Jack Vettriano a Palazzo Pallavicini: desideri silenziosi tra seduzione e mistero

Jack Vettriano, Dance Me to the End of Love 80 x 60 cm opera su carta museale - museum etching paper. Palazzo Pallavicini (Bologna) 2025

Le sale di Palazzo Pallavicini di Bologna ospitano fino al 20 Luglio 2025, una mostra dedicata al celebre artista di origini scozzesi Jack Vettriano, scomparso improvvisamente lo scorso 1 Marzo a Nizza mentre l’esposizione era già in corso.

La mostra, la prima in assoluto in Italia, é stata organizzata e realizzata da Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci della Pallavicini s.r.l. , curata da Francesca Bogliolo e con la collaborazione attiva dell’artista.

Palazzo Pallavicini propone un corpo di lavori che provengono direttamente dallo studio del pittore, figura di levatura internazionale molto apprezzata dal pubblico italiano ed estero. L’allestimento vede l’alternarsi di più di 70 opere tra le più iconiche e rappresentative dello stile intenso di Vettriano: dipinti ad olio (non molti ma capaci di colpire), grafiche a tiratura limitata create appositamente per questa mostra, e una serie di scatti del suo studio, realizzati dal fotografo Francesco Guidicini, ritrattista ufficiale del Sunday Times.

La sua improvvisa scomparsa ha trasformato questa personale in un vero tributo alla sua memoria.

Jack Vettriano, The Singing Butler 30 x 39 cm opera su carta museale - museum etching paper. Palazzo Pallavicini (Bologna) 2025

Le eleganti sale della dimora storica di Palazzo Pallavicini sono la cornice ideale che fa da scenografia ad opere glamour e velate di una sottile e silenziosa malinconia. La pittura evocativa di Vettriano alterna chiarore e oscurità, una luce volutamente artificiale (quasi da set fotografico), ricordando l’estetica del genere noir, mostrando un forte realismo fotografico influenzato dalle opere di Edward Hopper e rivelando atmosfere cinematografiche hollywoodiane. Il suo stile peculiare é carico di sensualità e fascino, intensamente introspettivo. Scene romantiche, atmosfere oscure, misteriose e ambigue, conducono lo sguardo dentro una narrazione sospesa tra desideri silenziosi e attese, dal carattere estremamente seducente. La poetica di Vettriano fonde glamour, citazioni retrò dalla Golden Age hollywoodiana, l’influenza del genere musicale del Jazz (del quale l’artista era un grande amante), passando attraverso evidenti suggestioni hopperiane. L’alienazione urbana, un sentimento di velata malinconia o solitudine, relazioni consumate o in bilico sono tematiche ricorrenti nella sua produzione che risulta immediatamente leggibile. La sua capacità di unire scene tratte da un universo fotografico popolare a citazioni cinematografiche, contribuisce a rendere la sua produzione molto personale e in controtendenza rispetto alla scena artistica internazionale contemporanea.

La sua formazione artistica è completamente da autodidatta. Si afferma tra gli anni ‘90 e 2000 per le sue ambientazioni in scenari dal sapore anni ‘40 e ‘50, spesso caratterizzate da figure eleganti, coppie enigmatiche, ballerini, amanti. Nonostante sia stato spesso snobbato dalla critica ufficiale per lo stile troppo commerciale, il suo linguaggio visivo risulta di grande impatto: evoca il ‘non detto’, il desiderio nascosto, nel contesto di scene interrotte, come frammenti di fotogrammi cinematografici.

Citando l’artista: “Dipingo ciò che non viene detto. Il momento prima del bacio. Il segreto. L’addio.”

E ancora: “Non mi interessa dipingere ciò che accade. Mi interessa dipingere ciò che potrebbe accadere”.

Un’occasione unica per immergersi nell’universo raffinato e carico di suggestioni di Jack Vettriano

Jack Vettriano, Days of Wine and Roses 50.5 x 42.5 cm opera su carta museale - museum etching paper Palazzo Pallavicini (Bologna) 2025er

Jack Vettriano, Yesterdays Dreams 60 x 50 opera su carta museale - museum etching paper. Palazzo Pallavicini (Bologna) 2025

Jack Vettriano, Nigh-Time Rituals 38 x 31 opera su carta museale - museum etching paper. Palazzo Pallavicini (Bologna) 2025

Jack Vettriano, Homage to Fontana 76,2 x 60,96 cm olio su tela - oil on canvas. Palazzo Pallavicini (Bologna) 2025

Ritratto di Jack Vettriano. Photo: Francesco Guidicini

A Bologna colazione con Aldo Mondino tra tappeti di chicchi di caffè e mosaici di cioccolatini

Palazzo Boncompagni seconda metà del XVI secolo, Sala delle udienze papali al piano terra, opere di Aldo Mondino Foto Marcela Ferreira

Sabato sarà possibile fare colazione a Palazzo Boncompagni di Bologna, con espresso e tenerina, ammirando le opere divertenti ed effimere di Aldo Mondino. Come il suo tappeto di chicchi di caffè o il mosaico di cioccolatini.

Nato nel ‘38 a Torino, Aldo Mondino, non ha mai smesso di dipingere né di scolpire il bronzo ma quando preferiva usare materiali meno convenzionali per realizzare le sue opere, lo faceva sul serio. D’altra parte, il suo lavoro, ricco di influssi da vari movimenti a lui contemporanei (come Concettuale e Arte Povera; più stretto forse il rapporto con la Pop Art), è stato particolarmente segnato dalle ricerche Dada e dal Surrealismo. E sempre ai surrealisti aveva rubato quel chiodo fisso per il linguaggio che in Mondino si riversa soprattutto nei titoli. Come quando chiama “Scutura un corno”, una comporizione di elefanti in ecquilibrio, l’uno sulla schiena dell’altro. Sono di cioccolato ed andando dal più grande al più piccolo danno, appunto, vita ad un corno. Nel caso di "Viole d’amore", invece, l’artista ha rappresentato due strumenti musicali affiancati.

L’umorismo, è una caratteristica che pernia tutta la produzione di Mondino, e che lascerà in eredità a Maurizio Cattelan. I due artisti, infatti, si conoscevano e si stimavano (nel catalogo della mostra di Bologna c’è persino un’intervista che Cattelan fece a Mondino), ma se nel lavoro del più giovane il sorriso si tramuta in cinica ironia, il torinese si limitava a mettere in scena ingenui giochi di parole o di immagini.

Nei lavori di Aldo Mondino- ha scritto la curatrice della mostra, Silvia Evangelisti- giochi di parole e giochi di immagini, scambi di identità, si sovrappongono in un tessuto inestricabile, che mette in discussione la certezza di ciò che vediamo creando meraviglia, accentuata dalla scelta dei materiali e dalla “magica” manipolazione che ne fa: veri cioccolatini, zollette di zucchero e caramelle, materiali usati per ‘dipingere’ ritratti, mappe, simboli e bandiere; semi di granaglie e chicchi di caffè”.

A differenza di Cattelan, lui amava molto l’Oriente, e gran parte della sua produzione risentirà di questa fascinazione. Un esempio sono i tappeti di materiali impossibili (come l’eraclite), a cui Modino si è spesso dedicato, ma soprattutto i suoi notissimi dervisci rotanti, che l’artista dipingeva su campiture piatte e monocrome, con risultati in bilico tra realismo e astrazione.

A Bologna ci sono questi ultimi ma anche altri quattordici lavori di Mondino. Alcuni sono davvero pregevoli, come il tappeto fatto con chicchi di caffè a diversa tostatura (“Mekka Mokka”), e il lampadario stile Art Nouveuau di penne bic, che espose alla Biennale di Venezia del ‘93 (“Jugen Stilo”). O uno dei suoi mosaici di cioccolatini dal packaging colorato ("The Byzantine World").

La mostra si intitola “Aldo Mondino Impertinenze a Palazzo”, sottolineando ad un tempo, l’aspetto ludico del lavoro di Mondino e la maestosità che ispira deferenza della sede espositiva. Il cinquecentesco Palazzo Boncompagni, infatti, tra marmi di vari colori, affreschi ed elementi d’arredo, costituisce una scenografia riccissima, che si sposa benissimo con le opere.

Aldo Mondino Impertinenze a Palazzo” rimarrà aperta fino al 10 aprile. Sabato prossimo però (11 marzo 2023), oltre a visitare la mostra, si potrà anche fare colazione (caffè e torta al ciccolato per tutti, in onore delle sculture in golosi materiali effimeri di Mondino), ammirando le opere d’arte e godendosi la maestosa location. L’evento si terrà dalle 10 alle 13.

