Yulia Nesis che tesse i covoni di grano e usa le capsule del caffè usate per dipingere

Julia Nesis, installazione Rotolacampo all’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze. All images courtesy Accademia delle Arti e del Disegno and the artist

Alla giovane artista di origine russa, Yulia Nesis, piacciono gli elementi naturali. Che, nel suo immaginario, si legano indissolubilmente al ricordo nostalgico e mitizzato dell’infanzia. Un paesaggio psicologico in cui civiltà contadina e purezza si fondono al senso di appartenenza, tra passeggiate con il fango alle caviglie, covoni di grano e piante selvatiche. Ma anche le mani della bisnonna che lavorano veloci all’uncinetto. Un universo di ricordi e immagini che lei rielabora in forme semplici, belle e tattili, cariche di segni, che trovano nell’abilità artigianale la loro stella polare.

Perché Nesis è indubbiamente una brava tessitrice e una capace produttrice di carta. Tecniche padroneggiate talmente bene da consentirle di piegarle ad una ricerca creativa plasmata sulla Land Art in generale e su Richard Long in particolare. Di destreggiarsi tra arte e design (tra le altre cose, crea quadri, usando le capsule usate del caffè usate come fossero mattoncini Lego). Di sperimentare gli effetti di dimensioni e materiali inusuali sulla sua opera. Che, per il resto, cerca di disinnescare la malinconia dell’esule, attraverso l’alfabeto magico di una natura capace di abbattere le distanze, aliena eppure sempre familiare, perennemente in grado di stupire ma ciclica.

Quando osservo le opere di Richard Long- ha detto- il modo in cui cammina, mi torna in mente la mia infanzia. (…) ricordo le mie sensazioni, le passeggiate lungo i fiumi in Kuban, i miei piedi che affondano nel fango popolato da rane e girini. Andavamo in giro scalzi. Ovviamente quest'infanzia ‘senza calze né scarpe’ è la mia esperienza. Magari Richard Long parla di tutt'altro (…). Nella mia installazione "Il cammino degli eroi" gli spettatori associano le sfere di gesso alle uova di creature preistoriche, ma quasi nessuno sa che aspetto abbiano le uova dei ragni. Perché non parlare di questo allora? Spesso sono le cose semplici a farci pensare in maniera nuova”.

Nata nell’84, quando l’Unione Sovietica seppur traballante si reggeva ancora in piedi, Yulia Nesis, ha trascorso l’infanzia, coincisa con la rovinosa caduta del regime, nelle campagne pianeggianti e acquitrinose della cittadina portuale di Novorossijsk (affacciata sul Mar Nero si trova nella Russia Meridionale) per poi spostarsi a Mosca (dove ha studiato all'Università Statale delle Arti e dell'Industria) e infine in Europa. La miseria e il costo ambientale di un maggiore benessere del Paese hanno avuto sulla sua poetica un peso determinante. Adesso vive principalmente nel Regno Unito ma torna spesso in Russia.

Ed è proprio da un intervento compiuto direttamente nel paesaggio della sua terra natale che è nata l’installazione scultorea “Rotolacampo”, attualmente in mostra all’ Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. L’opera è composta da sedici elementi cilindrici (in lino, canapa, iuta e metallo con una tecnica di tessitura personalizzata dall’artista) che sembrano covoni di grano. Tuttavia la sala in cui sono installati è immersa nell’oscurità e gli oggetti di Nesis, più che richiamare il ciclico scorrere delle stagioni (normalmente uno dei temi, insieme al costante mutare del paesaggio e all’impermanenza della bellezza, che le sono cari), sembrano alieni e spauriti.

Rotolacampo parla di me(…) Tengo molto a questa mostra. Gli oggetti del progetto Rotolacampo nel 2021 sono stati esposti nel parco del Museo di Tsaritsyno. Hanno già acquisito una certa esperienza dell'effetto esercitato dall'ambiente circostante: dagli elementi naturali, dagli uccelli, dalle persone... Rotolacampo è cambiato, ha vissuto le proprie storie e ora vuole raccontarci qualcosa, condividere con noi la sua esperienza”.

