza

Mimmo Paladino, PaladinoPiacenza. Installazione Piazza Cavalli, Piacenza. Images: Lorenzo Palmieri

Mimmo Paladino, PaladinoPiacenza. Installazione Piazza Cavalli, Piacenza. Images: Lorenzo Palmieri

Surreali e placidamente irrequieti, sono i cavalli che compongono l’ultima opera d’arte pubblica di Mimmo Paladino e ci parlano di vita, morte, memoria, forza, dinamismo, celebrazione del potere ma anche dei momenti d’incontro tra culture ed epoche diverse. L’installazione momumentale (“Senza Titolo”), realizzata dall’artista per la piazza principale di Piacenza (l’iniziativa si chiama appunto PaladinoPiacenza), è composta da 18 sculture equestri in vetroresina e dal basamento (acciaio e legno) che ne è parte integrante. Sarà inaugurata domani (10 settembre 2020).

Fatti di curve dolci e linee talvolta inaspettate, i cavalli di Paladino, dialogano con le due sculture equestri di Edoardo Mochi (Montevarchi 1580- Roma 1654) che incorniciano la piazza della città. Tuttavia le opere barocche che ritraggono Alessandro e Ranuccio I Farnese mentre incedono forti e trionfanti, sono profondamente diverse nello spirito dall’installazione contemporanea. Li divide il dubbio. Tanto per cominciare, le forme che emergono, solo apparentemente in modo scomposto, da un sorta di piscina o recinto non solo veri e propri cavalli ma idee di cavallo che si alzano dal brodo primoridiale per scomparire, ritrovare la luce nuovamente, uscire. Dichiarando la loro esistenza al mondo che non sempre le ricompenserà con la memoria.

L’artista, ha detto in un’intervista rilasciata al quotidiano locale Libertà, che quando ha ideato l’opera aveva in testa i cavalli dipinti da Giorgio De Chrico, ma tutto sommato l’installazione, che non smette per un momento di guardare alla pittura, è anche saldamente legata alla Storia dell’Arte italiana primo-novecentesca, compresi i capitoli che si occupano di scultura.

Il cavallo però, che è un elemento ricorrente nel lavoro di Paladino, prende forma da suggestioni molto precedenti. L’artista, infatti, anni fa l’ha ridisegnato a partire da un modello funerario di origine etrusca.

Il progetto PaladinoPiacenza è curato da Flavio Arensi e Eugenio Gazzola che spiega così l’installazione:

L’opera richiama in causa il modello del monumento equestre e la sua adozione simbolica e urbanistica come luogo d’incontro tra culture moderne; tra iconografia occidentale e orientale; tra celebrazione della gloria terrena e ripensamento del rapporto con il passato, i morti, la Storia.”

Da ricordare, infine, che le sculture si torcono in pose (im)possibili), giocando con la prospettiva e il punto d’osservazione, per dirigere lo sguardo dei visitatori verso angoli degli edifici vicini, che appaiono come silenziosi testimoni dello scorrere della Storia, sospesi tra l’agitazione dei cavalli neri di Paladino e il blu impassibile del cielo.

PaladinoPiacenza fa parte del programma di Piacenza 2020/21, promosso da un comitato composto dal Comune di Piacenza, dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, dalla Diocesi Piacenza-Bobbio e dalla Camera di Commercio di Piacenza.

La monumentale installazione equestre di Domenico (Mimmo) Paladino, si potrà ammirare in Piazza Cavalli a Piacenza fino al 28 dicembre 2020.

Mimmo Paladino nel suo studio. Ritratto di Lorenzo Palmieri

Mimmo Paladino nel suo studio. Ritratto di Lorenzo Palmieri

"Opera": Edoardo Tresoldi porta a Reggio Calabria un grande giardino di colonne... trasparenti

Edoardo Tresoldi, Opera, original drawing © Edoardo Tresoldi

Edoardo Tresoldi, Opera, original drawing © Edoardo Tresoldi

Opera” sarà un enorme, etereo colonnato, che gioca con il paesaggio e accentua la prospettiva, evocando antiche suggestioni, pronte però a scomparire di fronte al mutevole fulgore di cielo e mare. Edoardo Tresoldi a Reggio Calabria, dopo la Basilica di Siponto in Puglia, sta realizzando la sua seconda, grande, opera pubblica permanente in Italia. Ed è improbabile che l’evento passi inosservato.

