A Lipsia è in mostra l'arte digitale (dal 1859 ad oggi)

Kat MUSTATEA, Voidopolis, 2021 5 Bücher // 5 books 29 x 22 cm Courtesy and © Kat Mustatea

La settimana prossima a Lipsia (in Germania) inaugurerà, “Dimensions”, una grande mostra collettiva dedicata all’arte digitale. Ci sarannno installazioni immersive, realtà aumentata, Nft e creazioni digitali varie, ma soprattutto, l’esposizione permetterà al visitatore, di risalire alle radici di queste opere avveniristiche. A partire dal 1859.

Dimensions”, curata dal francese, Richard Castelli (affiancato dal cino-tedesco, Dan Xu, e dall’austriaco-americana, Clara Blume), si sviluppa su ben 10mila metri quadri di spazio espositivo. L’edificio (si chiama Pittlerwerke, ed è stato una fabbrica di macchine), farà da cornice a 60 opere (spesso grandi) realizzate dal 1859 fino ad oggi.

"La motivazione principale di questa mostra- ha detto Castelli- non è solo quella di esporre le ultime tendenze dell'arte elettronica, ma anche di dare uno sguardo alle loro radici e al loro sviluppo",

Infatti, fra i numerosi artisti che, con la loro opera, comporranno questo evento, c’è il fotografo e scultore francese, François Willème. Nato nel 1830, proprio intorno al 1859 intuì i contemporanei concetti di scansione e stampa 3D. Lo fece scattando simultaneamente varie immagini allo stesso soggetto, riprese da più prospettive, attraverso 24 macchine fotograafiche. Ai tempi, Willème, pesò di aver inventanto soltanto una nuova tecnica per catturare la realtà (l’avrebbe chiamata fotoscultura).

Insieme al lavoro di Willème ce ne saranno molti altri, firmati da artisti provenienti da diverse aree geografiche e attivi in altrettanti periodi.

Per essere precisi, sono stati invitati a partecipare;Peggy Ahwesh (USA), Refik Anadol (Turchia/USA), LaTurbo Avedon, Golnaz Behrouznia & Dominique Peysson (Iran/Francia), Danielle Brathwaite-Shirlei (UK), Jean Michel Bruyère with Matthew Mcginity (Australia), Delphine Varas (Francia ) & Thierry Arredondo (Francia), Emmanuel Carlier (Frrancia), Choe U-Ram (Corea del Sud), Henri-Georges Clouzot con Martina Mrongovius (Francia/Australie), Matt Deslauriers (Canada), Dumb Type (Giappone), Ivana Franke (Croazia/ Germania), Joan Giner (Francia), Granular Synthesis (Austria), Claudia Hart (USA), Kurt Hentschlager (Austria/USA), Hosoo + Shoya Dozono & Ken Furudate (Giappone), HU Jieming (Cina), Ryÿji Ikeda (Giappone), Sarah Kenderdine & Jeffrey Shaw (Nuova Zeanda/Australia), Ryoichi Kurokawa (Giappone), Lfks (Francia), Ulf Langheinrich (Germania/Austria/ Ghana), Alberto Manguel / Robert Lepage / Exmachina (Canada/Argentina ), Lu Yang (Cina), Julien Maire (Francia), Miao Ying (Cina/USA), Kat Mustatea (USA), Nam June Paik (Corea del Sud/USA), Christian Partos (Svezia), Projet Eva (Canada), Ceb Reas (USA), Mika Tajima (USA), Shiro Takatani (Ggiappone), René Viénet (Francia), Susanne Wagner (Germania), François Willème (Francia), Wu Ziyang (Cina/USA).

A questi artisti e collettivi, si aggiungono quelli che parteciperanno a mostre virtuali.

L’esposizione è suddivisa in capitoli: media e video arte, arte immersiva, arte robotica, arte algoritmico- generativa, realtà virtuale e aumentata.

"La mostra- ha spiegato, Castelli- presenta l'arte elettronica e digitale in un contesto più ampio del solito. Ad esempio, il capitolo ‘Immersion’ non si limita alla realtà virtuale, ma abbraccia anche ambienti fisico-immersivi, sia attraverso proiezioni 3D o stimolazione diretta del cervello dello spettatore." 

Tra gli artisti contemporanei in mostra, una parola in più la meritano, per esempio: Refik Anadol (di cui ho parlato spesso), l’ormai storico e famosissimo, Nam June Paik, i Dumb Type (che hanno rappresentato il Giappone proprio alla Biennale di Venezia dello scorso anno). Poi il co-fondatore dei Dumb Type, Shiro Takatani, qui presente anche da solo, o meglio in coppia con Christian Partos (i due hanno creato sculture ed animazioni d’acqua, "in cui la gravità delle gocce d'acqua viene rallentata, sospesa o addirittura invertita"). Senza dimenticare le sculture luminose e mobili di Choe U-Ram, le due monumentali opere audio-video 3D e stereoscopiche di Ulf Langheinrich. E l’installazione site-specific di Ivana Franke, che, attingendo alle neuroscienze e all’architettura , sfiderà la percezione dello spettatore.

In breve: se tra il 19 aprile e il 9 luglio 2023, vi troverete in Sassonia, non perdetevi “Dimensions” (al Pittlerwerke di Lipsia), una grande mostra per capire il passato, ammirare il presente e immaginare il futuro dell’arte digitale.

François WILLÈME, Selbstbildnis (selfportrait), um 1860- 1865 Fotoskulptur, Gips // photosculpture, gypsum ca. 36 x 14,5 x 14,5 cm © ALBERTINA, Wien, Dauerleihgabe der Höheren Graphischen Bundes-Lehr- und Versuchsanstalt Foto: Bruno Klomfar, Vienna // Photo: Bruno Klomfar, Vienna

LU Yang Doku – Digital Alaya, 2022 Courtesy of the artist & Jane Lombard Gallery © Yang Lu Foto: Arturo Sanchez // Photo: Arturo Sanchez

Shiro TAKATANI, ST\LL for the 3D Water Matrix, 2014 © Shiro Takatani Foto: Patrik Alac // Photo: Patrik Alac

Kurt HENTSCHLÄGER, ZEE, 2008 Audio-visuelle Umgebung: künstlicher Nebel, Stroboskope, Pulslicht, Surround-Sound // Audio-visual environment: artificial fog, stroboscopes, pulse lights, surround sound Courtesy and © Kurt Hentschläger 2008–2023

Emmanuel CARLIER, The man with red hair, 1993  50 Synchronisierte Kameras // 50 synchronized cameras 40 Sekunden // 40 seconds © Emmanuel Carlier

WU Ziyang, Where Did Macy Go?, 2020 Digitales Farbvideo mit Sound // Color digital video with sound 8 Min., 53 Sek. © Ziyang Wu Foto: Digital Art Festival Taipei // Photo: Digital Art Festival Taipei

Ivana FRANKE, Center, 2004 Installationsansicht: Lauba, Zagreb // Installation view: Lauba, Zagreb 320 x 320 x 320 cm Konstruktion aus rostfreiem Stahl, Stahldraht, Monofilament, zwölf Spotlights // Stainless steel construction, steel wire, monofilament, twelve spotlights Courtesy LAUBA © Ivana Franke/VG Bild-Kunst, Bonn 2023

Tra polemiche e grande pittura, Miriam Cahn, a Parigi:

Miriam Cahn, liegen, 1. + 13.10.96, 1996, oil on canvas, 20.5 x 25.5 cm , courtesy of the artist and galeries Jocelyn Wolff and Meyer Riegger, photo : François Doury

Sospesa tra figurazione e astrazione, poetici giochi cromatici e brutalità, velocità ed atemporalità, l’arte di Miriam Cahn, è difficile da definire. A volte tanto diretta da urtare la sensibilità di chi guarda, più spesso è elusiva, a tratti persino onirica e surreale. Ispirata al flusso incessante delle notizie di cronaca e nutrita alla fonte della Storia dell’Arte, l’opera di Cahn, evoca la complessità del mondo. Ed è fatta per essere osservata con calma. Forse per questo non manca mai di accendere polemiche.

