Zhang Dali, il provocatorio papà della street-art made in Cina, che imparò a fare i murales a Bologna

Zhang Dali, AK-47 (H8), 2008, acrylic on canvas

Zhang Dali, AK-47 (H8), 2008, acrylic on canvas

Pittore, scultore, performer ma soprattutto padre della street-art cinese, Zhang Dali è stato il primo artista dopo Keith Haring e Jackson Pollock ad apparire sulla copertina di Times. Ma si è guadagnato anche quella di Newsweek oltre a mostre nei più importanti musei e gallerie del mondo (dal MoMa di New York alla Saatchi Gallery di Londra allo Smart Museum di Chicago). 

Però tutto è iniziato a Bologna nell‘89 dove Zhang Dali ha vissuto e  imparato a fare street-art. Adesso, a oltre 20 anni dalla sua partenza dall‘Italia, Bologna gli dedica ‘Meta-Morphosis’ (dal 23 marzo  al 24 giugno). Organizzata da Fondazione Carisbo e Genus Bononiae. Musei nella Città, è curata da Marina Timoteo e si compone di ben 220 opere (divise in nove sezioni)

L‘esposizione, che ha il sapore dei grandi eventi, si terrà a Palazzo Fava, in pieno centro. Sotto i soffitti affrescati da Annibale Carracci. E sarà la prima antologica italiana di Zhang Dali.

Zhang Dali è il padre della street-art cinese. Che detta così può sembrare una piccola cosa. Ma a Pechino in pieni anni ‘90, quei graffiti  (serie 'Dialogue and Demolition) che apparivano sugli edifici destinati alla demolizione scatenarono un vero putiferio. I media ne parlavano in continuazione, c’era chi proponeva 20 anni di prigione per l‘autore. Ma nessuno sapeva chi era. E il tempo passò finchè quelle opere così provocatorie non si trasformarono in immagini alla moda. Allora Zhang Dali smise di farle.

Zhang Dali, Dialogue and demolition; Demolition: Forbidden City

Zhang Dali, Dialogue and demolition; Demolition: Forbidden City

La sua è la Cina raccontata dal regista Zhang Yimou prima di convertirsi ai colossal epici. Quella dei quartieri tradizionali che vanno giù per fare spazio ai grattacieli, quella della migrazione incessante e silenziosa dalle campagne alle città. Quella che giorno dopo giorno si è liberata della sua memoria.
Pechino in origine era una capitale imperiale, una città ben strutturata- ha detto in un’intervista pubblicata dal sito Asiancha- Ora, a causa dello sviluppo economico e di vari accordi di potere, è stata completamente distrutta. Quando ho visto la città demolita, ho sentito dolore. Chiunque fosse colto o educato penserebbe a questo problema: cioè, siamo assolutamente spietati a demolire la nostra cultura.”

Meta-Morphosis tratteggia tutto il percorso di Zhang Dali, durante il quale l'artista ha usato medium espressivi diversi e si è soffermato su aspetti differenti del mondo che aveva intorno. 

Ma tutte le serie di opere sono unite da un'accorata riflessione sulla memoria e sulla sua perdita.

Zhang Dali, A second History, immagine di propaganda maoista

Zhang Dali, A second History, immagine di propaganda maoista

Zhang Dali, A second History, foto originale dell'evento

Zhang Dali, A second History, foto originale dell'evento

A Second History: Questa serie è costata a Zhang Dali sette anni di lavoro. Sette anni trascorsi negli archivi per accostare le immagini di propaganda (che erano molto in uso dal regime durante il governo di Mao Zedong) alle fotografie originali. "Ho iniziato questa ricerca perché mi chiedevo come esplorare ciò che non è chiaramente visibile- ha detto in un'intervista riportata da Chinaphotoeducationmi chiedevo come entrare nella testa di qualcun altro  (i censori, in questo caso). Il mio progetto fotografico ha rivelato alcune cose inaspettate: la principale, quella propaganda è molto più complessa di quanto sembri. Non si limita a fare un punto politico: ciò che facevano i censori non era semplicemente la falsificazione dei documenti, ma obbedivano anche ai requisiti estetici dell'epoca.  Gli occhi stretti si allargano, le persone che sembrano troppo trasandate nelle scene di campagna venivano cancellate del tutto ".

Zhang Dali, AK-47 (H8), 2008, acrilico su tela (particolare)

Zhang Dali, AK-47 (H8), 2008, acrilico su tela (particolare)

AK-47: la sigla del kalashnikov, simbolo universale di guerra e sopraffazione, compone i ritratti  pittorici di uomini e donne, svelando la violenza quale elemento integrante e tessuto connettivo delle esistenze.

Zhang Dali, Slogan, acrilico su tela

Zhang Dali, Slogan, acrilico su tela

Slogan: Di nuovo pittura, semplice e corale nel ripetersi dei volti. Qui gli ideogrammi che compongono gli slogan della Repubblica Popolare rivelano, grazie alle variazioni di scale cromatiche, le foto-segnaletiche di uomini e donne.

Zhang Dali, Cianotipo su tela

Zhang Dali, Cianotipo su tela

Zhang Dali, Cianotipo, Bamboo

Zhang Dali, Cianotipo, Bamboo

World's Shadows: realizzata con l’antico processo fotografico della cianotipia, che disegna su tela di cotone o carta di riso delicate ombre umane, animali e vegetali. La cianotipia si realizza applicando un'emulsione sul tessuto che viene successivamente esposto alla luce ultravioletta. Spesso l'artista appoggia direttamente degli oggetti sulla base per far apparire le loro sagome. "Il mondo materiale costruisce e controlla il nostro sistema nervoso e può farci sentire agitati e turbati- commenta l'artista sempre su chinaphotoeducation- Quando manteniamo la calma e la tranquillità, ci rendiamo conto che il mondo sotto il nostro controllo è solo una piccola parte dell'universo, certamente non il tutto. Le ombre che documento esistono solo per pochissimo tempo, ma attraverso la fotografia le catturo, in modo che possano esistere per un tempo molto più lungo, davanti ai nostri occhi e sotto il nostro sguardo. "

Zhang Dali, Chinese Offspring, installazione

Zhang Dali, Chinese Offspring, installazione

Chinese Offspring: famosa serie di sculture colate in vetroresina dei mingong (i lavoratori migrati dalle campagne verso le grandi città cinesi). Una selva di sculture appese a testa in giù, a significare la mancanza di controllo che queste persone hanno sulla propria vita

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