Machine Hallucinations - Renaissance Dreams di Refik Anadol l'opera d'arte pubblica per il cortile di Palazzo Strozzi che costringe una maccchina a pensare oltre 12mila capolavori contemporaneamente

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Basta mettere piede nell’antico cortile di Palazzo Strozzi a Firenze per rimanere ammaliati da un’opera d’arte pubblica ipnotica e monumentale. Si tratta di Machine Hallucinations - Renaissance Dreams (2022) dell’artista turco- statunitense Refik Anadol. E’ il prologo della mostra “Let’s Get Digital! “(recentemente inaugurata negli spazi della Strozzina) ma anche un modo per richiamare l’attezione dei visitatori della mostra “Donatello Il Rinascimento” (in corso nell’edificio) sui dibattiti della contemporaneità. Somiglia ad un’opera astratta ed allo stesso tempo è come una gigantesca massa d’acqua dalle molteplici sfumature, cangiante e in perenne movimento.

Renaissance Dreams, parte della pionieristica serie Machine Hallucinations in cui Anadol esplora le capacità estetiche delle macchine quando gli si chiede di lavorare su vasti archivi di immagini, si concentra sui capolavori del Rinascimento. Non è la prima volta che lo fa: già lo scorso anno una sua importante installazione sull’argomento era andata in scena a Milano. L’opera si chiamava alla stesso modo ma era diversa. D’altra parte “Machine Hallucinations - Renaissance Dreams” (2022) è stata creata appositamente per dialogare con il cortile di Palazzo Strozzi. Nel tempo, l’artista e il suo team (per realizzare le sue “sculture di dati”, come le chiama, collabora con architetti, musicisti, programmatori neuroscienziati e scienziati) hanno chiesto ai computer di pensare agli ambienti naturali, alle opere astratte conservate al Moma di New York, alle correnti sottomarine, agli agenti metereologici e naturalmente al patrimonio architettonico, per cui Anadol ha una predilezione (trovare il modo di deformare digitalmente uno spazio tangibile, pare sia una sua fissazione).

Molti pezzi di questa serie, realizzati in NFT, sono stati battuti in asta a cifre a sei zeri.

L’opera per il cortile di Palazzo Strozzi viene presentata su uno schermo monumentale: un grande parallelepipedo piatto, alto 9 metri e largo 6. Raggiunge quasi le sommità, ma per non rovinare il colpo d’occhio a un certo punto si ferma discretamente, lasciando libera l’architettura di esprimersi in autonomia. Curiosamente non si percepiscono punti ciechi se lo si osseva, non solo più o meno in modo frontale, ma anche se si procede di lato.: le immagini in movimento sono sempre vive e dinamiche. Quasi scultoree. Nemmeno il riverbero della luce del giorno le offusca. D’altra parte, si ha quasi l’impressione che lo spazio-video sia mutevole. Anadol ha scelto di far agitare le sue impetuose onde di colore in una vasca bianca (come una tela concava), tuttavia noi sappiamamo che il monitor è piatto. Eppure non sembra. Non sembra proprio.

Per creare “Machine Hallucinations - Renaissance Dreams” (2022), Anadol ha chiesto a una macchina di analizzare e memorizzare ben 12mila 335 dipinti.

"Sono profondamente onorato- ha scritto su Instagram- di condividere la nostra nuova mostra a Pazzo Strozzi nel cuore di Firenze, patria del Rinascimento, Machine Hallucinations : Renaissance Dreams! La nostra serie pioneristica di IA Data Sculpture è ora nel cortile di 600 anni di una delle più importanti istituzioni artistiche accanto ai pezzi epici di Donatello! Abbiamo addestrato la nostra intelligenza artificiale con tutti i dipinti che sono stati creati durante l'era rinascimentale 1300 - 1700 con 12.335 dipinti."

Nato nel ‘85 in Turchia, Refik Anadol, si è presto trasferito in California per studiare all’UCLA. E’ stato uno dei primi artisti a poter frequentare una residenza (periodi di apprendimento- confronto molto ambiti, messi a disposizione di un ristretto numero di creativi) nella sede centrale di Google. Era il 2016, da allora Anadol lavora con l’Intelligenza Artificiale (IA), cioè algoritimi che permettono ai computer di apprendere da soli. In parte senza supervisione umana. Gli NFT sono venuti dopo. E si è chiesto: se le macchine possono imparare, possono anche sognare? E se lo potesssero cosa vedrebbero in sogno'?