Jugen Stilo, 1993 fil di ferro e penne BIC diametro 140 cm Collezione privata: Bologna Foto Marcela Ferreira

The Byzantine World, 1999 cioccolatini su tavola 190 x 240 cm Archivio Aldo Mondino 

Scultura un corno, 1980 cioccolato 200 x 90 x 40 cm Archivio Aldo Mondino

Gerusalemme, 1988 bronzo 164 x 110 cm Archivio Aldo Mondino Serra  2004 olio su linoleum, vetro e ferro 198 x 130 cm Archivio Aldo Mondino

Palazzo Boncompagni seconda metà del XVI secolo la loggia e Viole d’amore di Aldo Mondino Foto Marcela Ferreira

Mekka Mokka, 1988 100 kg di caffè in grani e disegno su carta da spolvero 220 x 140 cm Archivio Aldo Mondino Opere di Aldo Mondino nella Sala delle udienze papali Foto Marcela Ferreira 

Con l'opera "Have a Good Day!" le artiste del collettivo Neon Realism hanno fatto musica dei pensieri delle cassiere di un supermercato

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

Andata in scena ai Teatri di Vita di Bologna lo scorso weekend, in occasione della settimana di iniziative Art City che accompagna Arte Fiera, l’opera "Have a Good Day!" del terzetto di artiste lituane Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė e Rugilė Barzdžiukaitė (le stesse del collettivo Neon Realism). Novanta posti, tre appuntamenti, tutti esauriti già prima della presentazione ai media. D’altra parte si trattava di un successo annunciato.

Minimale e ironica, infatti, la performance che mette in musica i pensieri delle cassiere di un supermercato, è pluripreamiata. E il fatto che sia opera delle stesse autrici dell’installazioneSun & Sea (Marina), cioè il Padiglione Lituania che si è aggiudicato il Leone d’Oro come miglior partecipazione nazionale alla Biennale di Venezia del 2019, di certo non guasta.

Basata su una scenografia rigorosa e frontale, ridotta allo stretto necessario (seggiole e neon; il pianoforte suonato dall’adetto alla sicurezza è fuori campo), così come i costumi (pantaloni, camicia e grembiule per le signore, divisa azzurra e cappellino snapback per il pianista), "Have a Good Day!", parla di alienazione attraverso un desiderabile vocabolario pop ridotto a ritornelli.

Il colore è bandito (fatta eccezione per quello dei volti delle interpreti e per il loro grembiule blu). I prodotti di consumo (alimentari e non), esistono nell'opera, ma solo sotto forma di parole.

Il costante e monotono 'beep' emesso dalla cassa ogni volta che è scansionato un prodotto- spiegano gli organizzatori- si trasforma in un suono chiave udibile durante tutta la durata dell'opera, in forma più acuta o più debole, che si alterna e sovrappone a una serie di canzoni, anch'esse monotone come il processo di acquisto e vendita. La musica, al posto di diventare il centro focale dell'opera, serve a enfatizzare i pensieri dei personaggi, facilitando l'ascolto delle loro voci”.

La prospettiva, enfatizzata dalla scenografia minimale, ha un dupplice scopo. Da una parte, infatti, sottolinea la solitudine delle protagoniste (ognuna delle quali prende posto su un proprio piccolo palco), dall’altra le avvicina al pubblico (spinto a guardarle), quando il loro pensieri. sottratti all’oscurità, si fanno canto vivace ed ironico.

Il ritmo non perde colpi. Il fraseggio parlato veloce delle interpreti è, a volte, simile a un rap del quotidiano tratteggiato da un’ironia surreale. Atre si fa coro, altre ancora canto ricco di svolazzi e barocca vitalità. D’altra parte "Have a Good Day!" è un opera lirica contemporanea.

Le luci hanno un ruolo fondamentale. Sia i neon che si spengono e si accendono, riducendo le distanze, accompagnado le canzoni; talvolta lasciando il posto ai fari e all’oscurità circostante le protagoniste, quando il mondo interiore delle commesse prende vita. Sia quelle pulsanti degli scanner che punteggiano, inumani ed esigenti ma anche vitali ed allegri, tutta la performance.

"Nell'opera, la critica alla società capitalistica contemporanea è espressa con ironia, humour, poesia e paradosso, evitando qualsiasi giudizio moralistico. Il mosaico delle diverse vite delle cassiere si fonde in un coro comune, un poema universale che afferma il piacere del consumo".

"Have a Good Day!" è interpretata in lituano ma viene sottotitolata di volta in volta in varie lingue (a Bologna sia in inglese che in italiano). Vaiva Grainytė (poetessa e scrittrice) è l’autrice del libretto, Lina Lapelytė (artista, compositrice e performer) ne è la compositrice e direttrice musicale mentre Rugilė Barzdžiukaitė (regista e artista) qui è regista e scenografa.

Le tre artiste che uniscono i loro sforzi anche nel collettivo Neon Realism, recentemente, hanno realizzato il film “Acid Forest”, che è stato proiettato in molti festival cinematografici internazionali.

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė Have a Good Day! Teatri di Vita, Bologna, 2023 Foto Ornella De Carlo Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna