L'attesa inquieta nei paesaggi di Brooklyn Whelan

The candle that lights your way home, 2023, Oil, acrylic and mixed media on canvas, 112 x 112cm

Con un passato da street artist e direttore creativo di una rivista, Brooklyn Whelan, nato e cresciuto a Sydney in Australia, riprende la storica pittura romantica europea e la reimmagina in chiave contemporanea. Ad interessarlo sono le nuvole. O meglio le tempeste.

Va detto che i tornado e il paesaggio dell’Outback australiano sono sicuramente il primo spunto dell’artista.

Anche se i realtà, guardando le sue opere, realizzate per lo più ad acrilico su tela, si possono fare anche altre considerazioni. I soggetti delle immagini, infatti, hanno un che di misterioso. Non è mai chiaro se si tratti di dense nuvole o fumo. Se quello che vediamo sia naturale o artificiale. Presagisca un pericolo, o sia la prova evidente che qualcosa di brutto è appena successo. Magari un’esplosione (e di qui l’associazione con guerra, attentantati ecc.). Dei colori vividi, apparentemente improbabili in quel contesto, spesso attraversano i nembi, come fari durante un concerto in spiaggia. Ma il paesaggio è deserto e noi rimaniamo a osservare stupiti e ammirati la bellezza di qualocosa che potrebbe in vero significare distruzione e morte. A tratti persino un paesaggio post-apocalittico.

Il nostro essere passivi ammiratori di eventi che sfuggono alla nostra comprensione è un aspetto interessante del lavoro di Whelan. Perchè mette in relazione il contenuto dell’immagine con il mondo dell’informazione, con il contesto che cambia la reazione dell’osservatore. Del confine, spesso labile, tra spettacolo e informazione

Poi c’è la psicologia. Perchè i dipinti possono pure essere letti come semplici proiezioni di stati d’animo.

In bilico tra figurazione pura ed astrazione, le opere di Whelan hanno avuto un evoluzione pur mantenendo il punto, che l’artista stesso ha individuato negli eventi metereologici. Le nuvole, in realtà. Che nel tempo si sono trasformate in masse aeree minacciose, consapevoli di un certo tipo di fotografia molto di moda negli ultimi anni, ma anche di altre immagini spettacolari (come quelle della Nasa).

Adesso Brooklyn Whelan è ospite della galleria Nanda\Hobbs (a Chippendale, non lontano da Syney) con la mostra Kingdoms (dal 9 al 25 febbraio 2023). Per vedere altri suoi quadri si può dare uno sguardo al suo sito internet o all’account instagram.

I'm sure I'll see you again someday, 2023, Oil, acrylic and mixed media on canvas, 112 x 112cm

Just rest, you're safe here, 2023, Oil, acrylic and mixed media on canvas, 112 x 112cm

Come manga 3d le interattive opere d'arte pubblica gonfiabili dello studio Eness

All images © ENESS

Lo studio australiano Eness crea delle coloratissime installazioni che mixano diversi tipi di tecnologie per raggiungere risultati capaci di suscitare stupore. In particolare le opere d’arte pubblica, che realizzano per festival ed eventi vari, sono strutture gonfiabili ma allo stesso tempo capaci di effetti luminosi e dotate di elementi interattivi. A volte suonano, guardano di qua e di la con i loro occhi digitali, una di loro è a tutti gli effetti una fontana. Come grandi illustrazioni 3d, sono popolate di creature fantasiose ma dall’identità incerta: ci sono enormi carpe koi che ricordano anche delle creature marine come gli anemoni e alieni simili a zucche.

Sono fittamente decorate anche in superficie, sia per rendere più gradevoli e particolari le creature che vestono, sia per aumentare l’impatto notturno quando si trasformano in grandi globi luminosi. Eness le concepisce concentrate su se stesse, in modo che le persone possano avere l’impressione di trovarsi in un mondo parallelo. Un po’ come le attrazioni di un luna park.

Eness ha sede a Melbourne ed è composto da un team di creativi multidisciplinare. Tra le sue installazioni “Cupid’s Koi Garden”, con i suoi getti d’acqua (un unicum trattandosi di una struttura gonfiabile), farà parte della mostra “Pop Air” a Parigi. L’esposizione, nata dalla collaborazione tra La Villette e il Baloon Museum, si terrà dal 12 aprile al 21 agosto e occuperà oltre 5mila metri quadrati de La Grande Halle. Oltre all’installazione di Eness ci saranno le opere di altri 14 artisti.

“Cupid’s Koi Garden.” Photo by Diana Snape

“Cupid’s Koi Garden.” Photo by Sam Roberts

“Airship Orchestra.” Photo by Ben Weinstein

"Airship Orchestra.” Photo by Ben Weinstein

“Sky Castle.” Photo by Zu Rui

Le golose cermiche di Mechelle Bounpraseuth che raccontano la vita passando per gli scaffali del supermercato

Tutte le immagini © Mechelle Bounpraseuth

Tutte le immagini © Mechelle Bounpraseuth

Mechelle Bounpraseuth tratteggia un autoritratto intimo e personale attraverso gli oggetti della quotidianità. Bottiglie di ketchup, barattoni di caffè liofilizzato riutilizzati, patatine fritte, lattine vuote, lacca per capelli, sono improbabili totem evocativi, che dagli scaffali della grande distribuzione, passando per la routine famigliare, si insinuano nella memoria. E che l’artista australiana riproduce in sculture di ceramica lucide e colorate.

Figlia di rifugiati laotiani, Mechelle Bounpraseuth è cresciuta in un sobborgo di Sydney. Nella sua formazione hanno pesato la conversione della famiglia ai Testimoni di Geova e lo squallore del quartiere. Ma se il contesto in cui era avvolta la casa della sua infanzia lascia un ricordo agrodolce nella giovane artista (spesso evocato con una punta di nostalgia nelle sue opere), la religione invece, diventa fonte di frustrazione e alienazione. Ma Mechelle alla fine trova la sua strada: studia ceramica, si sposa, ha una figlia.

Nelle sue sculture ritornano i ricordi d’infanzia. La gioia della cena in famiglia, evocata dai barattoli di salse e spezie, le mattinate passate con la madre in piscina in cerca di lattine vuote da rivendere e, in seguito, di nuovo un corso di cucina a cui entrambe si erano iscritte, che è diventato occasione per passare del tempo insieme divertendosi.

Ho fatto un breve corso di Cottura al Forno- ha detto in un intervista a liminalmag- presso la East Sydney Tech, che ora è la National Art School, è stato abbastanza divertente. Dato che la mamma si preoccupava molto e pensava che non sarei stata al sicuro sul treno di notte, si è iscritta anche lei al corso. Ci siamo divertite così tanto insieme e abbiamo imparato tante nuove abilità come le tecniche di decorazione di una torta. Ho ancora gli strumenti del mio kit da chef (…), ma ora li utilizzo quando lavoro la ceramica”.

Ne vengono fuori delle sculture imperfette nella forma, ma coloratissime, e lucenti come pietre preziose. Quasi che gli oggetti d’uso comune, nel passaggio dal supermercato alla memoria della quotidianità, si facessero meno anonimi, più personali. Persino più simpatici.

Le sculture in ceramica di Mechelle Bounpraseuth sono per l’artista anche un mezzo per esplorare la sua identità come persona e come figlia di immigrati. Per chi le osserva, invece, sono un linguaggio universale capace di narrare storie diverse che l’autrice, però, ha venato di tenerezza ed ironia.

Mechelle Bounpraseuth pubblica le sue ceramiche sull’account Instagram. Mentre i ricordi che si celano dietro ogni opera sono raccontati sul suo sito internet (via it’s nice that)

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