Da questa intuizione è nata la serie Machine Hallucinations, in cui l’artista spinge le macchine ad avere delle vere e proprie allucinazioni. Cioè a pensare contemporaneamente a migliaia di immagini e a rielaborarle in una sorta di processo onirico. Cioè a sovrapporle e ad estrarre quanto ricorre. Nel caso dell’opera di palazzo Strozzi: i colori. Che, infatti, scomposti in migliaia di splendide sfumature, si alternano sul video. Prima tono su tono, poi con accostamenti sempre più arditi. Se avesse sciolto dei colori nell’acqua, filmando poi il tutto, le immagini non avrebbero mai potuto raggiungere lo stesso livello di complessità e raffinata bellezza. E mai gli stessi ingannevoli volumi.

Ovviamente, per ora la capacità decisionale di una macchina, senza aiuto umano, è limitata. Ma il mondo si muove veloce e il dibattito su una loro eventuale futura presa di coscenza è uno dei temi più caldi del presente. Refik Anadol, in qualche misura con ogni sua opera, sceglie di contribuirvi (del resto lui stesso ha dichiarato che la visione di Blade Runner gli ha cambiato la vita). Ma nel frattempo le macchine le fa sognare e noi insieme a loro

Machine Hallucinations - Renaissance Dreams” di Refik Anadol rimarrà nel cortile di Palazzo Strozzi, a Firenze, per tutta la durata di “Let’s Get Digital! NFT e Nuove Realtà dell’Arte Digitale (fino al 31 luglio 2022). La mostra, che si rivolge a un pubblico vasto e non necessariamente preparato sull’argomento, ogni lunedì (alle 18) prevede anche un’introduzione all’arte digitale e una presentazione dei suoi protagonisti. Il servizio è compreso nel prezzo del biglietto. Machine Hallucinations - Renaissance Dreams, invece, è un’opera d’arte pubblica che tutti possono ammirare gratuitamente.

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Let's Get Digital| Da ieri NFT e Criptoarte sono in mostra a Palazzo Strozzi di Firenze. Per scoprire tutti i segreti della rivoluzione più discussa della Storia dell'Arte

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Furti, falsi, dubbie attribuzioni: è l’altra metà dell’arte, quella oscura. Ma tutto questo non vale, per l’arte digitale. Almeno quella certificata in NFT (cioè la cripotarte). Che non si può rubare ne falsificare come un dipinto, anche se riprodotta milioni di volte. Come se avesse delle impronte digitali o ancora meglio un dna. Una caratteristica che l’ha resa una forma di investimento sicuro e che ha fatto macinare record d’asta ad opere poco conosciute, tramutando in star i loro autori

Una discussa rivoluzione in corso. Così mentre Beeple mette in asta un lavoro creato a quattro mani con Madonna e Refik Anadol incassa 1milione e 38mila dollari con “Living Architecture: Casa Batlló”, Palazzo Strozzi di Firenze inaugura “Let’s Get Digital!” Una mostra dedicata agli esponenti più noti di NFT e criptoarte (Beeple, Refik Anadol, Daniel Arsham , Krista Kim, Andrés Reisinger, Anyma).

Let’s Get Digital- ha detto Arturo Galsino direttore di Palazzo Strozzi e dell'omonima Fondazione- rappresenta una delle prime e più importanti mostre dedicate alla rivoluzione NFT mai realizzate da una istituzione culturale del nostro paese e si pone l’obiettivo di avvicinare il grande pubblicoa opere e temi che stanno trasformando in maniera radicale il nostro rapporto con l’arte, e con il mondo digitale nel suo complesso. Nell’ambito del programma Palazzo Strozzi Future Art con la Fondazione Hillary Merkus Recordati, questa mostra si pone come un ulteriore tassello di sperimentazione e visione sull’arte del presente".

L’esposizione si affianca a quella di Donatello (per ricordare che il passato è vivo solo attraverso il presente e la prospettiva di un futuro). Ed è a misura di grande pubblico, fornendo sia un modo veloce e piacevole per apprendere l’abc di un fenomeno nuovo (con tanto di glossario), che lo spazio per approfondimenti (c’è una biblioteca sull’argomento).

Partendo, appunto, dalla definizione di NFT: "Acronimo per Non-Fungible Token, gettone non fungibile/riproducibile, un NFT è un video, un’immagine o un qualunque contenuto digitale che viene certificato (o in gergo “mintato”, coniato) attraverso la blockchain. Letteralmente una catena di blocchi, questa tecnologia rende i file crittografati, non modificabili e registrati in un archivio che garantisce a un file di essere visualizzato da tutti ma posseduto solo da un singolo individuo o, per meglio dire, da un singolo wallet, un indirizzo identificativo ma anonimo".

Il pezzo forte di “Let’s Get Digital! è la grande opera di Refik Anadol "Machine Hallucination - Renaissance Dreams". Realizzata appositamente per il cortile di Palazzo Strozzi dall’artista turco-statunitense, è alta 9 metri e larga sei. L’enorme monitor, tuttavia, sembra privo di una forma fisica chiara: a volte appare un semplice schermo altre dà l’impressione di essere concavo. Su di lui masse di colore si agitano come onde, si fondono e scontrano impetuose. Sono i colori di tutte le opere del Rinascimento che Anadol ha dato in pasto a una macchina . E il lavoro non è nient’altro che quello che lei vede se le si chiede di visualizzarli tutti insieme.

La grande opera d’arte pubblica (accessibile a tutti gratuitamente com’è tradizione di Palazzo Strozzi in occasione delle sue mostre contemporanee) introduce al percorso pensato per gli spazi della Strozzina (che poi sono i sotterranei dell’edificio rinascimentale).

Lì ci sono le opere, decisamente molto pop e spesso fastidiosamente caricaturali, di chi la rivoluzione degli NFT l’ha fatta esplodere diventandone l’indiscusso protagonista. Lo statunitense Mike Winkelmann, in arte Beeple, infatti, grazie al suo collage digitale "Everydays: the First 5000 Days" (in mostra), ha guadagnato 69,3 milioni di dollari diventando d'un giorno all'altro l'artista più quotato al mondo dopo David Hockney e Jeff Koons (anche lui recentemente protagonista di una mostra a Palazzo Strozzi).

Ma anche il busto del Louvre proveniente dalla Collezione Borghese che si forma ed erode continuamente dello statunitense Daniel Arsham. Dietro di lui le stagioni cambiano, in omaggio alla ciclicità orientale e a un gusto per la bellezza senza tempo, che Arsham affianca sempre alle sue opere legate a un concetto di futuro di ineluttabile scomparsa e solitudine (anche la scultura protagonista di quest’opera è programmata per scomparire del tutto nel corso di mille anni).

Poi la quotidianità sospesa e poetica dell’argentino Andrés Reisinger, le atmosfere, allo stesso tempo rilassanti e distopiche, della casa su marte immaginata dall’unica donna del gruppo: la canadese Krista Kim. E gli ibridi ingenuo-nostalgici tra macchine e natura del collettivo italiano Anyma (Matteo Milleri e Alessio De Vecchi).

Let’s Get Digital!” non è una grande mostra (non come quella che dal 22 settembre Palazzo Strozzi dedicherà a Olafur Eliasson e che occuperà gran parte del museo) ma ha il pregio di condensare opere importanti e in modo molto diverso profondamente rappresentative della rivoluzione NFT. Curata da Arturo Galansino è co-curata da Serena Tabacchi (Direttrice del MoCDA, Museo d’arte digitale contemporanea), si potrà visitare fino al 31 luglio.

