Le spettacolari installazioni di Jim Denevan e Abdullah Al Othman per Desert X AlUla. Nel cuore del deserto saudita

Jim Denevan, Angle of Repose, installation view, Desert X AlUla 2022, courtesy the artist and Desert X AlUla, photo by Lance Gerber

Viste dall’alto l’opera di Jim Denevan e quella di Abdullah Al Othman sembrano piuttosto vicine. Non proprio confinanti ma attigue. Nel cuore del deserto saudita però le distanze ingannano e le dimensioni di entrambe le installazioni sono monumentali. D’altra parte il tema della grande manifestazione d’arte pubblica, Desert X AlUla 2022, di cui entrambe fanno parte, è il sarab. Il miraggio.

L’artista statunitense Jim Denevan, conosciuto per gli enormi interventi di Land Art, ha dato il meglio di se, costruendo coni su coni di sabbia. Alcuni sono più alti di lui (che non è certo uomo di bassa statura) e si estendono a perdita d’occhio. Il lavoro fa pensare contemporaneamente a un termitaio e ad un mandala. Si intitola Angle of Repose e non si può togliergli gli occhi di dosso. Ma l’aspetto più impressionante è che, nonostante Desert X si sia inaugurata solo l’11 febbraio scorso, probabilmente il vento adesso l’avrà già cancellato. L’arte di Denevan è effimera per definizione.

Mentre quello dell’artista di Riyadh, Abdullah Al Othman, è di certo ancora lì. Ha la forma di un laghetto e sembra fatto di luce ma è in solido acciaio inossidabile. Si intitola Geography of Hope (il termine geography si riferisce alle sponde del bacino, ispirate ai crinali delle più alte montagne saudite) e oltre ad essere d’impatto, possiede una sua melanconica poesia. Al Othman, infatti, si è attenuto al tema dell’evento senza digressioni e ha fatto rivivere il miraggio dei popoli del deserto: uno specchio d’acqua generato dal desiderio e dalla rifrazione della luce.

"Il miraggio portava speranza alle anime degli abitanti del deserto-scrive sul suo sito l'artista- insegnava loro la pazienza e concedeva loro il lusso di sognare; immaginando l'acqua in modo che potessero spingere ogni passo, fornendo la determinazione per raggiungere la loro destinazione.(...) Anche dopo aver saputo che si trattava di un miraggio irraggiungibile, è rimasto nelle loro anime come motivo di speranza e liberazione. Questo lavoro cerca di manifestare l'esperienza di raggiungere il miraggio e catturarlo per la prima volta."

Giunta alla sua seconda edizione, Deset X AlUla 2022, nasce dalla collabroazione tra la californiana Desert X (che organizza l’omonima manifestazione nella Coachella Valley) e la Royal Commission for Aiula (RCU). La zona desertica che si estende nei pressi della città di Alula, infatti, ha un ricchissimo patrimonio storico-archeologico e il governo dell’Arabia Saudita si sta dando molto da fare per inserirla nelle rotte del turismo globale. Basti pensare che Deset X AlUla è del tutto gratuita, nonostante si tratti di un’enorme manifestazione, composta da opere su larga scala. Anche il trio di curatori ha un buon curriculum: Reem Fada ha lavorato per il Guggenheim e curato diverse manifestazioni internazionali, Raneem Farsi è una consulente affermata, Neville Wakefield ha già diretto Desert X a Coachella.

Oltre a Jim Denevan e Abdullah Al Othman, a Deset X AlUla 2022 partecipano: Shadia Alem, Dana Awartani, Serge Attukwei Clottey, Claudia Comte, Shezad Dawood, Stephanie Deumer, Sultan bin Fahad, Zeinab Alhashemi, Alicja Kwade, Shaikha Al Mazrou, Khalil Rabah, Monika Sosnowska, Ayman Zedani.

Desert X AlUla 2022 si concluderà il 30 marzo e Artbooms ne parlerà ancora. Per saperne di più dell’arte effimera di Jim Denevan (su cui recentemente è uscito anche un film) ci sono il sito e l’account instagram dell’artista di Santa Cruz. Anche le installazioni di Abdullah Al Othman si possono vedere sul suo sito internet o sul suo account instagram.

Abdullah AlOthman, Geography of Hope, installation view, Desert X AlUla 2022, courtesy the artist and Desert X AlUla, photo by Lance Gerber

Jim Denevan, Angle of Repose, installation view (detail), Desert X AlUla 2022, courtesy the artist and Desert X AlUla, photo by Lance Gerber

Abdullah AlOthman, Geography of Hope, installation view, Desert X AlUla 2022, courtesy the artist and Desert X AlUla, photo by Lance Gerber

Toshihiko Hosaka ha riprodotto in formato gigante una pagina completa di giornale sulla sabbia, per parlare di inquinamento dei mari

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L’artista giapponese Toshihiko Hosaka, ha recentemente riprodotto in grande scala l’intera prima pagina del quotidiano Tokyo Shimbun sulla sabbia. Comprese fotografie, infografiche e articoli.

Specializzato in sculture popolari in sabbia, Toshihiko Hosaka, ha copiato sul litorale l’edizione uscita il 31 maggio, che in Giappone è il giorno del rifiuto zero, per richiamare l’attenzione sull’inquinamento dei mari. In cima al ciclopico foglio di Hosaka, infatti, spicca il titolo dell’editoriale apparso a piena pagina per l’occasione: “Plastiche che fluttuano nei nostri mari.” Ma anche le immagini approfondiscono lo stesso tema, trasformando la cronaca in un mezzo per creare eco intono all’ecosistema marino ferito. E alle creature che lo abitano.

"Anche noi giapponesi-è scritto nell'editoriale- siamo in gran parte responsabili. Il Giappone produce la seconda maggior quantità di rifiuti a persona. Per rettificare questo, dobbiamo dare una buona occhiata a ciò che sta accadendo nell'oceano. Dobbiamo pensare a cose che abbiamo ignorato come risultato della priorità della crescita economica, della convenienza quotidiana e così via."

Per completare l’opera intitolata ‘Full Page Editorial’, Toshihiko Hosaka si è fatto aiutare da abitanti e scolari di Iioka Beach (nella prefettura di Chiba). Nonostante ciò gli sono serviti 11 giorni per finire. Comprensibilmente, viste le dimensioni importanti dell’efffimera incisione (50 metri per 35).

Il video in fondo illustra velocemente il mastodontico lavoro svolto. A questo link è possibile leggere l’editoriale riprodotto sulla sabbia per intero (in inglese). (via Spoon and Tamago)

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La scultura ‘Bank of Sand, Sand of Bank’ di Huang Yong Ping è una banca di sabbia che pesa 20 tonnellate

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C’è chi fa castelli d sabbia, l’artista cinese di nascita e francese d’adozione Huang Yong Ping, invece, con la sabbia c’ha fatto una banca. Una grande riproduzione dell’edificio che è stato sede della HSBC di Shanghai. 
La scultura, intitolata ‘Bank of sand, Sand of bank, è attualmente in mostra alla Gladson Gallery di New York e pesa ben 20 tonnellate.

Interessato a un’analisi del presente e delle sue dinamiche- Scrive il sito di Palazzo Grassi a proposito di Huang Yong Ping- l’artista riflette sulla globalizzazione nei suoi aspetti più evidenti e controversi. Allo stesso tempo si fa portavoce, attraverso una pratica basata su installazioni monumentali e sculture, di un dialogo tra culture e religioni, proponendo una visione di Oriente e Occidente come poli complementari.
Ed è in quest’ottica che va vista ‘Bank of sand, Sand of bank’. 

L’edificio HSBC di Shanghai, progettato dallo studio di architettura britannico Palmer & Turner Architects and Surveyors in rigoroso stile neoclassico, venne  inaugurato nel 1923. Aveva interni lussuosi (all’epoca era già completamente riscaldato e climatizzato) e in conformità con la tradizione cinese, monete di tutto il mondo erano state sepolte nelle sue fondamenta (c’erano anche monete coniate appositamente e messe nelle nicchie dell'edificio per allontanare gli spiriti). Un vero palazzo reale della ricchezza. Ma con l’avvento del comunismo la HSBC si trasferì e la struttura divenne sede del governo. Anni dopo ritornò ad essere sede di una banca di investimenti (la Pudong). 

Insomma quest’edificio che in qualche modo fonde oriente e occidente ha avuto un destino instabile e resiliente come i materiali di cui è composta la scultura di Huang Yong Ping: sabbia (fragiltà) e cemento (forza).

‘Bank of Sand, Sand of Bank’ di Huang Yong Ping fino al 9 giugno sarà in mostra alla Gladson Gallery di New York. Ma Huang Yong Ping, che ha già rappresentato la Francia alla Biennale di Venezia, fa spesso mostre in Italia e magari non bisognerà aspettare tanto per vedere il suo lavoro dal vivo senza espatriare. (via two percent)

all images courtesy of gladstone gallery

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