E’ successo anche al Palais de Tokyo (il museo d’arte contemporanea di Parigi), dove gli organizzatori della grande mostra, “Ma Pensée Sérielle”, a lei dedicata, si sono visti costretti a mettere una targhetta per spiegare il dipinto “Fuck Abstraction!”.

Lo sdegno per l’errata interpretazione di un lavoro (effettivamente forte), infatti, dopo essere rimbalzato sui social era arrivato in tribunale, sotto forma di una petizione (che proponeva di rimuovere l’opera dal percorso espositivo).  In “Fuck Abstraction!”, una possente figura maschile, nuda con il pene eretto, tiene una mano sulla testa di un fragile personaggio inginocchiato di fronte a lui. L’opera, pensata come una denuncia alla violenza dei conflitti armati e agli stupri di guerra (qui aveva in mente l’Ucraina ma il tema è ricorrente), infatti, era stata scambiata per la rappresentazione di un episodio di pedofilia. La questione si è comunque conclusa in fretta (il giudice ha dato ragione all’artista).

E pensare che a Parigi, come spesso accaduto in passato, un cartello avvertiva i visitatori: “Alcune opere potrebbero urtare la sensibilità del pubblico”. “Fuck Abstraction!” a parte, l’artista dipinge spesso organi sessuali messi in evidenza. Cahn, da parte sua, sull’argomento è stata piuttosto chiara: “Non è un mio problema se le persone hanno difficoltà a guardare un pene eretto. È un problema della società, ed è per questo che è interessante.” (lo ha detto in un’intervista rilasciata quando la città di Siegen, in Germania, le ha conferito un importante riconoscimento).

Nella stessa conversazione, Cahn, ha affermato che a 72 anni continua a sentirsi infuriata ogni giorno che passa. Ad alimentare la sua rabbia sarebbe il flusso costante di notizie dei Tg, che l’artista però non ha mai smesso di ascoltare. D’altra parte lei, che è piuttosto portata alle accese discussioni, a quel sentimento spesso attinge per creare.

Ma chi è Miriam Cahn? Nata nel 49 a Basilea, di origini ebraiche, ha abitato in varie città europee per poi ritirarsi sulle Alpi svizzere, al confine con l’Italia. In Val Bregaglia, dove ha una casa-studio disegnata dall’architetto, Alberto Ruinelli. Ha dichiarato di considerare un privilegio poter fare arte in quella cornice, anche perché, Cahn, ama molto camminare. Una passione di famiglia, come il forte interesse per la politica. Quest’ultimo, di sicuro cresciuto durante il periodo di studio dell’artista alla Basel School of Design (l’ha frequentata in un momento caldo: dal ’68 al ’75).

Ma Cahn è soprattutto una femminista. Lo è talmente convintamente, da aver evitato di dipingere per oltre 30 anni: “Tra gli anni Settanta e la metà degli anni Novanta- ha spiegato, Isabella Achenbach, sulla guida della 59esima Biennale di Venezia- Cahn ripudia la pittura in un atto di resistenza femminista contro lo Zeitgeist del mondo artistico occidentale, incentrato sull’astrattismo e minimalismo dei colleghi maschi”.

Nel frattempo, l’artista svizzera disegnava. Solo bianco e nero, mettendo il supporto per terra, e usando tutto il corpo in una sorta di performance.  Le opere di quel periodo sono molto belle, il tratto è rabbioso, deciso, ma anche flessuoso, veloce ed apparentemente inarrestabile. Tuttavia, Cahn, che a quarantacinque anni decide di prendere finalmente in mano colori e pennello, è adesso nota soprattutto come pittrice (malgrado usi diversi mezzi espressivi. come fotografia, cinema e scrittura).