Refik Anadol, Machine Hallucination - Renaissance Dream ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Daniel Arsham, Eroding and Reforming Bust of Rome (One Year),, 2021, NFT single-channel video with sound Courtesy the artist RFC Collection - Pablo Rodriguez-Fraile & Desiree Casoni

Daniel Arsham, Eroding and Reforming Bust of Rome (One Year),, 2021, NFT single-channel video with sound Courtesy the artist RFC Collection - Pablo Rodriguez-Fraile & Desiree Casoni

Beeple (Mike Winkelmann) Everyday: INFECTED CULTURE DAY, 2020 Video files (NFT) RFC Collection - Pablo Rodriguez-Fraile & Desiree Casoni Courtesy the artist

Beeple (Mike Winkelmann) Everydays: GIGACHAD, 2021 Video files (NFT) RFC Collection - Pablo Rodriguez-Fraile & Desiree Casoni Courtesy the artist

Krista Kim Mars House, 2020 3D files (NFT) Music: Jeff Schroeder Courtesy Krista Kim Studio Collection AOI Vault

Anyma (Matteo Millari and Alessio De Vecchi) Angel 1, 2022 Computer Generated Images (NFT) Courtesy the artists and private collections

Anyma (Matteo Millari and Alessio De Vecchi), Eva 0, 2021 Computer Generated Images (NFT) Courtesy the artists and private collections

Andrés Reisinger, Arcadia (2021) A collaborative work by Andrés Reisinger, Arch Hades e RACVideo with sound (NFT), 9’48” Designers: Sebastian Baptista, Carlos Neda, Javier Bianchi Courtesy the artist RFC Collection - Pablo Rodriguez-Fraile & Desiree Casoni

Andrés Reisinger, Arcadia (2021) A collaborative work by Andrés Reisinger, Arch Hades e RACVideo with sound (NFT), 9’48” Designers: Sebastian Baptista, Carlos Neda, Javier Bianchi Courtesy the artist RFC Collection - Pablo Rodriguez-Fraile & Desiree Casoni

La sala dedicata all’installazione video multischermo di Andrés Reisinger ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

La sala dedicata alle opere di Beeple ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Glosssario a Palazzo Strozzzi ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio

Le Gazing Balls di Jeff Koons: Una su 350 ce la fa

Jeff Koons, Gazing Ball (Rubens Tiger Hunt), 2015, olio su tela, vetro e alluminio; cm 163,8 x 211,1 x 37,5 Collezione dell’artista. © Jeff Koons Photo: Tom Powel Imaging, Courtesy Gagosian Serie Gazing Ball Paintings – Sala 6

Tutte di recente creazione, le opere della serie Gazing Ball di Jeff Koons, fanno da ponte tra passato e futuro e meravigliano per la loro monumentale e raffinata bellezza. Perfette in ogni minimo particolare. Sia dipinti che sculture, mentre riproducono i capolavori degli antichi maestri, portano su di se questi luccicanti globi di vetro soffiato blu: le gazing balls, appunto. Fragili e leggere ma all’apparenza simili al pesantissimo Balloon Monkey (Blue). A testimonianza di quanto l’opera di Koons sia un universo che si finge immediato e un tantino superficiale, pur non essendolo affatto.

Ad ispirare la serie Gazing Ball (inclusa nella grande mostra “Shine”, in corso a Palazzo Strozzi di Firenze), sono delle colorate sfere riflettenti da mettere in giardino. Oggetti da due soldi e dubbio gusto, che spopolavano negli Stati Uniti degli anni ’50 ma che tutt’ora si possono recuperare per poche decine di euro. Nell’immaginario di Koons sono l’emblema della generosità e uno stratagemma per includere chi guarda e la vita in generale, all’interno dell’opera.

Quando ero piccolo- ha spiegato Jeff Koons- le persone mettevano come ornamento da giardino delle sfere decorative (gazing balls). E quando passavi a piedi o in macchina c’era un senso di generosità, la sensazione che lo avessero fatto per te (…) Sono sempre stato attratto da quell’aspetto della generosità, dal fatto che la sfera sarebbe stata lì in un cortile”.

