Quest'estante Julian Charrière installerà un telefono sulla Piazza del Mercato di Basilea per ascoltare la voce della giungla

JULIAN CHARRIÈRE, WESTERN ANDEAN CLOUD FOREST, ECUADOR, 2024 © the artist; VG-Bild Kunst, Bonn, Germany / 2024, ProLitteris, Zurich

Dal prossimo 8 giugno chi passerà per la Piazza del Mercato di Basilea si potrà godere, “Calls for Action”, una grande opera d’arte pubblica dell’artista franco-Svizzero, Julian Charrière. Il progetto prevede un mega schermo che, coprendo i lavori di ristrutturazione degli storici grandi magazzini Globus, mostrerà in presa diretta una foresta nebulosa delle Ande Occidentali in Equador. Non solo: ci sarà anche una cabina telefonica che le persone potranno usare per parlare e ascoltare… la foresta. Il tutto perfettamente eco-compatibile, visto che il progetto sarà alimentato da pannelli solari.

Calls for Action” sarà la seconda opera pubblica del “Globus Public Art Project” (organizzato dai grandi magazzini svizzeri durante il triennio di ristrutturazione della loro sede principale) ed è stato commissionato dall’azienda di commercio al dettaglio in collaborazione con la Fondazione Beyeler. Hanno inoltre supportato il progetto: Art into Acres (iniziativa ambientale senza scopo di lucro gestita da artisti) Re:wild (organizzazione globale che sostiene le cause ambientali nel mondo) e Fundación de Conservación Jocotoco (organizzazione non governativa ecuadoriana che protegge aree di cruciaali per la conservazione delle specie minacciate nella zona).

Nato nell’87 da padre svizzero e madre francese, Julian Charrière, si è formato in Germania con Olafur Eliasson (il cui impegno contro la crisi ambientale è ben noto) e ha lo studio a Berlino. Con un’opera che è un curioso mix di spirito d’avventura romantico, attivismo ambientalista contemporaneo e un pizzico di bizzarria senza tempo, Charrière, ha già fatto spesso parlare di se nonostante la giovane età. Come nel 2021 quando è stato invitato a partecipare ad una spedizione artica insieme a degli scienziati e il gruppo ha scoperto l’isola più settentrionale della Groenlandia (come gli esploratori di un tempo pensavano di esssere attraccati su Oodaaq, visto che l’isola su cui si trovavano non era segnata sulle mappe). Oppure come nel 2017, quando la polizia ha fatto irruzione nel suo studio di Berlino, dopo che aveva testato un cannone ad aria lungo tre metri che avrebbe dovuto servire per sparare alle noci di cocco sull’atollo di Bikini e che di lì a poco sarebbe stato mandato alla biennale antartica ma che è ancora adesso sotto sequestro (l’opera si chiama “The Purchase of the South Pole” e avrebbe dovuto essere un commento ai pericoli per il clima insiti nella ricerca scientifica).

Lo scopo di “Calls for Action”, in cui le persone potranno osservare nel tempo e persino parlare o ascoltare un ecosistema ricchissimo e lontano, è quello di creare un legame emotivo tra la gente e un luogo remoto la cui esistenza è minacciata. Ma le persone potranno anche contribuire alla sua salvaguardia donando alla causa (attraverso un codice QR posto nella cabina telefonica)Volevo creare un'opportunità per il pubblico di interagire intimamente con un ecosistema distante da Basilea e di ascoltare la propria voce al suo interno. Ci ricorda che la nostra presenza si fa sentire anche nei luoghi che immaginiamo siano a distanza. Tutto è connesso e non c'è luogo che non senta le conseguenze dell'azione umana, così come dell'inazione. “Calls for Action” è un incontro con questa realtà, ma anche con la possibilità che si ha se agiamo con intenzione, se mettiamo insieme le nostre voci, possiamo sostenere e far ricrescere ciò che altrimenti sarebbe andato silenziosamente perduto”.

