Sheela Gowda , che scolpisce con il letame, tesse capelli e dipinge con il kumkum, porta tutte le suggestioni di un'India scenografica e dolente all'Hangar Bicocca di Milano

Sheela Gowda; Stopover, 2012; In collaborazione con Christoph Storz; Veduta dell’installazione, Kochi-Muziris Biennale, 2012. Courtesy dell’artista. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Stopover, 2012; In collaborazione con Christoph Storz; Veduta dell’installazione, Kochi-Muziris Biennale, 2012. Courtesy dell’artista. Foto: Sheela Gowda

Le installazioni dell’artista indiana Sheela Gowda attraggono e respingono. Vanno viste da lontano ma si sente la necessità di avvicinarsi per capire meglio qualcosa che sfugge. Sono concrete come i rifiuti, i capelli, il letame che le compone eppure virano all’astrazione. Sono enigmatiche e dolenti ma incuranti di apparirlo. Come l’India, di cui parlano incessantemente.

Sheela Gowda vive e lavora a Bangalore e ha un curriculum importante. Le sue opere, infatti, fanno parte delle collezioni delle più prestigiose istituzioni internazionali (fra cui Tate Modern, MoMA e Guggenheim Museum di New York). Ha anche partecipato a Documenta e alla Biennale di Venezia. Da domani (4 aprile, fino al 15 settembre 2019) il Pirelli Hangar Bicocca di Milano le dedica una retrospettiva. Si intitola Remains ed è la sua prima grande mostra personale in Italia.

Sheela Gowda usa dei materiali che a noi occidentali possono sembrare esotici o tesi a suscitare clamore ma che fanno parte della vita quotidiana dell’artista come di qualsiasi altro cittadino di Bangalore. Scelti come simboli, per raccontare più che per costruire, sono molto importanti per capire la sua opera. Siano essi rifiuti, magari evocativi come delle coloratissime porte (Margins) o dei blocchi di granito tradizionalmente usati per macinare le spezie (in Stopover ne ha recuperati 200 dalle strade di Bangalore, dove erano stati abbandonati, collocandoli successivamente nello spazio espositivo lungo un un reticolo tracciato sul pavimento).

"Fonte d’ispirazione di queste opere-spiegano al Pirelli Hangar Bicocca- sono le tecniche manuali e artigianali che si sviluppano in contesti di sussistenza e privazione, creando un incessante dialogo fra lavoro e ingegnosità.”

Sheela Gowda; Margins, 2011; Veduta dell’installazione, GallerySKE, Bangalore, 2011; Collezione Kiran Nadar Museum of Art. Courtesy dell’artista. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Margins, 2011; Veduta dell’installazione, GallerySKE, Bangalore, 2011; Collezione Kiran Nadar Museum of Art. Courtesy dell’artista. Foto: Sheela Gowda

O materiali costruttivi come il letame che in India serve da combustibile e isolante nell’edilizia. E pure considerato sacro e l’artista lo usa per dipingere e scolpire (Mortar Line, Stock)

Sheela Gowda; Stock, 2011; Collezione Masureel, Belgio. Courtesy dell’artista

Sheela Gowda; Stock, 2011; Collezione Masureel, Belgio. Courtesy dell’artista

I capelli poi hanno un significato fortemente metaforico e politico (venduti e lasciati come offerta votiva. l’artista li tesse). La Gowda usa spesso anche inceso e kumkum (un pigmento rosso comune nei riti religiosi) Nella monumentale And… , ad esempio, l'artista ha assemblato 270 metri di filo rosso, impregnato da un impasto di colla e kumkum, con aghi da cucito.

Sheela Gowda; And…, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Office for Contemporary Art Norway (OCA), Oslo. Foto: OCA / Vegard Kleven

Sheela Gowda; And…, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Office for Contemporary Art Norway (OCA), Oslo. Foto: OCA / Vegard Kleven

Sheela Gowda; And…, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Office for Contemporary Art Norway (OCA), Oslo. Foto: OCA / Vegard Kleven

Sheela Gowda; And…, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Office for Contemporary Art Norway (OCA), Oslo. Foto: OCA / Vegard Kleven

Sheela Gowda, che nasce come pittrice, non ha mai smesso di dipingere e recentemente usa anche l’acquerello. Al Pirelli Hangar Bicocca è in mostra anche una selezione di opere figurative.

