Le lumache protagoniste dei foto set anni '50 di Aleia Murawski e Sam Copeland

All images © Aleia Murawski and Sam Copeland

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La coppia di creativi statunitensi Aleia Murawski e Sam Copeland si è ritagliata uno spazio nel settore mettendo al centro delle loro storie degli attori, magari un po’ lenti ma dotati di un’indubbia simpatia: le lumache. Così i piccoli gasteropodi si ritrovano protagonisti di fotografie e video musicali dall’incerta collocazione temporale..

Aleia Murawski e Sam Copeland vivono nell’Illinois, lo stato delle praterie, conosciuto tra le altre cose per avere come capitale la Springfield in cui probabilmente sono ambientati i Simpson. Ed è proprio da questo connubio tra natura addomesticata e cultura pop che traggono linfa le loro divertenti creazioni. Cortometraggi e immagini nostalgiche, che ritraggono rassicuranti quartieri residenziali con prati curatissimi e case in colori pastello, o più recentemente motel e fast-food anni ‘50. Ambienti vintage costruiti con pazienza dagli autori a misura di lumaca.

Una volta collocate le piccole chiocciole sul set, spingerle ad interpretare la loro parte non è sempre facile e può richiedere molto tempo e pazienza. Tuttavia Murawski scrive sul suo account instagram che è proprio osservare come interagiscono con l’ambiente la parte del lavoro che preferisce. Per spingere le lumachine verso una meta gli autori nascondono piccole quantità di cibo dietro gli oggetti di scena, ma a volte il loro comportamento è imprevedibile. Nella foto con il fenicottero rosa (pubblicata qui sotto) ad esempio, la lumaca si rifiutava di percorrere il vialetto tanto era attratta dalla replica dell’iconico ornamento da giardino.

Per vedere le simpatiche chiocciole impegnate in altre attività inconsuete in brevi animazioni e fotografie l’account Instagram di Aleia Murawski è la scelta migliore. Sul sito dell’artista, invece si possono guardare per intero alcuni video musicali. (via Colossal)

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Biennale di Venezia 2017| Il Padiglione Giappone di Takahiro Iwasaki dove i fili degli asciugamani si trasformano in gru e tralicci

Out of Disorder (Mountains and Sea), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

Out of Disorder (Mountains and Sea), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

E’ un mondo lillipuziano quello raccontato dal Padiglione del Giappone di Takahiro Iwasaki (di cui ho già parlato qui) per la Biennale di Venezia 2017.

Ci sono minuscole aree industriali fatte di fili, colline di strofinacci e piattaforme petrolifere ottenute con cannucce e altri piccoli rifiuti plastici. Si può persino guardare il paesaggio in miniatura da un buco nel pavimento.
Tutto è sospeso e fantastico nelle opere dell‘artista originario di Hiroshima. Come fossero un cartone animato di Hayao Miyazaki ma in 3d.

Persino il titolo della mostra personale di Takahiro Iwasaki (che costituisce il Padiglione giapponese della biennale di Venezia), Turned upside down, It’s a forest” (“Capovolta è una foresta”), ha un sapore di favola e poesia.

Allude, infatti, alle centinaia di pali su cui si regge Venezia e a una frase di Tiziano Scarpa (“Stai camminando sopra una sterminata foresta capovolta, stai passeggiando sopra un incredibile bosco alla rovescia” da “Venezia è un pesce”)

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Ma quello che fa notare e amare il lavoro di Takahiro Iwasaki, è la capacità di creare paesaggi architettonici in miniatura da cose improbabili, come i fili degli asciugamani o le setole delle scope e degli spazzolini da denti. Nell’opera “Tectonic model (flow)” ha sfilato i segnalibri in tessuto per tramutarli in gru. Mentre in “Out of disorder (offshore model)”, si è servito di piccoli rifiuti in plastica nera per creare una piattaforma petrolifera con tanto di mare inquinato. Ovviamente questa, come molte altre opere, è una riflessione sull’ambiente e gli interventi dell’uomo.
Dal soffitto del Padiglione Giappone, infine, pendono dei modelli di templi in legno di cipresso che si specchiano in una superficie d’acqua inesistente: “Il riflesso in realtà è tremulo - spiega il curatore della mostra Meruro Washida- ma nell’opera le parti sopra e sotto la superficie dell’acqua sono del tutto uguali; ne nasce una prodigiosa e trascendente sensazione spazio-temporale”.

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Le poetiche e incredibili sculture di Takahiro Iwasaki si potranno ammirare per tutta la durata della Biennale di Venezia 2017.

Per dare uno sguardo dal pavimento dovrete probabilmente fare un po’ di fila ma ne vale la pena (anche se è un’esperienza breve e non si possono scattare foto). Non dimenticate poi di aguzzare la vista fino al nome del padiglione, a cui è appesa una calza, i cui fili sono stati usati per creare una pagoda. O almeno così dovrebbe essere, perché è così piccola che io non sono riuscita a vederla.

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Tectonic Model (Flow), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

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Reflection Model (Ship of Theseus), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

Reflection Model (Ship of Theseus), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

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L’artista Takahiro Iwasaki che scolpisce spazzolini da denti, asciugamani, scope e rotoli di nastro adesivo

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Nato ad Hiroshima, l’artista Takahiro Iwasaki ci parla di ambiente e urbanizzazione. E tutto considerato, era matematico che lo facesse, o poco ci manca. Ma è il modo in cui si esprime a lasciare a bocca aperta chi osserva le sue opere.

Perché Takahiro Iwasaki crea delle minuscole e fragilissime sculture lavorando con dei materiali improbabili: setole degli spazzolini da denti o delle scope, fili degli asciugamani e rotoli di nastro adesivo ma anche polvere e capelli.

Si ispira all’architettura industriale del secolo scorso. Non altera mai gli oggetti da cui parte. Le sue opere sembrano ergersi dalle cose d’uso comune come se si trattasse di un processo naturale. Come se fosse normale che proprio lì sorgesse una città lillipuziana.

In realtà, il processo che conduce all’opera finita non è per niente semplice. Per esempio, quando lavora con gli spazzolini da denti deve tagliare minuscole sezioni di setole; invece con i nastri adesivi ( la rigida superficie del rotolo deve essere scolpita con forza ed attenzione.

Il titolo della serie da cui provengono tutte queste opere è: “Out of disorder (Brushes of World)”. Recentemente Takahiro Iwasaki ha esposto con la URANO Gallery (di Tokio) all’Art Stage Singapore 2017.

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Il Padiglione Giappone di Takahiro Iwasaki alla Biennale di Venezia 2017

Alla fin fine le torri di trasmissione o le ruote panoramiche di Takahiro Iwasaki sembrano dei disegni in 3d. In questo senso le sue opere ricordano quelle di Chiharu Shiota (anche se cambiano sensibilità e scala delle sculture).

E come quest’ultima prima di lui, Iwasaki è stato scelto per rappresentare il suo Paese alla Biennale di Venezia 2017 “Viva Arte Viva”. A partire dal 13 maggio potremo vedere il suo Padiglione Giappone e scoprire quali meraviglie ci riserverà "Turned upside Down, It's a Forest", per ora possiamo invece ammirare altre immagini delle sue sculture-miniature su Artsy o Ocula Magazine. (via Colossal)

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