L’inaugurazione si terrà in settembre (2020, ma la data precisa non è ancora stata stabilita). Quello che sappiamo è che si tratterà di un lavoro imponente ma etereo ( come tutte le sue installazioni in rete metallica, del resto). Composta da 46 colonne, alte 8 metri ciascuna. Ma saranno il materiale trasparente e l’attenta collocazione degli elementi (studiata per condurre i visitatori verso la costa guardando spesso in alto) a fare la differenza.

Opera nasce per rimarcare il carattere del luogo- ha dichiarato Edoardo Tresoldi - attraverso il costruito, proponendone così un’ulteriore chiave di lettura. Ho cercato di creare un luogo della contemplazione e indagare il ruolo dell’arte pubblica oggi, che ritengo debba saper accogliere il presente.”

L’installazione permanente (promossa e commissionata dal Comune e dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria) si sviluppa sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria (un chilometro circa di estensione), all’interno di un parco di 2mila e 500 metri quadri ( uno dei più ampi spazi pubblici europei).

Edoardo Tresoldi, oltre alla Basilia di Siponto, ha realizzato altre prestigiose installazioni, come Simbiosi l’anno scorrso per Artesella in Trentino o nel 2018 “Etherea” per il Coachella Art and Music Festival in California. Per vederle tutte o solo scoprire come sarà “Opera” a Reggio Calabria c’è l’account instagram dell’artista.

Edoardo Tresoldi, Opera, original drawing © Edoardo Tresoldi

Edoardo Tresoldi, Opera, original drawing © Edoardo Tresoldi

Edoardo Tresoldi, Opera, original drawing © Edoardo Tresoldi

Edoardo Tresoldi, Opera, original drawing © Edoardo Tresoldi

Edoardo Tresoldi, Basilica di Siponto. © Roberto Conte

Edoardo Tresoldi, Basilica di Siponto. © Roberto Conte

Edoardo Tresoldi, Basilica di Siponto. © Roberto Conte

Edoardo Tresoldi, Basilica di Siponto. © Roberto Conte

Edoardo Tresoldi, Simbiosi. © Roberto Conte

Edoardo Tresoldi, Simbiosi. © Roberto Conte

Edoardo Tresoldi © Cristiano Coini

Edoardo Tresoldi © Cristiano Coini

L'artista Florentijn Hofman ha messo una volpe gigante a guardia di un incrocio di Rotterdam

All images © Florentijn Hofman by Frank Hanswijk

All images © Florentijn Hofman by Frank Hanswijk

L’ultima opera d’arte pubblica dell’artista olandese Florentijn Hofman, si intitola “Bospolder Fox”. Bospolder perchè è stata collocata in un quartiere di Rotterdam a ridosso dei boschi (Bos) ma su un terreno paludoso bonificato (Polder, appunto). E Fox perchè si tratta di una volpe. Una gigantesca volpe. Lunga ben 16 metri, con un sacchetto in bocca.

L’opera sorge a fianco di una strada trafficatissima della cintura urbana della città dei Paesi Bassi. E vuole comunicare apertura. Verso la natura innanzitutto, ma anche nei confronti dei forestieri. Tuttavia lo sguardo della volpe è vigile perchè non si sa mai cosa possa capitare.

La rappresentazione di una volpe non è solo una trovata fantasiosa di Florentijn Hofman. Infatti, capita spesso che le volpi si spingano in quel quartiere di Rotterdam per andare a caccia di conigli nel parco. O chissa’, per recuperare gli avanzi lasciati dal grande mercato alimentare della zona.

Forse è proprio per questo che la volpe ha un sacchetto in bocca.

Dal punto di vista del design urbano, la volpe, posizionata in modo da essere visibile più o meno per intero da diversi luoghi d’osservazione, è una galleria sotto cui ripararsi dalla pioggia o dal sole. Le zampe poi sono supporti adatti ai giochi dei bambini e sedute.

In coda a questo post un video mostra il processo attravero il quale Florentijn Hofman e il suo staff sono riusciti a fare una scultura così grande. Per vedere altre opere d’arte pubblica dello scultore olandese invece , meglio consultare il suo account Instagram. (via Designboom)

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