Sheela Gowda; Sanjaya Narrates, 2004-2008 (dettaglio). Courtesy dell’artista e GallerySKE, Bangalore

Sheela Gowda; Sanjaya Narrates, 2004-2008 (dettaglio). Courtesy dell’artista e GallerySKE, Bangalore

Sheela Gowda; And that is no lie, 2015; Veduta dell’installazione: Pérez Art Museum Miami, 2015–16. Courtesy dell’artista e Pérez Art Museum Miami. Foto: Oriol Tarridas

Sheela Gowda; And that is no lie, 2015; Veduta dell’installazione: Pérez Art Museum Miami, 2015–16. Courtesy dell’artista e Pérez Art Museum Miami. Foto: Oriol Tarridas

Sheela Gowda; What Yet Remains, 2017., Veduta dell’installazione, Ikon Gallery, Birmingham, 2017. Courtesy dell’artista e Ikon Gallery, Birmingham. Foto: Stuart Whipps

Sheela Gowda; What Yet Remains, 2017., Veduta dell’installazione, Ikon Gallery, Birmingham, 2017. Courtesy dell’artista e Ikon Gallery, Birmingham. Foto: Stuart Whipps

Sheela Gowda; What Yet Remains, 2017 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Ikon Gallery, Birmingham. Foto: Stuart Whipps

Sheela Gowda; What Yet Remains, 2017 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Ikon Gallery, Birmingham. Foto: Stuart Whipps

Sheela Gowda, Kagebangara, 2008. Veduta dell’installazione: Artes Mundi 5, 2012 Courtesy dell’artista. Foto: Wales News Service

Sheela Gowda, Kagebangara, 2008. Veduta dell’installazione: Artes Mundi 5, 2012 Courtesy dell’artista. Foto: Wales News Service

Sheela Gowda; Stopover, 2012 (dettaglio); In collaborazione con Christoph Storz. Courtesy dell’artista. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Stopover, 2012 (dettaglio); In collaborazione con Christoph Storz. Courtesy dell’artista. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Breaths, 2002 (dettaglio); Collezione Sunitha and Niall Emmart. Courtesy dell’artista

Sheela Gowda; Breaths, 2002 (dettaglio); Collezione Sunitha and Niall Emmart. Courtesy dell’artista

Sheela Gowda; Collateral, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Iniva, Londra. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Collateral, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Iniva, Londra. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Collateral, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Iniva, Londra. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Collateral, 2007 (dettaglio). Courtesy dell’artista e Iniva, Londra. Foto: Sheela Gowda

Sheela Gowda; Mortar Line, 1996 (dettaglio). Courtesy dell’artista

Sheela Gowda; Mortar Line, 1996 (dettaglio). Courtesy dell’artista

Sheela Gowda Ritratto Foto: Thierry Bal

Sheela Gowda Ritratto Foto: Thierry Bal

La fotografa autodidatta Alison Pollack cattura le forme curiose e inaspettate dei funghi e delle muffe che si nascondono nelle foreste californiane

All photographs by Alison Pollack

All photographs by Alison Pollack

Hanno forme inaspettate e colori di una sorprendente vivacità. Solo un ristretto gruppo di iniziati sospetterebbe la loro natura. Sono i funghi e le muffe melmose che la fotografa autodidatta Alison Pollack cattura durante le sue escursioni nelle foreste della California settentrionale.

Con fattezze che li fanno somigliare a ciliege sotto spirito, spugne, girasoli e fiori secchi, infatti, a tutto fanno pensare tranne che al regno di organismi dove dimorano gli gnomi. Eppure i funghi non smettono di stupire. E le muffe non sono da meno.

"Adoro la varietà di funghi, ma le muffe melmose mi fanno impazzire- ha detto Alison Pollack in un'intervista- Le ho scoperte circa un anno fa. Stavo camminando su un sentiero con un amico e ho scattato la foto di una di loro. Non avevo idea di cosa fosse (...) Non sapevo che queste cose esistessero e tuttavia erano tutte intorno a me nella foresta.”

Un minuscolo universo che prolifera spesso sotto i nostri occhi senza che noi ce ne rendiamo conto. Quello dei funghi è un mondo a parte, in gran parte inesplorato. Basti pensare che i biologi stimano che sulla terra ne esistano 3 milioni e 200 mila specie ma solo 120 mila sono note alla scienza. La maggior parte si trova ai tropici ma se pure le foreste californiane, soprattutto durante i periodi umidi, sono così ricche di sorprese, probabilmente anche i boschi italiani sarebbero in grado di stupire se guardati con più attenzione.

Spesso mi siedo per terra-spiega la fotografa- Indosso sempre pantaloni da pioggia, così non mi bagno e cerco minuscoli punti di colore.”