E si capisce perché, guardando le opere in mostra al Palais de Tokyo: Cahn usa la pittura con un virtuosismo magistrale. Si passa da una tessitura di sfumature di toni asciutti che conducono lo sguardo con dolcezza in paesaggi aspri e assolati; fino a un blu talmente vivo da sembrare illuminato con un faretto nascosto. A volte il colore, acido, innaturale, vivacissimo, si fa morbido, nebuloso, capace di riassorbire le figure a cui aveva concesso la vita. Altre volte prevalgono i toni pastello, che si scontrano con altri colori e tessiture. Niente è scontato nell’universo pittorico di Cahn. Tanto che le devastanti esplosioni atomiche sono rese con aerei acquerelli multicolore. Mentre le solitarie figure dei ritratti, guardano lo spettatore con una silenziosa domanda negli occhi. E poco importa, se talvolta hanno un volto farsesco, altre una maschera appena abbozzata e altre una faccia non ce l’hanno neppure.

Con oltre duecento opere, realizzate dagli anni ’80 fino ad oggi, “Ma Pensée Sérielle”, è la più grande retrospettiva dedicata a Miriam Cahn da un’istituzione francese. L’artista, che lo scorso anno ha partecipato a “The Milk of Dreams”, la Biennale di Venezia di Cecilia Alemani, è già stata ospite di documenta e ha consegnato le sue opere a importanti collezioni permanenti (tra loro quella del MoMA di New York, della Tate Modern di Londra, del Museo Reina Sofía di Madrid e del Museo d’Arte Moderna di Varsavia). Al Palais de Tokyo di Parigi, Cahn, ha accostato le opere tra loro per creare racconti e generare nuovi punti di vista.

"Una mostra- ha detto l’artista- è un'opera in sé e io la vedo come una performance".

Ci sono ritratti, paesaggi e immagini varie. Tutte rigorosamente senza cornice ma anche senza cartellini con titolo, tecnica e anno di produzione dell’opera. Non ci sono neppure note esplicative, a parte nel caso di “Fuck Abstraction!”, che adesso e fino al 14 maggio 2023, quando si concluderà la mostra, non verrà mai separata dal suo cartellino con tutti i chiarimenti del caso.

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Miriam Cahn, RAUM-ICH/ räumlich-ich : gelblichich, 2010, oil on canvas, 42 x 31 cm , courtesy of the artist and galeries Jocelyn Wolff and Meyer Riegger, photo : François Doury

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Miriam Cahn, baumtheorie im herbst, 18.9.21, 2021, oil on canvas, 380 x 214 cm , courtesy of the artist and galeries Jocelyn Wolff and Meyer Riegger, photo : François Doury

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Miriam Cahn, o.t., 2018 + 2.6.22, 2022, oil on canvas, 104.5 x 92 cm , courtesy of the artist and galeries Jocelyn Wolff and Meyer Riegger, photo : François Doury

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Vues d’exposition, Miriam Cahn Ma pensée sérielle - Palais de Tokyo (17/02/2023 – 14/05/2023) Crédit photo : Aurélien Mole

Miriam Cahn nel  suo studio. Photo Jocelyn Wolff

Damien Hirst regalerà 10 opere della nuova serie di NFT "Beautiful paintings"

Damien Hirst regalerà dieci opere della sua nuova serie di NFTBeautiful Paintings”. Se lascerà la scelta tra il formato fisico (in cui i colori vengono stampati su tela e su cui Hirst pone la propria firma con un pennarello) e quello digitale, non è dato sapere. Di certo c’è, che per cercare di aggiudicarsi un lavoro di uno degli artisti più quotati al mondo, c’è tempo solo fino al 9 aprile.