Ma l’artista statunitense non si limita a prelevare le sfere decorative e a collocarle sulle riproduzioni delle opere degli antichi (che in vero riproduzioni non sono). Lasciandoci a bocca aperta, con giochi d’abilità nella realizzazione al limite del possibile. Per prima cosa, sembra inverosimile che quei globi blu perfettamente sferci siano fatti di vetro soffiato. La creazione delle gazing balls, infatti, è affidata a una selezionata cerchia di artigiani in Pennsylvania (proprio lo Stato in cui Koons è nato), che l’artista fa parecchio penare prima di usare uno dei loro manufatti. Mediamente “ne accetta circa uno su trecentocinquanta ultimatiha scritto il co-curatore della mostra Shine e direttore di Palazzo Strozzi, Arturo Galasino.

Modellate dal respiro umano, queste sfere, tratteggiano raffinati riferimenti alla Storia dell’Arte, mentre con ottimismo assorbono e distorcono il mondo che le circonda.

La gazing ball riflette il qui e ora- ha detto l’artista- riflette te, lo spettatore. Quindi affermala tua presenza mentre rispecchia anche le opere d’arte, e in qualche modo questo ti permette di viaggiare nel tempo”.

Se poi ci fossero ancora dubbi sul maniacale perfezionismo di Jeff Koons è ancora Gazing Ball a venirci in soccorso. Nella serie scultorea, dove le sfere appaiono in uno sfavillante contrasto con la lattea epidermide dei busti, il materiale bianco a base di gesso è stato appositamente perfezionato nello studio Koons. Per non parlare della versione pittorica, dove i colori tutti preparati e confezionati a mano, entrano poi a far parte della biblioteca cromatica dell’artista, organizzata per valore RGB e archiviata digitalmente.

Ogni dipinto è composto da più di 3000 colori e reinterpreta le opere dei grandi maestri del passato. “Il punto di partenza- spiega Galasino sul catalogo della mostra Shine, edito da Marsilio- è una riproduzione dei quadri, ovvero una stampa digitale ad altissima risoluzione che viene meticolosamente dipinta su tela, millimetro per millimetro, da una schiera di pittori impiegati nello studio. Non si tratta quindi di copie, anche perché, oltre a presentare infinite differenze di tonalità e materia pittorica, vengono drasticamente cambiate le dimensioni rispetto agli originali

I Gazing ball Paintings prendono a modello numerosi maestri del passato, con una predilezione per alcune epoche (come il Cinquecento veneziano) e per gli artisti francesi che Koons ama tanto da esserne un collezionista (possiede opere di: Poussin, Fragonard, Courbet, Manet e Monet). Nel bel mezzo delle tele, comunque, si trova sempre un supporto che sorregge una sfera di vetro. Ognuno di questi è dipinto su tutti e quattro i lati, senza che la riproduzione, o meglio rilettura del modello si interrompa per un istante.

Se contiamo che la forma finale delle Gazing ball Sculptures è una sintesi dei numerosi calchi in gesso che hanno fatto conoscere gli originali in tutto il mondo, capiamo che queste opere sono molto più elaborate (anche concettualmente) di quanto possano sembrare. E che sono frutto di uno sforzo mastodontico, compiuto allo scopo di elevare a monumento alla contemporaneità una decorazione da giardino, decisamente kitsch.

La serie Gazing Ball si potrà vedere dal vivo a Palazzo Strozzi fino al 30 gennaio, quando l’imperdibile mostra “Jeff Koons Shine”, che ha già raggiunto quota 140mila visitatori (un successo), lascerà il posto a Donatello prima (dal 19 marzo al 31 luglio 2022) e Olafur Eliasson poi (dal 22 settembre 2022 al 29 gennaio 2023). Oggi alle 19, invece, sui canali Youtube e Facebook di Palazzo Strozzi sarà possibile approfondire l’argomento ascoltando in diretta una conversazione tra Arturo Galasino e Massimiliano Gioni, autore del libro Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons. Per altre notizie su Jeff Koons (che a breve tra l’altro presenterà la sua seconda BMW Art Car) continuate a seguire Artbooms.

Jeff Koons, Gazing Ball (Apollo Lykeios), 2013 gesso e vetro; cm 239,4 x 94,3 x 87,6 Edizione 2 di un’edizione di 3 più 1 PA Prova d’artista di un’edizione di 3 più 1 PA Collezione dell’artista. © Jeff Koons Photo: Tom Powel Imaging Serie Gazing Ball Sculptures – Sala 6