Dell’opera pubblica Charrière ha detto: “Volevo creare un'opportunità per il pubblico di interagire intimamente con un ecosistema distante da Basilea e di ascoltare la propria voce al suo interno. Ci ricorda che la nostra presenza si fa sentire anche nei luoghi che immaginiamo siano lontani. Tutto è connesso e non c'è luogo che non senta le conseguenze dell'azione umana, così come dell'inazione. ‘Calls for Action’ è un incontro con questa realtà, ma anche con la possibilità che si ha se agiamo con intenzione, se mettiamo insieme le nostre voci, possiamo sostenere e far ricrescere ciò che altrimenti sarebbe andato silenziosamente perduto”.

Calls for Action” di Julian Charrière rimarrà sulla Piazza del Mercato di Basilea fino al 6 ottobre 2024

JULIAN CHARRIÈRE, WESTERN ANDEAN CLOUD FOREST, ECUADOR, 2024 © the artist; VG-Bild Kunst, Bonn, Germany / 2024, ProLitteris, Zurich

JULIAN CHARRIÈRE, WESTERN ANDEAN CLOUD FOREST, ECUADOR, 2024 © the artist; VG-Bild Kunst, Bonn, Germany / 2024, ProLitteris, Zurich

Da maggio Philippe Parreno trasformerà la Fondazione Beyeler in un "organismo vivente"

Philippe Parreno, MEMBRANE, 2023 Cybernetic structure with sensorimotor capabilities and generative language processing Courtesy of the artist © Philippe Parreno

Con un’opera sottile e punteggiata di umorismo, un indole al confine tra quella dell’artista, del curatore e del regista, il francese di origine algerina, Philippe Parreno, si è guadagnato un posto nelle collezioni più prestigiose d’Occidente, proprio con progetti come quello del “Summer Show”. La mostra-evento che, dal prossimo maggio, vedrà Parreno in collaborazione con la nigeriano-statunitense, Precious Okoyomon e con l’indiano-tedesco, Tino Sehgal trasformare la Fondazione Beyeler di Riehen (un piccolo comune svizzero vicino a Basilea) in un “organismo vivente”.

E trasformare, in questo caso, non è usato in senso metaforico, nè fa riferimento a una leggera operazione di maquillage. Parreno cambierà, invece, faccia al museo (come ha già fatto al Palais de Tokyo di Parigi qualche anno fa). A tutto il museo (parco inglese con ninfee compreso).

Fondazione Beyeler ha scritto a proposito del “Summer Show”: "Per la prima volta negli oltre 25 anni di storia della Fondazione Beyeler, l'intero museo e il parco circostante saranno trasformati nel luogo di una presentazione sperimentale di arte contemporanea".

Parreno che ha già più volte collaborato con Tino Sehgal (è stato recentemente a Palazzo Strozzi di Firenze), questa volta avrà al suo fianco anche la giovane Precious Okoyomon (scultrice e poetessa, che due anni fa figurava tra gli artisti scelti da Cecilia Alamani per la Biennale di Venezia) ma anche i curatori: Hans Ulrich Obrist (di origine svizzera, famosissimo, attualmente direttore artistico delle Serpentine Galleries di Londra; anche lui già affiancato a Parreno in passato), il direttore della Fondazione Beyeler, Sam Keller, oltre a Isabela Mora (sempre di Fondazione Beyeler) e alla critica indipendente francese, Mouna Mekouar. Il progetto vedrà, inoltre la partecipazione di una ventina di artisti di notorietà internazionale (anche loro, per la maggior parte, non alla prima esperienza con Parreno). Sono, infatti, previsti contributi di: Michael Armitage, Anne Boyer, Federico Campagna, Ian Cheng, Chuquimamani-Condori and Joshua Chuquimia Crampton, Marlene Dumas, Frida Escobedo, Peter Fischli, Cyprien Gaillard with Victor Man, Dominique Gonzalez-Foerster, Wade Guyton, Carsten Höller with Adam Haar, Pierre Huyghe, Arthur Jafa, Koo Jeong A, Dozie Kanu, Cildo Meireles, Jota Mombaça, Fujiko Nakaya, Alice Notley, Precious Okoyomon, Philippe Parreno, Rachel Rose, Tino Sehgal, Rirkrit Tiravanija, Ramdane Touhami and Adrián Villar Rojas.

