Contributi: Mimmo Rotella e il Cinema

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di Martina e Mattia Stripartgallery

Il Cinema ha influenzato moltissimi artisti in tutto il mondo, basti pensare alle nove serigrafie raffiguranti il volto di Marilyn di Andy Warhol. Tuttavia l’artista contemporaneo di origine calabrese Mimmo Rotella è stato uno dei pochi a trovare nella Settima Arte la sua vera musa ispiratrice.

Nato a Catanzaro il 7 ottobre 1928, Mimmo (Domenico) Rotella è oggi considerato come uno dei più importanti esponenti della Pop Art internazionale. Dopo le prime esperienze artistiche nel campo delle Avanguardie, in cui realizza quadri astratti con figure geometriche (pittura Neo geometrica) ispirandosi alle opere pittoriche di Kandinskij, Mondrian e Picasso, a partire dagli anni ’50 approda ad una propria originale forma d’arte, il “Collage”, poi ribattezzata col nome di “Décollage”.

Le opere sono ottenute strappando dalla strada manifesti pubblicitari (motivo per cui gli è stata attribuita l’etichetta di “strappamanifesti” o “ladro di manifesti”), per poi incollarli sulla tela, quindi strapparli di nuovo a brandelli come se si trattasse di un vero puzzle o collage. È così che i volti patinati delle grandi star di Hollywood come Liz Taylor, Humprey Bogart e Ingrid Bergman, diventano protagonisti di una nuova espressione artistica che risente dell’influenza del Cubismo, dell’Astrattismo e del Dadaismo.

Come avverrà con Andy Warhol qualche anno più tardi, Mimmo Rotella è riuscito, grazie alla sua forza creativa a trasformare in icone alcuni degli attori più famosi del suo tempo, fra cui, oltre quelli già citati, anche Marylin, Sofia Loren, John Wayne e Clark Gable.

In questo periodo, Rotella oltre ai manifesti porta via dalle strade di Roma anche pezzi di lamiera e materiali da riciclo con cui realizza assemblaggi (assemblages) e sovrapitture per i suoi décollages di attori famosi.

L’uso di un prodotto (il manifesto) che è frutto della comunicazione di massa tipico dell’età moderna è senza alcun dubbio il segnale di una piena adesione alle idee della Pop Art. Così anche l’idea di intervenire direttamente sull’opera in modo gestuale, andando a “strappare” lui stesso i poster al fine di modificarne l’aspetto originario, secondo una logica meticolosamente studiata a tavolino, per attribuirgli così un messaggio proprio. "L’arte stessa è messaggio", afferma infatti Mimmo Rotella in numerose interviste rilasciate durante la sua lunga carriera.

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Tuttavia, è impossibile non vedervi anche una volontà di ribellione nei confronti di una società dei consumi basata sul culto delle immagini (anticipando, per certi aspetti, alcuni dei temi della Rivoluzione Culturale del ’68) e perfino un influsso dell’Astrattismo dei primi dipinti. Gli strappi eseguiti dall’artista sui manifesti non sono, infatti, casuali, ma imitano a tutti gli effetti l’inesorabile azione del tempo che cancella e corrode la materia fino a trasformare un’immagine concreta in un racconto indecifrabile ed evanescente.

La sperimentazione di Rotella non termina qui: all’inizio degli anni ‘60 entra a far parte del Nouveau Réalisme, diventandone uno dei più importanti esponenti; nel ‘63 realizza le prime opere di Mec-Art, stampe fotografiche su tela (negli anni 70 amplierà la tecnica stampando anche su supporti di plexigass); negli anni ’80 dà vita ai “Blanks”, manifesti pubblicitari nascosti da fogli bianchi.

Ma la passione per il Cinema non lo abbandona mai. "Fin da bambino scappavo di casa per andare a vedere i film muti di Chaplin", scrive nella sua autobiografia ed è del ‘62 aai tempi della prima mostra a Parigi dedicata ai manifesti degli attori hollywoodiani che in quegli anni lavoravano a Cinecittà. Nel 1984 realizza tele in acrilico raffiguranti gli stessi artisti che prima aveva immortalato nei décollages, mentre il 1997 lo vede impegnato nella produzione del ciclo “Felliniana” intitolato al grande maestro Federico Fellini, che in un’intervista del 1974 lo aveva indicato come l’unico artista in grado di dare nobiltà al manifesto cinematografico.

Il 2005, un anno prima della sua morte, vede Rotella impegnato in un progetto artistico insieme ad Alda Merini per celebrare insieme la “bellezza eterna” di Marilyn Monroe: i versi della poetessa dei Navigli abbinati ad alcuni dei suoi décollages più famosi dedicati alla più affascinante e malinconica diva di Hollywood. Il progetto, però, non venne portato a termine a causa dell’improvvisa scomparsa di entrambi.

Amore, quello di Mimmo Rotella per il Cinema, che è stato comunque ricambiato. Nel 1960 partecipa, infatti, ad un progetto di Enzo Nasso, un cortometraggio dedicato ai “pittori arrabbiati”, di cui cura la parte sonora (Rotella è infatti anche inventore della poesia fonetica, o come definita da lui “Epistaltica”, (cioè costituita da un flusso di parole, fischi, suoni e rumori onomatopeici senza senso). Nel 2004, invece, è il regista Mimmo Calopresi a girare su di lui un video documentario, “L’ora della lucertola”, dal titolo del suo libro autobiografico. Una lunga e interessante intervista in cui l’artista catanzarese ripercorre la sua carriera dagli esordi fino agli ultimi anni. Anche il titolo, emblematico, fa riferimento ad un episodio di vita reale di Rotella, che, quando era ragazzo, veniva ammonito, inutilmente, dalla madre a non uscire durante i caldi e assolati pomeriggi estivi di Catanzaro.

Un amore e una passione quella per il cinema che continuano anche dopo la morte di Mimmo Rotella, avvenuta a Milano l’8 gennaio 2006: la Fondazione Mimmo Rotella, voluta da lui stesso nel 2000 e oggi seguita dai suoi familiari, ha istituito un premio cinematografico e artistico internazionale che ha visto come vincitori attori come George Clooney, Al Pacino, Mel Gibson e registi come Sorrentino, Amelio, Ferrara e Celestini.

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Come bassorilievi scolpiti da antichi imperi le carte di Qiu Zhijie in “Racing Against Time”

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Artista, curatore, letterato, autore di raffinate mappe concettuali, Qiu Zhijie è considerato un intellettuale a tutto tondo. Adesso, complice il ritorno della Toscana in zona arancione, “Racing Against Time”, la monumentale serie che nel 2016 è stata in mostra alla Galleria Continua di San Gimignano, è consultabile su Continua XXL Online. Da casa o in movimento, con approfondimenti scritti e video (compresa una presentazione dell’artista stesso).

Il lavoro di Qiu Zhijie si muove tra la Storia e le latitudini per indagare il concetto di potere e il segno che questo è in grado di lasciare nel tempo. “Racing Against Time” è una serie di rilievi su carta che rappresentano, di volta in volta come fossero lastre di marmo scolpite o reperti fossili, animali e piante legati a noi dal processo evolutivo, ma anche opere architettoniche e ossa umane, fino a effigiare figure che sembrano provenire dal futuro.

Per farle è stata usata un’antica tecnica cinese che permette di creare rilievi con l’applicazione di spugne. Nelle immagini, queste carte, elaborate e tattili, sono state installate a terra, su fondo nero, con una lampadina che mette in luce ognuna, come se fossero oggetto di un ritrovamento archeologico.

È come uno scavo paleontologico- spiega l’artista- e una macchina del tempo dell'umanità. Guardando indietro nel tempo al regno dei dinosauri, al regno degli uccelli e al regno dei mammiferi, l'intera storia dell'evoluzione si basa sulla sopravvivenza del più adatto. Il tema di questa mostra è la battaglia dei poteri e la guerra tra imperi. Si sofferma sulla dicotomia di queste due logiche.”

Secondo Qiu Zhijie, visti alla luce della Storia, questi meccanismi sono immutabili ma mutevolissimi nell’oggetto della belligeranza.

Le attestazioni di merito- continua -e i simboli araldici sono forme di potere; spade, armature e pistole sono usati per mettersi in mostra; porte e torri sono entrambe forme architettoniche di simbolismo, espressione di perseveranza: le porte rappresentano il potere e la volontà, le torri simboleggiano un protendersi verso l'alto; piante e animali sono collegamenti tra la storia dell'evoluzione e la storia degli imperi: uccelli e aquile, detriti di edifici, parentesi duogong, colonne romane, tutti i frammenti in frantumi e rovine del formalismo imperiale ".

Tuttavia un tratto resta sempre uguale: non importa quanto un impero sia stato potente, ma le tracce del suo passaggio, a distanza di qualche centinaio d’anni, sono rovine. Solo frammenti di un mosaico che non viene certo restituito per intero.

"Dov'è l'impero- scrive nel testo di presentazione alla mostra che fece a San Gimignano- che doveva essere indistruttibile come il monolito? I geroglifici sono scomparsi da tempo nel silenzio, dov'è la tua patria oggi?"

Per vedere “Racing Against Time” di Qiu Zhijie basterà consultare lo spazio virtuale per le esposizioni di Galleria Continua, Continua XXL Online. Per saperne di più sull’artista nato a Zhangzhou, il sito internet e il suo accout instagram saranno d’aiuto. Qiu Zhijie fino al 26 febbraio 2021 è anche fisicamente in mostra alla sede di Beijing di Galleria Continua.

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Qiu Zhijie - Racing Against Time, 2016, exhibition views, Galleria Continua San Gimignano, Photo by: Ela Bialkowska

Schiumose trini di porcellana avvolgono sempre più le figure scolpite da Claudia Fontes

Foreignres. All images © Claudia Fontes

Foreignres. All images © Claudia Fontes

Nel procedere con la sua serie di sculture in porcellana, “Foreigners” (di cui ho già parlato), Claudia Fontes, fa virare verso l’astrazione le sue bianche figurine. Che, sempre più avvolte da una massa porosa simile a grandi coralli o schiuma, sembrano sul punto di svanire.

Artista di origine Argentina, Claudia Fontes, è molto conosciuta per il monumentale intervento “The Horse Problem” realizzato nel Padiglione Argentina della Biennale di Venezia 2017. La scultura è il suo medium preferito anche se non l’unico.

Vive a Londra, città capace di alimentare la sua riflessione sulla diversità e con i suoi parchi di non farle dimenticre le immagini della natura, che poi confluiscono nel suo lavoro. La serie di piccole sculture in porcellana “Foreigners” è un’esempio della capacità di Fontese di mixare queste osservazioni con riflessioni più ampie ed esperienze personali.

A colpire di “Foreigners” (Forestieri) è la delicata fragilità, la capacità della forma di scomporsi fin quasi all’astrazione per poi permetterci di sbirciare frammenti di racconto. Il bianco e le porose trine che compongono le parti non figurali evocano candore, pulizia, purezza. Danno, insomma, un commento emotivo alla scena.

Ma di cosa parlano? Come dice il nome (forestieri), della metamorfosi del senso d’identità di chi è straniero in Inghilterra. Che, da una parte è estraneo in quella terra e dall’altra si fonde con essa.

"Queste statuette-spiega Claudia Fontes sul suo sito web- raffigurano processi di metamorfosi e ibridazione tra le creature con cui condivido questo particolare sistema bio-politico: alberi, piante, rocce e funghi."Straniero" e "Foresta" condividono la stessa radice, "foris", che significa fuori, fuori casa, città, campagna e fuori dalla nostra comprensione del mondo come esseri umani."

L’artista ha scelto apposta il delicato materiale di pregio, per contrapporlo alle sfumature negative che spesso si associano al termine ”stranieri”. Le dimensioni delle statue poi (ognuna di loro non è più grande del palmo di una mano), sono state scelte per evocare la grandezza delle figure neolitiche che, secondo una teoria, servivano a creare il concetto di “persona” dal momento che si potevno reggere e maneggiare come giocattoli.

Il fatto che adesso la metamorfosi che questi personaggi stanno subendo sia più marcata, che i loro corpi siano questi indistinguibili si può leggere anche come un modo di proteggerli, di creare loro uno spazio privato. Una casa insomma, proprio nella terra che li etichettava come forestieri. Come se man mano che passa il tempo diventassero sempre più parte di essa.

Claudia Fontes, attualmente stà sperimentando l’uso di due sfumature di colore per evocare con maggior forza la roccia sedimentata. Alcune sue sculture della seria “Foreigners” in aprile faranno parte della mostra Simbìologìas, al Centro Cultural Kirchner di Buenos Aires. L’account Instagram di Claudia Fontes permette di vedere molte altre immagini di opere dell’artista di origini argentine. (via Colossal)

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