JR ha aperto un enorme grotta nella facciata dell’Opéra Garnier di Parigi e ha fatto danzare su di essa oltre 150 ballerini

“Retour à la Caverne – Acte I” (2023), Palais Garnier, Opéra de Paris. All images courtesy of Opéra de Paris Images via Colossal

Concepita come un’opera in due atti, in onore della lunga storia e della tradizione performativa della prestigiosa collocazione, “Retour à la Caverne”, l’ultima impresa di JR, ha saputo stupire. La facciata del Palais Garnier di Parigi, infatti, (attualmente transennata per un importante intervento di restauro) è diventata il supporto della tela su con cui l’artista parigino ha realizzato un enorme trompe l’oeil. Aprendo, di fatto, una grotta al centro di Place de l’Opéra.

E questo soltanto nel primo atto del lavoro che è stato completato il 12 novembre con il secondo atto: uno spettacolo teatrale intitolato “Chiroptera", in cui JR ha collaborato con il coreografo Damien Jalet e il musicista Thomas Bangalter, per offrire una straordinaria rappresentazione di danza sul palco verticale della facciata.

Nel suo complesso, “Retour à la Caverne”, è un’articolata opera d’arte pubblica, che ha permesso a tutti di godere dello spettacolo interpretato dall’etoile de l’Operà, Amandine Albisson, e da altri 153 ballerini provenienti da tutto il mondo. Come a tutti dà la possibilità di ammirare il gigantesco murale che, oltre a ricondurre alla semplicità primigenia della preistoria la grandeur monumentale che caratterizza la piazza, fa riferimento all’allegoria della caverna di Platone (che semplificando molto si può riassumere con: solo chi emerge dalla prigionia nel buio di una caverna può realmente capire ed apprezzare la luce e la libertà).

Il nostro ruolo come artisti- ha detto JR presentando Chiroptera- è sempre quello di cercare la luce. Lo sappiamo: non si scaccia l’oscurità con altra oscurità. La si scaccia con la luce, per quanto questa sia piccola."

L’Opéra de Paris ha invece scritto sul proprio sito internet: “Questo progetto è la continuazione del lavoro dell'artista, che comprende enormi pezzi che hanno invaso i dintorni del Museo del Louvre, la spianata del Trocadero, Palazzo Farnese a Roma o Palazzo Strozzi a Firenze, ogni volta come un invito per gli spettatori a cambiare prospettiva”.

Nato nell’83 a Parigi da una madre di origini tunisine, JR (pseudonimo di Jean-René), ha cominciato ad intervenire con i graffiti nel tessuto urbano fin da adolescente. Da allora è diventato un artista affermato che ha operato in più ambiti con vari linguaggi, seppur privilegiando sempre la semplicità e l’immediatezza della fotografia. Lui si definisce “artivista urbano”, facendo sia riferimento al suo impegno sociale che alla sua storia di street artist. Formalmente, la riflessione di JR, è strettamente connessa alle superfici e ai luoghi, mentre dal punto di vista del contenuto non prescinde mai dalla partecipazione di un pubblico aperto. E’ sposato con l’artista francese Prune Nourry.

La sua collaborazione con il mondo della danza è cominciata nel 2014 quando ha esibito delle opere in un teatro del Lincoln Center per l’Art Series del New York City Ballet. In Chiroptera c’è una sintesi di molti dei suoi temi prediletti: la verticalità dello spettacolo, la molteplicità degli interpreti, l’uso della parola scritta con più di un riferimento al linguaggio grafico, la fusione di dramma e leggerezza. E naturalmente la partecipazione del pubblico, chiamato ad illuminare meglio con torce e telefonini la rappresentazione.

Lo spettacolo “Chiroptera” dell’artista JR, andato in scena a Parigi il 12 novembre è visibile interamente nel video pubblicato sotto questo testo. Mentre l’installazione “Retour à la Caverne” ha coperto la facciata del Palais Garnier fino allo scorso sabato.

“Retour à la Caverne – Acte II” (2023), Palais Garnier, Opéra de Paris. All images courtesy of Opéra de Paris

David Popa, che realizza giganteschi ed effimeri graffiti sulle lastre di ghiaccio alla deriva

“Mirage” All images © David Popa via Colossal

Di orgini newyorkesi, l’artista David Popa, vive in Finlandia, dove ha sviluppato un modo del tutto personale di fare street-art. Realizza, infatti, dei grandi graffiti in mezzo alla natura selvaggia del nord Europa. Su scogli, campi, ma soprattutto lastre di ghiaccio alla deriva.

Popa, sul suo sito web, ha scritto di essere figlio di uno dei primi a scrivere del Graffitsmo. Cresciuto con la passione per la street-art, ha finito per coniugarla con l’amore per gli spazi aperti e l’avventura. Le opere di Popa, in particolare quelle tracciate sul ghiaccio, richiedono una buona dose di coraggio. Dopo una ricognizione attraverso un drone, infatti, l’artista, si muove direttamente sulla superficie ghiacciata sul punto di sciogliersi.

Su instagram ha raccontato, a proposito di un lavoro recente: "L'anno scorso in Finlandia abbiamo avuto alcune sporadiche settimane fredde con alcuni giorni molto più caldi, causando la frattura del ghiaccio e la formazione di bellissime forme intorno alla costa. Questo giorno specifico (quello in cui ha realizzato l’opera in questione ndr) è stato impegnativo poiché la temperatura era sopra lo zero, causando lo scioglimento della superficie e la formazione di ristagni d'acqua mentre lavoravo. Tuttavia è stato questo tipo di tempo che ha fatto sì che l'acqua si accumulasse un po' al di fuori delle varie fratture nel ghiaccio, consentendo alla neve alla deriva di aderire al bordo delle fessure, così si è verificato un fenomeno molto simile (almeno in apparenza) a ciò che succede alla pietra e che viene chiamato venatura. Un processo in cui le vene sono formate da minerali cristallizzati depositati dall'acqua che scorre attraverso la pietra ed evapora. Quando ho fatto volare il mio drone, sapevo che ci sarebbe stata la possibilità di utilizzare queste bellissime striature lungo il ghiaccio per delineare un ritratto, quasi come se uno spirito stesse attraversando la superficie del ghiaccio".

