Alla scoperta dell'arte contemporanea in Namibia all’Art Forum Würth di Capena

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Dalla settimana scorsa e per un anno, giorno più giorno meno, l’Art Forum Würth di Capena (Roma) ospita la mostra Namibia. Arte di una giovane generazione. Che, con le sue 80 opere di 33 artisti che vivono e lavorano nello Stato dell'Africa sud-occidentale, è pensata per delinare il panorama dell’arte contemporanea nel paese. Si tratta anche, con ogni probabilità, della più grande esposizione mai tenutasi in Italia sull’argomento.

La Namibia è una delle nazioni più giovani del continente africano. Nata nel '90, quando ottenne l'indipendenza dal Sudafrica, con cui confina, prende il nome dal deserto del Namib, che in lingua Nama significa “luogo vasto”, ma affaccia anche sull'Oceano. E' grande. Davvero grande (quasi 3 volte l'Italia) e poco popolata. La maggior parte dei giovani si concentra nella capitale Windhoek e nella città di Swakopmund sulla costa occidentale. Viene da se che siano anche i principali centri dell’arte contemporanea nel paese.

Perchè in Namibia ci sono parecchi artisti e c’è anche un neonato mercato dell’arte che conta tra i suoi estimatori il miliardario, nonchè storico collezionista, tedesco Reinhold Würth.

"Sono ormai decenni che visito la Namibia- ha scritto- assieme alla mia famiglia, non solo per le sue tradizioni, ma soprattutto per la sua ricchezza faunistica e floreale (...) Ovviamente in questa lingua di terra l‘arte figurativa esiste da quando vi si sono insediati i primi abitanti: pensiamo solo ai dipinti rupestri della Dama Bianca (...) Personalmente ho seguito lo sviluppo dell’arte contemporanea in Namibia visitando svariate volte la Galleria Nazionale di arte moderna di Windhoek e ritengo che sia giunto il momento di promuovere la conoscenza dei giovani artisti namibiani non solo in Germania, ma in tutta Europa."

Per farlo, per lo meno in Italia, il magnate, che da alcuni anni ha aperto un vasto spazio espositivo nell’ambito del polo logistico del suo gruppo a Capena (nella città metropolitana di Roma), espone una nutrita selezione di artisti namibiani. Scelti dalla direttrice della Collezione Würth di Künzelsau, C. Sylvia Weber e dall'ex direttore della Galleria Nazionale d’Arte della Namibia, Hercules Viljoen. Questi ultimi, insieme a Ulrich Sacker (ex-direttore del Goethe Institut a Windhoek) firmano anche il catalogo. Perchè, come recita un proverbio africano che accompagna i testi critici: “Fino a quando i leoni non avranno i propri storici, i racconti di caccia glorificheranno sempre il cacciatore”.

Sono state sclte opere di: Elago Akwaake, Lukas Amakali, Petrus Amuthenu, Barbara Böhlke, Margaret Courtney-Clarke, Linda Esbach, Gisela Farrel, Elvis Garoeb, Beate Hamalwa, Martha Haufiku, Ilovu Homateni, Saima Iita, John Kalunda, Lok Kandjengo, Filemon Kapolo, Isabel Katjavivi, Paul Kiddo, David Linus, Nicky Marais, Othilia Mungoba, Alpheus Mvula, Peter Mwahalukange, Frans Nambinga, François de Necker, Saara Nekomba, Urte R. Remmert, Fillipus Sheehama, Findano Shikonda, Papa Ndasuunje Shikongeni, Ismael Shivute, Elia Shiwoohamba, Tity Kalala Tshilumba, Salinde Willem.

Alcuni hanno già rappresentato la Namibia alla Biennale di Venezia, altri invece non sono mai usciti dal paese. Molti, se non tutti, fanno parte della collezione di Reinhold Würth.