Il “Summer Show” sarà concepito come un “organismo vivente”, capace di cambiare e mostrarsi sempre diverso con lo scorrere del tempo. Oltre alle opere d'arte ci saranno anche interventi frutto della collaborazione di poeti, musicisti, filosofi, designers e architetti. Senza contare che il dialogo tra i lavori è stato fatto nascere dagli autori stessi. Va detto che questi ultimi si sono dati parecchio da fare per l’esposizione, visto che diversi tra dipinti, sculture, film, installazioni e performance, sono nati proprio per questo evento e che le opere precedenti in mostra sono state modificate perchè si adattassero alla perfezione alla temporanea nuova location.

Fondazione Beyeler è il museo più importante di tutta la Svizzera, e stà per diventare uno spazio espositivo vastissimo. Alla sede principale progettata dall’italiano, Renzo Piano, infatti, si aggiungeranno presto tre edifici dell’architetto svizzero, Peter Zumthor (una sede espositiva di 1500 metri quadri, un padiglione e un edificio di servizio) che sono in costruzione nel parco paesaggistico ottocentesco in stile inglese (recentemente acquisito per dupplicare l’estensione dei giardini confinanti con una riserva naturale).

Attualmente alla Fondazione Beyeler è ancora in corso la personale dedicata a Jeff Wall (fino al 21 aprile). Mentre il “Summer Show” di Philippe Parreno, con Precious Okoyomon e Tino Sehgal, si inaugurerà il 19 maggio per concludersi l’11 agosto 2024.

Wayne Thiebaud che dipingeva torte, ritratti e paesaggi rubati al sogno americano

Wayne Thiebaud, Pie Rows, 1961 Oil on canvas, 55.9 x 71.1 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening

Nato nel 1920 e mancato nel 2021, Wayne Thiebaud, ha documentato 100 anni di storia americana. A modo suo, senza rappresentare importanti avvenimenti o mode. Per lo più dalla provincia, con discrezione, uno stile privo di sensazionalismo, e una pittura magistralmente padroneggiata, in bilico tra realismo ed astrazione.

Di solito dipingeva torte, rossetti, distributori di caramelle, lecca lecca o altri oggetti di consumo. Rimanendo fedele all’intuizione giovanile che ne fanno un precursore della Pop Art. Ma anche ritratti e paesaggi. Rivisitando, in ultima analisi, tre generi pittorici classici della storia dell’arte (natura morta, ritratto, paesaggio). Con una padronanza del mezzo magistrale.

D’altra parte Thiebaud, poco conosciuto in Europa, per quanto collocabile tra i massimi esponenti dell'arte figurativa americana, lavorerà nel solco creato da pittori come Edward Hopper e Georgia O'Keeffe, e nominerà per primo Diego Velázquez, Paul Cézanne, Henri Rousseau e Piet Mondrian come importanti pietre miliari. Senza contare l’opinione positiva che esprimerà verso altri artisti a lui più o meno contemporanei, come come Willem ed Elaine de Kooning (che conobbe durante un soggiorno a New York negli anni '50).

Ma gli influssi che si ritrovano nella sua arte vanno oltre i salotti buoni delle avanguardie storiche europee, o le gallerie di tendenza degli espressionisti astratti statunitensi, e si calano nella cartellonistica e nelle scelte di artisti prettamente commerciali. Senza dimenticare che Wayne Thiebaud, nato a Mesa, in Arizona, e cresciuto a Long Beach, in California, trascorse l'estate del 1936 lavorando nel dipartimento di animazione dei Walt Disney Studios (dove imparò tra l'altro a disegnare Topolino). E, mentre prestava servizio nell'esercito, si occupò della serie a fumetti per il bollettino della Mather Air Force Base.

Fu uno stimatissimo professore di pittura per tutta la vita. E proprio il suo amore per questo mezzo espressivo gli fece rifiutare l’etichetta di artista pop, malgrado la sua opera venne insclusa, insieme a quella di  Roy Lichtenstein , Andy Warhol, Jim Dine, Phillip Hefferton, Joe Goode, Edward Ruscha e Robert Dowd, nella storica mostra " New Painting of Common Objects " (1962, segnò l’inizio della Pop Art).

