Il Ballon Museum con Pop Air fa volare l' arte gonfiabile in Italia

Balloon Museum, HYPERCOSMO by HYPERSTUDIO 2 Photo: Lux Eventi

L’inflatable art (arte gonfiabile) è entrata con forza nel panorama espositivo nazionale con il Ballon Museum e la mostra Pop Air. Ne l’uno ne l’altra sono una novità, dopo le tappe di Roma e Parigi dell’esposizione sbarcata a Milano lo scorso 23 dicembre. Ma sono anche un piacevole incontro con i 6mila metri quadri degli spazi di Superstudio. riempiti di palloncini, luci colorate e musiche inattese.

Oltre a concretizzare il successo annunciato di un evento a cavallo tra il design puro e semplice, l’arte- design, l’arte e l’architettura. Divertente, giocoso ed immersivo, a misura di grandi e piccini. Oltre a rappresentare un paradiso degli influencers e di chiunque usi instagram.

C’è persino una Ballon Street dai colori vivaci per passeggiare e un Ballon Bar incorniciato dai palloncini.

Ovviamente, il tutto, tenendo in gran conto l’impatto ambientale (con report e linee guida). Tanto da utilizzare forniture di palloni fatti con il lattice di gomma 100% naturale e biodegradabile.

Tra la composita schiera di artisti chiamati a contribuire a Ballon Musuem ritroviamo Quiet Ensamble (qui trovate un altro articolo su di loro), di Fabio di Salvo e Bernardo Vercelli, che presentano una nuova opera: A Quiet Storm (anche se gli elementi sono i soliti: la bellezza della natura, scoperta in prima persona dallo spettatore, i chiaroscuri, il suono delle cose apparentemente mute). Ma anche la simpatica orchestra dispettosa di gonfiabili-illustrazioni, Airship Orchestra, del gruppo multidisciplinare australiano Eness (su di loro qui). E ne conosciamo tanti altri. Anche perchè Ballon Museum- Pop Air, in generale, non è una mostra di singoli ma di collettivi multidisciplinari. Per lo più, studi creativi e gruppi di artisti occidentali.

Il feeling con l’architettura è talmente forte che si potrebbe estendere a tutte le opere ma dovendo scegliere, per esempio, Volatile Structure, il cuscinone fuoriscala del brasiliano Geraldo Zampron, è di sicuro un lavoro esemplare. Riempie lo spazio tanto bene da sembrare sorreggere la pesante struttura sopra di lui (così facendo punta anche l’occhio di chi guarda sull’architettura della sala). Poi ci sono i tedeschi di Plastique Fantastique che, con Tholos, rendono omaggio ai templi dell'antichità. E gli spagnoli di Penique Productions, che con Giallo 368, modificano una stanza rivestendola interamente con un involucro leggero e colorato (naturalmente vogliono anche cambiare l’esperienza della stanza e lo fanno attraverso l’aria generata da alcuni ventilatori). Nel capitolo architettura, infine, non si può mancare di parlare di Knot del francese,  Cyril Lancelin. Il suo è un grande nodo rosso di cui non si capisce l’inizio e la fine che spinge a vedere l’ambiente intorno a lui in modo diverso e a percorrerlo con spirito d’avventura.

Lancelin è attualmente concetrato su Realtà Virtuale e Realtà Aumentata. Un tema, quello degli orizzonti tracciati dalle nuove tecnologie, che vediamo riflettersi nella ripetizione ossessiva ed accuratamente porzionata di Never Ending Stories di Motorefisico (il duo romano architettonico-design, composto da a Lorenzo Pagliare e Gianmaria Zonfrillo). Qui la presenza umana si muove aliena in mezzo a oggetti immobi, resi mutevoli solo con suoni e luci.

Simili ai personaggi di Eness sono poi i Ginjos. Tipi panciuti e canterini (sonori in realtà) dagli occhi allucinati, inventati da Rub Kandy (nome d’arte del romano, Mimmo Rubino).

Più serio il lavoro della tedesca, Karina Smigla-Bobinski, che ispirata dalle nuove scoperte delle neuroscienze, chiama gli spettatori ad assemblare tubi gonfiabili di diverse dimensioni come meglio preferiscono, documentando il risultato. L’installazione interattiva di Smigla-Bobinski si intitola Polyheadra.

Con Silenus, invece, lo scultore canadese, Max Streicher, allude alla fragilità e alla transitorietà della vita, con un gigante addormentanto dalla pelle diafana e sottile, che, per via dell’aria, sembra muoversi nel sonno e respirare rumorosamente.

Particolarmente teatrale, interattiva e giocosa, infine, la grande piscina colma di palloncini e luci colorate, Hypercosmo degli spagnoli di Hyperstudio (collettivo che si è occupato della direzione artistica della prima edizione di Pop Air). I pubblico è invitato a immergersi, mentre, sopra di lui, il cielo (di palloncinia a sua volta) cambia colore rendendo ancora più spettacolare l’esperienza.

L’arte gonfiabile del Ballon Museum, con Pop Air, rimarrà negli spazi di Superstudio a Milano, fino al 12 febbraio 2023.

Balloon Museum, A QUIET STORM by QUIET ENSEMBLE Photo: Lux Eventi

Balloon Museum, AIRSHIP ORCHESTRA by ENESS Photo: credit ENESS

Balloon Museum, KNOT by CYRIL LANCELIN Photo: Lux Eventi

Balloon Museum, BALLOON STREET by Balloon Lab Photo: Lux Eventi

Balloon Museum, NEVER ENDING STORIES by MOTORE FISICO  Photo: Lux Eventi

Balloon Museum, VOLATILE STRUCTURE by GERALDO ZAMPRONI Photo: Lux Eventi

Balloon Museum, GINJOS by RUB KANDY Photo: Lux Eventi

Balloon Bar Photo: Lux eventi

Balloon Museum, Silenus by Max Streicher Photo: credit Falko Behr (Ironic Turn exhibition Metz France  2003)

Lo studio DnA Design and Architecture di Xu Tiantian ha vinto lo Swiss Architectural Award

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Fabbrica di tofu nel villaggio di Caizhai / Tofu factory in the Caizhai village 2017-2018 Foto di / Photo by: Wang Ziling

L’ottava edizione dello Swiss Architectural Award, il premio delle università della Svizzera italiana presieduto da Mario Botta, è andato allo studio cinese DnA Design and Architecture della famosa Xu Tiantian.

Già pluripremiata, Xu Tiantian, che dopo essersi laureata all’Università Tsinghua (nel Beijing) si è specializzata ad Harvard, lavora in Cina, dove ha fondato lo studio DnA Design and Architecture. il suo è un approccio olistico all’architettura, che si propone di rivitalizzare le aree rurali, contrastandone lo spopolamento e accrescendone l’economia, in modo sostenibile.

Tra i progetti più riusciti in questo senso, i tre presi in considerazione dalla giuria del riconoscimento elvetico. Cioè il Ponte Shimen sul fiume Songyin, Fabbrica di tofu nel villaggio di Caizhai e il Riutilizzo delle Cave di Jinyun.

Nel caso del Ponte Shimen, Tiantian, ha trasformato in un ponte pedonale panoramico un vecchio ponte degli anni ‘70, che avrebbe dovuo essere abbattuto. L’ha coperto con strutture di legno che riparano e creano giochi di luce ma ha preservato a vista anche molti particolari della struttura preesistente. Congiungendo, inoltre, due villaggi, separati dal fiume ma con radici comuni.

Nel secondo progetto, ha riunito in una Fabbrica di tofu, le piccole ma storiche produzioni locali diventate obsolete per gli odierni standard si sicurezza. La Fabbrica di tofu di Tiantian, inoltre, permette di vedere dall’esterno l’intero processo di produzione e ha un locale dedicato alla degustazione.

Il più recente tra i progetti presi in considerazione, è forse anche il più complicato. Qui, infatti, la DnA Design and Architecture si è trovata di fronte a un complesso di cave dismesse. E le ha trasformate in un’attrazione turistica: un sito di osservazione delle rocce e del paesaggio, da una prospettiva insolita. Nelle cave di Jinyun oggi, ci sono anche gli scalpellini che mostrano ai visitatori un’antica forma artigianale.