Creata sul confine che separa abilità e fato, autorialità e anonimato,“Beautiful Paintings”, cita gli storici “Spin Paintings” di Hirst e li porta all’estremo limite. Questi ultimi, infatti, erano frutto del caso, in contrapposizione all’Espressionismo Astratto e a tutti i sotto-movimenti che hanno usato il colore per dare forma alle emozioni. Per dipingerli, l’artista originario di Bristol, si limitava a versare delle vernici su una tela posta su un supporto in movimento. Gli “Spin Paintings” nacquero negli anni ‘90. ma Hirst non li ha mai abbandonati, tornando a riproporli, da solo o insieme ad altri, come quando invitò nel suo studio David Bowie per realizzarne uno insieme a lui.

Nei “Beautiful Paintings”, Damien Hirst invece, non versa neppure la vernice. Nella nuova serie, infatti, l’artista inglese, in collaborazione con la piattaforma d’arte e tecnologia Heni (attualmente la sua principale collaboratrice per le opere digitali). ha messo a punto un algoritmo generativo che permette a tutti di personalizzare la propria opera. Basta andare sulla pagina dedicata alla serie da Heni, per scegliere il motivo (le opzioni sono 25), i colori preferiti (da un minimo di 2 a un massimo di 12), oltre all’eventuale sfocatura e alla forma della tela (quadrata o rotonda). Si può persino saltare il processo a piè pari e lasciare scegliere tutto alla macchina (facente funzione della dea bendata). I lavori sono fisici, NFT, o entrambi. I prezzi oscillano, a seconda delle dimensioni scelte (da 24 a 100 cm), tra i 1500 e i 6000 dollari, mentre un NFT (coniato sulla blockchain di Ethereum) ne costa 2000.

Come aveva fatto l’artista nella sua precedente serie di NFT (“The Currency”), i potenziali collezionisti dei “Beautiful Paintings”, forniranno solo qualche parola alla macchina, che creerà il titolo da sola. Spesso con curiosi risultati.

I futuri titoli delle opere, così come i nomi dei colori (lo spettro cromatico di “Beautiful Paintings” è complentamente personalizzato e ogni sfumatura si chiama a proprio modo), sono frutto dell’ingegno dell’apprendimento automatico. Mostrando la volontà di Hirst, di allargare l’impalpabile campo da gioco dell’arte digitale, a linguaggi e concetti molto attuali.

La prima serie di NFT, intitolata “The Currency”, firmata da Damien Hirst nel 2021 e completata nel 2022, prevedeva che gli acquirenti dei 10mila pezzi della serie, esistenti sia fisicamente che digitalmente, (dopo circa un anno dalla transazione), scegliessero se tenere la versione in carta e colore dell’opera (fatta a mano da Hirst) o quella digitale. Per ogni NFT scelto, l’artista, ha bruciato il dipinto corrispondente. E il falò è stato piuttosto grande, dato che gli amanti degli NFT e quelli che hanno preferito i quadri si sono più o meno equiparati (4.851 a 5.149). Si è calcolato che il valore andato in cenere quel giorno si aggiri sui 10 milioni.

Con i “Beautiful Paintings” non vi sarà questo rischio. Ma per aggiudicarsi una delle 10 opere messe in palio ci sono delle regole da seguire. Per prima cosa bisogna creare e condividere il proprio lavoro su Instagram o Twitter ( tag @heni e @damienhirst), seguire Heni e Damien Hirst sugli stessi social e poi taggare tre amici nei commenti che seguono la discussione sull’argomento (su Instagram il link è questo, su Twitter questo). Damien Hirst, è l’unico giudice di questo concorso, e deciderà anche i premi in palio.

Per comprare una delle opere (stampate e firmate dall’artista o in formato digitale) della serie di NFT “Beautiful Paintings” di Damien Hirst, c’è tempo fino al 10 aprile 2023. Mentre per vincerle solo fino al 9 aprile 2023.