La mostra di Yulia Nesis a Firenze è curata da Inna Khegay e rimarrà all’Accademia delle Arti e del Disegno fino al 30 Novembre.

un particolare dall’installazione

Julia Nesis, Roccia

l’artista accanto alla sua opera a Firenze

Da luglio la grande pittura di Yan Pei-Ming a Palazzo Strozzi (dopo un anno da record)

Les Funérailles de Monna Lisa, 2009-2018. Ph: André Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023

Con 340mila visitatori e ricadute economiche sul territorio che si stimano intorno ai 114milioni di euro, il 2022 di Palazzo Strozzi è stato un anno da record. Quasi interamente dedicato al contemporaneo. Il 2023, invece, è appena iniziato. E sarà completamente all’insegna della contemporaneità. Infatti, mentre “Reaching for the Stars” (l’esposizione che celebra il trentennale della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino a Firenze con un’importante selezione di opere) si avvia alla conclusione (il 18 giugno), nella sede espositiva fiorentina ci si prepara già ad inaugurare “Pittore di storie” (dal 7 luglio) dedicata al cino-francese Yan Pei-Ming.

Una mostra che rompe il consueto copione espositivo dello spazio fiorentino, dove l’estate è più spesso dedicata all’arte del passato (l’anno scorso, ad esempio, nelle sale del Piano Nobile è stata allestita “Donatello, il Rinascimento”, che sarebbe stata poi premiata come migliore esposizione dell'anno 2022 dall'Apollo Magazine). Ma lo fa mantenendosi nel solco della grande tradizione pittorica. Di più: di quella che si nutre di un costante dialogo coi classici antichi e moderni.

Il sessantatreenne nato in Cina e naturalizzato francese, Yan Pei-Ming, infatti, non è solo un fuoriclasse di colori e pennelli ma anche un artista capace di costruire il proprio successo sulla base di una pratica costante e sempre più impegnativa del mestiere. Oltre che su un confronto quasi viscerale con la tradizione pittorica occidentale (da alcuni anni a questa parte, Pei-Ming, ha cominciato a rileggere pure quella orientale). Conosciuta in giovane età, in tempi in cui, per un artista cinese si trattava contemporaneamente di un privilegio e di una trasgressione.

Nato a Shanghai da una famiglia povera (parlando della mandre che lo aveva sempre supportato, raccontò, che lei, una volta, chiese a tutta la famiglia di mangiare in piedi per una settimana, permettendogli di usare il tavolo come scrivania, visto che in casa non avevano nient’altro),Yan Pei-Ming, cresce nel periodo della Rivoluzione Culturale maoista. Imparerà a dipingere alle lezioni di propaganda della scuola e a 14 anni creerà uno “studio di propaganda” nel tempo libero. Ma il suo sogno andrà presto in frantumi, quando la domanda per l'ammissione alla Shanghai Art & Design School gli verrà rifiutata a causa della balbuzie.

Nell’80 scappa in Francia, dove si iscriverà all’École des Beaux-Arts de Dijon e comincerà a studiare i classici occidentali. Oggi si definisce un’artista senza una precisa nazionalità, anche se dice di essere grato alla Francia per la possibilità offertagli e continua a vivere a Digione.

In effetti, Yan Pei-Ming, può ben essere riconoscente alla Francia, che gli ha dedicato una mostra negli esclusivi Musée d'Orsay, Musée Courbet e Musée du Louvre, oltre a conservare la sua opera al Centre Georges Pompidou e al Musée des beaux-arts di Digione. E ad avergli attribuito un ruolo nella così detta “diplomazia culturale francese” (ha, ad esempio, accompagnato, insieme ad altri membri dell’intellighenzia d’oltralpe, il presidente Emmanuel Macron nella visita di Stato a Shanghai del 2023).

Pur essendo molto noto soprattutto in Francia, Pei-Ming, è famoso un po’ in tutta Europa e ha ricostruito un buon rapporto anche con la sua patria d’origine. Mentre è meno conosciuto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Con l’Italia, poi, ha una relazione particolarmente stretta, visto che già nel 2016 ha tenuto una mostra a Villa Medici (Roma) ed è rappresentato dalla galleria del milanese Massimo De Carlo.

Celebri i suoi ritratti (oltre a quelli di Mao, ne ha fatti di Barack Obama, Bruce Lee, Bashar al-Assad, Marylin Monroe e tanti altri), che realizza sulla base di immagini preesistenti (compertine di giornali ma anche fotogrammi di film). Yan Pei-Ming, tuttavia, ha rivisitato in chiave contemporanea anche altri geneneri, come il paesaggio, la natura morta, la pittura storica o religiosa. Oltre all’autoritratto per cui ha sempre avuto un debole.

Usa una tavolozza semplificata (lavora molto in bianco e nero, o usando solo sfumature di rosso) con tratto vigoroso e materico. Spesso sceglie formati enormi. Da quando, agli albori della sua carriera, visitò l’Olanda e si mise a contare ossessivamente le pennellate nei dipinti di Van Gogh, Pei Ming, dipinge anche con un numero minimo di segni, a prescindere dalle dimensioni della tela. Per questo usa pennelli larghissimi (dai 50 agli oltre 120 cm).

Ha l’abitudine di fondere il racconto personale con quello collettivo, di piegare la rappresentazione della Storia alle storie delle persone. Nella sua opera, infine, ritornano constantemente il tema della morte e quello della memoria.

Yan Pei-Ming. Pittore di storie” è  parte del progetto Palazzo Strozzi Future Art, sviluppato con la Fondazione Hillary Merkus Recordati. A cura di Arturo Galansino conterà oltre 30 opere di Yan Pei-Ming.

Chien hurlant, 2022. Ph: Clérin-Morin © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023

Wayne Thiebaud che dipingeva torte, ritratti e paesaggi rubati al sogno americano

Wayne Thiebaud, Pie Rows, 1961 Oil on canvas, 55.9 x 71.1 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening

Nato nel 1920 e mancato nel 2021, Wayne Thiebaud, ha documentato 100 anni di storia americana. A modo suo, senza rappresentare importanti avvenimenti o mode. Per lo più dalla provincia, con discrezione, uno stile privo di sensazionalismo, e una pittura magistralmente padroneggiata, in bilico tra realismo ed astrazione.

Di solito dipingeva torte, rossetti, distributori di caramelle, lecca lecca o altri oggetti di consumo. Rimanendo fedele all’intuizione giovanile che ne fanno un precursore della Pop Art. Ma anche ritratti e paesaggi. Rivisitando, in ultima analisi, tre generi pittorici classici della storia dell’arte (natura morta, ritratto, paesaggio). Con una padronanza del mezzo magistrale.

D’altra parte Thiebaud, poco conosciuto in Europa, per quanto collocabile tra i massimi esponenti dell'arte figurativa americana, lavorerà nel solco creato da pittori come Edward Hopper e Georgia O'Keeffe, e nominerà per primo Diego Velázquez, Paul Cézanne, Henri Rousseau e Piet Mondrian come importanti pietre miliari. Senza contare l’opinione positiva che esprimerà verso altri artisti a lui più o meno contemporanei, come come Willem ed Elaine de Kooning (che conobbe durante un soggiorno a New York negli anni '50).

Ma gli influssi che si ritrovano nella sua arte vanno oltre i salotti buoni delle avanguardie storiche europee, o le gallerie di tendenza degli espressionisti astratti statunitensi, e si calano nella cartellonistica e nelle scelte di artisti prettamente commerciali. Senza dimenticare che Wayne Thiebaud, nato a Mesa, in Arizona, e cresciuto a Long Beach, in California, trascorse l'estate del 1936 lavorando nel dipartimento di animazione dei Walt Disney Studios (dove imparò tra l'altro a disegnare Topolino). E, mentre prestava servizio nell'esercito, si occupò della serie a fumetti per il bollettino della Mather Air Force Base.

Fu uno stimatissimo professore di pittura per tutta la vita. E proprio il suo amore per questo mezzo espressivo gli fece rifiutare l’etichetta di artista pop, malgrado la sua opera venne insclusa, insieme a quella di  Roy Lichtenstein , Andy Warhol, Jim Dine, Phillip Hefferton, Joe Goode, Edward Ruscha e Robert Dowd, nella storica mostra " New Painting of Common Objects " (1962, segnò l’inizio della Pop Art).

La sua opera, basata su un impianto frontale, i colori pastello, l’assenza di prospettiva e la sostanziale monocromia dello sfondo, passa da un resoconto della sua contemporaneità (come quando sostituisce espositori di dolci a frutta o fiori nelle sue nature morte), a commenti umoristici sul consumismo (ad esempio in "Eating Figures (Quick Snack)", una coppia guarda i propri hot dog con espressione sconcertata), fino ad instillare nell’osservatore un senso di nostalgia.

Ma l’aspetto più impressionante del lavoro di Thiebaud è il doppio registro che si ritrova in ogni sua opera. Da una certa distanza, infatti, il realismo della rappresentazione non conosce cedimenti, è solido, i soggetti definiti in ogni particolare non hanno segrati; mentre avvicinandosi alla tela le pennelate vibrano di vita propria e si liberano nell’astrazione. Spesso sono ricche, tattili. Tanto che il fumettista Saul Steinberg paragonò il suo lavoro ai mosaici romani.

Nei ritratti amava mettere particolari poco appariscenti strettamente legati alla moda dell’epoca ed abbinarli a pose dei soggetti composte, ma naturali, lievemente sgraziate. Mentre i paesaggi li dipingeva dall’alto, lascindo che il soggetto della rappresentazione e l’astrazione insita nella sua pittura, per un momento, si avvicinassero.

Thiebaud, tuttavia, rimane conosciuto soprattutto per le sue nature morte. Scaffali di cherry pies e cheese cake, distributori di caramelle e gomme da masticare, ma anche rossetti, giocattoli e peluches. Tutti, per qualche ragione, così smaccatamente americani. Lui in un’intervista, rilasciata nel 2017 ad Apollo Magazine, ha così commentato: "Dopo tutto, sono un americano. Ho attraversato il paese in macchina e vedi la stessa cosa in ogni ristorante da Sacramento a New York. Le stesse torte di meringa. Quindi ha cominciato ad avere molto senso dipingerli ed è stato molto intrigante".

La Fondazione Beyeler di Basilea (Svizzera) da gennaio ha in corso una mostra dedicata a Wayne Thiebaud. L’esposizione, è importante perchè l’artista, anche dopo la scomparsa, rimane poco conosciuto in Europa, ma soprattutto per la consistente quantità di disegni e dipinti che i visitatori avranno la possibilità di ammirare. Ben 65, provenienti principalmente da collezioni pubbliche e private americane.

Intitolata semplicemente “Wayne Thiebaud” e curata da Ulf Küster  (che è Senior Curator della Fondazione Beyeler), la mostra, rimarrà aperta fino al 21 maggio 2023.

Wayne Thiebaud, Eating Figures (Quick Snack), 1963 Oil on canvas, 181.6 x 120.7 cm Private Collection, Courtesy Acquavella Galleries © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Pie Rows (detail), 1961 Oil on canvas, 55.9 x 71.1 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Detail of Photo: Matthew Kroening

Wayne Thiebaud, Two Paint Cans, 1987 Oil on paper mounted on cardboard, 34.9 x 50.5 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening

Wayne Thiebaud, Student, 1968 Oil on canvas, 152.7 x 122.2 cm The Doris and Donald Fisher Collection at the San Francisco Museum of Modern Art © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Katherine Du Tiel

Wayne Thiebaud, Three Cones, 1964 Oil on cardboard, 33 x 37.5 cm Collection of Bill and Donna Acquavella © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Girl with pink hat, 1973 Oil on canvas, 91.4 x 74.9 cm San Francisco Museum of Modern Art Donation by Jeannette Powell © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Katherine Du Tiel

Wayne Thiebaud, 35 Cent Masterworks, 1970-72 Oil on canvas, 91.4 x 61 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundatio © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Flood Waters,2006/2013 Oil on canvas, 121.9 x 152.4 cm Private Collection, Courtesy Acquavella Galleries © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Untitled (City View9, 1993 Oil on canvas, 50.8 x 40.6 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening