Biennale di Venezia 2022| "The teaching Tree" il bellissimo mostro di Muhannad Shono per il padiglione Arabia Saudita

Pavilion of SAUDI ARABIA, The Teaching Tree, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

The Teaching Tree” la scultura cinetica di Muhannad Shono, per il Padilgione Arabia Saudita della 59. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, ha un ché di minaccioso e vibrante. E in effetti l’artista nato a Riyadh voleva dare l’impressione che respirasse. Ma non è affatto mostruosa. Anzi. Composta da centinaia di foglie di palma intrecciate e poi dipinte di nero, sembra fatta di piume.

E’ un’opera enigmatica che affascina e si presta a molte interpretazioni. Parla della forza della Natura, di rinascita, cicli di vita ma soprattutto di una creatività mutevole. Bizzosa ed indipendente, da non sottovalutare, perchè pronta a prendere il sopravvento quando meno te lo aspetti, come un curioso predatore.

Non a caso “The Teaching Tree” parte dall'indagine di Shono sulla linea e sul suo potenziale dicotomico di creazione e distruzione. Che si può sommariamente sintetizzare in inventiva e censura.

The Teaching Tree- ha spiegato l'artista - è una manifestazione dell'irrefrenabile spirito creativo e l'incarnazione di un'immaginazione vivente, che cresce nonostante gli insegnamenti che cercano di abbatterlo. Qualsiasi restrizione alla mente umana crea solo un terreno fertile per forme di espressione più forti e resilienti."

Per idearla, Shono, si è ispirato alla figura di Al-Khidr, chiamato anche 'l’uomo verde'. Stando ad alcune fonti il Profeta stesso gli avrebbe dato questo soprannome: "perché una volta sedeva su una terra arida e bianca, dopo ciò questa terra diventò di un verde lussureggiante di vegetazione". Al-Khidr, appare nel Corano ma è stato poi esportato con una certa fortuna nella letteratura indiana e persiana. Ed è una metafora della ricerca di verità e conoscenza.

Ma Shono ha costruito l’opera anche sulle foglie di palma stesse, che rappresentano il potere traumaturgico e rigenerante della Natura. E poi, nella storia che ci racconta il Padiglione Arabia Saudita, sono il bosco che brucia, il solo capace di innescare una risposta corale forte. Con lieto fine. O così almeno si spera.

"Provano a spostarsi da qualcosa di rigido a qualcosa di fluido- ha detto in un'intervista- È come una foresta dell’immaginazione che viene bruciata dai 'mostri', ma che malgrado la loro volontà diventa un terreno futuro che permette a nuove forme espressive di crescere con più forza".

Tuttavia, nell’opera stessa risiede una forma di forza predatoria. Perchè come ha scritto il critico olandese Nat Muller (che ha collaborato al Padiglione): “Temuti e venerati, i mostri tendono a manifestare forti emozioni. Sono materia di meraviglia, ci disturbano nei nostri sogni e ci perseguitano quando siamo svegli. Si ritiene che appaiano in momenti di transizione (...) Fedele alla forma, il mostro (dal latino monstrum, 'mostrare') funge da presagio (...) I suoi contorni corporei appaiono aberranti e al di fuori del mondo naturale, ma mai così strani da diventare completamente sconosciuti. C'è sempre un po' di noi che risiede ostinatamente nel mostro."

il Padilgione Arabia Saudita di Muhannad Shono, è curato dalla storica dell’arte Reem Fadda. La scultura cinetica “The Teaching Tree”, con la sua ambigua bellezza, continuerà ad occuparlo fino a quando sarà possibile visitare l’intera Biennale di Venezia 2022 (in teoria il 27 novembre ma la maggior parte delle mostre all’Arsenale, compreso appunto questo padiglione, chiuderanno i battenti già il 25 settembre).

Pavilion of SAUDI ARABIA, The Teaching Tree, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of SAUDI ARABIA, The Teaching Tree, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of SAUDI ARABIA, The Teaching Tree, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of SAUDI ARABIA, The Teaching Tree, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of SAUDI ARABIA, The Teaching Tree, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Con Marble Chesapeake & Delaware Bay Maya Lin ricostruisce l più grande estuario USA con le biglie

“Marble Chesapeake & Delaware Bay” (2022), glass marbles and adhesive. Image courtesy of the artist and Pace Gallery. Photo by Echard Wheeler

Fatta solo con migliaia di biglie di vetro trasparente ed adesivo “Marble Chesapeake and Delaware Bay” è una scultura semplice ed evocativa della famosa artista statunitense, Maya Lin. Basata su un disegno che lei ha tracciato ispirandosi alle foto satellitari della NASA, l’opera attualmente si estende sulle pareti e il pavimento del Virginia Museum of Contemporary Art (dov’è in corso la personale: “Maya Lin A Study of Water”). Ma Lin l’aveva già pazientemente assemblata anche altrove. Come dice il titolo, rappresenta la Baia di Chesapeake and Delaware. Cioè il più grande estuario dell’nord America.

Artista, architetto e attivista, Maya Lin è diventata famosa a soli 21 anni per essersi aggiudicata la realizzazione del memoriale alle vittime e ai reduci del Vietnam (“Vietnam Veterans Memorial”) di Washington DC. Contestata all’inzio, la scultura commemorativa,. è oggi un visitatissimo simbolo della Nazione e ha superato la prova del tempo talmente bene da meritare il premio 25 Year Award nel 2005. La stessa Lin del resto, diversi decenni dopo il suo completamento (avvenuto nel ‘82), è stata insignita da Barack Obama con la National Medal of Arts (nel 2009) e la Presidential Medal of Freedom (nel 2016). Sempre a lei si deve il Mounumento per i Diritti Civili (“Civil Rights Memorial” a Montgomery, in Alabama). Dagli anni ‘90 ha spostato il suo interesse sulla salvaguardia della Natura. Ma, secondo l’artista, l’impronta ecologista della sua scultura nasce molto prima: quando crescendo nell’Ohio rurale ha visto i tumuli funerari degli indiani Hopewell e Adena e ha capito quanto stretto sia il rapporto delle persone con l’ambiente che le circonda.

Anche “Marble Chesapeake and Delaware Bay “nasce da una suggestione infantile. Quando aveva 8 anni, infatti, il padre tornò a casa con una scatola di biglie artigianali: "Era come aprire una scatola d'acqua- ha ricordato in un'intervista- Catturavano la luce in un modo che non avevo mai visto." Tuttavia, le ragioni per cui questa scultura ha assunto la forma di un tutto parcellizzato in migliaia di piccole luccicanti parti, sono tante. Si comincia dal fatto che anche un’enorme massa d’acqua è pur sempre composta da tantissime goccioline. Per poi arrivare a considerazioni più complesse, come il fatto che da lontano l’estuario venga percepito come un corpo unico, per poi scoprire, avvicinandosi, che si tratti di un universo variegato: un ecosistema composto da ben 2.700 specie di piante ed animali.

Come suggerisce il titolo della personale in corso in Virginia, Maya Lin, ha rappresentato l’acqua spessissimo, con vari materiali e forme. In "Flow" per esempio, ha usato il legno di recupero per imitare le trame delle onde. Mentre nella scultura murale “Silver Chesapeake”, si è servita dell’argento recuperato, per rendere il colore e la capacità di rifrazione dell’acqua in una diversa stagione o condizioni metereologiche opposte a quelle di “Marble Chesapeake and Delaware Bay”.

Tuttavia. come fa notare il MOCA della Virginia: "Lin spesso rappresenta l'acqua sia come percorso che come confine. In tal modo, evoca le implicazioni della sua necessità, accessibilità, scarsità e abbondanza".

La mostra “Maya Lin A Study of Water” andrà avanti fino al 4 settembre 2022 negli Stati Uniti. Maya Lin, però, condivide molto spesso le immagini delle sue opere anche su Instagram. Se ne possono ammirare diverse di “ Marble Chesapeake and Delaware Bay” e non solo.

“Marble Chesapeake & Delaware Bay” (2022), detail, glass marbles and adhesive. Image courtesy of the artist and Pace Gallery. Photo by Echard Wheeler

Installation view of Maya Lin: A Study of Water Image courtesy Virginia Museum of Contemporary Art. Photo by Echard Wheeler

Installation view of Maya Lin: A Study of Water Image courtesy Virginia Museum of Contemporary Art. Photo by Echard Wheeler

“Flow” (2009), FSC-certified spruce, pine and fir 2 x 4s. Image courtesy of the artist and Pace Gallery