L'arte colorata e fantasiosa di Maria Prymachenko tanto amata da essere salvata da un museo ucraino in fiamme

“Ivan Gave the Landlord a Ride in his Gig and Fell Inside” (1983), gouache on paper, 61.5 x 86.3 cm

La settimana scorsa sembrava certo che 25 opere della celebrata artista folk Maria Prymachenko fossero andate distrutte durante l’incendio al Museo Storico di Ivankiv in Ucraina. Col passare dei giorni però si è diffusa la notizia che i dipinti siano stati salvati da un abitante della zona prima di essere avvolti dalle fiamme.

Ma chi era l’artista? Quella di Maria Prymachenko è la tipica storia triste di un’outsider artist. Nata nel 1909 in Ucraina, a Bolotnya, un paesino a soli 30 chilometri da Chernobyl, ha avuto una vita piena di tribolazioni ma non ha mai smesso di dipingere. Anzi la sua produzione è piuttosto vasta. Da bambina si è ammalata di poliomelite ed è rimasta menomata, più tardi ha perso marito e fratello in guerra. Da Bolotnya si è spostata solo per un breve periodo quando un’altra artista la chiamò a partecipare al Laboratorio Sperimentale Centrale del Museo di Arte Ucraina di Kiev. Da allora in avanti ha lavorato in una fattoria collettiva senza spostari mai più. Si è però guadagnata qualche premio e in alcune occasioni i suoi dipinti sono stati esposti all’estero. Pare che anche Picasso e Chagall abbiano lodato la sua opera. Soddisfazioni, che, tuttavia, non hanno migliorato la sua esistenza.

Ovviamente autodidatta, raccontava così i suoi primi esperimenti artistici "Una volta, da ragazzina, stavo accudendo un branco di oche. Quando sono arrivata con loro su una spiaggia, sulla sponda del fiume, dopo aver attraversato un campo costellato di fiori, ho cominciato a disegnare fiori veri e immaginari con un bastoncino sulla sabbia (… )In seguito ho deciso di dipingere le pareti di casa mia usando pigmenti naturali. Dopo di che non ho mai smesso di disegnare e dipingere."

Il suo lavoro si basa sull’arte popolare ucraina. I motivi tradizionali del ricamo e della ceramica ma anche le fiabe che faceva propri, rieaborandoli. Per ironia della sorte le opere, che rappressentano fiori e animali stilizzati, spesso (comprensibilmente vista l’epoca) fanno riferimento alla propaganda sovietica. I messaggi ingenui e positivi, la semplicità dell’iconografia, ma anche la fantasia e la vitalità non scontata della tavolozza, la fluidità del racconto, ne fanno una sorta di eroina per la popolazione ucraina.

Non a caso sarebbero stati proprio gli abitanti del luogo in cui ha sede il museo a salvare la collezione di opere di Maria Prymachenko dal rogo. Nonostante gli attacchi dei militari russi. La pronipote della pittrice, Anastasiia Prymachenko, infatti, oltre a confermare che i dipinti sono stati messi al sicuro ha raccontato a The Times che la coraggiosa impresa è opera di un uomo della zona che si è introdotto nel Museo di Ivankiv mentre l’edificio era già in fiamme.

“May That Nuclear War Be Cursed!” (1978), gouache on paper, 61.5 x 86.3 cm

“Our Army, Our Protectors” (1978), gouache on paper, 61 x 86 cm

“Red Poppies” (1982), gouache and paper, 85.7 x 61.4 cm

Il tutorial di cucina di Andrea Love insegnano a fare la pizza con ingredienti di feltro lavorati ad ago

La giovane statunitense Andrea Love realizza piccoli film d’animazione in stop motion che hanno fatto il giro del suo Paese. Usa il feltro per dare vita a personaggi pacifici e positivi sospesi tra un passato prossimo e un mondo di fiaba remoto. Sono stati proiettati anche al Tribecca Film Festival e al Festival dei Corti di Los Angeles. Lei abita a Washington e lavora nel suo seminterrato.

Ogni tanto si diverte anche a creare degli spassosi tutorial di cucina. Ha preparato limonate ghiacciate, banana split, waffle e colazioni a base di pancake e bagel tostati con arance e caffe. Ha perfino lavato i piatti sporchi nel lavello. E naturalmente non poteva mancare la preparazione della pizza. La cosa particolare è che nei video di Andrea Love ogni ingrediente, particolare d’arredo, stoviaglia o attrezzo da cucina è fatto di feltro lavorato ad ago, Persino il getto d’acqua, la salsa di pomodoro o il detersivo.

Nel caso di Cooking with Wool: Pizza poi, ci sono decine di minuscoli particolari da notare: le olive, i funghi (interi e tagliati), il formaggio sciolto, persino la brunitura della crosta. Come la pazienza necessaria a far sembrare naturale tutto il procedimento.

Per farsi un idea di come ha fatto Andrea Love a realizzare Cooking with Wool: Pizza trovate un video a seguire. Altri divertenti tutorial di cucina in feltro lavorato ad ago sono sul suo account instagram. I corti d’animazione in stop motion strutturati come vere e proprie storie sono invece sulla sua pagina Vimeo.

I virus senza colore di Luke Jerram: sculture di vetro che non cedono alle licenze creative

Ebola. All images © Luke Jerram

Nella serie di sculture Glass Microbiology l’artista britannico Luke Jerram racconta i più temibili killer microscopici tra accuratezza scientifica e bellezza. Usa il vetro soffiato, la grande scala, ma non si prende licenze creative.

Quando si parla di salute pubblica siamo poco propensi a pensare al design. In particolar modo quando ci viene comunicato un messaggio che ha a che fare con un’epidemia. Invece il design ha un ruolo fondamentale nel racconto di un potenziale pericolo invisibile. Soprattutto quando si parla di malattie poco telegeniche. Il caso tristemente noto del coronavirus ha fatto scuola. Al solo nominarlo oltre alla forma, la mente ne richiama i colori accesi quasi ultraterreni. Che però nella realtà non esistono. I virus, più piccoli della più piccola lunghezza d'onda visibile della luce, non hanno colore.

Il Covid 19 che vediamo con gli occhi della mente è un rendering che venne commissionato dall’agenzia di salute pubblica statunitense, Centers for Disease Control and Prevention, agli illustratori medici Alissa Eckert e Dan Higgins chiamati a sensibilizzare la popolazione del pericolo imminente. Si è pure guadagnato un premio (il Beazley Design of the Year). La forma del virus è fedele ma per far meglio presa sul pubblico sono stati aggiunti colori accesi normalmente associati (almeno nella cultura occidentale) al corpo e al pericolo. Col tempo l’immagine si è evoluta, aggiungendo sempre più colore al racconto di una malattia poco telegenica. Infatti, se per l’AIDS ad attirare l’attenzione bastavano l’immagine di un giovane uomo dall’aspetto emaciato e per ebola gli operatori sanitari in una tenuta che (allora) appariva fantascientifica in contrasto alla natura esotica circostante, il Covid 19 non offriva abbastanza materiale. I sintomi erano simili a quelli del raffreddore e la maggior parte dei pazienti gravi erano anziani. Restavano dei buchi nella storia, che vennero riempiti con un’immagine psichedelica del virus.

Tuttavia, adesso molti si chiedono se le licenze creative nella rappresentazione di un richio microbiologico siano corrette. E la serie Glass Microbiology dell’artista inglese Luke Jerram si stà guadagnando notorietà e sedi espositive prestigiose proprio perchè le evita fermamente.

In Glass Microbiology, Luke Jerram, scolpisce in vetro virus e batteri. Per farlo collabora con i virologi dell'Università di Bristol e con i soffiatori di vetro Kim George, Brian Jones e Norman Veitch. Alla fine le immagini rappresentate sono scientificamente accurate e artigianalmente ben riuscite. “Naturalmente, utilizzando il vetro, si crea qualcosa di incredibilmente bello- ha detto Jerram in un’intervista- Lì nasce una tensione, tra la bellezza dell'oggetto e ciò che rappresenta."

I microorganismi sono ritratti in grande scala (nel caso del coronavirus la scultura è quasi 2milioni di volte più grande dell’originale). Ma lucide e trasparenti le installazioni non appaiono monumentali. La trasparenza del materiale, poi, accresce la precisione scientifica dell’oggetto, che ha al centro fili di acido nucleico.

Luke Jerram ha cominciato la serie nel 2004. L’idea gli è venuta vedendo i primi piani a colori dell’HIV su The Guardian. a cui Jerram ha reagito infastidendosi. Lui, infatti, è daltonico. Da quel momento ad oggi ha rappresentato 20 diversi microorganismi potenzialmente mortali. Ha persino preso la peste suina mentre lavorava a una scultura dello stesso virus nel 2009.

Luke Jerram solo in questo mese porterà i suoi enormi microbi di vetro in due mostre: all’ArtScience Museum di Singapore e all’Hanry Moore Institute nel Regno Unito. Sul sito internet personale una sezione a parte è dedicata alla serie Glass Microbiology. (via Colossal)

Sars Cov 19

Malaria 2015

E. Coli

T4 Bacteriophage 2011

Vaiolo, futura mutazione Senza Titolo, HIV