Alison Pollack condivide poi le fotografie di muffe e funghi su instagram, per il semplice piacere di mostrare le sue scoperte ma anche per cercare di dare un nome agli organismi più rari. (via Colossal)

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Happy #SlimeMoldSunday to all slime mold lovers! Today I am happy to share three photos that show a Comatricha slime mold in three different stages of its life cycle. My friend @dejaklberk took a small piece of wood home from Pt Reyes. After discarding it into a flower pot she found new slime mold growth on it some days later, and brought it to me to photograph with my extreme macro lens. After a few days at my home even more new growth appeared, and I was able to photograph this lovely slime mold in three different stages. I believe this is either Comatricha nigra of Comatricha elegans. The fruiting bodies start out white, then turn a pale pink as in the first photo. Next the pink darkens into a reddish/brown as in the second photo, still with the outer surface smooth. The last photo shows the brown mature fruiting bodies with the outer surface dissolved and the brown spores ready to be dispersed. It is the amazing color and shape transformations in the brief life cycle of slime molds that really fascinate me! At some point I hope to graduate to time lapse photography, so I can better show how wondrous slime molds are! These three images were taken using an extreme macro lens. They are focus stacked from 77, 39, and 147 images, respectively. ______________________________________________ #mycophile #mycology #fungi #mushrooms #hongos #fungifreak #fungiphotography #mushroomphotography #fantasticfungi #mushroomsofinstagram #macro_perfection #allthemushroomhashtags #fungifanatic #forestfinds #slimemold #slimemould #myxomycetes #macro_brilliance #igbest_macros #macrophotography #Macro_vision #macro_of_our_world #macronature #naturenerd #focusstacking #macroworld #macro_spotlight #macrolens #SlimeMoldSunday

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I have been getting more and more interested in the very tiny fungi in the forest, and this one is for me my most amazing find yet. I saw a tiny spot of yellow, and I took out my handy dandy 10x magnifying glass, and was amazed to see the incredibly bright color. But it was too small to see any of the details. I cut out a very small piece from the decaying log and took it home to photograph with my extreme macro lens. Even then I had to go to the highest magnification, and crop the image to see the amazing beauty of this very tiny cup fungus. I couldn't find it in my Ascomycetes of North America book so I sent it to the extremely knowledgeable and always helpful @leah_mycelia , and to my amazement she immediately identified it as Trichopeziza sulphurea. The disc is only about 0.1mm in diameter! First photo is the closest crop so you can see the amazing hairs. Swipe for other crops. This photo was chosen by iNaturalist as their photo of the day! The photo is a focus stack of 61 shots taken with the Laowa extreme macro lens on a Sony a7rII camera. _____________________________________________ #ascomycota #cupfungi #mycology #champignon #hongos #fungus #fungusamongus #mushroomhunting #forestfloor #pilz #paddestoel #mycophile #mushroomlover #fungifreaks #fungiphotography #mushroomphotography #fantasticfungi #fungiaffair #mushroomspotting #mushroomhunters #fungusporn #mushroomsofinstagram #MushLove #forestfinds #fungifanatic #fungiofinstagram #Macro_vision #macroworld #macro_of_our_world #macronature

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Apre oggi il National Museum of Qatar, l'enorme rosa del deserto firmata Jean Nouvel

Apre oggi a Doha il National Museum of Qatar, un progetto complesso che ha impegnato l’archi-star francese Jean Nouvel per 15 anni. E che, a parità di superficie con i Musei Vaticani, si inserisce tra i più grandi spazi espositivi del mondo. Assomiglia a un’enorme rosa del deserto nata per celebrare la penisola arabica in previsione dei mondiali del 2022.

Quanto sia costato non si sa, quel che è certo è che per arrivare all’edificio che si troveranno di fronte oggi i primi visitatori ci sono volute, come Nouvel stesso ha dichiarato, "una moltitudine di combinazioni di immagini digitalizzate (…)” Si tratta in realtà di un complesso di edifici collegati tra loro. Il National Museum of Qatar infatti, si compone di ben 11 gallerie e cinge l’ex-sede del governo (il palazzo restaurato di Sheikh Abdullah). A formarlo sono dei dischi di diametro e curvatura diversa, che orientati in un modo o nell’altro si compenetrano. Come una rosa del deserto ("la prima struttura architettonica che la stessa natura ha creato").

La particolare forma dell’edificio ideato dall’Atelier Jean Nouvel ha anche il pregio di isolare gli spazi espositivi dal calore esterno, sovrapponendo angoli ombreggiati ad angoli ombreggiati prima di accedere all’interno. E creando molti punti di refrigerio nell’ampio cortile. Il color sabbia, infine, fa in modo che il grande complesso si confonda con il suolo.

Come dice il nome, la collezione del National Museum of Qatar fa riferimento alla storia e alla cultura del Paese, attraverso elementi di Storia Naturale e reperti archeologici. Ma anche musica, poesia, cinema e arte contemporanea. Il tutto con attenzione a colpire il visitatore. Tra gli artisti internazionali che sono stati chiamati per creare nuove opere ispirate alla storia del Qatar c’è Ai Weiwei che ha realizzato l’installazione Fountain of Pearls (che riflette sul declino sulla raccolta delle perle e relativo commercio dal 1913 al 1939). (via theartnewspaper)

image © iwan baan
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