Popa usa solo colori naturali, per non alterare in alcun modo l’acqua, a cui i suoi graffiti ritornano velocemente. In genere si tratta di gesso bianco della regione di Champagne-Ardenne in Francia, ma anche ocre francesi ed italiane. Oltre al carbone in polvere che produce lui stesso e che purifica l’acqua anzichè inquinarla.

D’altra parte è cmprensibile che Popa si preoccupi di non alterare l’ecosistema in cui lavora, visto che le sue opere non possono fare a meno di parlarci della bellezza della natura, dei ritmi ineludibili della ciclicità stagionale a cui tutti gli esseri (umani compresi) sono legati. Ed anche ovviamente di ecologia e cambiamenti del clima.

Un’altra caratteristica delle opere dell’artista di origine statunitense, è la fragilità, il loro essere estremamente effimere. Nel giro di un giorno, se non di poche ore, dei graffiti non restano che fotografie scattate dall’alto (con un drone). Come sottolinea Popa stesso: "Quando lavoro sul ghiaccio spesso mi sembra di lavorare in una capsula del tempo, come se potessi assistere all'erosione del tempo davanti ai miei occhi, dove persino il grande dio del sole Apollo è ridotto a resti al calare della notte".

L’opera, durante la sua breve vita, è anche permeabile ai cambiamenti dell’ambiente circostante, alle condizioni di luce nel momento in cui vengono scattate le fotografie ed alle sollecitazioni incontrate dall’artista nell’atto di dipingere. In questo modo, è talmente legata al paesaggio da divenatarne parte integrante.

Spesso l’artista usa il nome di antiche divinità per intitolare le sue opere. In questo modo fa riferimento all’inarrestabile scorrere del tempo, a volte all’immutabile forza degli elementi, ma soprattutto al modo diverso in cui viene percepita la bellezza oggi rispetto ad altre epoche.

David Popa, vende le stampe delle fotografie delle sue fragili opere in edizione limitata (una nuova sarà disponibile il mese prossimo) e degli Nft che catturano il lavoro dell’artista stesso. Si possono vedere altre sue opere sul sito internet ma anche sull’account instagram.

“Fractured”

“Redemption”

“Bemuse.”

L'enorme eco-graffito di Saype nel parco fotovoltaico del deserto dell'Oman

All images © Saype

L’artista franco-svizzero Saype ha realizzato una nuova monumentale opera di street art nel cuore di uno dei più grandi parco fotovoltaici del mondo. Siamo nel deserto dell’Oman e il graffito, del tutto ecocompatibile, si estende su 11mila e 250 metri quadri di suolo.

Conosciuto per gli enormi dipinti che si possono vedere dal cielo, Guillaume Legros in arte Saype (dalla contrazione delle parole say e peace), utilizza vernici destinate a sciogliersi nel terreno nel giro di un breve lasso di tempo. Queste ultime, composte di acqua, gesso, carbone e caseina, sono loro stesse opera dell’ingegno dello street artist (anche se lui anzichè i muri usa i prati o la terra come supporto), che le ha inventate dopo varie prove ed errori.

A Legros, infatti, sta a cuore l’ambiente e lo mette sempre al centro del suo lavoro, quando non cerca di veicolare un messaggio di amicizia tra i popoli. E’ così anche nel caso del suo ultimo graffito, realizzato nel Sultanato dell’Oman (penisola arabica), su commissione dell’Ambasciata svizzera, per celbrare la cinquantennale partnership tra i due Paesi.

L’opera, occupa una porzione di suolo desertico non ingombrata dai pannelli solari, in uno dei più grandi parco fotovoltaici del pianeta (130mila metri quadri, pari a 18 campi da calcio), e rappresenta un bambino che accende una lampadina con l’energia prodotta dall’impianto.

L’immagine in bianco e nero, con tanto di ombre, in prospettiva appare tridimensionale. Così il bimbo dipinto a spruzzo da Saype sembra guardare l’orizzonte, che si scorge lontano, in fondo a un mare di pannelli solari.

" È pensando - ha spiegato Saype- alle grandi questioni ecologiche del nostro tempo che ho scelto di dipingere in uno dei più grandi parchi solari del Medio Oriente (11,3 km²). Consapevole che la soluzione è incentrata su un mix energetico complesso, ho scelto di dipingere questo bambino che gioca con la magia dell'energia solare. Guardando verso l'orizzonte, simboleggia il rinnovamento di una civiltà che ora deve reinventarsi senza distruggere il pianeta".

Le monumentali opere outdoor di Saype sono effimere, ma lui realizza anche lavori su supporti trandizionali (come tela o plexiglas) destinati alla vendita (che, ad esempio, a fine mese saranno esposti alla fiera Art Paris). Gli altri graffiti fuoriscala dell’artista si possono vedere sul suo sito internet.

Veduta aerea di un particolare dell’opera, con l’artista sdraiato accanto

Saype decide in pianta dove mettere i picchetti che delimetanno l’area da dipingere

Nella foto: pannelli solari, l’artista, l’opera e di nuovo i pannelli solari