La sua opera, basata su un impianto frontale, i colori pastello, l’assenza di prospettiva e la sostanziale monocromia dello sfondo, passa da un resoconto della sua contemporaneità (come quando sostituisce espositori di dolci a frutta o fiori nelle sue nature morte), a commenti umoristici sul consumismo (ad esempio in "Eating Figures (Quick Snack)", una coppia guarda i propri hot dog con espressione sconcertata), fino ad instillare nell’osservatore un senso di nostalgia.

Ma l’aspetto più impressionante del lavoro di Thiebaud è il doppio registro che si ritrova in ogni sua opera. Da una certa distanza, infatti, il realismo della rappresentazione non conosce cedimenti, è solido, i soggetti definiti in ogni particolare non hanno segrati; mentre avvicinandosi alla tela le pennelate vibrano di vita propria e si liberano nell’astrazione. Spesso sono ricche, tattili. Tanto che il fumettista Saul Steinberg paragonò il suo lavoro ai mosaici romani.

Nei ritratti amava mettere particolari poco appariscenti strettamente legati alla moda dell’epoca ed abbinarli a pose dei soggetti composte, ma naturali, lievemente sgraziate. Mentre i paesaggi li dipingeva dall’alto, lascindo che il soggetto della rappresentazione e l’astrazione insita nella sua pittura, per un momento, si avvicinassero.

Thiebaud, tuttavia, rimane conosciuto soprattutto per le sue nature morte. Scaffali di cherry pies e cheese cake, distributori di caramelle e gomme da masticare, ma anche rossetti, giocattoli e peluches. Tutti, per qualche ragione, così smaccatamente americani. Lui in un’intervista, rilasciata nel 2017 ad Apollo Magazine, ha così commentato: "Dopo tutto, sono un americano. Ho attraversato il paese in macchina e vedi la stessa cosa in ogni ristorante da Sacramento a New York. Le stesse torte di meringa. Quindi ha cominciato ad avere molto senso dipingerli ed è stato molto intrigante".

La Fondazione Beyeler di Basilea (Svizzera) da gennaio ha in corso una mostra dedicata a Wayne Thiebaud. L’esposizione, è importante perchè l’artista, anche dopo la scomparsa, rimane poco conosciuto in Europa, ma soprattutto per la consistente quantità di disegni e dipinti che i visitatori avranno la possibilità di ammirare. Ben 65, provenienti principalmente da collezioni pubbliche e private americane.

Intitolata semplicemente “Wayne Thiebaud” e curata da Ulf Küster  (che è Senior Curator della Fondazione Beyeler), la mostra, rimarrà aperta fino al 21 maggio 2023.

Wayne Thiebaud, Eating Figures (Quick Snack), 1963 Oil on canvas, 181.6 x 120.7 cm Private Collection, Courtesy Acquavella Galleries © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Pie Rows (detail), 1961 Oil on canvas, 55.9 x 71.1 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Detail of Photo: Matthew Kroening

Wayne Thiebaud, Two Paint Cans, 1987 Oil on paper mounted on cardboard, 34.9 x 50.5 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening

Wayne Thiebaud, Student, 1968 Oil on canvas, 152.7 x 122.2 cm The Doris and Donald Fisher Collection at the San Francisco Museum of Modern Art © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Katherine Du Tiel

Wayne Thiebaud, Three Cones, 1964 Oil on cardboard, 33 x 37.5 cm Collection of Bill and Donna Acquavella © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Girl with pink hat, 1973 Oil on canvas, 91.4 x 74.9 cm San Francisco Museum of Modern Art Donation by Jeannette Powell © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Katherine Du Tiel

Wayne Thiebaud, 35 Cent Masterworks, 1970-72 Oil on canvas, 91.4 x 61 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundatio © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Flood Waters,2006/2013 Oil on canvas, 121.9 x 152.4 cm Private Collection, Courtesy Acquavella Galleries © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Untitled (City View9, 1993 Oil on canvas, 50.8 x 40.6 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening