Con “Seasons” Maurizio Cattelan si interroga sui corsi e ricorsi storici e reinventa i cari vecchi monumenti

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

Per quanto “Seasons” di Maurizio Cattelan, presentata come mostra diffusa dalla Gamec (Galleria di Arte Moderna e Contemporanea) di Bergamo che l’ha organizzata, non sia una vera e propria personale, è forse una delle esposizioni più belle dell’artista da un po’ tempo a questa parte. In cui, abbandonate le provocazioni, si concentra sulle stagioni della Storia legandole al mutare dei sentimenti umani attraverso le generazioni. Riuscendo ad accennare alla nascita delle nazioni ed alla caduta degli imperi, come a soffermarsi sulla tensione tra individuo e collettività, mentre è intento a rileggere (e in maniera radicale) i cari vecchi, talvolta discutibili, monumenti.

Seasons” si compone di cinque opere soltanto che conducono lo spettatore in giro per Bergamo. Dal Palazzo della Ragione alla Gamec, dall’Ex- Oratorio di San Lupo alla rotonda Dei Mille; da Bergamo alta a Bergamo bassa. Ma si tratta di una manciata di lavori di peso. Tutti recenti, se non recentissimi, e uno tra loro è un intervento site specific del signor Cattelan, realizzato appositamente per questo appuntamento (che non è nemmeno l’unico da segnalare visto che nel capoluogo c’è anche la performance della famosa danzatrice, coreografa e artista, argentina, Cecilia Bengolea; mentre in provincia sono previste diverse mostre).

Il format della mostra diffusa non è nuovo, fa bene al turismo e gli enti sono ben disposti a sostenerlo. Ma, in genere, nessuno mette in fila i capolavori di un artista record d’asta, tra l’altro poco tempo dopo che una sua opera abbia risollevato una stagione commerciale fiacca, suscitato interesse in tutto il mondo. Infatti, il sindaco della città, Elena Carnevali, ha detto: “Bergamo dimostra di saper abitare il presente internazionale”, anche se è probabile che in gran parte il merito di questa spettacolare mostra, che proietta effettivamente il comune lombardo sulle rotte artistiche internazionali, sia dello storico dell’arte e curatore, Lorenzo Giusti, attualmente al timone della Gamec (ha un curriculum piuttosto importante, che conta, tra le altre cose, collaborazioni con la Biennale di Venezia, Palazzo Strozzi di Firenze e la fiera Artbasel).

Maurizio Cattelan, nato a Padova nel 1960 da una famiglia economicamente svantaggiata (il padre faceva il camionista la madre pulizie), non ha studiato arte ma ha imposto la sua opera piuttosto in fretta sulla scena internazionale (ha detto:"fare mostre è stata la mia scuola"). E’ conosciuto per l’ironia dissacrante e il linguaggio immediato ed innovativo. All’inizio, anche profondamente provocatorio (nel’ 92, ad esempio, creò una fondazione allo scopo di raccogliere denaro per una borsa di studio che sarebbe dovuta andare ad un artista disposto a non realizzare o esporre opere per un anno; mise insieme 10mila dollari e li usò per fare una lunga vacanza a New York; città in cui più o meno da quel momento vive per gran parte dell’anno).

Nonostante abbia più volte dichiarato di non trarre ispirazione dall’attualità il suo lavoro fa immediatamente pensare al presente. Tanto che in una recente intervista ha affermato: “Sebbene tutte le mie opere non si ispirano mai al presente, almeno non in modo esplicito, alla fine arrivano tutte a raccontarlo, arrivano tutte lì. È inevitabile.” Il signor Cattelan ha anche saputo rinnovarsi costantemente nel corso della sua carriera pur rimanendo sempre fedele a se stesso. Ha anche dimostrato cautela e lungimiranza sia nell’affrontare il mercato che nel gestire la propria immagine pubblica. Di recente si è parlato molto di lui in tutto il mondo quando “Comedian(una banana attaccata con il nastro adesivo ad una parete e venduta con un libretto di istruzioni incredibilmente lungo e dettagliato per poterla replicare al deperimento del frutto) è stata battuta all’asta per oltre sei milioni di dollari. Pur non essendo certo la prima volta che le sue sculture superavano il milione (ad esempio “Him” venne acquistato per oltre 17 milioni non molti anni fa) il carattere essenziale di “Comedian” e il periodo difficile in cui versa il mercato dell’arte, hanno contribuito a fare dell’opera un’icona.

Quando gli è stato chiesto cosa gli passasse per la testa mentre da Sotheby’s abbassavano il martello lui ha risposto: “Uno dei miei più grandi rimpianti come artista è di non saper dipingere (…) Quindi attaccare quella banana al muro... è stato il mio modo di dire che questo è il mio dipinto”.

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

A Bergamo non c’è “Comedian” ma altri lavori che dall’apparente semplicità scivolano imprevedibilmente nella complessità concettuale. Ad esempio, “Empire” in cui un mattone, con incisa sopra appunto la parola ‘empire’, se ne sta imprigionato all’interno di una bottiglia di vetro: il cortocircuito tra i due materiali allude a costrizione e controllo, fragilità e solidità; mentre la forma fa pensare a messaggi attuali da epoche lontane e ad una riflessione sul concetto di limite e sulle idee di espansione e potere.

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

Pensieri che riecheggiano nell’aquila esanime in marmo bianco collocata in un altra sede. Quest’ultima ritratta con le ali spiegate e nell’atto di stringere qualcosa in una zampa ma stesa a terra con gli occhi chiusi, è, in sintesi, un simbolo di potere privo di vita ma anche una rilettura radicale di un certo tipo di scultura celebrativa. Un’opera poetica e malinconica in cui la caduta personale e collettiva sembrano l’unica, amara, conclusione possibile all’avidità. L’opera, che è pure possibile leggere in maniera ecologista (malgrado questo tema non sia mai stato caro al signor Cattelan), si intitola “Bones”, come la sua mostra personale conclusasi di recente nella sede londinese di Gagosian.

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

In quella mostra comparivano dei quadri placcati in oro e bucati da alcuni colpi di arma da fuoco, che l’artista aveva presentato per la prima volta lo scorso anno a New York (sempre da Gagosian ma in un’enorme versione multi-pannello trivellata di proiettili durante una performance aperta a pochi vip), proprio quando aveva esposto per la prima volta “November”. Quest’ultima è ora esposta a Bergamo. Si tratta di nuovo di una scultura in marmo bianco, anzi di una fontana monumentale, in cui un uomo sdraiato su una panchina, con una mano sugli occhi per continuare a dormire, fa pipì per terra. Omaggio all’amico e collaboratore storico dell’artista, Giorgio Zotti, è stata descritta dallo stesso signor Cattelan come “un monumento alla marginalità”, anche se intende più che altro essere una scultura commemorativa per un amico, ritratto in un modo inusuale (di nuovo rileggendo un genere artistico senza pietà per le convenzioni). Sottolineando la distanza che separa le persone dal ricordo che ci viene tramandato dall’arte.

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

No” (2021) interrompe momentaneamente queste considerazioni (non a caso è esposto in una sede diversa) per concentrarsi sull’immagine manipolatoria ed ingannevole del potere, oltre a spingerci a riflettere sulle sue forme di comunicazione e sulla censura. L’opera, infatti, è una reinterpretazione di “Him” (l’Hitler compunto e dall’aria angelica ideato nel 2001) che il signor Cattelan è stato indotto a creare in occasione di una personale a Pechino, dove gli era stato chiesto di non mostrare il volto del fuhrer. Così in “No” porta una busta di carta in testa, come un personaggio dei cartoni animati in cui gli spettatori possono proiettare ansie, o immaginarlo con le fattezze di qualcuno che conoscono.

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

L’installazione ideata da Maurizio Cattelan appositamente per “Seasons” è una scultura iperrealista policroma posta sulle spalle del monumento ottocentesco a Giuseppe Garibaldi. Si intitola “One” e rappresenta un bambino che con le dita finge di sparare in aria. La statua guarda di fronte a se con un’espressione risoluta e vagamente divertita, a differenza del gigantesco Garibaldi in bronzo su piedistallo che comunica ben poche emozioni. L’opera, descritta così dagli organizzatori dell’evento: “apre a una doppia prospettiva: pubblica e personale. Da un lato, è un intervento che stimola un confronto con il passato nazionale; dall’altro, racconta la relazione tra generazioni”. Mentre in un’intervista l’artista ha spiegato: “Giuseppe Garibaldi, oggi considerato eroe della patria, in passato è stato anche una figura temuta, un personaggio che incuteva timore. Mi affascinava indagare come il tempo cambia la percezione delle cose”. In qualche modo “One” è anche un monumento a tutti gli eroi senza nome e un’affermazione della latente contrapposizione tra individuo e collettività.

Qui però il signor Cattelan fa una cosa molto interessante: cambia completamente il significato di una scultura del passato. E in un periodo in cui lo spazio pubblico è stato messo sotto accusa passando per i propri monumenti (troppi uomini, troppo bianchi, alcuni dalla biografia discutibile per l’attuale sensibilità), l’idea potrebbe permettere di risolvere molti problemi.

Seasons” di Maurizio Cattelan resterà a Bergamo fino al 26 ottobre 2025.

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

GAMeC, Pensare come una montagna, Maurizio Cattelan. Seasons. Bergamo 2025. Photo: Lorenzo Palmieri

"Fireflies on the Water" una delle Infinity Mirror Room più iconiche di Yayoi Kusama verrà esposta a Bergamo

Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights, and water, 111 × 144 1/2 × 144 1/2 in. (281.9 × 367 × 367 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase with funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and partial gift of Betsy Wittenborn Miller 2003.322. © Yayoi Kusama. Photograph by Sheldan C. Collins

Amatissima, Yayoi Kusama, fa parte di quel ristretto numero di artisti capaci di pentrare nell’immaginario collettivo globale. E mentre le vetrine Louis Vuitton ancora celebrano la sua opera (oltre alla collezione che ha creato in collaborazione con la maison francese), il Palazzo della Ragione di Bergamo ha annunciato che il prossimo 17 novembre inaugurerà "Yayoi Kusama. Infinito Presente". Una personale dedicata all’artista originaria di Matsumoto, che tra le altre cose esporrà "Fireflies on the Water". Una delle “Infinity Mirror Room” più iconiche di Kusama. Normalmente conservata al Whitney Museum of American Art di New York ed esposta in Italia per la prima volta.

Con un’iconografia molto nota e riconoscibile (le zucche, i puntini, le sfere riflettenti, gli specchi), Yayoi Kusama è una delle donne dalle opere più care al mondo ed è al dodicesimo posto nella classifica mondiale degli artisti più venduti all'asta (dati 2022). Un posto che si è guadagnata in oltre settant’anni di carriera e con un’incrollabile dedizione al lavoro, nonostante i problemi di salute mentale che l’hanno accompagnata per tutta la vita (fin da bambina, Kusama, ha sofferto di allucinazioni). Ma che le ha anche portato qualche difficoltà. Recentemente, ad esempio, sono stati messi in circolazione e venduti dei falsi NFT a suo nome.

Tra le serie di opere più apprezzate di Yayoi Kusama c’è di sicuro quella delle “Infinity Mirror Rooms”. Antenate delle installazioni immersive, Kusama cominciò a realizzarle nel ‘63, permettendo allo spettatore di sperimentare l’essenza psichedelica della sua arte. Spazi raccolti resi immensi da un rivestimento di specchi, poetici o provocatori, spesso punteggiati di luci, mettono chi le osserva di fronte a una serie di domande sulla percezione e il senso d’identità. E’ il caso di "Fireflies on the Water", in cui, come dice il titolo, l’ambiente viene completato da uno specchio d’acqua.

I visitatori accedono all’opera attraverso una passerella, intorno alla quale c’è il laghetto che riflette l’oscurità e i 150 punti luce, resi infiniti dagli specchi che rivestono le pareti e il soffitto della stanza. Viene da se che le persone procedano destabilizzate, prive di punti di riferimento spaziali e timorose di finire in acqua. Uno stato d’animo utile all’artista, che mette così il pubblico nella condizione di dubitare dei propri sensi, di interrogarsi su se stesso e intraprendere un percorso onirico all’interno dell’opera. "Fireflies on the Water", inoltre, fa riferimento anche al paesaggio giapponese e al mito di Narciso.

L’opera, come quasi sempre capita con il lavoro di Kusama, è densa di riferimenti autobiografici.

"Yayoi Kusama. Infinito Presente", non sarà un’esposizione completa come la retrospettiva organizzata dal Hirshhorn Museum di Washington e giocata sulle stanze specchianti (nella quale sono state mostrate ben sei “Infinity Mirror Room” di Kusama), ma è la prima personale dell’artista giapponese che si tine in Italia da diversi anni a questa parte. E solo per questo è un appuntamento importante.

È una mostra ambiziosa e speciale – ha detto il curatore Stefano Raimondi, fondatore e direttore del network per l’arte contemporanea di Bergamo, The Blank Contemporary Art - resa possibile da un progetto articolato, che ha richiesto due anni di lavoro, e dai rapporti internazionali con il Whitney Museum of American Art, senza dubbio uno dei più importanti musei al mondo”.

"Yayoi Kusama. Infinito Presente” sarà parte delle manifestazioni previste per "Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023". E si terrà al Palazzo della Ragione di Bergamo dal prossimo 17 novembre fino al 14 gennaio 2024.

© Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights, and water, 111 × 144 1/2 × 144 1/2 in. (281.9 × 367 × 367 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase with funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and partial gift of Betsy Wittenborn Miller 2003.322. © Yayoi Kusama. Photograph by Jason Schmidt.  

Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights, and water, 111 × 144 1/2 × 144 1/2 in. (281.9 × 367 × 367 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase with funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and partial gift of Betsy Wittenborn Miller 2003.322. © Yayoi Kusama. Photograph by Sheldan C. Collins

Yayoi Kusama, Portrait; ©YAYOI KUSAMA