D’altra parte il viaggio dall’Europa alla Namibia (e viceversa ) mantiene sfumature avventurose come racconta, Sylvia Weber, nella sua prefazione alla mostra: "Già l’arrivo all’aereoporto di Windhoek di prima mattina, nel novembre del 2015, è impressionante. Da ormai 20 minuti il velivolo della Air Namibia sta volando a pochi metri da terra e si vedono gli animali che per il rumore dell‘aereo scappano correndo.(…)"

E per gli artisti, spostarsi dalla Namibia con mezzi propri, può essere impossibile: "Alla maggioranza degli artisti- scrive Hercules Viljoen- l’economia culturale namibiana non consente di vivere della loro attività creativa, benché alcuni di loro vi riescano abbinandovi attività complementari, ad es. l’insegnamento o il design commerciale. Il riconoscimento economico proviene prevalentemente da un ceto medio benestante, sempre più consapevole del valore dell’investimento in arte di qualità. Purtroppo una larga fetta della società namibiana ignora il ruolo dell’arte nell’arricchimento dell’anima e dell’ambiente circostante”.

Tra gli artisti qualcuno è nato poco prima della proclamazione dell’indipendenza altri invece erano già attivi in precedenza e hanno vissuto sotto l'occupazione sudafricana e l’apartheid. Le forme espressive sono varie: disegno, pittura, fotografia. Certe più tradizionali come il quilting, (l’arte della trapunta), o più attuali come il riciclo . Poi ci sono sculture in pietra, ferro e legno, incisioni su linoleum e su cartone.

A queste ultime la mostra dedica particolare interesse. Ed è ancora una volta l’ex direttore della Galleria Nazionale d’Arte della Namibia a spiegarci il perchè: "E' importante conoscere il background che ha caratterizzato lo sviluppo dell’arte in Namibia e la sua realtà odierna. Prima dell’indipendenza, John Muafangejo (1943–1987) è stato il primo e unico namibiano indigeno, riconosciuto a livello internazionale, grazie alle sue audaci incisioni su linoleum."

I temi che attraversano l’esposizione sono: il paesaggio namibiano, la spiritualità , la vita rurale oltre alle questioni di attualità politica e sociale.
Namibia. Arte di una giovane generazione. rimarrà all’ Art Forum Würth di Capena fino al 14 ottobre 2023.

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Lukas Amakali (Windhoek, 1976) Colto in azione / Caught in action, 2015 Fotografia / photography, 60,5 x 40 cm Coll. Würth

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Art ForumWürth Capena, NAMIBIA, immagine dell'installazione. Foto: Livia Granati

Con “Nel tuo tempo”, Olafur Eliasson, trasforma Palazzo Strozzi di Firenze in un capolavoro tridimensionale di luce e colore

Olafur Eliasson: Nel tuo Tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, Installation view. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio. In primo piano: Colour spectrum kaleidoscope In secondo piano: Firefly double-polyhedron sphere experiment

Nel tuo tempo in corso a Palazzo Strozzi è la più grande mostra mai dedicata in Italia a Olafur Eliasson. E ha già avuto un successo straordinario con i suoi 30mila visitatori a pochi giorni dall’inaugurazione. Si tratta di un’infilata di lavori vecchi e nuovi dell’artista danese-islandese, installati in un dialogo serratissimo con l’edificio quattrocentesco che li ospita. Tanto da alterarlo agli occhi del visitatore, farlo diventare parte dell’opera, via via che viene condotto in un percorso di luci, colori, emozioni e inganni percettivi. In una continua tensione narrativa tra rigore e leggerezza. Realtà e illusione.

Ad avviare lo spettacolo la monumentale Under the weather (fatta apposta per il cortile del palazzo fiorentino e accessibile a tutti). A chiuderlo la realtà virtuale (Your view matter, è disponibile anche online, gratuitamente a patto di usare un visore VR). Nel mezzo non c’è che l’imbarazzo della scelta, ci si può stupire e meravigliarsi incontrando un arcobaleno tra la nebbia al centro di una stanza (Beauty), o rimanere abbagliati da una grande figura geometrica che ruota proiettando ogni tono dello spettro cromatico (Firefly double-polyhedron sphere experiment).

Olafur Eliasson: Nel tuo Tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, Installation view. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio. In primo piano: Under the weather

L’artista residente a Berlino, Olafur Eliasson, nella sua carriera ha colorato fiumi di un verde fluorescente, portato iceberg dai fiordi della Groenlandia al centro di Londra, fatto scorrere maestose cascate tra i grattacieli di New York e nel bel mezzo del parco della Reggia di Versailles. A decretarne la fama fu The Weather Project (2003) alla Turbine Hall della Tate Modern di Londra, dove un sole luminosissimo si stagliava in uno spazio ampliato da uno specchio collocato a soffitto e reso rarefatto da nebbia artificiale di zucchero e acqua. La sua arte, nutrita dalla scienza e connotata da una forte impronta ambientalista (non a caso è stato anche premiato al World Economic Forum di Davos) è stata influenzata da James Turrell, Robert Irwin e Bruce Nauman (attualmente in mostra a Milano proprio con i lavori che più hanno lasciato il segno sulla ricerca del danese-islandese).

Olafur ha uno studio artistico, fondato come laboratorio di ricerca spaziale, in cui lavorano numerosi dipendenti e collaboratori (architetti, ingegneri, artigiani e assistenti). I resoconti di chi l’ha visitato si possono quasi confondere, fatte le debite proporzioni, con le descrizioni dell’ambiente aziendale nella Silicon Valley. D’altra parte, lui quando parla, spesso, non sembra un artista ma un politico. A Palazzo Strozzi, per esempio, ha detto: “Se grazie alla mostra Nel tuo tempo potremo trovare la consapevolezza del nostro ruolo attivo nella reinterpretazione di questo spazio come esperienza condivisa (…) allora mi auspico che possa costituire anche un invito a riflettere in modo analogo su altri spazi di cui facciamo parte: la famiglia, il luogo di lavoro, la comunità e la società. Essere consapevoli dei molteplici attori coinvolti in questa esperienza implica il riconoscimento della profondità e della complessità dei legami tra persone, luoghi e istituzioni (…)”.

Olafur Eliasson: Nel tuo Tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, Installation view. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio. In primo piano: Tomorrow

Bizzarre dichiarazioni a parte, Olafur Eliasson, ha lavorato molto a lungo per preparare questa importante esposizione.: “Nel 2015 Olafur visitò per la prima volta gli spazi di Palazzo Strozzi- ha spiegato il Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra, Arturo Galasino- e rimase colpito dalla architettura rinascimentale, cominciando così una lunga conversazione tra lui e il palazzo quattrocentesco, un dialogo complesso il cui senso si riassume nella esposizione odierna”.

Il confronto tra gli artisti contemporanei e l’edificio rinascimentale fiorentino è una caratteristica di tutte le mostre di Palazzo Strozzi (da quella dedicata a Jeff Koons a quella che ha visto protagonista Ai Weiwei). Ma nel caso dell’artista nord europeo, vuoi per le caratteristiche del suo lavoro vuoi perché abituato ad affrontare veri e propri progetti architettonici (ha fondato anche uno studio per l’architettura e l’arte insieme all’architetto tedesco, Sebastian Behmann), il dialogo con lo spazio si fa più profondo.

Così come quello con la storia dell’arte: tra anamorfosi, sezione aurea ed effetto moiré, colori alla Turner e riletture tridimensionali dello studio sulla luce degli Impressionisti e dei Divisionisti. Rendendo la mostra uno scenario in cui il pubblico si muove. Quasi sperimentando l’esperienza di essere protagonista di un capolavoro del passato.

Olafur Eliasson, Eye see you, 2006; acciaio inox, alluminio, filtro di vetro colorato, luce monofrequenza; ø cm 120, cm 230 x 120 x 110. Prova d’artista I. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles. Installation view: Palazzo Strozzi, Firenze. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio © 2006 Olafur Eliasson

Il titolo dell’esposizione, infatti, fa riferimento al tempo: “Nel tuo tempo è un incontro tra opere d'arte, visitatori e Palazzo Strozzi – ha detto Olafur Eliasson – Questo straordinario edificio rinascimentale ha viaggiato attraverso i secoli per accoglierci qui, ora, nel ventunesimo secolo, non come semplice contenitore ma come co-produttore della mostra. Non è solo Palazzo Strozzi ad aver viaggiato nel tempo. Come visitatore, ognuno di noi ha vissuto, con una relazione tra corpo e mente sempre diversa in modo individuale. Ognuno con le proprie esperienze e storie ci incontriamo nel qui e ora di questa mostra”.

Per completezza va aggiunto che l’idea di tempo alla base dell’esposizione, si riferisce anche al tempo meteorologico (si ritrova evocato in diverse installazioni e chiamato in causa direttamente in altre che si servono della luce naturale).

Nel tuo tempo di Olafur Eliasson è curata dal direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi Arturo Galasino e rimarrà a Firenze fino al 22 gennaio 2023. Si tiene in concomitanza con la presentazione di una nuova installazione site specific di Olafur Eliasson al Castello di Rivoli (Torino) in programma per il 3 novembre.

Olafur Eliasson, Beauty, 1993; faretto, acqua, ugelli, legno, tubo flessibile, pompa; dimensioni variabili. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles. Installation view: Palazzo Strozzi, Firenze. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio © 1993 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson: Nel tuo Tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, Installation view. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio. In primo piano: Just Before Now

Olafur Eliasson: Nel tuo Tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, Installation view. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio. In primo piano: Your view matter

Olafur Eliasson, How do you live together?, 2019; acciaio inox, vernice (nera), lamina a specchio; cm 476 x 680 x 680 / cm 476 x 952 x 7,6. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles. Installation view: Palazzo Strozzi, Firenze. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio © 2019 Olafur Eliasson

Olafur Eliasson: Nel tuo Tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, Installation view. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio. In primo piano: Fivefold dodecahedron lamp

Olafur Eliasson: Nel tuo Tempo, Palazzo Strozzi, Firenze, Installation view. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio. In primo piano: Your timekeeping window

Olafur Eliasson, Red window semicircle, 2008; specchio, faretto, treppiede, filtro colorato (rosso); dimensioni variabili. Ed. 1/3. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles. Installation view: Palazzo Strozzi, Firenze. Photo: Ela Bialkowska OKNO studio © 2008 Olafur Eliasson

I Pilastri della Creazione in una foto senza precedenti del telescopio Webb della Nasa

All images courtesy of NASA, ESA, CSA, STScI; Joseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI), Alyssa Pagan (STScI)

Il Telescopio Spaziale James Webb è il principale osservatorio mondiale di scienze spaziali e ha recentemente scattato una fotografia senza precedenti dei cosidetti Pilastri della Creazione. Il progetto, che fa capo alla Nasa ma che la vede in collaborazione all'Agenzia spaziale europea (ESA) e all'Agenzia spaziale canadese (CSA), promette di capire meglio come si formano le stelle.

I Pilastri della Creazione sono appunto dense nubi di gas e polveri all’interno delle quali si formano nuove stelle. Nel 1995 l’allora telescopio spaziale più evoluto, Hubble, li fotografò una prima volta. E l’immagine, considerata iconica ancora oggi, fornì moltissime nuove informazioni agli scienziati. Nonostante i colori, la definizione e il dettaglio non avessero niente a che vedere con la nuova versione. Che dai suoi 122 megapixel di peso può ben dirsi uno scatto senza precedenti.

La fotografia coglie la formazione di nuove stelle nella Nebulosa Aquila, che si trova a 6.500 anni luce di distanza dalla Terra. "Ogni strumento avanzato- spiega il sito dell' l'agenzia spaziale statunitense- offre ai ricercatori nuovi dettagli su questa regione, che è praticamente traboccante di stelle."

Le stelle appena formate sono le sfere rosso vivo che si vedono all'esterno di uno dei pilastri di polveri.

"Quando i nodi con una massa sufficiente si formano all'interno dei pilastri di gas e polvere, iniziano a collassare per la loro stessa gravità, a riscaldarsi lentamente e alla fine a formare nuove stelle."

La fotografia, che si è avvalsa anche degli infrarossi, può illuderci di scorgere in lontananza distanze ancora maggiori. Ma non è così. Perchè come la Nasa ci spiega "La Via Lattea, blocca la nostra visione dell'universo più profondo."

Anche così la nuova immagine dei Pilastri della Creazione scattata dal Telescopio Spaziale James Webb, lascia a bocca aperta per la sua bellezza e ci consente di viaggiare fino ad altezze impensabili. Sul sito della Nasa è persino possibile scaricare la versione non compressa, a piena risoluzione, della fotografia.