Il premio è stato attribuito allo studio cinese perchè i progetti:

hanno convinto la giuria per il felice connubio tra le istanze  civiche che li animano (poiché volti a servire le comunità locali) e la qualità dell’architettura proposta, caratterizzata da una spiccata attenzione al contesto, da un’attitudine precisa e poetica al tempo stesso, e dall’operare al crocevia di scale e temi diversi, tra architettura e infrastruttura, tra permanente e effimero, tra riuso e intervento ex-novo”.

Lo Swiss Architectural Award  promosso dalla Fondazione Teatro dell’architettura con il sostegno organizzativo e operativo dell’Università della Svizzera italiana – Accademia di architettura e con la collaborazione fra le tre Scuole di architettura svizzere (Università della Svizzera italiana – Accademia di architettura; Politecnico Federale di Losanna – ENAC, Section d’Architecture; Politecnico Federale di Zurigo – Departement Architektur), rappresentate nella giuria del premio dai loro direttori. Quest’ultima, quest’anno, era presieduta dal famoso architetto svizzero, Mario Botta.

Il premio dello Swiss Architectural Award, fissato in 100.000 franchi svizzeri, sarà consegnato il 4 maggio 2023 all’Auditorio del Teatro dell’architettura Mendrisio dell’Università della Svizzera italiana, dove si terrà anche l'esposizione dei progetti presentati dai candidati.

Per vedere altre opere architettoniche, realizzate dallo studio DnA Design and Architecture di Xu Tiantian, si può dare uno sguardo al loro sito internet.

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riuso del ponte Shimen sul fiume Songyin / Reuse of the Shimen Bridge on the Songyin river 2016-2017 Foto di / Photo by: Wang Ziling; Han Dan (Photo “Shimen Bridge 4”)

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riuso del ponte Shimen sul fiume Songyin / Reuse of the Shimen Bridge on the Songyin river 2016-2017 Foto di / Photo by: Wang Ziling; Han Dan (Photo “Shimen Bridge 4”)

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riuso del ponte Shimen sul fiume Songyin / Reuse of the Shimen Bridge on the Songyin river 2016-2017 Foto di / Photo by: Wang Ziling; Han Dan (Photo “Shimen Bridge 4”)

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riuso del ponte Shimen sul fiume Songyin / Reuse of the Shimen Bridge on the Songyin river 2016-2017 Foto di / Photo by: Wang Ziling; Han Dan (Photo “Shimen Bridge 4”)

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Fabbrica di tofu nel villaggio di Caizhai / Tofu factory in the Caizhai village 2017-2018 Foto di / Photo by: Wang Ziling

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Fabbrica di tofu nel villaggio di Caizhai / Tofu factory in the Caizhai village 2017-2018 Foto di / Photo by: Wang Ziling

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Fabbrica di tofu nel villaggio di Caizhai / Tofu factory in the Caizhai village 2017-2018 Foto di / Photo by: Wang Ziling

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riusi delle cave di Jinyun / Reuse if the Jinyun quarries 2021-2022 Foto di / Photo by: Wang Ziling

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riusi delle cave di Jinyun / Reuse if the Jinyun quarries 2021-2022 Foto di / Photo by: Wang Ziling

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riusi delle cave di Jinyun / Reuse if the Jinyun quarries 2021-2022 Foto di / Photo by: Wang Ziling

Xu Tiantian – DnA Design and Architecture Riusi delle cave di Jinyun / Reuse if the Jinyun quarries 2021-2022 Foto di / Photo by: Wang Ziling

Le fotografie di Noritaka Minami congelano l'intimità degli alloggi della Nakagin Capsule Tower prima della demolizione

“B1004” (2011). All images © Noritaka Minami

La demolizione dell’iconica Nakagin Capsule Tower, cominciata il 12 aprile scorso, procede molto lentamente ma dovrebbe essere ultimata per la fine dell’anno. E nonostante i problemi strutturali l’avessero resa inevitabile, di sicuro la mancanza del palazzo lascerà un vuoto. Che forse si colmerà in un prossimo futuro (nel Metaverso o nella realtà) visto che i diritti per la ricostruzione della torre dell’architetto Kishō Kurokawa sono attualmente in vendita sotto forma di NFT.

Difficilmente però la Nakagin Capsule Tower rinascerà nel quartiere di Shimbashi e sarà identica in tutto e per tutto alla prima versione.

Per questo molti hanno fotografato l’edificio finchè è stato possibile. Ma dall’esterno (era infatti severamente vietato a turisti e curiosi immortalarne l’interno). L’artista statunitense Noritaka Minami invece si è attardata in un gran numero di casette. Cercando di cogliere e mettere in evidenza le similitudini del design di ognuna e le differenti personalità degli abitandi attraverso la disposizione dei loro oggetti. Congelando l’intimità dei blocchi nelle sue fotografie e contemporaneamente raccogliendo una testimonianza preziosa.

La Nakagin Capsule Tower, progettata dall’architetto giapponese Kishō Kurokawa (che fu tra i fondatori del movimento metabolista), venne completata, dopo appena due anni, nel 1972. Composta da due torri collegate tra loro di 11 e 13 piani. Al centro di ognuna c’erano scale e ascensori, mentre ai lati sbucavano i 140 moduli prefabbricati. Questi ultimi non erano però collegati tra loro ma solo alla struttura portante centrale. Una caratteristica che creava problemi importanti all’edificio. D’altra parte i moduli erano stati concepiti per essere sostituiti ogni 25 anni. Ai tempi della progettazione venne persino inventato un macchinario per estrarre quelli vecchi e inserire quelli nuovi ma non fu mai usato. Semplicemente, all’atto pratico, non si poteva fare.

Al di là delle infiltrazioni e dell’usura, la Nakagin Capsule Tower non era antisismica. "Per noi- scrivono gli architetti Filipe Magalhães, Ana Luisa Soares che hanno abitato nell'edificio- vedere le cellule sbattere l’una contro l’altra è stata un’esperienza spaventosa. Ci siamo precipitati verso le scale in cemento, che sembravano un luogo più sicuro, e mentre correvamo giù abbiamo incontrato alcuni vicini che si comportavano come se niente fosse." L’interno dei moduli abitativi era caldissimo d’estate e freddissimo d’inverno. Gli inquilini avrebbero dovuto usare l’impianto di climatizzazione centralizzato per modulare la temperatura ma i tubi erano guasti in più punti e zeppi d’amianto.

Per questo alla fine si è deciso di abbattere l’edificio. Il panorama urbano giapponese è in continuo mutamento per via del concetto d’impermanenza, che permea l’architettura nipponica. Tuttavia la decisione di demolire la Nakagin Capsule Tower è arrivata dopo un lungo dibattito, che ha visto anche molte voci contrarie.

L’edificio, infatti, era un raro esempio di architettura del movimento metabolista.

All’interno i moduli, di circa 2 metri per quattro, erano essenziali. Gli elettrodomestici già presenti all’epoca della progettazione erano incassati nelle pareti, così come l’armadio. Poi c’era qualche ripiano, un bagno (che è stato descritto come “una capsula dentro la capsula”) e una finestra circolare (che si poteva schermare con una tenda circolare su misura).

E’ questo l’ambiente seriale fotografato da Noritaka Minami. Eppure, a seconda del padrone di casa, il minuscolo teatro cambiava diametralmente, riflettendone gusti e personalità.

Minami sottoilinea questa rivincita dell’individuo, mantenendo la camera nella stessa posizione in ogni scatto e consentendole di attardarsi solo su particolari creativi incongruenti con le dimensioni spartane dello spazio.

Noritaka Minami ha esposto le sue fotografie della Nakagin Capsule Tower nella mostra 1972/Accumulations (fino al 8 dicembre) in corso al MAS Context Reading Room di Chicago. Parecchie immagini si possono , comunque, vedere anche sul suo sito internet. (via Colossal)