Ascolta la celestiale musica incisa su questi coltelli del Rinascimento

Image courtesy Victoria & Albert Museum

Image courtesy Victoria & Albert Museum

Attualmente sono conservati in Inghilterra, in parte nel Victoria and Albert Museum di Londra, in parte nella collezione del Fitzwilliam Museum di Cambridge, ma i “Notation Knives” sono dei raffinati manufatti italiani. Realizzati tra il 1500 e il 1550 da un artigiano sconosciuto, sono stati in possesso di almeno una ricca famiglia italiana. La loro particolarità è che hanno delle melodie incise sulla lama.

Non si tratta di coltelli usati per offendere ma di semplici posate. Ed è proprio questo che lascia gli storici sconcertati. Infatti, se la lama sembra l’ideale per tagliare una bistecca o giù di lì, l’etichetta del Rinascimento non lascia spazio a dubbi: simili compiti erano riservati alla servitù.
L’incisione è stata realizzata su entrambi i lati delle lame. Da una parte si trova la musica di una benedizione per il pasto che verrà e dall’altra quella di ringraziamento per il cibo appena consumato.
Kirstin Kennedy curatrice del Victoria & Albert Museum dice che “noi non siamo del tutto sicuri” di come questi “splendidi coltelli” venivano usati. Ciò probabilmente rimarrà un mistero anche se gli storici avanzano diverse teorie (che venissero usati solo in particolari occasioni o cerimonie ecc)

Stà di fatto però che il coro del Royal College of Music ha cantato e registrato le melodie incise su questi coltelli. Che chiunque può ora ascoltare o persino scaricare direttamente da qui. Per godere di altre interpretazioni dei talentuosi coristi c’è il sito del V&A Museum. (via Open Culture)

Notation Knives, XVI secolo. Artista sconosiuto. Fitzwilliam Museum Collection, Cambridge. Photo by Johan Oosterman.

Notation Knives, XVI secolo. Artista sconosiuto. Fitzwilliam Museum Collection, Cambridge. Photo by Johan Oosterman.

Le casette per gli uccelli degli ottomani che sembrano palazzi riccamente ornati

diverse foto courtesy of Caner Cangül

diverse foto courtesy of Caner Cangül

Un elemento curioso e non molto conosciuto dell’architettura ottomana in Turchia è l’abitudine di inserire una casa per uccelli sulla facciata degli edifici simbolo delle città. Moschee, ponti, locande e biblioteche possedevano una loro casetta per i volatili. Sulle fontane poi erano inseriti anche dei minuscoli abbeveratoi.

Ma più che semplici ricoveri per piccioni, rondini o passeri sembrano palazzi in miniatura. Con più di un ingresso e ricchi decori ricalcano l’architettura delle residenze più importanti del paese. A volte si articolano su due piani.

Gli ottomani avevano preso ad inserire queste dimore per pennuti sugli edifici per preservarne le facciate dalla corrosione. Ma anche perché si riteneva che chi offre riparo agli uccellini sarebbe stato ripagato con eventi fortunati.

La presenza e la cura con cui queste casette erano realizzate ha contribuito a rafforzare l’amore per gli animali. Tutt’ora i turchi hanno una particolare predilezione per gli uccelli che sfamano e che durante le migrazioni rallegrano numerosi alcune delle loro città (l’autore del blog istambulperitaliani riferisce che ad Istambul si fermano spesso: cicogne, falchi, gru e aironi).

Negli anni queste casette sono state chiamate con nomi diversi, talvolta divertenti altre poetici, come “kus köskü” (padiglioni degli uccelli), güvercinlik” (colombaie) e “serçe saray” (palazzo passero).
La maggior parte di queste casette che caratterizzarono così tanto l’architettura ottomana è andata distrutta. Degli esempi tuttavia sono ancora presenti in tutte le città turche. La più antica risale al XVI secolo ed è parte del Büyükçekmece Bridge di Instambul. (via Colossal)

casette-uccelli-architettura-ottomana
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photo collage by Colossal

photo collage by Colossal

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Gli archeologi scoprono uno smiley dipinto su una brocca di 3700 anni fa

brocca-smiley

Un team di archeologi italiani e tuchi ha recentemente scoperto una faccina sorridente stilizzata, una vera e propria emoji, dipinta su una brocca del 1700 AC.

Il vaso a collo corto, che veniva usato per contenere un liquido dolce, è bianco e i sottili tratti di pittura nera che definiscono lo smiley sono passati inosservati agli studiosi fino a quando non è arrivato nel laboratorio di restauro.

“La faccia sorridente è indubbiamente lì (non ci sono altre tracce di pittura sul vaso)- ha detto il direttore degli scavi, Dottor. Nicolò Marchetti, dell’Università di Bologna- E non ci sono paragoni nell’antica arte ceramica di quest’area”.

La brocca con lo smiley è stata rinvenuta al sudest della Turchia (non lontano dal confine siriano), in un grande sito di interesse archeologico, su cui sorgeva la città ittita di Karkemish.

Sul sito, oggetto di scavi da 7 anni a questa parte, hanno lavorato 25 esperti. D’altra parte quest’area è stata al centro di spedizioni archeologiche da anni ormai. Una delle prime fu quella di Lawrence d’Arabia nel 1911.

Tornando ai giorni nostri, nel sito che comprende Karkemish, oltre alla brocca con lo smiley gli studiosi hanno trovato numerosi altri manufatti.

Nel 2018 il governo turco intende trasformare il sito in un museo a cielo aperto. La brocca con lo smiley dipinto, sarà invece esposta nel vicino Museo Archeologico di Gaziantep

E pensare che fino ad ora si credeva che lo smiley fosse un'invenzione dell'artista statunitense Harvey Ball. Datata 1963 (via thehistoryblog)