Ad un osservatore distratto i ritratti di Calyce Zavaglia sembrano dipinti. E invece no, perché Calyce li ricama. Affatto stilizzati, si possono girare e (sorpresa) sul retro presentano una versione più libera ma non meno sorprendente della stessa immagine fatta di fili e nodi. Come se il soggetto si riflettesse in uno specchio d’acqua appena increspato.
L’artista statunitense è arrivata a costruirsi un linguaggio originale per un motivo molto concreto ma curioso al tempo stesso: temeva i vapori tossici dei colori. Così ha riposto i pennelli nel cassetto e, ago e filo alla mano, si è messa a dipingere ricamando. Il tempo e la pratica, poi, le hanno insegnato a trasformare il fitto sovrapporsi di punti in un qualcosa di simile alla acquea morbidezza delle sfumature che si ottengono dipingendo.
“Mi sono formata come pittrice, ma già da 16 anni sono passata al ricamo- spiega la Zavaglia sul suo sito web- cercavo di creare un ambiente di lavoro non tossico ma volevo anche che la mia opera facesse riferimento a un pezzo ricamato che avevo fatto in Australia da bambina. Il mio lavoro si concentra esclusivamente su ritratti di amici, familiari e altri artisti“.
Calyce Zavaglia come altri artisti che riescono a dipingere ricamando (ad esempio la cinese Yao Huifen) ha inventato una sua tecnica di ricamo per riuscire a simulare le sfumature di colore. Ma la particolarità del suo lavoro è che a un certo punto si è resa conto del potenziale inespresso nascosto nel retro dei ritratti. Sia a livello visivo che narrativo (il tema del doppio, il lato nascosto e personale di ognuno che non corrisponde mai completamente a quello pubblico).
“(…) Un altro ritratto visibilmente così diverso dall'immagine frontale meticolosamente ricamata... ma forse più profondo psicologicamente. La bellezza casuale che ho trovato in questa immagine del verso creava un contrasto inquietante con l'immagine frontale ed era un mondo di maglie, nodi e caos che potevano facilmente tradursi nel linguaggio della pittura.”